Ricciardetto – Coniugava l’esprit de géométrie con l’esprit de finesse

Ricciardetto, pseudonimo dello scrittore e giornalista Augusto Guerriero

Oggi non abbiamo ipocritamente deciso di batterci il petto e di prendere a leggere “L’Osservatore Romano”. Avremmo preferito richiamare il puntuale articolo di Carlo Nordio che ritrae la figura di Ricciardetto sulle pagine del Messaggero, ma il quotidiano romano non lo presenta al pubblico se non in versione cartacea. Per rispetto editoriale ci rivolgiamo, quindi, al Quotidiano della Santa Sede, che dell’articolo coglie solo la parte relativa alla “religiosità” di un giornalista e scrittore che si professava convintamente laico e che si adirava con certi lettori più critici ed estremi in fatto di religione, rimproverando loro che per definirsi “atei” occorre aver studiato molto, cercando e ricercando. Questo era il suo cruccio maggiore e lo esprime nel saggio “Quaesivi et non inveni”, ho cercato e non ho trovato. Già dalla copertina del libro, edito da Mondadori, apprendiamo del suo dibattito interiore: «Che cosa sarà di me? Ho il diritto di essere ateo senza aver dedicato una parte della mia vita allo studio del problema supremo?». È un’opera ormai irreperibile, scritta da «un uomo di cultura sovrana e di stile inconfondibile», rammenta Carlo Nordio nel suo articolo. Un laico in continua ricerca della fede, che forse trovò, dicunt, sul punto di morte. «Non sono un credente perché non credo nel dogma cristologico e in altri dogmi. Ma sono cristiano perché sono nato e vissuto in questa civiltà cristiana, e so quanta parte della mia formazione, direi di me stesso, debba a questa civiltà di cui sono figlio, e che, ahimè! volge al tramonto. Per capire che cosa sia stato Gesù per l’umanità, basta pensare che cosa saremmo noi se Egli non fosse esistito, la figura più sublime che sia apparsa nella storia di tutti i tempi e di tutti i popoli».

Oggi ormai dimenticato (dagli anziani, quelli che non lo hanno mai letto, e dai giovani, che per poco ancora saranno giovani) Ricciardetto, pseudonimo di Augusto Guerriero, è stato una grande firma del Corriere della Sera del dopoguerra, all’altezza di un Indro Montanelli. «La sua genialità risiedeva nella frase asciutta e incisiva, che improvvisamente si elevava alla solennità di una sentenza filosofica. Chi leggeva un suo articolo, fosse sulla guerra di Corea o sui missili di Cuba, sulla musica di Bach o sui manoscritti di Qumran, lo finiva di un fiato, e si domandava come fosse possibile riassumere tanti concetti in così poco spazio e così bene. La risposta è che Guerriero aveva avuto come maestro Blaise Pascal, e sapeva coniugare l’esprit de géométrie con l’esprit de finesse» (Carlo Nordio). In vecchiaia (come capita agli anziani che “se la sentono per le ossa”, dicono a Roma) prese a trattare i temi più avanzati dell’esegesi neotestamentaria, soprattutto nelle “Conversazioni coi lettori” che seguivano, sulle pagine del settimanale Epoca, la sua rubrica politica denominata “Italia domanda”. A questo proposito, citiamo ancora Nordio: «La Sorte gli negò anche l’ultima consolazione: la corrispondenza con i lettori, che lo inondavano di lettere, talvolta critiche, assai più spesso affettuose. Nei primi anni settanta il Corriere virò repentinamente a sinistra, e lo cacciò via. La vecchia guardia liberale si raccolse attorno a Montanelli e al suo nuovo quotidiano, ma il disarmato Guerriero subì anche l’umiliazione di esserne estromesso. Anni dopo chiesi a Montanelli il perché di tale emarginazione: la risposta fu che Ricciardetto pretendeva di scrivere di teologia. Non era vero. La politica estera era monopolio di Enzo Bettiza, e non c’era spazio per due primedonne». In realtà, Bettiza a parte, tra Montanelli e Guerriero emersero sicuramente divergenze politiche, tanto che i due decisero percorsi diversi, dal momento che Guerriero era favorevole al compromesso storico, soluzione anticipatrice e fortemente contrastata, mentre Montanelli ne fu tenacemente oppositore. La storia ha fatto il suo corso e a noi non resta che leggerla o rileggerla.

 

AUGUSTO GUERRIERO, noto anche con lo pseudonimo di Ricciardetto (Avellino, 16 agosto 1893 – Roma, 31 dicembre 1981), è stato un giornalista e saggista italiano, autore di monografie storiche rivolte al grande pubblico. Augusto Guerriero è figlio di un medico. Frequenta il liceo di Avellino con il suo amico Guido Dorso. Con lui collabora a Irpinia democratica. Nel 1914 si laurea in giurisprudenza all’Università di Napoli con una tesi su ”L’anarchismo di Leone Tolstoi”. In questo periodo si dedica alla letteratura e pubblica una prefazione ad un’edizione italiana del Maurice Maeterlinck: Tre drammi. All’avvento della prima guerra mondiale è neutralista e ritiene che il Presidente del Consiglio Salandra commetta un tragico errore intervenendo nel conflitto. Ancora sconosciuto, nel 1917 invia un articolo critico dell’interventismo alla Critica Sociale di Filippo Turati che lo pubblica (firmato A. G.). Ne pubblicherà altri due, con alcuni tagli della censura. In essi prevede la crisi politica del dopoguerra che porterà al fascismo. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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L'OSSERVATORE ROMANO

Ricciardetto cercatore di Dio

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