Gusti e formati iniziali della pasta fresca

 

Lasagne con formaggio grattugiato sopra (e varie spezie), sono tra i primi piatti di pasta consumati nel primo medioevo. Una lavorazione, quindi, semplicissima, dove è la pasta ad essere l’ingrediente principale. È in pratica una sfoglia sottile, ritagliata in quadrotti regolari. Le lasagne, in un’altra ricetta, erano cotte nel brodo di cappone e poi servite con grasso dello stesso cappone e formaggio. Questi riquadri, in alternativa erano presentati in strati sovrapposti, con un ripieno di noci. Nell’impasto potevano essere aggiunte chiare d’uovo o acqua di rose. Già nell’antichità la pasta si lavorava o meno colorata con zafferano. L’usanza durò fino al XVII secolo. Questa tecnica, in seguito, verrà riscoperta nell’età industriale.
In Italia la tendenza, già in epoca antica, fu quella di creare sempre nuovi formati. Così verranno realizzati I croseti, simili alle orecchiette pugliesi, o le formentine, somiglianti alle tagliatelle, citate nel 1337 e un secolo dopo dal cuoco Martino. Venivano consumate a Reggio Emilia. Le formentine erano dette, anche, pancardelle dai mantovani, forse simili alle attuali pappardelle. Queste rientrano nel menù di Domenico Romoli, cuoco professionista, impiegato al “servizio di bocca” nelle corti cardinalizie di Roma. Tra le sue ricette erano presenti le pappardelle alla lepre di Grosseto e di Arezzo, o pappardelle alla romana.

Strozzapreti

Alla fine del XV secolo, si trovano i longeti avantazadi, mentre, nel secolo seguente, appaiono i famosi strozzapreti, divenuti poi tradizionali a Napoli. Il cuoco Scappi cucina diversi piatti con formati vari, ma realizzati questa volta con semola di grano duro. Le sue ricette, ma in genere nel corso dell’intero secolo, tendono al dolce, come gusto predominante nella cucina dell’epoca. All’impasto viene, infatti, aggiunta una grande quantità di zucchero. Negli stessi impasti prende piede di inserire numerose uova.
Il cuoco Antonio Latini (nel XVII secolo) confeziona tagliolini con due uova intere più 2 tuorli. L’abbondanza di uova regna in una ricetta di Francesco Chapusot. Realizza, infatti, delle tagliatelle con ben otto tuorli in una libbra di farina, a cui viene aggiunto formaggio grattugiato (un’oncia) e burro fresco (mezza oncia). Una specie di tagliarini alla piemontese. Successivamente, nel XVII secolo, nell’impasto viene pure aggiunto del latte.
Nel 1610, Vittorio Lancellotti, cuoco professionista, presenta, in un banchetto, delle sfoglie di pasta ottenute con farina, latte, burro, rossi d’uova e pinoli. Le lasagne venivano, quindi, cotte e servite con una spolverata di parmigiano grattugiato. La stessa lavorazione è realizzata da Giovanni del Turco, musicista e quindi cuoco amatoriale, con un impasto di farina, latte e acqua tiepida. Esegue una ricetta di maccheroni alla veneziana, dalla forma dissimile da lunghi nastri o quadrati di pasta, di cui abbiamo parlato. Il piatto era portato in tavola, con un condimento composto da burro fresco, parmigiano grattugiato, con in più un tocco di cannella.

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