Storia dell’alchimia: le origini – 3/8

 

Il fenomeno dell’alchimia ha importanza e diffusione planetaria, quindi, tutt’altro che marginale. Due sono i filoni di sviluppo: uno in Asia, con l’alchimia cinese, sviluppatasi nel Taoismo, e nelle rispettive zone di influenza (come l’India), ed uno occidentale, nato in Egitto, per poi contaminare le civiltà classiche (Grecia e Roma), e poi il mondo islamico e l’Europa intera. Qui, vi furono rapporti superficiali con le varie religioni, ma l’alchimia occidentale va considerata come cultura autonoma. Se vi sono stati contatti o rapporti tra le due realtà alchemiche, non è noto.

L’alchimia occidentale
Gli stessi alchimisti pongono la nascita della loro arte nell’antico Egitto. Purtroppo non ci sono pervenuti documenti, ma ciò che sappiamo deriva da scritti greci e traduzioni arabe. Se mai fossero esistiti (ma si sostiene di no), essi bruciarono nell’incendio della Biblioteca di Alessandria. Sembra che gli antichi egizi considerassero la metallurgia come pratica mistica per eccellenza. Una leggenda vuole che l’invenzione della metallurgia fosse addebitabile al dio Thot, che, nella cultura greca, divenne Ermes. Questo “creatore” avrebbe scritto ben 42 libri sullo scibile umano, tra i quali uno dedicato all’alchimia. La famosa Tavola di smeraldo del dio Ermes Trismegistus (il tre volte grande), secondo antiche traduzioni arabe, sarebbe alla base della pratica alchemica.

Il complesso dettato alchemico trova le sue origini nella cultura filosofica dei Greci. La cultura greca, infatti, sempre caratterizzata da movimenti filosofici, assunse dalla cultura alessandrina i propri concetti. Tre furono le differenziazioni operate su di essa: quella tecnica, quella filosofica e quella religiosa. Grande importanza ebbe l’alchimia nella filosofie del Pitagorismo, dottrina passata, successivamente, nello Gnosticismo. La filosofia pitagorica, che dava enorme rilevanza ai numeri, secondo loro alla base del creato, si ritrova poi nell’importanza che gli alchimisti davano ai numeri nelle loro ricerche.
Un ulteriore contributo alla cultura alchenica fu recepito dalla filosofia della scuola ionica. Essa riteneva che vi fosse un principio unico e originario nella creazione, da ricercare. Filosofi di questa corrente furono Talete ed Anassimandro. A questo pensiero si rifecero i grandi Platone ed Aristotele. Il loro credo filosofico divenne poi base degli obiettivi alchemici.
In questo periodo storico, l’indagine filosofica analizza la realtà materiale e spirituale dell’universo. Viene posto per primo un concetto: una sola materia prima dà vita a tutto il creato. Il filosofo Empedocle distingue questo unico cardine in quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. Aristotele vi aggiunge la “quintessenza”, cioè, l’etere, la materia di cui sono formati i cieli.

Nel successivo periodo romano, l’alchimia acquisisce il carattere di religione esoterica, il mistero e la magia. Nell’età imperiale ed ellenistica si sviluppò, infatti, sull’alchimia una letteratura specifica. Essendo riferita al dio Thot-Ermete, essa venne denominata come “ermetica”. I contenuti vennero mutuati dal Neoplatonismo e dal Neopitagorismo. Più tardi, nel II secolo, fu redatto il testo degli Oracoli caldaici, di cui è rimasto poco, ma che confermava i precedenti della letteratura ermetica. La dottrina alchemica si va a formare in tale periodo.

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