ACRI annuncia la mostra virtuale “Pàthos. Valori, passioni, virtù” nell’ambito di R’Accolte

Giovan Gioseffo Dal Sole, Artemisia con la tazza delle ceneri – Ph. C. Vannini

R’Accolte: valorizzazione e accesso al patrimonio culturale delle Fondazioni di origine bancaria.

In mostra i capolavori di oltre 60 artisti tra i quali Elisabetta Sirani, Guercino, Parmigianino, Guido Reni, Giambattista Tiepolo, Giacinto Gemignani e Agostino Carracci.

Dal 30 gennaio al 31 marzo 2024
Online

R’Accolte, il più grande catalogo multimediale in Italia, promosso dalla Commissione per i Beni e le Attività Culturali di Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, continua a celebrare e diffondere il ricco patrimonio delle collezioni d’arte delle Fondazioni di origine bancaria. Dal suo avvio nel 2012, R’Accolte ha reso accessibili oltre 15.000 opere, censite secondo i più accurati standard internazionali, appartenenti a 78 collezioni, spaziando dal mondo antico al contemporaneo. Dal 2024, R’Accolte inaugura una nuova fase nel suo impegno di valorizzazione culturale con l’avvio di un ciclo di mostre virtuali che offriranno al pubblico l’opportunità di esplorare e comprendere le collezioni d’arte delle Fondazioni in modi del tutto innovativi.

La prima mostra, intitolata “Pàthos. Valori, passioni, virtù“, sarà online su www.pathos-raccolte.it dal 30 gennaio al 31 marzo 2024. Curata dallo storico dell’arte Angelo Mazza, l’esposizione esplora l’iconografia femminile dell’antichità e del Vecchio Testamento nelle collezioni d’arte delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio. La selezione di 80 opere di 60 artisti da 31 Fondazioni partecipanti include capolavori di artisti come Elisabetta Sirani, Guercino, Parmigianino, Guido Reni, Giambattista Tiepolo, Giacinto Gemignani e Agostino Carracci. Si tratta prevalentemente di dipinti, ma sono presenti anche incisioni, maioliche, bronzi e terrecotte, opere che coprono un arco temporale dal XVI al XX secolo.

Come scrive Donatella Pieri, presidente Commissione Acri Beni e Attività culturali, nel catalogo: “Questo nuovo progetto nasce dalla volontà di aggiungere conoscenza, di ricostruire vicende della storia, di diventare occasione per nuovi approfondimenti e accrescimenti di un’arte ancora ampiamente esplorabile. La conoscenza del patrimonio produce la consapevolezza del suo valore e coltiva la responsabilità della sua perenne conservazione“.

Al centro dell’esposizione le passioni, i valori e le emozioni raffigurate da artisti che hanno fatto la storia dell’arte, ricorrendo all’iconografia di personaggi femminili come Cleopatra, Lucrezia, Eva, Betsabea, Rebecca e GiudittaAngelo Mazza, curatore della mostra, scrive nel catalogo: “Il numero elevatissimo e la varietà delle opere d’arte confluite nel sito R’Accolte, distribuite in un arco temporale alquanto ampio, restituiscono una significativa galleria di immagini in cui le figure femminili si offrono come modelli esemplari di virtù per dignità, onore, coraggio, forza, eroismo, integrità morale e fedeltà, a tal punto da mettere a rischio la propria vita o sacrificarla deliberatamente. In taluni casi la sequenza delle immagini è così folta e iconograficamente variata da visualizzare i momenti essenziali della narrazione storica”.

Ad arricchire la mostra ci saranno un catalogo digitalevideo-interviste al curatore e contenuti multimediali che collegano le opere alla cultura popolare contemporanea. “Pathos. Valori, passioni, virtù” sarà inoltre accompagnata da un ricco calendario di eventi dal vivo, tra cui lezioni di storia dell’arte, visite guidate e laboratori per bambini, organizzati dalle Fondazioni partecipanti nei loro territori di riferimento.

Mattia Bortoloni, David che manda doni a Betsabea

Le Fondazioni per l’Arte: un impegno decennale nella promozione culturale

Le Fondazioni di origine bancaria sono organizzazioni non profit, private e autonome, nate all’inizio degli anni Novanta dalla riforma del sistema del credito. Acri è l’organizzazione che le rappresenta collettivamente.

Le Fondazioni di origine bancaria, eredi delle Casse di Risparmio, mantengono una lunga tradizione nel campo dell’arte e della cultura. Oltre a sostenere interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale, le Fondazioni promuovono progetti che mirano a democratizzare la cultura, favorendo l’accesso di un vasto pubblico ai beni culturali. L’impegno delle Fondazioni, in questo campo, riflette l’articolo 9 della Costituzione italiana e la Convenzione di Faro del 2005, promuovendo la tutela del patrimonio culturale e l’accesso consapevole di tutti i cittadini.

Dal 2000 a oggi, al settore Arte, Attività e Beni culturali le Fondazioni hanno destinato complessivamente oltre 7,5 miliardi di euro, contribuendo significativamente allo sviluppo culturale delle comunità di riferimento e dell’intero Paese. Gli interventi sostenuti includono, tra gli altri, il recupero e la conservazione del patrimonio monumentale, la tutela e la promozione di collezioni d’arte, il sostegno a festival culturali e lo sviluppo di progetti di sistema a livello nazionale, come R’Accolte.


INFORMAZIONI UTILI
TITOLO MOSTRA: Pàthos. Valori, passioni, virtù
A CURA DI: Angelo Mazza
QUANDO: Dal 30 gennaio al 31 marzo 2024
DOVE: Online su www.pathos-raccolte.it
PROMOSSA DA: Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa
NELL’AMBITO DI: R’accolte – https://raccolte.acri.it/
 
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Orangerie della Villa Reale di Monza: OTTOCENTO LOMBARDO. Ribellione e conformismo da Hayez a Segantini

Federico Faruffini, Suonatrice di liuto, 1865, olio su tela, 26 x 35 cm, collezione privata

Orangerie della Villa Reale di Monza

13 aprile – 28 luglio 2024

Dal 13 aprile al 28 luglio 2024, l’Orangerie della Villa Reale di Monza ospita la mostra Ottocento Lombardo. Ribellione e conformismo, da Hayez a Segantini, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural, in collaborazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e con il Comune di Monza, propone un viaggio esplorativo nella pittura e, più in generale, nella cultura della Lombardia del XIX secolo, attraverso oltre settanta opere, tra dipinti e disegni dei principali protagonisti dell’Ottocento lombardo: da Hayez al Piccio, da Faruffini a Cremona, da Medardo Rosso a Segantini.

