I beni culturali sono o non sono la carta d’identità dei siciliani?

di Sergio Bertolami

Le differenti posizioni politiche arricchiscono sempre il dibattito per la ricerca delle soluzioni a tutela della comunità. Ciò vale nelle migliori democrazie. Un confronto di idee, espresso in modo pacato e riflessivo, è sempre auspicabile. Per gli antichi la “disputatio” era metodo attinente alla ricerca di una qualche verità politica, scientifica o teologica. Pur tuttavia, lungi dall’alimentare polemiche, vorrei porre l’attenzione sul fatto che per i politici regionali il problema rimane quello di continuare a considerare il patrimonio siciliano come un bene di poco conto, anziché una vera ricchezza. A tutti gli effetti, è merce di scambio. Con l’aggravante di non impegnarsi a trovare, per questo assessorato, un degno sostituto del compianto Sebastiano Tusa.

Non ho difficoltà a concordare con quanti asseriscono che la scelta di un assessore, piaccia o no, sia nelle prerogative del Governatore Musumeci e quindi sia parte delle valutazioni della gestione politica. Mi fanno sorridere, infatti, le manifestazioni improprie di certi pseudo intellettuali che invitano i siciliani “a disertare parchi archeologici, musei, iniziative, sagre, polpette, tric e trac in mano ai leghisti”. Vorrei piuttosto ricordare che fu proprio un assessore ai Beni Culturali, nella prima Giunta presieduta da Salvatore Cuffaro, a dettare le linee guida di quella che da allora si chiama “identità siciliana”. Per chi non lo sapesse è quell’Alessandro Pagano che da Forza Italia attualmente milita nella Lega Nord, siciliano laureatosi all’Università di Messina, oggi su tutti i giornali per avere chiamato Silvia Romano “neo-terrorista”.

La scelta della lega Nord da parte del nostro Governatore Musumeci non è quindi, a mio avviso, il punto nevralgico del discorso. È un fatto di mera cronaca politica, che però porta alla luce l’inconsistenza della preparazione culturale dei nostri politici. L’identità siciliana non è una espressione il cui contenuto può essere manipolato ad uso di una parte politica. È il frutto di una stratificazione millenaria. Le “Curiae generales” del 1130 a Palazzo dei Normanni, per la proclamazione del Re di Sicilia, rappresentano la convocazione del primo parlamento della storia moderna in ambito internazionale. Questo è un fatto identitario del popolo siciliano. Un fatto culturale, prima che politico. Quindi l’idea di porre al centro dell’attenzione l’identità siciliana e accorparla al titolo di un assessorato alla Cultura è stato senza dubbio un importante fatto culturale oltre che politico. 

Oggi, tuttavia, la scelta di un appartenente alla Lega Nord per ricoprire il ruolo di assessore alla Cultura siciliana è, più che mai, contro ogni logica. Sarebbe stato un fatto meramente politico proporre alla Lega un assessorato all’Agricoltura, come si prospettava. Ma non si possono usare i Beni culturali e l’identità siciliana, ovverosia la “carta di identità” di questa Terra, per contrattazioni rispondenti a logiche di potere. Esistono dei limiti che non vanno mai superati. Ecco quindi che la petizione proposta è manifestazione di un dissenso democratico sui contenuti della scelta culturale e la inopportunità politica. Fu Charles De Gaulle (un nazionalista, non certo un uomo di sinistra o un moderato centrista) a bollare i politici: «Sono giunto alla conclusione che la politica sia una cosa troppo seria per lasciarla fare ai politici».

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Cassandra Duval da Pixabay 

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