Robert Indiana – Il suo “LOVE” è colorato, poliedrico, riproducibile da tutti

 

 

La cosa più divertente è che, magari, c’è chi ha negli occhi l’immagine ma non conosce chi l’abbia realizzata. In una parola l’immagine è diventata iconica; si è cioè sviluppato un “rapporto iconico”, nel senso che il segno è diventato un tutt’uno con l’oggetto significato. La parola in questione oggi su FLIP è “Love”, che tradotta significa (chi non lo sa?) amore. L’amore è universale e così è stato per l’opera realizzata dall’artista pop statunitense Robert Indiana, che nel 1964 dispose in un quadrato le quattro lettere della parola “Love”, con la lettera O inclinata. L’immagine fu ideata per una cartolina natalizia del Museum of Modern Art di New York (meglio conosciuto con l’acronimo di MoMA). Nel 1973 la stessa immagine fu ripresa per un francobollo celebrativo da otto centesimi emesso dal Servizio postale degli Stati Uniti. Da allora le molteplici versioni scultoree sono state collocate in moltissimi spazi interni ed esterni: dalla Sixth Avenue a New York al quartiere NishiShinjuku di Tokyo, su Wikipedia l’elenco è lungo. Dal 29 settembre 2016 al 19 febbraio 2017, ad esempio, il Chiostro del Bramante a Roma ha ospitato la mostra “LOVE. L’arte contemporanea incontra l’amore”, a cura di Danilo Eccher. Molte opere dai linguaggi fortemente esistenziali hanno coinvolto il pubblico nelle differenti manifestazioni del sentimento più naturale del mondo, come l’amore: a partire da quello infantile, per approdare all’amore corrisposto, negato, ignorato, ambiguo, trasgressivo. Al centro dell’attenzione era la scultura di Robert Indiana con i significati poliedrici che suggerisce. Robert Indiana nel corso della sua vita artistica ha sempre utilizzato segni universalmente condivisi, dal profondo significato esperienziale perché indirizzato a proporre un’arte immediata e d’impatto, comprensibile da tutti di primo acchito. L’autore è scomparso nei giorni scorsi, all’età di 89 anni, ma la sua opera “Love”, realizzata quand’era trentaseienne, non ha età e neppure limiti imposti dai diritti d’autore. Ci si può amare, finora, senza timori.

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ROBERT INDIANA, all’anagrafe Robert Clark (New Castle, 13 settembre 1928 – Vinalhaven, 19 maggio 2018), è stato un artista, scenografo e costumista statunitense, associato al movimento della Pop Art. Indiana si trasferì a New York nel 1954 e si unì al movimento della Pop Art, usando caratteristici disegni di immagini per realizzare approcci di arte commerciale mescolati con l’esistenzialismo, che evolsero gradualmente verso ciò che Indiana chiama “poesie scultoree”. L’opera di Indiana spesso consiste di immagini audaci, semplici, iconiche, in particolare numeri e parole brevi come “EAT”, “HUG” e “LOVE”. È noto anche per aver dipinto lo straordinario campo da pallacanestro un tempo usato dai Milwaukee Bucks nel palazzetto dello sport di quella città, lo U.S. Cellular Arena, con una grande forma ad M che occupa le due metà del campo. La sua scultura nell’atrio del grattacielo Taipei 101, chiamata 1-0 (2002, alluminio), usa numeri multicolori per suggerire la conduzione del commercio mondiale e i modelli della vita umana. Indiana è stato scenografo e costumista teatrale, come nella produzione realizzata nel 1976 dalla Santa Fe Opera de La madre di tutti noi (The Mother of Us All) di Virgil Thomson, basata sulla vita della suffragetta statunitense Susan B. Anthony. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, Indiana produsse una serie di Dipinti della pace (Peace Paintings), che furono esposti a New York nel 2004. Indiana visse come residente nella città isola di Vinalhaven, Maine, dal 1978. Apparve nel film Eat (1964) di Andy Warhol, che consiste in un’unica ripresa da 45 minuti di Indiana che mangia un fungo. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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Morto Robert Indiana, l’artista pop che rese un’icona la parola «LOVE»

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