Silvestro Lega – Il pergolato

Il pergolato, 1868, Pinacoteca di Brera, Milano

IL DIPINTO

Il pergolato, o Un dopo pranzo, è un dipinto a olio su tela di Silvestro Lega, realizzato nel 1868 e conservato alla pinacoteca di Brera, a Milano. Noto sin dal 1923 come Il pergolato, in riferimento al luogo dove si consuma la scena, il dipinto in origine si chiamava Un dopo pranzo, titolo che certamente descriveva con maggiore efficacia l’episodio illustrato: si tratta di una tradizione squisitamente italiana, quella del caffè pomeridiano. In accordo con la sua poetica, Lega sceglie di raffigurare un soggetto quotidiano, decisamente ordinario, con un realismo quasi fotografico. Lega rappresenta un gruppo di donne che chiacchierano e si intrattengono in maniera tranquilla e rilassata all’ombra di un fitto pergolato, in attesa dell’arrivo della domestica, ritratta sulla destra mentre regge un vassoio con sopra un bricco di buon caffè. Dietro di lei si profila un basso muretto, sul quale sono collocati vasi di cotto contenenti fiori dai mille colori. Le varie fioriture sono riarse dal sole estivo, che proietta ombre lunghissime sulla pavimentazione del viottolo, dove tra le fughe delle varie mattonelle riescono a vegetare alcuni ciuffi di erba selvatica. Il punto di fuga decentrato, collocato praticamente sul margine sinistro della tela, invoglia l’osservatore a esplorare con lo sguardo la campagna retrostante, popolata da varie case coloniche e da una cortina di pioppi sulla linea dell’orizzonte.

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Autoritratto, 1861 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

L’ARTISTA

Silvestro Lega (Modigliana, 8 dicembre 1826 – Firenze, 21 settembre 1895) è stato un pittore italiano. È considerato, insieme a Giovanni Fattori e a Telemaco Signorini, fra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli. Pur risentendo inizialmente della maniera dei suoi maestri, quando si unì al gruppo dei Macchiaioli si era già emancipato dalla disciplina accademica e dai soggetti storici di stampo neoclassico da essa privilegiati, e iniziò pertanto a produrre opere caratterizzate da un disegno nitido e preciso, un apparato cromatico limpido e puro e da composizioni geometricamente chiare e definite. L’evoluzione dello stile artistico è caratterizzata da uno sviluppo notevolmente lento. Inizialmente si inserì nella tradizione purista, occupandosi prevalentemente di «osservare il vero con più semplicità e con un maggior senso della realtà, apprendendo non solo a esercitarsi in una tecnica disegnativa sicura e sciolta, ma anche a organizzare il quadro in tutte quelle componenti tramite le quali il soggetto assume la verità di una narrazione».

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Giovanni Fattori – In vedetta

In vedetta, 1872, Valdagno, collezione Marzotto

IL DIPINTO

In vedetta, o Il muro bianco, è un dipinto a olio su tela del pittore macchiaiolo Giovanni Fattori, realizzato nel 1872 e conservato in una collezione privata di Valdagno. Nel dipinto è raffigurata una scena di vita militare in cui tre soldati effettuano la ronda di vigilanza, immobili sotto il sole implacabile di un primo pomeriggio estivo. Il primo cavaliere, collocato in primo piano ma decentrato sulla destra, proietta la sua ombra sulla bianca parete retrostante. Il muro interrompe bruscamente la linea dell’orizzonte e presenta una geometria perfetta, sulla quale si struttura l’intero apparato prospettico del dipinto: si tratta del motivo essenziale della composizione, che generalmente è costituita da pochi altri elementi, quali il cielo, la pianura arida color ocra e gli uomini a cavallo. Vi troviamo, infatti, altri due cavalieri, collocati all’estremità più lontana del muro (quasi come se volessero proseguirne idealmente la prospettiva), che cavalcano rispettivamente un cavallo bianco e uno nero. La composizione, completata da un cielo azzurro-violaceo e da un’arida pianura color ocra, è sostenuta da una grande staticità derivante dalla sapiente scansione dei volumi e dal bilanciamento degli spazi.