È ormai noto che l’Ottocento italiano sia un secolo ricco di motivi di interesse e di personalità artistiche da scoprire. Se alcune aree italiane, su tutte la Toscana, sono state già portate all’attenzione del grande pubblico, la scena artistica della Lombardia del XIX secolo continua a essere poco nota.

Il percorso espositivo si dipana per aree tematiche, analizzando sia i movimenti e le tendenze iconografiche, che la biografia e la personalità dei singoli artisti, seguendo un filo narrativo chiaro ed esaustivo che si propone di far luce su un tema non sempre così noto.

La rassegna, dunque, offrirà l’opportunità di scoprire un universo dinamico e sorprendente, artisticamente e intellettualmente molto raffinato e sperimentale, e di indagare la società italiana del tempo, tra certezze e contraddizioni. Pur tenendo come cardine la scena milanese, la mostra indagherà con attenzione anche la situazione delle altre provincie lombarde e le aree più periferiche e provinciali. Uno sguardo particolare verrà dato alla scena artistica della città di Monza, città natale di pittori straordinari quali Pompeo Mariani, Mosé Bianchi, Eugenio Spreafico ed Emilio Borsa.


Dati tecnici
OTTOCENTO LOMBARDO. Ribellione e conformismo da Hayez a Segantini
Orangerie della Villa Reale di Monza
13 aprile – 28 luglio 2024
 
Per informazioni:
www.vidicultural.com
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | clara.cervia@clp1968.it  | Marta Pedroli | marta.pedroli@clp1968.it
T 02.36755700 | www.clp1968.it

La Fondazione Carlo Levi presenta la mostra virtuale “Carlo Levi e Italo Calvino: una particolare predilezione e amicizia”

La Fondazione Carlo Levi inaugura la mostra virtuale

Dal 10 gennaio 2024 sulla sezione Mostre Virtuali della Fondazione

La Fondazione Carlo Levi presenta un ciclo di mostre virtuali dal titolo Intorno al mondo di Carlo Levi che, a cadenza irregolare, ha l’obiettivo di raccontare le relazioni intercorse tra l’artista e intellettuali, pittori, scrittori, storici, critici d’arte, varie personalità che hanno segnato la cultura italiana e internazionale. Un percorso che vuole mettere in dialogo il carattere e i pensieri dei protagonisti con la produzione pittorica e letteraria di Carlo Levi, ma anche con documenti e fotografie d’archivio inediti.

Il ciclo si inaugura con la mostra virtuale Carlo Levi e Italo Calvino: una «particolare predilezione e amicizia» navigabile dal 10 gennaio 2024 sul sito istituzionale della Fondazione nella sezione Mostre Virtuali

L’esibizione è incentrata sulla relazione tra l’opera pittorica di Carlo Levi e gli interventi di critica d’arte dello scrittore ligure. Il rapporto tra i due non è stato sempre privo di ombre; nel recensire (1946) Paura della libertà Calvino definisce l’autore «un uomo d’interessi e d’esiti moderni ma di sensibilità sorpassata, reazionaria» Si è andato poi trasformando in una «particolare predilezione e amicizia» intorno alla metà degli anni Cinquanta allorché Calvino, oltreché scrittore anche redattore dell’Einaudi, pubblica una serie di saggi sulle opere di Levi che rivelano un certo interesse nei confronti della sua produzione. La loro amicizia si consolida definitivamente con lo scritto La compresenza dei tempi, apparso nel 1967 su Galleria, in cui Calvino definisce il riconoscimento dell’importanza storica e letteraria di libri quali Cristo si è fermato a Eboli e L’Orologio. Nella produzione saggistica calviniana si rintracciano dunque numerosi interventi dedicati a Levi che non si limitano alla sola attività letteraria, ma si estendono anche alla sua opera pittorica. Difatti Calvino ha dimostrato sempre una particolare predilezione per l’arte visiva, è affascinato dalle immagini e dal loro potere comunicativo, e così diventa anche uno dei più attenti critici della pittura leviana.

Nel solco di questo interesse e del confronto artista-scrittore che spesso si incontra nelle pagine calviniane dedicate all’arte, si è cercato di costruire un percorso espositivo che racconti la relazione tra le attente osservazioni del primo e i dipinti, i disegni e le litografie di Levi.  

Questa esperienza digitale si propone come un catalogo in cui è possibile leggere un testo introduttivo, sfogliare le immagini pittoriche scelte principalmente tra quelle presentate dallo stesso Calvino, scorrere le citazioni dello scrittore ligure che descrivono la pittura leviana e una breve descrizione dei dipinti. Infine permette di visionare alcuni documenti storici di archivio (inviti, cataloghi, lettere) digitalizzati per l’occasione e materiali multimediali. 

Il racconto che viene restituito è quello di un attraversamento del percorso pittorico di Levi, dalla giovinezza all’età matura, accompagnato dalle parole dello scrittore ligure, dalle sue predilezioni, dalle sue intuizioni, dalla sua luminosa scrittura critica. 

Il progetto scientifico del ciclo Intorno al mondo di Carlo Levi è a cura di Daniela Fonti Antonella Lavorgna, il testo di presentazione della mostra Carlo Levi e Italo Calvino: una «particolare predilezione e amicizia» è firmato da Luca Beltrami, la curatrice è Antonella Lavorgna.

Si ringraziano per l’amichevole collaborazione:
gli eredi di Italo Calvino, la casa editrice Mondatori, l’erede di Carlo Levi.

Le attività della Fondazione Carlo Levi sono realizzate grazie al contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura.


