Maurizio Ballistreri: Autonomia regionale e lavoro nella Macroregione europea

 

Presentiamo in queste pagine alcuni interventi al convegno “La Sicilia nel Mediterraneo con il Presidente Musumeci” tenutosi a Milazzo 29 Ottobre 2018 (Hotel Eolian) con la presenza del Governatore della Regione Siciliana Nello Musumeci. Attraverso scritti e filmati ripercorreremo i lavori per la costituzione della Macroregione Mediterranea Occidentale (MMO).

 

Intervento dell’On. prof. Maurizio Ballistreri

Sembra prendere corpo l’idea della Macroregione del Mediterraneo Occidentale, anche attraverso una serie di iniziative pubbliche che hanno messo in relazione mondo accademico, professionisti e rappresentanti delle istituzioni.

L’ultima in ordine di tempo, quella che si è tenuta il 29 ottibre a Milazzo, per impulso di un autorevole accademico e scienziato, l’instancabile professore Cosimo Inferrera, dal titolo “La Sicilia nel Mediterraneo con il Presidente Musumeci”, con la costituzione del Comitato per Macroregione Mediterranea Occidentale (C-MMO). E così, dopo le tre Macroregioni già definite, la Baltica (istituita nel 2009), la Danubiana (istituita nel 2011) e la Adriatico – Jonica (2014), adesso è il turno di una parte del Sud d’Italia a muoversi e, in particolare, la nostra Sicilia. La Macroregione del Mediterraneo Occidentale potrebbe, infatti, costituire lo scenario d’avvenire in cui collocare una nuova visione dello Statuto speciale d’Autonomia, fondato sui valori del comunitarismo democratico e dell’integrazione, per perseguire l’indispensabile cooperazione territoriale per uno sviluppo equilibrato e sostenibile.

Baricentro istituzionale, economico e sociale delle Macroregioni e, in particolare, di quella Mediterranea, dovranno essere le Comunità locali, colmando anche l’insufficiente livello di partecipazione democratica nei confronti delle istituzioni euro-unitarie, in atto legate in forma prevalente alle esigenze della costruzione monetarista che segna l’Europa e, con essa, dei vincoli di bilancio che mortificano sempre più la qualità della vita, redditi e servizi pubblici soprattutto, dei cittadini del Vecchio Continente.  Inoltre, la Macroregione del Mediterraneo Occidentale servirebbe all’Unione europea, stretta tra il falso conflitto tra sovranisti e globalisti, per dare un segno tangibile di vicinanza alle popolazioni del Sud.

Si potrà costruire così, un network territoriale, tra globale e locale, in cui la Sicilia dovrebbe rappresentare uno dei motori propulsori assieme a Regioni come la Catalogna, la Corsica, l’Andalusia e naturalmente le altre del nostro Mezzogiorno a cominciare dalla Sardegna, dalla Calabria e dalla Campania.

Un ritorno, insomma, alle strategie di fine anni ’80 del Novecento, fondate su processi di cooperazione territoriale e integrazione istituzionale, nelle quali la nostra Isola avrebbe la possibilità di conquistarsi un ruolo fondamentale e centrale, abbandonano, una volta per tutte, le vecchie quanto strumentali opzioni  isolazioniste, eliminando definitivamente un Autonomismo fuori dalla storia, basato sulla riproposizione di una visione riparazionista, in definitiva finalizzata alla difesa di piccoli privilegi, oggi superati, del ceto politico e burocratico, bandendo, nel contempo, la cultura dell’emergenza e l’uso della propaganda

C’è l’esigenza quindi, di una strategia macroregionale per tutto il bacino del Mediterraneo, in cui collocare una nuova e diversa stagione dell’Autonomia siciliana, in cui inserire le priorità dei cittadini della nostra bella quanto sfortunata Isola: contrasto alla povertà, promozione dell’occupazione, tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, coesione territoriale e sicurezza, anche in ordine ai terribili problemi posti dai flussi migratori dall’Africa.

Ma in concreto, quali dovrebbero essere gli assets per l’economia di questa Macroregione? In primo luogo quest’area deve divenire il baricentro, come è stato per molti secoli, dei traffici commerciali globali, a partire da quelli che cresceranno in modo esponenziale a seguito del potenziamento del Canale di Suez, con le conseguenti nuove strategie della portualità collegate alle zone economiche speciali, che fanno confluire nel mare nostrum l’interesse degli operatori marittimi, imprenditoriali e commerciali.

La Cina ha una strategia geo-economica definita, denominata Belt and Road Initiative, che mira a sostenere il ruolo del Paese del Dragone nelle relazioni globali attraverso lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, attirando i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi: un Piano organico per i collegamenti terrestri, una via marittima che collega porti di interesse strategico, il varo di una Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), dotata di un capitale di partenza di 100 miliardi di dollari, di cui la Cina stessa è il principale socio.

Ma, naturalmente, questa sfida non si può intraprendere senza un massiccio piano nazionale di investimenti pubblici e privati al Sud, per rafforzare l’intelaiatura logistica, realizzare le indispensabili infrastrutture strategiche, Ponte sullo Stretto in primis, per portare l’alta velocità fino a Reggio Calabria e in Sicilia, per cablare l’intero Mezzogiorno con ampie zone di free wi-fi,  per collegare le reti infrastrutturali europee del TEN-T a quelle cinesi del BRI, e per realizzare una Banca di Investimenti del Mediterraneo. Insomma, un vero e proprio New Deal che recuperi una visione keynesiana fondata sull’impresa e sul lavoro produttivo e non sull’assistenzialismo che narcotizza i giovani, stretti tra la “fuga” dal Mezzogiorno e l’inedia parassitaria, in grado di intercettare, attraverso il cofinanziamento, tutte quelle risorse europee che sistematicamente si perdono.

Con una strategia di questo tipo la Macroregione potrebbe recuperare quella dimensione di integrazione nel Mediterraneo, in primo luogo di civiltà, che il grande storico Fernand Braudel così efficacemente descriveva: “Il Mediterraneo è un insieme di vie marittime e terrestri collegate tra loro, e quindi di città che, dalle più modeste alle medie, alle maggiori si tengono tutte per mano. Strade e ancora strade, ovvero tutto un sistema di circolazione”.

 

 

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