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Autoritratto, 1884, Galleria d’Arte Moderna, Firenze

L’ARTISTA

Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908) è stato un pittore e incisore italiano. È considerato tra i maggiori pittori italiani dell’Ottocento e tra i principali esponenti del movimento dei Macchiaioli. Giovanni Fattori è considerato uno dei più sensibili esponenti del movimento dei Macchiaioli. Egli iniziò a informare i primi personali orientamenti artistici quando, a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, iniziò a frequentare il Caffè Michelangiolo di Firenze, animato da «una classe di giovani [artisti], i quali erano divenuti nemici dei professori accademici: guerra all’arte classica!». Fattori, mostrandosi insofferente alla pittura accademica e ai temi storico-celebrativi da essa prediletti, aderì quasi fisiologicamente alla macchia, una nuova tecnica pittorica ed espressiva legata con la poetica naturalistica. Lo scopo di Fattori, infatti, era quello di instaurare una pittura di ‘impressione’ modulando i volumi e le lontananze non più con il tradizionale chiaroscuro, bensì con la giustapposizione omogenea di campiture di colore accordate tra di loro in base al «tono», al «valore» e al loro conveniente «rapporto» (come spiegò egli stesso). Questa prassi aveva i suoi presupposti nelle dinamiche della percezione visiva: la presenza delle macchie, infatti, è giustificata dal fatto che l’occhio umano è colpito solo dai colori, che con le loro brusche interruzioni descrivono i contorni degli oggetti. Per questo motivo il reticolo disegnativo di Fattori non contemplava l’utilizzo di linee di contorno (assenti, tra l’altro, anche nella realtà).

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Giuseppe De Nittis – Passa un treno

Passa un treno, 1880, Pinacoteca De Nittis, Barletta

IL DIPINTO

Passa un treno è un dipinto di Giuseppe De Nittis. Realizzato prima del 1880, è conservato alla Pinacoteca De Nittis di Barletta. Fu presentato la prima volta alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino, nel 1880. Passa un treno fu esposto a Parigi alla Expotition J. de Nittis. Tableaux, pastels, acquarelles, dessins, études et croquits, nel 1886. Appartiene al gruppo di opere che, dopo la morte del pittore, furono donate dalla moglie Léontine Gruville al Comune di Barletta, città natale del pittore. In un primo tempo la critica assegnò il dipinto al 1869 e sostenne che il soggetto era ambientato in una campagna dell’Italia meridionale. La data fu in seguito posticipata al 1878-1879: il fazzoletto, portato dalle due contadine in primo piano, e l’albero di betulla non potevano non riferirsi a una campagna francese, oppure fiamminga.

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Giuseppe De Nittis nel 1875

L’ARTISTA

Giuseppe Gaetano De Nittis (Barletta, 25 febbraio 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 21 agosto 1884) è stato un pittore italiano vicino alla corrente artistica del verismo e dell’Impressionismo. Giuseppe Gaetano De Nittis nacque a Barletta nel 1846, figlio quartogenito di don Raffaele De Nittis e donna Teresa Emanuela Barracchia. Prima che nascesse, il padre fu arrestato per motivi politici, e, appena uscì di prigione due anni più tardi, si tolse la vita. Rimasto orfano sin dall’infanzia, crebbe con i nonni paterni, e dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni Battista Calò, si iscrisse nel 1861 – contro il volere della famiglia – all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Mancinelli e Gabriele Smargiassi. Di indole indipendente e insofferente verso qualunque tipo di schema, si mostrò disinteressato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, tanto che fu espulso per indisciplina due anni più tardi. Assieme ad altri pittori, fra cui Federico Rossano e Marco De Gregorio, si diede alla composizione all’aria aperta (dipingevano generalmente a Portici), specializzandosi nella riproduzione di paesaggi porticesi, partenopei e barlettani. Nel 1864 fu notato da Adriano Cecioni e l’anno successivo fondò la Scuola di Resìna, corrente italiana sul tema del realismo.