INFO
 
Dal ciclo Intorno al mondo di Carlo Levi mostra virtuale
Carlo Levi e Italo Calvino: una «particolare predilezione e amicizia»
Ciclo mostre a cura di Daniela Fonti e Antonella Lavorgna
Presentazione: Luca Beltrami
Schede e allestimento: Antonella Lavorgna
Citazioni tratte dalle opere di Italo Calvino
Opere pittoriche di Carlo Levi
Sito istituzionale Mostre Virtuali
 
Fondazione Carlo Levi
carlolevifondazione@gmail.com
www.carlolevifondazione.it
 
Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart
roberta.melasecca@gmail.com

La Pop/Beat Art in Italia, da marzo in Basilica Palladiana

Bruno Di Bello, Ritratto di Paul Klee, 1968, collezione privata, Courtesy Gió Marconi, Milano foto di Fabio Mantegna

“Una mostra viva, comprensibile, popolare, che riporti nella collettività la leggerezza e la propositività sociale di quegli anni, attualizzando quella ‘Libertà di sognare’ che oggi può rivelarsi salvifica dopo le costrizioni del lockdown.
Un progetto sul ‘sentire comune’ di artisti, letterati, musicisti di un ventennio cruciale del nostro Paese, superando le barriere strettamente storiografiche, le rispettive rivendicazioni tematiche individuali, le stesse classificazioni Pop e Beat in gran parte nemmeno condivise dagli stessi artisti che han finito col farne parte.”

Roberto Floreani

Vicenza, Basilica Palladiana
2 marzo – 30 giugno 2024

È questo il progetto di pittura, scultura, video e letteratura, inedito per l’Italia, che l’artista Roberto Floreani ha ideato e curato per il Comune di Vicenza e Silvana Editoriale – che ne hanno assunto la coproduzione – per i prestigiosi spazi della Basilica Palladiana, con opere provenienti dai principali musei, gallerie e collezioni private nazionali.

Per la prima volta vengono raccontate ed esposte insieme le generazioni Pop e Beat italiane, testimoni di un sentire comune di quegli anni, legato a una visione ottimistica del futuro e all’impegno movimentista del Sessantotto, rendendosi quindi originali e autonome dalle suggestioni Pop e Beat americane, per troppi anni indicate come determinanti. Sarà messa in evidenza l’unicità propositiva e la statura assoluta della Pop italiana in Europa, nonché le differenze sostanziali e l’autonomia dei suoi artisti rispetto a quelli americani. In Italia si alimenterà infatti una frequentazione dal basso, sensibile alla tradizione artistica nazionale, al paesaggio, all’avanguardia futurista, che sarà protagonista dei mutamenti sociali, politici e culturali nelle piazze, nelle strade, nelle fabbriche, nelle università: istanze diventate oggetto di gran parte delle opere e dei documenti esposti. Distanti, quindi, da quelle degli artisti e letterati americani, presto vezzeggiati in ambito mercantile e universitario, spesso ricevuti come autentiche star e orientati all’evidenza dei prodotti di consumo della società di massa amplificati dalla pubblicità.

La sezione Pop, con quasi un centinaio di opere selezionate di trentacinque artisti, privilegerà i grandi formati che verranno spettacolarizzati da un’ampia sezione di sculture.

Saranno presenti opere di Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Paolo Baratella, Roberto Barni, Gianni Bertini, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Lucio Del Pezzo, Fernando De Filippi, Bruno Di Bello, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Pietro Gallina, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Roberto Malquori, Renato Mambor, Elio Marchegiani, Umberto Mariani, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Mario Schifano, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Cesare Tacchi, Emilio Tadini.

La temperatura Beat in mostra sarà garantita dalla musica di quegli anni, diffusa in loop, e rappresentata dai rari documenti originali di Gianni Milano, mentore di un’intera generazione, Aldo Piromalli, Andrea D’Anna, Gianni De Martino, Pietro Tartamella, Eros Alesi, Vincenzo Parrella e molti altri, nonché dalla vicenda artistica militante dell’Antigruppo siciliano.

Alla generazione Beat, fino ad oggi conosciuta (poco) per i fermenti a Milano e Torino, verrà finalmente restituita un’identità nazionale, considerando la generosa e meno nota esperienza proprio dell’Antigruppo siciliano, guidato dalla figura carismatica di Nat Scammacca, di cui saranno esposte le pubblicazioni fondative, relative alla sua Estetica Filosofica PopulistaAntigruppo in chiara polemica con la Beat salottiera ed egemonica del Gruppo ’63, legato all’influenza dei grandi editori del nord e dei concorsi letterari, e molto meno attento alle pulsioni popolari. Antigruppo che merita quindi un’attenta rivalutazione per la sua attività artistica e sociale meritoria, spontanea, instancabile.

Il progetto di Floreani ricontestualizzerà la stessa natura della Pop e della Beat italiane, dando priorità a ciò che gli artisti stessi dichiaravano circa la loro ricerca, non sentendosi spesso affatto etichettabili come Pop, proprio per l’originalità del loro punto di vista rispetto agli americani, nonché percorrendo un tragitto che dalla Libertà di sognare approderà fatalmente alla Fine del sogno degli anni di piombo, della disillusione e della diffusione delle droghe pesanti, messe in scena in tutta la loro crudezza al Festival di Castelporziano nel 1979.

Vicenza, grazie anche all’impegno dell’assessorato alla cultura, al turismo e all’attrattività della città e dell’assessorato all’istruzione, diventerà dal 2 marzo al 30 giugno 2024 un autentico laboratorio.

Eventi collaterali ad hoc saranno proposti in alcuni dei principali luoghi monumentali della città, in collaborazione con la Biblioteca civica Bertoliana, il festival New Conversations – Vicenza Jazz, il Cinema Odeon, il Festival di poesia contemporanea e musica Poetry Vicenza, il Centro di produzione teatrale La Piccionaia, l’Associazione culturale Theama Teatro e il Conservatorio di musica di Vicenza “Arrigo Pedrollo”.

Anche le scuole saranno coinvolte, a partire da una specifica sezione didattica allestita al piano terra della Basilica Palladiana, nel Salone degli Zavatteri.

