Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 4/5

di Giuseppe Campione

4. La geografia, e poi l’urbanistica, avrebbero dovuto dare forma a un piano di generali riconsiderazioni attraverso progetti comunitari capaci di tener conto “contemporaneamente” di tutti i fattori sociali, culturali, economici: “questi sono i soli che potranno modificare le condizioni di vita”, diceva Adriano Olivetti, prima che Campos Venuti parlasse di terza generazione e quel “poetare” apparisse alla fine confinato alle regioni del cuore.
Questa visione, che sembrava anch’essa auto-confinarsi nei recinti dell’utopia, resta riferimento per chi ha memoria di storie e progetti locali? Ed anche per chi si confronta con un’azione di pianificazione urbanistica continua nel tempo, che avrebbe dovuto rappresentare una risorsa determinante per sperimentare più efficaci modelli di governo metropolitano? Azioni di pianificazione urbana, cioè, dialogata e monitorizzata da forze sociali e culturali, con azioni condivise, con forme interistituzionali di collaborazione, in una comune rilettura delle opzioni di crescita, ripensandone le dinamiche, per una diversa relazione tra strategie e progetti.

Ecco allora l’urgenza di dare senso compiuto al progetto di ricostruzione della città, per nuovamente, e questa volta più compiutamente, pensare ad un urbano possibile: mobilitando in questo muoversi risorse, volontà, intelligenze, professionalità che con noi dialogano incessantemente. Proprio perché tutto ciò significa capacità di portare avanti un disegno che, se nel tempo ha avuto pregevoli teorizzazioni ed auspici, oggi rappresenta l’unico new-beginning nelle nostre mani.

Non siamo riusciti fin qui a garantire, proprio per la carenza di discorso metropolitano, quelle sperimentazioni che avevamo promesso: nuove germinazioni, dalla cultura della libertà a quella della cittadinanza, al pluralismo culturale, alla promozione di stili di vita più aperti etc. Per questo la “promessa urbana”, resta una sfida e tutti gli attori siamo chiamati ad affrontare il disordine che è l’altra faccia del nozionismo dello sviluppo e delle crescite improprie. In altre parole dovremmo nuovamente rintracciare – come molti di noi iniziarono a fare, in tempi lontanissimi, discettando delle conurbazioni dello Stretto, con Lucio Gambi, Francesco Compagna, e Ludovico Quaroni – una più generale sperimentazione di congrue opzioni culturali, anche per conseguenti azioni di governo: in modo da determinare possibili mappe di capitale sociale, ricco di invenzioni e pensieri forti e finalizzato, negli effetti di un operare complessivamente dialogato, ai temi della qualità della convivenza.
E sarebbe come esigere, più che “governement”, significativi approcci a forme di “governance”, e quindi di qualità della cittadinanza, frutto anche e forse soprattutto del valore aggiunto della nostra intrapresa universitaria. E allora ritrovare il senso dei luoghi, arricchendo la nostra “cassetta degli attrezzi” con quello che offrono saperi all’apparenza distanti. Il risultato sarà un mosaico, ricco di rimandi che si aprono su scenari spesso sorprendenti: dove il locale e il globale si incontrano, si sommano, suggeriscono chiavi di lettura, per leggere il nostro territorio e la sua “insularità complessa”, le “isole di terra” di Fevbre, e per convenire, come in un mio recente intervento su Repubblica (24 3 2007), che «il territorio, con il suo olocausto, è la vera prova che bisognerà portare nei tribunali della storia». Perché territorio non è soltanto una costruzione con valenze essenzialmente politiche e di dominio ma principio strutturante di una comunità politica che ne materializza l’ancoraggio al suolo.

Questi spazi, pur nel variare dei disegni, ed anche nella loro immaterialità, esprimeranno comunque forme di irraggiamento di un polo generatore e coordinatore. Così le città non scompaiono nel gioco di intrecci della globalità, anzi riaffermano il ruolo di controllo sull’esplicitarsi di nodi e reti, perché sono al tempo stesso sistemi territoriali locali e nodi di reti globali (G. Campione, Narrazioni di Geografia politica, Rubbettino, 2007).

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

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