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Medardo Rosso – Ecce Puer

L’Ecce Puer. Riproduzione situata sulla tomba di Medardo Rosso, cimitero monumentale di Milano

IL DIPINTO

Ecce Puer (conosciuto anche come: Portrait de l’enfant Alfred Mond, Enfant anglais, Impression d’enfant) è un’opera di Medardo Rosso (1858-1928) che rappresenta la «vision de purité dans un monde banal» ossia la visione di purezza davanti ad un mondo banale, lo stupore di un bambino davanti ad un evento che ad un adulto appare banale. «Una sera c’era stato un ricevimento e la sala era piena di ospiti eleganti. Ad un tratto la tenda era aperta un po’ ed un bambino guardò dentro, le labbra aperte di sorpresa poi si è ritirato. Medardo corse alla sua stanza, ha lavorato tutta la notte fino al giorno dopo per completare la testa. L’hanno trovato sul divano con i vestiti serali indosso» (Scolari-Barr).

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Medardo Rosso al lavoro nel suo laboratorio

L’ARTISTA

Medardo Rosso (Torino, 21 giugno 1858 – Milano, 31 marzo 1928) è stato uno scultore italiano, importante esponente dell’impressionismo italiano. Medardo Rosso nacque a Torino nel 1858. Si trasferì con la famiglia a Milano nel 1870. Frequentò dal 1882 al 1883 l’Accademia di belle arti di Brera dove si dimostrò insofferente all’insegnamento accademico. Iniziò la sua carriera artistica nell’ambito della scapigliatura milanese. Nel 1885 sposò Giuditta Pozzi e nello stesso anno ebbero un figlio, che fu l’unico, Francesco Rosso. Il matrimonio naufragò già nel 1889. Proprio nel 1889 si recò a Parigi, dove venne a contatto con artisti impressionisti. Ritornò a Milano nel 1914, dove morì nel 1928 in seguito ad un’infezione dovuta a un problema al sangue. Realizzò soprattutto sculture in cera, ma anche in bronzo, terracotta, gesso e disegni a matita e a colori. Metteva molte cose insolite nei suoi “impasti”. Espose le sue opere a Parigi al Salon des Artistes Français, al Salon des Indipendents, nella Gallerie Thomas e Georges Petit, e a Vienna nel 1885. Eseguì alcuni busti per il cimitero monumentale di Milano. Nel 1886 espose a Londra e a Venezia e nel 1889 all’Esposizione universale di Parigi. Fu stimato, tra i suoi contemporanei da Edgar Degas e Auguste Rodin. Influenzò, successivamente, artisti come Boccioni, Carrà e Manzù.

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Antoine Bourdelle – Ercole arciere

Hercules the Archer nel Metropolitan Museum of Art, New York, bronzo dorato

IL DIPINTO

Ercole arciere (Hercules the Archer) è una scultura di Antoine Bourdelle, originariamente realizzata nel 1909, riprodotta in molteplici versioni. Fu commissionata del finanziere e filantropo Gabriel Thomas, come opera unica in bronzo dorato nell’aprile del 1909; Bourdelle lavorò alla scultura nell’estate del 1909. Fu scelta da Eugène Rudier e fu esposta alla National Society of Fine Arts nel 1910, e molto apprezzata. Le dimensioni erano 2,50 m × 2,40 m. La seconda versione fu sviluppata intorno al 1923. Differiva dalla prima versione per l’aggiunta di rilievi sulla roccia a destra, che rappresentano l’idra di Lerna e il leone di Nemea. Infine, sia uno stendardo lungo la base della scultura che un monogramma completarono il lavoro.