Sarà, quindi, una grande festa collettiva, dove tutti saranno Liberi di sognare.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, a cura di Roberto Floreani, con testi di Roberto Floreani, Gaspare Luigi Marcone, Alessandro Manca.


Mostra e catalogo a cura di
Roberto Floreani
 
Mostra prodotta da
Comune di Vicenza
Silvana Editoriale
 
Catalogo
Silvana Editoriale
 
Ufficio Stampa
Comune di Vicenza
tel. 0444 221226
uffstampa@comune.vicenza.it
www.comune.vicenza.it
 
STUDIO ESSECI – Sergio Campagnolo
tel. 049 663499
referente Simone Raddi
simone@studioesseci.net
www.studioesseci.net
 
Silvana Editoriale
tel. 02 45395121
press@silvanaeditoriale.it
www.silvanaeditoriale.it

Roma, HyunnArt Studio: OPERE SU CARTA – Mostra di Maurizio Pierfranceschi

A cura di Francesca Bottari

Ancora per pochi giorni
a Roma

Opere su carta è il titolo che il poliedrico artista Maurizio Pierfranceschi ha scelto per la mostra dei suoi ultimi lavori, tuttora in corso a Roma e fino al 19 gennaio. Titolo fuorviante, a creare aspettative diverse da quello che l’esposizione propone in realtà: opere di carta, e nello specifico di carta rigenerata.

Inaugurata lo scorso 25 novembre, curata da Francesca Bottari, la mostra è ospitata da HyunnArt Studio, in viale Manzoni. Dodici le figure esposte, umane ed animali – spesso accanto all’uomo infatti in Pierfranceschi fa capolino l’animale, da allevamento,  selvaggio, o mitologico, cui attribuisce un significato simbolico oppure onirico e magico –, tra cui alcune ad inglobare il loro supporto, innestate dalla pittura di Pierfranceschi che in questi lavori ha sussunto le sue derive di scultore e di pittore.

Una galleria di figure, alcune ad evocare persone della sua famiglia, altre citazioni di passate esperienze artistiche di una carriera ultra-trentennale condotta lungo i fili rossi della terra e della natura. E più recentemente della spiritualità. Quello con la natura è un lungo viaggio che l’artista sta compiendo, mai interrotto, iniziato quasi quarant’anni fa con la grande tela “L’uomo e l’albero” della sua personale d’esordio a Roma e incentrato su tre elementi principali: la natura e i suoi elementi vegetali, la cultura e l’architettura.

Qui la materia da cui partire è influenzata dall’esigenza di “riciclare” un materiale potenzialmente inquinante, in una difesa concreta del pianeta: tanta carta accumulata. L’ambiente naturale compromesso, la fragilità condivisa, la paura, la guerra sono infatti preoccupazioni per tutti e anche per Pierfranceschi, che come artista rivendica a sé la responsabilità di cantare/rappresentare questo mondo attraverso la sua arte. Come uomo che parla ad altri uomini. E così stavolta c’è a monte il lavoro, lungo e laborioso, di recupero e trattamento della carta stessa, poi il processo del plasmarla, innestata su scheletri di legno e ferro, o su supporti piegati a questa diversa destinazione d’uso, e del dipingerla.

Ne nascono figure dove c’è il mondo interiore di sempre di Maurizio Pierfranceschi, forse più compiutamente reso da queste “costruzioni” che gli permettono un esplicarsi più complesso e compiuto della sua ispirazione. D’altronde di sé Pierfranceschi dice “come un muratore dipingo perché la pittura stia in piedi”. E stanno infatti su le dodici sagome già altrove descritte come “un piccolo pantheon di presenze animate dalla leggerezza della fiaba e dalla forza morale del mito”.

Maurizio Pierfranceschi nasce a Roma nel 1957. Si è diplomato in scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma nel 1985. Con i suoi dipinti, dedicati al rapporto tra uomo e natura, ha preso parte a mostre ed esposizioni in talia e non solo, collaborando con artisti di tutto il mondo.


La Mostra: Maurizio Pierfranceschi. Opere su carta
Vernissage: 25/11/2023 |Chiusura: 19/01/2024
Luogo: Roma, HyunnArt Studio, viale Manzoni 85/87
Curatrice: Francesca Bottari

Recensione di Diana Daneluz dianadaneluz410@gmail.com

Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo: L’Asse del Tempo: Tessuti per l’Abbigliamento in Seta di Suzhou

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo 
11 gennaio – 29 febbraio 2024

A cura di
– Qian Zhaoyue, Direttore del Museo della Seta di Suzhou,
– Liu Xu Dong, Consulente del Museo della Seta di Suzhou 
– Chiara Squarcina, Responsabile del Museo di Palazzo Mocenigo 
– Massimo Andreoli, Presidente Wavents srl 
– Laura Fincato, Cittadina Onoraria di Suzhou

L’appuntamento che inaugura le celebrazioni per i 700 anni della morte di Marco Polo è al Museo di Palazzo Mocenigo con L’Asse del Tempo: Tessuti per l’Abbigliamento in Seta di Suzhou dall’11 gennaio al 29 febbraio 2024.
Un progetto che ricorda e rinnova il legame storico tra Venezia e Suzhou; ufficialmente gemellate dal 1980, due Città sull’Acqua che sorgono alle estremità della Via della Seta. Soprattutto, entrambe con un forte legame con la figura di Marco Polo che, durante il suo lungo viaggio in Oriente come incaricato del Kublai Khan, restò ammaliato da Suzhou. Ne Il Milione viene descritta come una molto nobile città [..] molti drappi di seta fanno, e sono ricchi mercatanti. Proprio la seta è protagonista a Palazzo Mocenigo con l’esposizione nel portego di una ventina di abiti, creazioni originali, tessuti e fedeli repliche di antichi abiti provenienti dal Museo della Seta di Suzhou, centro di primaria importanza per la ricerca, la tutela, la conservazione e la protezione della millenaria tecnica di tessitura che rese celebre la seta della regione dello Jiangnan. Creazioni come il broccato della dinastia Song, il lampasso, il Kesi, tappezzerie in seta, o il tipico ricamo di Suzhou conosciuto come pattern velvet, qui in mostra con preziosi esemplariancor oggi sono esempi del patrimonio culturale immateriale della Cina. Il dialogo con gli spazi del Museo, Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo che ospita le collezioni tessili e di abiti antichi dei Musei Civici, è un’occasione davvero speciale anche per comparare da un punto di vista estetico e manifatturiero lo stile dell’abbigliamento durante la Repubblica Serenissima con quello delle principali dinastie regnanti nell’antico impero cinese.  

