Edgar Degas – La famiglia Bellelli

Edgar Degas, La famiglia Bellelli, 1858-1867, olio su tela, Musée d’Orsay, Paris
Hilaire German Edgar Degas (Parigi, 19 luglio 1834 – Parigi, 27 settembre 1917) è stato un pittore e scultore francese. L’influenza esercitata da Degas non si limitò al solo Ottocento e lo stesso artista divenne un imprescindibile punto di riferimento per le generazioni future.

La famiglia Bellelli

In questo dipinto Degas raffigura la zia Laure in compagnia del marito, il barone Gennaro Bellelli, e delle due figlie, Giovanna e Giulia. A sinistra della composizione si erge statuaria la zia Laure, ammantata in un abito nero che la fa quasi sembrare l’eroina di un dramma tragico. È alta, maestosa, autoritaria, e spicca per la dignità quasi monumentale che assume, tanto che sembra possedere la solida volumetria di certe donne giottesche. Rivolge alteramente lo sguardo a destra, dove è seduto il marito, ma lo ignora e, anzi, lo oltrepassa: questa impassibilità, apparentemente crudele, viene giustificata dalla difficile situazione coniugale che opprimeva entrambi. A soli ventotto anni Laure era convolata a nozze con Gennaro Bellelli, un avvocato e giornalista di tendenze liberali che, imbevuto di patriottismo, nutriva consistenti simpatie per l’indipendenza italiana, tanto che divenne un entusiasta partigiano di Cavour. Proprio il suo credo politico fu causa di notevoli frizioni con il governo borbonico, che di tutta risposta lo esiliò a Firenze. Bellelli fu profondamente amareggiato e deluso dall’esito della sua lotta e le sue angosce si riverberarono nella sua vita sentimentale, che divenne in breve tempo burrascosa e, anzi, evidenziò come il matrimonio contratto con Laure fosse stato di convenienza. La stessa Laure risentì grandemente di queste asperità coniugali, fedelmente testimoniate dalla fitta corrispondenza che intrattenne con Degas, cui chiese: «Ho ragione di vedere sempre le cose in nero?». Le ferite intime di Laure, causate «dal carattere immensamente sgradevole e disonesto» di quella «persona non grata», erano purtroppo lente a rimarginarsi: «Vivere qui con Gennaro di cui conosci il carattere detestabile e senza che abbia una seria occupazione è qualcosa che mi trascinerà nella tomba» avrebbe detto la donna al pittore, con atroce lucidità. Era questa, quindi, l’atmosfera che si respirava a casa Bellelli quando Degas vi era ospite. Il pittore, dal suo canto, sa rendere l’inquietudine di questo muto dramma domestico con una sottigliezza psicologica tutta contemporanea.

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Gustave Caillebotte – Parigi in un giorno di pioggia 

Gustave Caillebotte, Strada di Parigi in un giorno di pioggia, 1877, olio su tela, Art Institute of Chicago.
Gustave Caillebotte (Parigi, 19 agosto 1848 – Gennevilliers, 21 febbraio 1894) è stato un pittore francese. Nonostante l’impegno impressionista interpretò gli stilemi del movimento in modo assolutamente personale, senza abdicare alla propria formazione e ubbidendo soprattutto alla propria sensibilità.

Strada di Parigi in un giorno di pioggia

Si tratta questo di un dipinto pregevole per molteplici motivi. Partiamo dal contesto urbanistico: a essere raffigurato, infatti, è l’incrocio tra rue de Moscou, rue Clapeyron e rue de Turin – la strada che, partendo dal primo piano, si disperde nello sfondo. Oggi quest’intersezione viaria, collocata a pochissima distanza dalla stazione di Saint Lazare, altro luogo assiduamente dipinto dagli Impressionisti, prende il nome di place de Dublin. È importante osservare come le sopraccitate arterie stradali siano il frutto delle imponenti innovazioni del tessuto cittadino volute da Napoleone III e orchestrate da Georges Eugène Haussmann, il barone che al labirintico intrico di strade medievali ha sovrapposto un’efficiente maglia di viali larghi e rettilinei, i boulevard, per l’appunto. Pur suscitando lo sdegno di molti pensatori ed intellettuali (si pensi a Charles Baudelaire) l’intervento haussmanniano seppe conferire a Parigi una fisionomia più compiuta e monumentale, con la costruzione di strade e piazze piene di luce, di aria, di lampioni elettrici (importante novità per l’epoca), di modernità: sono gli spazi urbani visibili proprio in questo dipinto, che in questo modo si configura come una preziosa «fotografia» del tumultuoso riassetto metropolitano che, nell’Ottocento, aveva coinvolto non solo Parigi, ma tutte le maggiori città europee. Strada di Parigi in un giorno di pioggia, in effetti, concede ampi spazi all’acciottolato umido della carreggiata, o alla lanterna che, divampando nel cielo foriero di burrasca, divide la composizione geometricamente, in due parti uguali. Le qualità fotografiche dell’opera, che come già accennato è un eccezionale documento figurativo della vita parigina di fine Ottocento, sono notevoli: si osservi il taglio compositivo, con i soggetti che fuoriescono dallo spazio pittorico.

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Jean-François Millet: L’Angelus

Jean-François Millet, L’Angelus (1858-59); olio su tela, 55×66 cm, Musée d’Orsay, Paris
Jean-François Millet (Gréville-Hague, 4 ottobre 1814 – Barbizon, 20 gennaio 1875) è stato un pittore francese, considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo.