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Antoine Bourdelle in un ritratto fotografico scattato nel 1925

L’ARTISTA

Emile-Antoine Bourdelle (Montauban, 30 ottobre 1861 – Le Vésinet, 1º ottobre 1929) è stato uno scultore francese. All’età di 24 anni aveva vinto una borsa di studio per l’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi. Bourdelle fu assistente di Rodin, la fama di quest’ultimo ha ingiustamente spesso messo in secondo piano la figura del grande scultore francese, esempio della sua maestria sono L’arciere, La Forza (braccio del combattente), Centauro morente, fra i moltissimi lavori di pregio, in un’abbastanza recente mostra al Palazzo Ducale di Genova è stata resa giustizia in ambito locale al grande scultore: per un’idea più completa del suo lavoro occorre riferirsi a Parigi: ebbe numerosi incarichi pubblici e la monumentalità ed i mezzi economici e tecnici di molte sue opere lo stanno a dimostrare, ma soprattutto in Italia è ben poco conosciuto in quanto la “cultura” accademica non ha mai ben digerito il suo distacco dal seguire le stesse orme di Rodin.

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Auguste Rodin – Il pensatore

Il pensatore, 1880 – 1902, Musée Rodin, Parigi

IL DIPINTO

Il pensatore (in francese Le Penseur) è una celebre scultura bronzea dell’artista francese Auguste Rodin conservata nel museo che porta il nome del suo creatore, a Parigi. Rappresenta un uomo intento a una profonda meditazione. È talvolta utilizzata per raffigurare la filosofia. Inizialmente chiamata Il poeta, la statua faceva parte di una porta monumentale in bronzo commissionata a Rodin come porta d’ingresso di un progettato Musée des Arts Décoratifs a Parigi che in realtà non sarà mai realizzato. Rodin decise di raffigurare un tema a lui caro, l’universo dantesco della Divina Commedia in quanto opera ricchissima di spunti romantici e drammatici, e che oltretutto Rodin conosceva molto bene fin dai tempi della Petite École. Ogni figura da lui ideata rappresentava uno dei personaggi principali del poema. Il pensatore doveva raffigurare Dante davanti alle porte dell’Inferno, mentre medita sul suo grande poema.

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Auguste Rodin fotografato da Nadar nel 1891

L’ARTISTA

François-Auguste-René Rodin (Parigi, 12 novembre 1840 – Meudon, 17 novembre 1917) è stato uno scultore e pittore francese. Sebbene Rodin sia universalmente considerato il progenitore della scultura moderna, l’artista non decise deliberatamente di ribellarsi contro lo stile precedente. Fece studi tradizionali, ebbe un approccio al suo lavoro umile e simile a quello di un artigiano e desiderò a lungo il riconoscimento da parte del mondo accademico, nonostante non sia mai stato accettato nelle più importanti scuole d’arte parigine.

Rodin ebbe una capacità unica di plasmare l’argilla creando superfici complesse, vigorose e profonde. Molte delle sue opere più famose alla sua epoca furono diffusamente criticate in quanto si scontravano con la tradizione scultorea figurativa dominante, secondo la quale le opere dovevano essere decorative, stereotipate o strettamente riferibili a tematiche conosciute. La grande originalità del lavoro di Rodin sta nell’essere partito dai temi mitologici e allegorici tradizionali per modellare le figure umane con realismo esaltando il carattere e la fisicità dell’individuo. Rodin fu consapevole delle polemiche che i suoi lavori suscitavano ma rifiutò di cambiare stile. Le opere successive finirono per incontrare maggiormente il favore sia del governo che della comunità artistica.

Partendo dall’innovativo realismo della sua prima grande scultura – ispirata da un viaggio in Italia che fece nel 1875 – fino ai monumenti in stile non convenzionale per i quali ottenne in seguito commissioni, la fama di Rodin crebbe sempre più e finì per diventare il più importante scultore francese della sua epoca. Con l’arrivo del XX secolo era ormai un artista apprezzato in tutto il mondo. Dopo la mostra che allestì all’Esposizione universale del 1900 facoltosi committenti si contesero le sue opere e Rodin frequentò molti artisti e intellettuali di alto profilo. In quello che sarebbe stato l’ultimo anno della vita di entrambi sposò la sua storica compagna Rose Beuret. Dopo la sua morte, sopraggiunta nel 1917, le sue sculture soffrirono un breve declino di popolarità ma in pochi decenni la sua reputazione e la sua eredità artistica tornarono a consolidarsi. Rodin rimane uno dei pochi scultori ampiamente noti e conosciuti anche al di fuori della ristretta cerchia della comunità artistica.