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

La mostra è promossa dal Comune di Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia, Museo della Seta di Suzhou, Ufficio Affari Esteri del Governo Popolare Municipale di Suzhou, Ufficio Municipale di Suzhou per la Cultura, la Radio, la Televisione e il Turismo, Radio e Televisione Media Group di Suzhou, Istituto Confucio presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

Arte tessile, sete e trame pregiate, il racconto di un viaggio attraverso preziose testimonianze storiche, approfondimenti sull’arte calligrafica araba e cinese, fino a costumi di scena e incursioni nell’arte moderna per riscoprire una grande avventura, all’insegna della scoperta, della curiosità, della conoscenza. Per tutto il 2024 Marco Polo e la sua opera letteraria Il Milione saranno protagoniste delle attività di Fondazione Musei Civici con mostre, masterclass, incontri e momenti dedicati al pubblico dei più giovani e delle scuole.


Museo di Palazzo Mocenigo
Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo
Santa Croce 1992
30135 Venezia
Tel. +39 041 041 721798
 
Informazioni per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
Con il supporto di 
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Referente Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net

Bologna, Cripta di San Zama: A Single Moment – Mostra fotografica di Anna Caterina Masotti 

ANNA CATERINA MASOTTI – DANZA DEL SOLE 1 OTTOBRE 2023 MARE

Alla morte del suo grande amico Robert Mapplethorpe, Nan Golding decide di progettare una delle mostre più interessanti nella storia della fotografia, dedicata al grande fotografo appena scomparso. Questa esposizione prenderà il titolo di “The Perfect Moment [1]: il Momento Perfetto”.

L’istante diviene il concetto da cui parte l’indagine fotografica di Anna Caterina Masotti.
È l’attimo dentro senza passato né futuro. È essere nel “qui e ora”, per beneficiare a pieno della magia dell’esistere.
Alcuni interventi medici ed il cambio forzato di visione, hanno condotto Anna Caterina Masotti a riconoscere il valore dello sguardo laterale, ma soprattutto a riappropriarsi del proprio tempo, in modo consapevole.
E la fotografia è lo strumento capace di restituire l’effimero rendendolo eterno: un procedimento concettuale che arresta l’istante, rinnovando la fonte del ricordo.

Con un linguaggio dai bianchi e neri contrastati, Anna Caterina Masotti incanta lo spettatore negli scatti alla natura, sia essa macro che di paesaggio. Sovrastano la terra dei cieli intensi o pastosi mentre giocano coi fondi le silhouettes. La luce è la protagonista. Diurna o notturna, filtra negli interni creando pattern, riflettendo nell’acqua e sagomando sui muri delicati ornamenti floreali.
Le Fotografie di Anna Caterina Masotti generano una osmosi tra esseri e natura in un dialogo cui il sentimento si riflette nell’ambiente e, viceversa, l’energia del paesaggio pervade tutto lo scatto. Anche dove la poetica va per sottrazione, l’oggetto tiene la sua forza totemica, la sua possanza.

Lo stesso connubio tra estetica e poetica delle fotografie si rigenera nell’allestimento che ricrea ambienti intimi, uterini, dentro cui danzano la vita della quotidianità i suoi affetti, i suoi spazi ed i paesaggi a lei cari.
Stampe di grande formato si alternano ad altre in dimensione minore, intime nell’approccio visivo oltre che nel soggetto rappresentato.  Un percorso sia materico che visivo, che mira ad aprire un dialogo con l’esperienza del fruitore stesso, condividendo – dal buio verso la luce – il momento dello scambio e dell’intimità che racchiude tutta l’umanità di un “sentimento collettivo”.

Una mostra immersiva – in cui le fotografie si raccontano in una antica cripta risalente all’XI secolo, suddivisa in tre navate con tre absidi e due file di colonne in una Chiesa ancora in uso – credo possa essere di grande supporto nella creazione di una consapevolezza del prendersi il proprio tempo.

Alessia Locatelli

[1] Per approfondire: https://en.wikipedia.org/wiki/The_Perfect_Moment ; https://www.theguardian.com/artanddesign/2015/nov/17/robert-mapplethorpe-theperfect-moment-25-years-later

Mostra fotografica di Anna Caterina Masotti
A cura di Alessia Locatelli

In occasione di ARTE FIERA 2024

Opening: 30 Gennaio 2024 ore 18.00

Fino al 4 Febbraio 2024

Cripta di San Zama
Via dell’Abbadia, 3, Bologna

In occasione di ARTE FIERA 2024, Anna Caterina Masotti presenta per la prima volta le sue fotografie nella mostra “A Single Moment”. L’esposizione, a cura di Alessia Locatelli, è allestita presso la Cripta di San Zama nel pieno centro storico di Bologna, dal 30 gennaio al 4 febbraio 2024,in collaborazione con Laura Frasca, Art Manager di Green Whale Space, e l’Associazione Succede Solo a Bologna.

In un percorso installativo, immersivo e multimediale saranno esposte circa trenta fotografie inedite in bianco e nero di differenti formati e dei video dove il tema ricorrente è l’istante, concetto da cui parte l’intera indagine fotografica di Anna Caterina Masotti. La fotografa bolognese immortala il qui e ora nel quotidiano, nei paesaggi naturalistici, negli elementi architettonici. L’ispirazione per questo progetto nasce infatti dalla profonda riflessione sul presente, un momento di pura esistenza. La fotografia diventa lo strumento in grado di catturare l’effimero e renderlo eterno. Anna Caterina Masotti incanta gli spettatori con fotografie che esaltano la natura in tutte le sue forme, con le tecniche della macrofotografia e della Landscape Photography. La luce gioca un ruolo centrale, filtrando negli interni e creando pattern e contrasti, riflettendosi nell’acqua e delineando delicati ornamenti floreali sui muri da lei immortalati. Un percorso sia materico che visivo, dal buio verso la luce.

