Nuovi linguaggi per un dizionario gastronomico generico

 

Raffigurazione di Maestro Martino

 

La sperimentazione in cucina su nuove ricette di pasta con sempre nuovi formati, comporta l’ideazione di un qualcosa che poteva essere descritto solo con un vocabolario gastronomico, per i tempi del tutto generico. Maestro Martino, nel XV secolo, sfrutta parole come “vivande di pasta” o “minestre di pasta”. Il maccherone per lui consiste in un formato di pasta lunga, con sezione tonda o cava, ma anche in nastri di pasta a lunghezza variabile. Bartolomeo Scappi, nel XVI secolo, ad esempio, descrive una ricetta che lui chiama “minestra di maccheroni detti gnocchi”. Il cuoco marchigiano Antonio Nebbia, nel XVIII secolo, scrive un libro intitolato “De maccaroni e gnocchi”. Invece nel testo descrive solo piatti di lasagne e gnocchi di tutti i tipi. In effetti il vocabolario gastronomico attuale, nascerà solo nel XIX secolo, con i grandi trattati di cucina (vedi Artusi).
Il termine “pasta” entra in sordina nel vocabolario gastronomico e se ne disconosce il creatore, in quanto riferito genericamente alla lavorazione di un impasto e, perciò, è inclusivo di diverse attività manuali che lo prevedono. Tipo per sfoglie, torte di pasticceria, pane e focacce. Inoltre, i due termini, pasta e maccheroni, inizialmente sono considerati tra loro come sinonimi di pasta alimentare. In tale senso vengono utilizzati nel testo “Memorie di mangiar di pasta” (un trattato di scalcheria), scritto da Giovambattista Rossetti, nel 1584.
In questo stesso periodo, nascono due termini, nel Mezzogiorno, che indicano due metodi di lavorazione, a macchina o manuale. È il caso di “pasta di ingegno” e “pasta da ferro”. In quest’ultimo caso, si intende indicare una lavorazione manuale con un ferretto, su cui si modellano i maccheroni cavi detti, “alla siciliana”. Con il primo termine (“pasta di ingegno”) si distingue, invece, la pasta secca, prodotta con trafilatura al bronzo, direttamente a macchina.
Generalmente la pasta secca, fatta con semola di grano duro, è stata sempre alimento dei poveri. Quando a Napoli è introdotta la cosiddetta “pasta di ingegno”, essendo una nuova tecnologia, quindi, all’avanguardia, è ben accetta e gradita dai nobili della città. Giusto il tempo di superare la nuova moda del momento.

 

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