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Gustave Caillebotte – I piallatori di parquet

I piallatori di parquet, 1875, Museo d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

I piallatori di parquet (Les raboteurs de parquet) è un dipinto del pittore francese Gustave Caillebotte, realizzato nel 1875 e conservato al museo d’Orsay di Parigi. Il dipinto, firmato «G. Caillebotte», venne portato a compimento nel 1875 e presentato al Salon dello stesso anno. Qui, tuttavia, ricevette un’accoglienza assai fredda, tanto che non riuscì neanche a superare il vaglio della commissione giudicatrice, senza dubbio scandalizzata dal fatto che un soggetto così ordinario e «volgare» (i giurì si rivolsero proprio in questi termini) avesse acquisito dignità artistica e dall’audacia sia prospettica che stilistica che il pittore vi si è concesso. Disilluso, Caillebotte accolse dunque l’invito di Renoir e di Henri Rouart di presentare I piallatori di parquet alla seconda mostra degli Impressionisti, insieme a un’altra opera sempre incentrata sul logorante lavoro dei piallatori di parquet. I critici si divisero in due: molti, per esempio, giudicarono assai negativamente l’impianto prospettico dell’opera, come Émile Porchoron («si tratta dell’opera meno orribile dell’Esposizione. Una delle missioni pittoriche distintive dell’Impressionismo è quella di torturare la prospettiva: potete ben vedere, qui, i risultati che hanno ottenuto) e, in maniera assai minore, anche Émile Zola, che pur rimanendo colpito da questa tranche de vie moderne condannò «questa pittura borghese preoccupata in modo spropositato dell’accuratezza dei particolari».[3] Louis Énault, pur tollerando la scelta figurativa di Caillebotte («si tratta di un soggetto indubbiamente volgare, ma possiamo capire quanto tenti un pittore»), si lamentò per quanto concerne la coerenza fisiognomica dei tre rasieratori («mi rammarico che Caillebotte non abbia scelto accuratamente i suoi modelli … le braccia dei rasieratori sono assurdamente sottili, e il loro busto è decisamente troppo piccolo»).

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Autoritratto, 1892, Museo d’Orsay, Parigi

L’ARTISTA

Gustave Caillebotte (Parigi, 19 agosto 1848 – Gennevilliers, 21 febbraio 1894) è stato un pittore francese. Gustave Caillebotte nacque il 19 agosto 1848 a Parigi, in una lussuosa dimora in rue du Faubourg-Saint-Denis, in una famiglia di estrazione altoborghese. Il padre di Gustave, Martial Caillebotte (1799–1874), era un imprenditore tessile di successo ed era anche un giudice al tribunal de commerce del dipartimento della Senna; la madre, invece, si chiamava Céleste Daufresne ed era stata sposata da Martial in terze nozze. Nel 1851 sarebbe nato il fratello René, che morirà all’età di 25 anni, mentre nel 1853 fu il turno di Martial (battezzato con lo stesso nome del padre), il quale sarà legato a Gustave da uno stretto rapporto affettivo. La fanciullezza di Caillebotte fu tranquilla e agiata: il piccolo, d’altronde, non era funestato da preoccupazioni economiche e trascorreva le estati nella tenuta di famiglia a Yerres, un paesino a sud di Parigi dove maturò un’ardente passione per il canottaggio e dove, con tutta probabilità, ha iniziato a interessarsi anche alle Belle Arti. Caillebotte, dunque, all’inizio disegnava e dipingeva per puro diletto. Il suo sogno, infatti, era quello di diventare avvocato: iscrittosi al liceo Louis-le-Grand di Vanves nel 1857, avrebbe conseguito la laurea in legge nel 1869 (diplôme de bachelier en droit). Nel luglio 1871 fu chiamato alle armi per combattere nella guerra franco-prussiana: fortunatamente non perì nel corso del conflitto (come, sfortunatamente, accadde a un altro pittore impressionista, Bazille): sarebbe stato dismesso solo il 7 marzo 1871. Terminata la guerra Caillebotte rinunciò alle sue velleità forensi e iniziò a seguire i suoi sogni più autentici, diventando in breve tempo ingegnere navale, orticoltore, filatelico e, soprattutto, pittore.