ANNA CATERINA MASOTTI

Anna Caterina Masotti nasce negli anni ‘70 a Bologna, dove attualmente vive. Dall’età di 10 anni inizia ad appassionarsi di fotografia: passione trasmessa dalla madre Olga, stilista innovativa che amava fotografare, nel tempo libero, fiori e paesaggi. Nel 2004 ritira assieme al padre Alberto il premio La Kore, Oscar della Moda. Nel 2010, le viene diagnosticato un problema agli occhi per il quale ha dovuto subire diversi interventi chirurgici. Da quel giorno i suoi sensi si modificano e la sua vita ha un inaspettato cambio di percorso. È da questo momento che fotografare diventa una priorità, attraverso una nuova visione che la porta ad esplorare modalità alternative di percezione della luce.


INFORMAZIONI UTILI
 
TITOLO: A Single Moment
DI: Anna Caterina Masotti
A CURA DI: Alessia Locatelli
DOVE: Cripta di San Zama, Via dell’Abbadia 3, Bologna
PREVIEW PER LA STAMPA: 30 gennaio 2024 ore 17.00
OPENING: 30 gennaio 2024 ore 18.00
DATE: Dal 31 gennaio al 4 febbraio 2024
ORARIO CRIPTA: Da mercoledì 31 gennaio a domenica 4 febbraio dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00. Sabato 3 febbraio dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 22.30
In occasione di ARTE FIERA 2024
IN COLLABORAZIONE CON: Laura Frasca Art Manager di Green Whale Space e l’Associazione Succede Solo a Bologna

INGRESSO GRATUITO

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Trieste La mostra “Histri in Istria” e gli eventi collaterali

Allestimento della mostra

Prima conferenza dedicata a “Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi”
martedì 16 gennaio 2024 a Palazzo Gopcevich – Trieste
con Gino Bandelli e Marzia Vidulli Torlo

“Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi” è il tema del primo dei sei eventi collaterali alla mostra “Histri in Istria”, realizzata dalla Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu insieme al Museo Archeologico dell’Istria/Arheološki Muzej Istre u Puli, in coorganizzazione con il Comune di Trieste, allestita al Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste e aperta al pubblico fino al 1 aprile 2024, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00. Incentrata su storia, usi e costumi degli Istri, è un viaggio attraverso oltre 200 reperti archeologici alla riscoperta del popolo che ha dato il nome alla penisola Istriana e che ne ha abitato le terre fino alla caduta del centro fortificato di Nesazio nel 177 a.C. Una preziosa esposizione realizzata con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione CRTrieste e di diverse Istituzioni croate.

Martedì 16 gennaio 2024, alle ore 17.30, alla sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, via Rossini 4, i relatori Gino Bandelli e Marzia Vidulli Torlo si soffermeranno sull’insediamento di Nesazio, importante per il controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come, soprattutto Nesazio, rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.

Allestimento della mostra

Gino Bandelli è stato professore ordinario di Storia romana prima nell’Università di Verona, poi nell’Università di Trieste. Ha diretto il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Trieste, ed è stato membro del Senato accademico dell’Università di Trieste, come rappresentante dell’Area 9. Attualmente è Vice-Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia.

È condirettore della collana Studi e Ricerche sulla Gallia Cisalpina, inaugurata nel 1988 e giunta nel 2019 al ventottesimo volume. È condirettore della sezione Studi di Storia romana di Polymnia, collana di Scienze dell’Antichità dell’Università di Trieste, inaugurata nel 2011 e giunta nel 2017 al sesto volume. Ha tenuto relazioni a convegni nazionali e internazionali e corsi di dottorato, seminari e lezioni in Università italiane, spagnole, francesi, svizzere, tedesche, canadesi.

Allestimento della mostra

Marzia Vidulli Torlo è funzionario direttivo conservatore del Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”.
Diplomata Maestro d’Arte all’Istituto statale d’Arte “E. e U. Nordio” nella sezione Decorazione navale, ha conseguito la Maturità d’Arte Applicata. Ha frequentato la facoltà di Storia dell’Arte dell’Ateneo di Trieste laureandosi in archeologia cristiana con una tesi sulla Basilica Eufrasiana di Parenzo, come allieva del professor Mario Mirabella Roberti.
Subito dopo la laurea è iniziata la collaborazione con i Civici Musei di Storia ed Arte: la sua attività si è articolata tra studio, schedatura, cura scientifica delle collezioni, di mostre e allestimenti di sedi museali, con stesura di testi scientifici e il coordinamento di cataloghi e monografie.
In particolare, ha seguito i riallestimenti del Civico Museo Sartorio e delle sue diverse sezioni, il progetto di allestimento del Civico Museo d’Arte Orientale, ma soprattutto si è occupata della progettazione scientifica e del coordinamento dei lavori di sistemazione del Lapidario Tergestino al Castello di San Giusto, dell’Orto Lapidario e del Giardino del Capitano, delle sale romane, di quelle egizie, cipriote, greche, magnogreche, tarantine, Maya e della preistoria locale del Civico Museo di Storia ed Arte, l’odierno Museo d’Antichità Winckelmann.
Ha collaborato inoltre con la Soprintendenza, la Provincia di Trieste, altri enti regionali ed editori locali; ha al suo attivo una ventina di volumi e un numero considerevole di articoli su riviste specializzate.  Ha tenuto conferenze e centinaia di visite guidate per il servizio didattico dei Civici Musei e per il pubblico, in particolare nelle manifestazioni “Musei di Sera” e organizzando “Archeologia di Sera”.
La sua appassionata attività ha come fulcro principale la divulgazione dei beni conservati nei musei e nella città promuovendone la conoscenza ad un pubblico sempre più vasto sia attraverso il linguaggio verbale che quello grafico e dell’arredamento museale.


