Come prefigurare il cambiamento

 

Progettare è un’operazione estremamente complessa, che molti pensano di sapere fare in maniera istintiva. La realtà che ci attornia è la riprova che non è così, per questo ci troviamo a tallonare emergenze, spesso ricorrendo all’ausilio degli “uomini idea” che con uno schiocco di dita dovrebbero risolvere un problema. Le cose potrebbero, invece, esser fatte meglio. Basterebbe soltanto prendere la decisione di “fermarsi a pensare”, ma questa peculiarità del progetto, che sta nel suo carattere esplorativo, è ciò che incute maggiore riluttanza. È da notare che esiste un preciso rapporto fra “problem solving” e “problem finding”. Il primo indica la soluzione di un problema, il secondo denota la scoperta del problema, preferibilmente prima che si verifichi. Un’idea che mi pare più apprezzabile. Ciò richiede conoscenze; ma da sole non bastano, per questo motivo oggi si avverte la necessità di passare, ad esempio, da una «scuola delle conoscenze» a una «scuola delle competenze». C’è una quantità di giovani che hanno raggiunto conoscenze, ma non sanno cosa fare del proprio sapere. Nella quantità di conoscenze teoriche non sanno leggere alcun risvolto pratico. Eppure hanno studiato come si è costruito il mondo. In realtà, sviluppata una certa competenza, occorre interessarsi al passo successivo, perché ogni soluzione porta sempre alla comparsa di nuovi problemi. È un processo circolare che non si conclude mai, lasciando margini di indeterminatezza. Quindi non basta concentrarsi esclusivamente a risolvere problemi, ma occorre gestire un percorso di pensiero, che alle conoscenze assommi capacità intuitive e creative. Progettare, a ben considerare, è prefigurare il cambiamento possibile. Ecco perché immaginare il futuro è meno facile che tentare di aggiustare il presente.

About the author: Sergio Bertolami