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Lawrence Alma Tadema – Le rose di Eliogabalo

Le rose di Eliogabalo, 1888, collezione privata

IL DIPINTO

Le rose di Eliogabalo (inglese: The Roses of Heliogabalus) è un dipinto del 1888 del pittore anglo-olandese Lawrence Alma-Tadema, oggi parte di una collezione privata. Le sue dimensioni sono 213,4 cm per 131,8 cm (84″ per 51.9″), un rapporto molto prossimo alla sezione aurea. Il dipinto è ispirato da un episodio della vita dell’imperatore romano Eliogabalo (218-222) e raccontato nella Historia Augusta (Vita di Eliogabalo, XXI.5). Eliogabalo, che l’opera del IV secolo descrive come un debosciato, invitò alcuni suoi conoscenti a cena, dopo aver fatto preparare un finto soffitto che reggeva una gran quantità di petali di rosa; durante la cena lo fece aprire sopra i propri convitati, inondandoli di petali, tanto che alcuni di questi morirono soffocati.

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Ritratto fotografico di Alma-Tadema

L’ARTISTA

Sir Lawrence Alma-Tadema, nato Lourens Alma Tadema (Dronrijp, 8 gennaio 1836 – Wiesbaden, 25 giugno 1912), è stato un pittore olandese. Formatosi in Belgio alla Reale Accademia di Belle Arti di Anversa (Koninklijke Academie voor Schone Kunsten van Antwerpen), dal 1870 e sino alla morte si stabilì in Inghilterra, dove ottenne una speciale cittadinanza. Fu un pittore celebrato e conosciuto per i suoi soggetti ispirati all’antichità classica, nei quali raffigurò il lusso e la decadenza dell’Impero Romano. Sebbene ammirato in vita per la sua abilità, il suo lavoro fu disistimato dopo la sua morte, e solo a partire dagli anni ’60 è stato rivalutato per l’importanza che ebbe nell’arte del diciannovesimo secolo.

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Berthe Morisot – Giovane donna in tenuta da ballo

Giovane donna in tenuta da ballo, 1879, Musée d’Orsay, Parigi

IL DIPINTO

Giovane donna in tenuta da ballo (Jeune femme en toilette de bal) è un dipinto della pittrice francese Berthe Morisot, realizzato nel 1879 e conservato al Museo d’Orsay di Parigi. In quest’opera la Morisot rifugge dai canoni della ritrattistica ufficiale per cercare soluzioni nuove e diverse, più vicine alla sensibilità che si stava affermando in quegli anni. L’opera, infatti, ritrae una giovane e avvenente fanciulla vestita con un elegante abito da ballo dalla consistenza serica. Mentre i ritratti accademici esaltavano o valorizzavano lo status sociale della persona effigiata, la Morisot preferisce cogliere lo sguardo, attento e curioso, della ballerina, rivolto verso qualcosa che si svolge al di là dello spazio pittorico, alla sua destra. L’opera, in questo modo, si distingue per la sua vivacità e per la sua fluida libertà, e l’impressione che ne consegue è quella di una grande immediatezza, quasi da istantanea fotografica.

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Berthe Morisot con un mazzo di violette ritratta da Édouard Manet, 1872, Museo d’Orsay, Parigi