Le più antiche fonti letterarie risalenti all’inizio del V secolo a.C. (Periegesis di Ecateo di Mileto datata tra 560 e 480 a.C.) ricordano che la penisola istriana era un territorio abitato dagli Istri e che, venendo da ovest, dopo i Veneti viene il popolo degli Istri e ancora dopo quello dei Liburni, e lo storico romano Strabone (che scrive al passaggio all’era volgare) ricorda che dietro al Timavo c’è il Litorale Istrico fino a Pola, e che rientra nel territorio amministrativo dell’Italia imperiale.

Dalle fonti, si desume quindi che quello degli Istri era un gruppo culturale unitario, insediato tra il fiume Risano, a nord ovest, mentre verso nord e nord-est era limitato dal massiccio della Ciceria (dalle pendici orientali del Monte Maggiore e dal fiume Arsa).

In base agli studi recenti, gli Istri appaiono divisi in diverse stirpi, una comunità di tribù autonome, che solo per l’ultima vana difesa, nel 177 a.C., si arroccano in un unico centro: infatti Tito Livio scrive che i principi istri e lo stesso re, il regulus Epulone, si rifugiarono nell’oppido di Nesazio, assediato e conquistato da Roma. Questa circostanza evidenzia tra l’altro come il sito ancora nel II secolo a.C. mostrava una preponderante immagine di sicurezza e prestigio.

Scavi di Nesazio

Di Nesazio però si erano perse del tutto le tracce e a partire dal XVI secolo gli studiosi si chiedevano quale fosse la sua posizione. Solo dalla metà dell’800 Pietro Kandler lo segna al margine dell’agro centuriato di Pola, presso Altura, ad appena sei miglia (circa 9 chilometri) da Pola stessa, nel luogo detto Visazze/Vizače, in un paesaggio arrotondato di colline, con il ripido declinare dei versanti verso il mare, all’imboccatura del porto canale di Badò sul Quarnero; una insenatura naturalmente riparata, dove, con caratteri tipicamente carsici, scaturiva in mare una polla di risorgenza che garantiva l’approvvigionamento di acqua dolce.

Su incarico della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, con finanziamento della Provincia dell’Istria, nel 1900 vennero intrapresi i primi scavi archeologici condotti da Alberto Puschi e Piero Sticotti, ambedue in successione direttori del Museo d’Antichità di Trieste. Le campagne di scavo, che si svolsero nei primi due decenni del secolo, misero in luce resti di abitazioni, terme, templi e mura romani, così come una ricca necropoli protostorica. Il ritrovamento di un’iscrizione dedicata all’imperatore Gordiano III da parte della Res Pu­blica Nesactiensium diede allora la conferma che proprio sulla collinetta di Visazze, presso Altura, era lo storico oppido di Nesazio ricordato da Tito Livio.

L’archeologia in Istria ha restituito numerosi siti abitativi e necropoli tali da fornire il panorama di un territorio popolato dagli Istri tra l’età del bronzo finale e la prima età del ferro, caratterizzato da insediamenti anche di considerevole importanza, posti in posizioni strategiche, tanto a dominare la linea costiera, quanto come Nesazio anche al controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come soprattutto Nesazio rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, che potremmo definire certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.


Ufficio stampa Comune di Trieste
Aps comunicazione 040410910 | Federica Zar zar@apscom.it

Ufficio stampa Comunità Croata di Trieste
Area Croazia – Luisa Sorbone sorboneluisa@gmail.com
Area Italia – Cristina bonadea66@gmail.com
 
Aps comunicazione
Snc di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
zar@apscom.it

Genova, Palazzo Ducale: Due nuovi capolavori alla mostra “ARTEMISIA GENTILESCHI. Coraggio e passione”

Ad arricchire il percorso della mostra
“ARTEMISIA GENTILESCHI. Coraggio e passione”
dal 10 gennaio saranno esposte l’appena restaurata “Allegoria dell’Inclinazione” e la “Conversione della Maddalena”

Da mercoledì 10 gennaio la mostra “Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione” in corso a Palazzo Ducale nell’Appartamento del Doge e nella Cappella Dogale si arricchisce di due grandi capolavori e prestiti eccezionali: l’appena restaurata “Allegoria dell’Inclinazione” proveniente da Casa Buonarroti ed esposta per la prima volta in assoluto fuori dalla sua sede dal 1616 e la “Conversione della Maddalena” delle Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti, entrambe di Firenze.

L’ “Allegoria dell’Inclinazione” (1615-1616) presenta una fanciulla con le nudità coperte da panneggi e veli, seduta su nuvole e recante una bussola nelle mani levate in alto, rivolte verso una stella a otto punte che rifulge nel cielo azzurro. L’opera è una delle otto “Allegorie di Virtù” dedicate al grande Michelangelo Buonarroti e dipinte da vari artisti: nasce presumibilmente come un autoritratto senza veli proprio di Artemisia Gentileschi (unica donna nell’équipe attiva per il pronipote dell’artista, Michelangelo Buonarroti il Giovane) che successivamente verrà coperto da un drappo dipinto da Baldassarre Franceschini detto il Volterrano.
Qui la pittrice si rappresenterebbe come l’ispirazione che ha guidato l’intera opera di Michelangelo.
A Genova l’opera potrà essere ammirata da vicino per apprezzare uno dei momenti più alti della tecnica di Artemisia, genio assoluto della pittura barocca.

“Conversione della Maddalena” (1613-1615) fu commissionata ad Artemisia da Cosimo II e destinata alle stanze della consorte del granduca, Maria Maddalena d’Austria, omonima e grande devota della santa. In questa versione di Artemisia, la santa pentita – una fanciulla moderna agghindata con una veste di un brillante colore oro – non è colta nel momento della contrizione per i peccati commessi, ma nell’attimo esatto in cui, prendendo improvvisa coscienza della sua condizione immorale, prova un tale disgusto da allontanare da sé lo specchio, simbolo della vanità che fino a quel momento ha caratterizzato la sua esistenza. Nel pennello di Artemisia, Maddalena diventa un’eroina femminile, capace di ribellarsi a una condizione che non sente più sua e che non vuole più le appartenga, per cercare una nuova dimensione salvifica.

