I mille condimenti della pasta: basilico o pomodoro

 

Il BASILICO

Nel libro Vera cucina genovese, pubblicato nel 1863, non poteva mancare un piatto di pesto. In esso è presente un piatto di pesto d’aglio e di basilico. La lavorazione è molto simile al pesto attuale: vi è una maggiore presenza di aglio e mancano i pinoli. Ma la presenza del pesto risale ad epoca medievale. Infatti, nel testo di Martino, già si ritrova una salsa verde per i maccheroni. Tra gli ingredienti base troviamo formaggio parmigiano, provola morbida e rucola tritata. Al tempo, questo piatto genovese serviva per condire “al magro le lasagne, i taglierini ed i gnocchi”. L’uso della salsa di pesto è fortemente regionale, quasi non si trovava fuori della Liguria. Tant’è che non è presente né nel libro di Artusi, né nel Diario della massaia, che lo segue. Pochi altri esempi in Italia, dove viene, però, denominato in altra maniera. Con il nome di pistou, era aggiunto ad una minestra francese.

IL POMODORO
La salsa di pomodoro è un’invenzione pressoché meridionale. Il pomodoro fu importato dalle Americhe (dal 1592), ma rimase misconosciuto ai cuochi italiani e spagnoli per lungo tempo, nonostante un botanico spagnolo avesse suggerito, da subito, il pomodoro proprio per i sughi. Essendo il meridione sotto il dominio spagnolo, fu da questi portato nel Sud italiano.
Il suo uso gastronomico è sottolineato, nel 1692, da Antonio latini, cuoco molto legato a Napoli. Latini stesso denomina le sue ricette al pomodoro come “alla spagnuola”. Nella sua opera, in due volumi, Latini propone, un’insalata di pomodori, appena grigliati sulla brace, unita ad un battuto di cipolla, timo e peperoncino, con l’aggiunta di un filo d’olio, aceto e sale.
A lui seguono, nel 1773, il libro del Cuoco galante e poi quello di Vincenzo Corrado, che prepara una dozzina di ricette a base di pomodoro. Praticamente di tutto: frittelle, crocchette, pomodori farciti con riso, tartufi o acciughe. Tuttavia, non è ancora lo sposalizio tra pasta e pomodoro. Questo almeno si desume dalla tradizione della cucina aristocratica.
A menzionare, per primo, l’abbinamento tra pasta e pomodoro è il francese Grimod de la Reynière nel libro Almanach des gourmands, pubblicato nel 1807, a cui, però, si preferisce quello tra riso e pomodoro. Più tardi ecco la prima ricetta di un timpano di vermicelli, riportata da Ippolito Cavalcanti, che tratta del sugo fatto con i pomodori.
Nel successivo Manuale del Cuoco e del Pasticcere, del 1832, di Vincenzo Agnoletti di Parma, si parla delle conserve di pomodoro, tanto in voga in quel periodo.
Nella Vera cuciniera genovese, si cita un sugo semplice di pomodoro. Nel Cuoco milanese, edito nel 1863, si parla di una salsa di tomates, mentre nella Vera cucina lombarda, finalmente, ecco la salsa di pomodoro per minestre. Siamo nel 1890.
Da Napoli, quindi, la pasta col pomodoro si diffonderà un po’ dovunque, in maniera radicale, nella seconda metà del XIX secolo. Ma sarà con Artusi che la pasta col pomodoro arriverà alla sua ufficialità. Artusi la cita, infatti, come variante dei maccheroni alla napoletana. Così, da quel momento, Napoli ed il sugo di pomodori saranno coppia di bontà e tradizione. Oggi ovunque nel mondo.

 

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