L’ARTISTA

Berthe Marie Pauline Morisot (Bourges, 14 gennaio 1841 – Parigi, 2 marzo 1895) è stata una pittrice impressionista francese. Berthe Morisot nacque il 14 gennaio 1841 a Bourges, in Francia, in un’agiata famiglia borghese: il padre, Edme Tiburce Morisot (1806-1874), era un funzionario statale d’alto rango, impiegato alla Corte dei Conti, mentre la madre Marie-Joséphine-Cornélie Thomas (1819-1876) era la pronipote del celebre pittore Jean-Honoré Fragonard («l’arte scorreva già nelle sue vene», come ha osservato Laura Corchia). A completare il quadretto familiare vi erano altre due ragazze, Yves e Edma, ed il maschio Tiburce. Nel 1851 la famiglia Morisot si trasferì a Passy, nei pressi di Parigi, città che in quel momento era veramente un grande centro artistico e l’atmosfera satura di cultura, di arte e di lusso costituivano un ambiente quasi unico in Europa, che certamente contribuì ad accendere nella giovane Berthe un grande interesse per la pittura. Importante fu anche l’influenza dei genitori, i quali avevano aperto la propria casa parigina ad artisti, intellettuali e amici di famiglia, facendo crescere così la figliola in un ambiente colto e stimolante. Per la Morisot, tuttavia, l’Accademia era inaccessibile, siccome era nata donna, e l’École des beaux-arts avrebbe aperto le proprie porte al gentilsesso solo nel 1897. Per questo motivo, dopo aver appreso i rudimenti della pittura dai genitori, la Morisot ebbe modo di coltivare il suo talento sotto la guida prima del neoclassicista Geoffrey-Alphonse Chócarne, e poi di Joseph Guichard, un ex allievo di Ingres poi convertitosi alla maniera romantica di Eugène Delacroix. La sua passione per le belle arti in questo modo crebbe costantemente, anche grazie al Guichard, il quale introdusse la giovane allieva all’esercizio della pittura soprattutto attraverso la copia dei dipinti dei grandi maestri. Nel corso del discepolato con il Guichard, in effetti, la Morisot visitò il Louvre innumerevoli volte, e attraverso lo studio delle tele di Raffaello Sanzio e Rubens coltivò orgogliosa il suo talento artistico.

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Mary Cassatt – Bambina che si sistema i capelli

Bambina che si sistema i capelli, 1886, National Gallery, Washington

IL DIPINTO

Bambina che si sistema i capelli è un dipinto a olio su tela (75×62,5 cm) realizzato nel 1886 dalla pittrice Mary Cassatt. È conservato nel National Gallery di Washington. Il dipinto ritrae una giovane in sottoveste, dal volto non propriamente attraente, mentre si sistema i capelli in una treccia. I colori vividi e lo stile pittorico avvicinano molto l’opera a quella degli impressionisti: il quadro fu effettivamente esposto all’ottava mostra degli impressionisti (1886), e Degas chiese alla pittrice di poterlo avere, colpito dalla bellezza dell’opera. Alla morte di Degas (1917) le sue opere vennero messe in vendita. Poiché tra le altre figurava anche la “Bambina che si sistema i capelli”, l’opera fu inizialmente attribuita a lui anziché alla Cassatt.

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Autoritratto, 1878, Metropolitan Museum of Art, New York City

L’ARTISTA

Mary Stevenson Cassatt (Pittsburgh, 22 maggio 1844 – Château de Beaufresne, 14 giugno 1926) è stata una pittrice statunitense. Visse molto tempo in Francia dove diventò amica e allieva di Degas, esponendo poi le proprie opere insieme a quelle degli artisti del movimento impressionista. Cassatt realizzò molti dipinti che ritraggono la vita sociale e privata delle donne della sua epoca, ponendo una particolare attenzione all’intimo legame che si realizza tra le madri e i loro bambini. Nonostante la famiglia si opponga alla sua decisione di diventare un’artista professionista, Mary Cassatt inizia a studiare pittura presso la Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Filadelfia quando ha solo quindici anni. Parte delle preoccupazioni dei suoi genitori probabilmente sono dovute al timore della possibilità che Mary finisca in contatto con idee di tipo femminista, nonché con lo stile di vita bohémien di alcuni degli studenti maschi. Anche se almeno un quinto degli allievi è composto da ragazze, la maggior parte di loro intende l’arte solo come una conoscenza in più che può arricchire la loro vita sociale: solo poche, come Mary, sono determinate a farne la propria professione. Cassatt continua gli studi durante il periodo della guerra di secessione. Tra i suoi compagni di corso c’è Thomas Eakins, che in seguito diventerà un direttore dell’Accademia piuttosto discusso.

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