L’Indice dei libri proibiti – La risposta alle nuove idee di Dio e di Chiesa

 

 

Il 14 giugno 1966 la Congregazione per la dottrina della fede (nota e nata come Santa Inquisizione o Sant’Uffizio) annuncia l’abolizione dell’Indice dei libri proibiti. Si tratta della bibliografia delle opere valutate negative, lesive degli interessi della Chiesa Cattolica o dello Stato, per le quali è intimata la proibizione di stampa e di lettura. Tali indici, che comprendono liste di libri, autori, generi, argomenti, sono stati compilati sin dalla prima istituzione da organismi prescelti per il controllo della censura. Una storia lunga che comincia con la Sorbona, che tra il 1544 e il 1556 redige sei cataloghi di libri proibiti, quasi contemporaneamente all’Università di Lovanio che, su ordine di Carlo V e Filippo II (padre e figlio), tra il 1546 e il 1558 ne redige tre. Fortunatamente questi indici non sono mai stati emanati, perché non mancarono le vive reazioni di quelli che oggi chiamiamo “organismi di categoria”, librai e tipografi. Tempo un anno e papa Paolo IV attraverso l’inquisizione romana (contraltare di quella spagnola) promulga nel 1559 il cosiddetto indice paolino considerato il più radicale e severo della storia. Il potere censorio è posto nelle mani del Sant’Uffizio e della propria rete, escludendo tutti gli altri organismi ecclesiastici, persino i Vescovi. Libri fondamentali, ieri come oggi, quali il Decameron di Boccaccio, l’intera opera di Machiavelli, di Rabelais e di Erasmo da Rotterdam, sono “messi all’indice”, e l’espressione divenne da allora comune per dire che certi particolari libri non possono essere né trovati in circolazione né letti. L’indice tridentino, il cui nome contraddistingue l’elenco promulgato sotto papa Pio IV nel 1564 si presenta meno intransigente. Ricordiamo, però, che siamo all’indomani della conclusione del Concilio di Trento, che avrebbe dovuto “conciliare” cattolici e protestanti, ma finì per istituire, dopo la caccia alle streghe, anche la caccia a luterani e calvinisti. Per cui l’indice paolino è rivisto e corretto in modo da colpire preferibilmente gli eretici, ovvero coloro che hanno fatto una “scelta diversa” dalla religione cattolica. L’indice tridentino rimane formalmente in vigore fino al 1596, applicato in Italia e in buona parte d’Europa, salvo che in Spagna, che a partire dal 1559 adotta un indice che segue i dettami dell’Inquisizione spagnola. I libri proibiti, ad ogni edizione dell’indice, si assommano ai precedenti, qualcuno fra questi può essere incluso in una lista meno severa. Tutto dipende dalle esigenze ecclesiali, dall’ottica pontificia e dal potere dei vescovi che soffrono a sottostare alle volontà dell’Inquisizione. Anche perché tale volontà si è sdoppiata in due congregazioni, quella del Sant’Uffizio e quella dell’Indice. Nel 1596 Clemente VIII promulga l’indice clementino, che persegue le linee del Concilio tridentino e vi aggiunge le registrazioni operate negli altri indici europei dopo il 1564.

Inizialmente la censura riguarda i libri di carattere religioso, ma sconfitta l’eresia riformistica l’obiettivo divengono da una parte i libri di magia dall’altra le opere di letteratura e scienza. Le aumentate esigenze di alfabetizzazione e soprattutto di autoistruzione impensieriscono le autorità religiose preposte. È proibito stampare e leggere, ma anche detenere in biblioteche private libri non proibiti, ma che rasentano la proibizione. Si tollerano i classici latini. Si allarga il controllo alla letteratura popolare. Una bolla di Pio IV, del 1564, impone il giuramento a tutti gli insegnanti, sottoposti a dichiarare al vescovo generalità, scuola nella quale insegnano, materie e testi utilizzati. Il potere religioso si allarga dai libri proibiti ai brani proibiti contenuti in libri leciti. Si vengono così a compiere espurgazioni dei passi sconvenienti. Si interviene sui libri di medicina e su quelli scientifici. A partire dagli anni Ottanta del Cinquecento si contrastano interpretazioni non allineate con la filosofia aristotelico-scolastica. Il 5 marzo 1616 la Congregazione dell’Indice bandisce trattati che sviluppano teorie “de mobilitate terrae et de immobilitate solis”. Si colpisce l’opera di Copernico diffusa ben settant’anni prima. Il 17 febbraio 1600 sale al rogo Giordano Bruno e nel 1633 si porta sotto processo Galileo. La parola d’ordine fra gli autori è “autocensura”. I libri proibiti sono stampati all’estero, per lo più in Olanda, e giungono in Italia di nascosto. Se ne trovano persino negli stessi collegi gesuitici. Aumentano le richieste per ottenere “patenti di lettura” a scopo di studio. Nel corso del Seicento tali licenze sono rilasciate dal Sant’Uffizio solo a studiosi anziani e di comprovata fede e cultura. Insomma, le norme lasciano spazio al carattere di discrezionalità e le licenze sono più facilmente ottenute da quanti frequentano gli ambienti ecclesiastici. Dopo la metà del secolo il rafforzamento dello Stato laico controbilancia il potere religioso. Il controllo diviene meno pressante e, nell’ambito dei salotti aristocratici, più un libro è interdetto più è richiesto o scambiato. Il 18° secolo segna il declino degli indici; si rafforza il carattere illuministico. Anche la Chiesa ritiene d’intraprendere una revisione delle norme, aprendosi alle riforme sociali dell’epoca. L’indice del 1758 limita le proibizioni e rimuove del tutto il divieto di lettura della Bibbia in lingue differenti dal latino. L’indice, comunque, sopravvive fino al 1966, quando è abolito da papa Paolo VI, con il Concilio Vaticano II. Oggi la Chiesa non pone più divieti, ma questi divieti sono posti dalla nostra stessa società, per perseguire libertà religiose o sociali: ne leggiamo un esempio nell’articolo di Libero che segue.

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L’INDICE DEI LIBRI PROIBITI (in latino Index librorum prohibitorum) fu un elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica, creato nel 1559 da papa Paolo IV. L’elenco fu tenuto aggiornato fino alla metà del XX secolo e fu soppresso dalla Congregazione per la dottrina della fede il 4 febbraio del 1966. Dal 1571 al 1917 il compito della compilazione del catalogo dei libri proibiti fu di competenza della Congregazione dell’Indice. Sin dalle sue origini le lotte della Chiesa contro le eresie comportarono la proibizione di leggere o conservare opere considerate eretiche: il primo concilio di Nicea (325) proibì le opere di Ario, papa Anastasio I (399-401) quelle di Origene, nel 405 Innocenzo I scrisse una lista di libri apocrifi, papa Leone I (440-461) proibì i testi manichei. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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LIBERO

All’indice i libri di Euripide e Shakespeare

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