La mostra è promossa e organizzata da Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazione per la CulturaComune di Genova e Regione Liguria e rientra nell’ambito delle iniziative di Genova Capitale Italiana del Libro 2023.
La mostra vede come sponsor Generali Valore Culturaspecial partnerRicola, media partnerIl Secolo XIX e mobility partnerFrecciarossa Treno Ufficiale.
La mostra rientra nel progetto “L’Arte della solidarietà” realizzato da Arthemisia con Komen Italiacharity partner della mostra.


Informazioni e prenotazioni
T. +39 010 8171600
www.palazzoducale.genova.it
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
#ArtemisiaGentileschiGenova

Biglietti
Intero € 16,00
Ridotto € 15,00

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso
sam@arthemisia.it 
press@arthemisia.it | T +39 06 69380306

Venezia, Ca’ Pesaro, Sale Dom Pérignon: MAURIZIO PELLEGRIN. Me stesso e io

Maurizio Pellegrin, Head 4, 2022,
acrilico su legno, 25×20 cm acrylic on wood, 25×20 cm

Maurizio Pellegrin
l’inesausta ricerca per costruire la propria identità,
nello scollamento tra Sé reale e Sé ideale

Fino al 1 aprile 2024 

a cura di Elisabetta Barisoni 
in collaborazione con Marignana Arte e Galleria Michela Rizzo
con il sostegno di Banca Prealpi

The Others è un film del 2001 con protagonista Nicole Kidman: la trama è semplice quanto geniale e tiene lo spettatore sul filo della suspence e del mistero per 104 minuti. I protagonisti, che per tutta la pellicola si pensa siano disturbati e ossessionati dai fantasmi e dalle creature dell’aldilà, si scoprono alla fine essere loro i morti, i disturbatori del mondo dei vivi, gli altri. Il titolo dell’opera site-specific che Maurizio Pellegrin ha realizzato per Ca’ Pesaro, The Others, è non solo efficace ma anche molto utile per interpretare l’intera rassegna che presentiamo oggi a Venezia. Gli altri sono gli uno- nessuno – centomila dell’impossibile autoritratto che egli cerca di portare a compimento, circondandosi di volti e di vite, perlopiù appartenenti a figure anonime della Storia.

L’esposizione è concepita in occasione e in dialogo con Il Ritratto veneziano dell’Ottocento che abbiamo inaugurato lo scorso 21 ottobre nelle sale del secondo piano del Museo. La rassegna ricostruisce un’esposizione storica, realizzata nel 1923, un secolo fa, dal primo direttore di Ca’ Pesaro, Nino Barbantini. Genere pittorico che, come ricorda lo stesso Pellegrin, attraversa la storia dell’arte occidentale fin dall’età greco- romana e attiene alla formazione del nostro universo archetipico, il ritratto è legato al tema dell’identità ma si pone in relazione anche con la collettività che lo genera. Il ritratto nell’Ottocento parte da premesse molto diverse da quelle che abbiamo noi oggi. Sempre legato al tema dell’identità, si accompagna tuttavia al senso della morte, alla contiguità tra il mondo dei morti e dei vivi ripresi sulla tela. Come per la fotografia, laddove alcuni autori si specializzarono nel genere dello scatto post-mortem, così in pittura sono numerosi i casi di coppie o gruppi familiari che prevedono e comprendono persone già scomparse al tempo in cui l’opera venne realizzata. Per l’Ottocento il ritratto non è la documentazione del qui e ora che invece ha per i nostri tempi, testimonianza di qualcosa che accade davvero, della perenne connessione con il mondo dell’attualità; il ritratto nel XIX secolo è piuttosto una celebrazione, un atto di amore che unisce le dinastie familiari, consacra all’eternità gli appartenenti al nucleo di affetti, che siano questi i figli scomparsi prematuramente o gli avi di cui si desidera mantenere viva la memoria. Pellegrin instaura un dialogo con l’interpretazione ottocentesca del ritratto e non a caso cerca di costruire la propria identità raccogliendo, ed esponendo, non volti di suoi contemporanei ma di persone del XVIII e XIX secolo. Sono dipinti collezionati e accumulati in modo quasi ossessivo e ripetitivo, che lo accompagnano nella sua ricerca del Sé. Non dialogano tra loro ma parlano in modo quasi esclusivo con l’artista e rappresentano ai suoi occhi una moltitudine di solitudini, di storie e vicende che si affiancano o si accavallano sulla parete.

L’inesausta ricerca di Pellegrin per costruire la propria identità, nello scollamento tra Sé reale e Sé ideale, passa anche attraverso le immagini della testa e della testa- memoria dell’artista che è la città di Venezia. Anche i numeri, i simboli e le cifre che accompagnano i suoi autoritratti fanno parte di un alfabeto personale che diventa geroglifico del presente e del futuro, sostanza archeologica delle macerie su cui l’artista ragiona ogni giorno. Alle teste e alle immagini di Venezia si affiancano i lacerti, reperti di un’umanità che ha lasciato sul muro le tracce del proprio passaggio privato, nella serie dei Corsets. Sono opere in cui emerge il tema del ritratto come assenza mentre il cortocircuito tra presente e passato si vivifica attraverso il confronto tra i corsetti e i bustini appesi a muro, biancheria intima di donne del passato, e le delicate e preziose stoffe che abbigliano le splendide immagini femminili nella contigua mostra dell’Ottocento.

Mi auguro che il pubblico, come noi adesso, possa giungere a riflessioni e nuove questioni grazie al dialogo che si instaura tra le due esposizioni, messe a disposizione di una contemporaneità che ha fatto dell’iper-presenza e della ricerca identitaria la propria forza e al contempo la propria dannazione; augurandoci di non capire, arrivati ai titoli di coda, che in realtà eravamo già andati e che in fondo gli altri eravamo noi.


Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
In collaborazione con 
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net

Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce 2076
30135 Venezia
Tel. +39 041 721127
capesaro.visitmuve.it