L’Angelus 

L’opera, una delle più note di Millet, raffigura una coppia di contadini che interrompono il duro lavoro dei campi al suono delle campane che annunciano l’Angelus, mostrati nella loro devozione, intenti nella preghiera. Commissionata dal magnate americano Thomas G. Appleton, L’Angelus attinge da uno spunto ispiratore decisamente autobiografico. All’origine del dipinto, infatti, non vi è un lavoro en plein air, bensì un ricordo di Millet della sua infanzia in Normandia: «L’Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti».

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Honoré Daumier – Il vagone di terza classe

 

Honoré Daumier, Il vagone di terza classe, 1862, olio su tela, 67 × 93 cm, National Gallery of Canada, Ottawa
Honoré Daumier (Marsiglia, 26 febbraio 1808 – Valmondois, 10 febbraio 1879) è stato un pittore, scultore, litografo e caricaturista francese. È noto soprattutto per le sue vignette di satira politica realizzate con la tecnica litografica.

Il vagone di terza classe

La rappresentazione di una condizione sociale umile e poco presa in considerazione dallo Stato è realizzata dall’artista con uno stile drammatico che anticipa i futuri indirizzi della pittura espressionistica di Munch, Ensor, Kirchner e di Egon Schiele. Le figure vengono ritratte in un vagone ferroviario di terza classe, tutte ammassate sulle dure panche di legno, con i finestrini solo da un lato (che lasciano appena intravedere un cielo livido) e lo sguardo perso nel vuoto, evidentemente rassegnate al loro destino di povertà e sofferenza. Ma oltre ai lavoratori, dei quali si intercetta idealmente la fatica, i borghesi si mostrano, in netta contrapposizione con le altre figure, con la loro arroganza, indifferenza e inimicizia, sottolineando così il netto divario tra deboli (madri di famiglia, poveri operai e bambini stanchi) e potenti (ricchi imprenditori), concetto metaforico e reale che emerge dal dipinto. Particolare risalto viene dato alla vecchia in primo piano, vero e proprio centro visivo e compositivo del quadro: è abbigliata con un mantello e ripone le proprie mani ossute sul manico del paniere sul suo grembo. La sua espressione è stanca e segnata, e lascia emergere con violenza la sua povertà materiale e spirituale. Persino il giovane ragazzo sulla destra, addormentatosi cullato dallo sferragliare del vagone, sembra avere una vita segnata dall’infelicità.

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Giuseppe Piermarini – La villa Reale di Monza

 

Monza – Villa Reale
Giuseppe Piermarini (Foligno, 18 luglio 1734 – Foligno, 18 febbraio 1808) è stato un architetto italiano.

La villa Reale di Monza

La costruzione della villa fu voluta dall’imperatrice d’Austria Maria Teresa quale residenza estiva per la corte arciducale del figlio Ferdinando d’Asburgo-Este, Governatore Generale della Lombardia Austriaca dal 1771, che inizialmente si era stabilita nella Villa Alari di Cernusco sul Naviglio, presa in affitto dai conti Alari. La scelta di Monza fu dovuta alla salubrità dell’aria e all’amenità del paese, ma esprimeva anche un forte simbolo di legame tra Vienna e Milano, trovandosi il luogo sulla strada per la capitale imperiale.

L’incarico della costruzione, conferito nel 1777 all’architetto imperiale Giuseppe Piermarini, fu portato a termine in soli tre anni, mentre per terminare l’allestimento dei curatissimi giardini si rese necessario qualche anno in più. Successivamente il giovane arciduca Ferdinando fece apportare aggiunte al complesso, sempre ad opera del Piermarini e usò la Villa come propria residenza di campagna fino all’arrivo delle armate napoleoniche nel 1796.

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Auguste Rodin – Il bacio

Scultura nel Rodin Museum, Paris
François-Auguste-René Rodin (Parigi, 12 novembre 1840 – Meudon, 17 novembre 1917) è stato uno scultore e pittore francese.

Il bacio

Nel 1880, lo Stato commissiona ad Auguste Rodin una porta decorativa dedicata alla Divina Commedia di Dante: compaiono già nei primi progetti Il pensatore, Ugolino e Paolo e Francesca. La coppia evocata nel V canto dell’Inferno è quella formata da Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, colpevoli di un amore che ne causa la morte e la dannazione (Sanders 1975, pp. 169-177), tema prediletto dai romantici. Il primo abbozzo della coppia era una voluta sul battente sinistro della Porta, di fronte a Ugolino sul battente destro: eliminato nel 1887, è sostituito da una variante di Paolo e Francesca intensamente drammatica. Nello stesso anno Rodin espone per la prima volta a Parigi alla galleria Georges Petit, poi a Bruxelles il gruppo del Bacio, commissionato dallo Stato nel 1888 in marmo, per comparire all’Esposizione universale del 1889. Per realizzarlo in una dimensione doppia rispetto al modello in gesso viene scelto Jean Turcan, che in primavera lascia il gruppo non finito (il che spiega la presenza di segni di riferimento sul blocco di marmo e la mancanza di firma); il gesso è presentato a Chicago nel 1893 (dove provoca uno scandalo), poi il marmo, esposto a Parigi al Salon de Mai del 1898, entra al musée du Luxembourg il 18 febbraio 1901 (Lux. 132) e al musée Rodin nel 1918 (S. 1002).

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Gustave Courbet – L’atelier dell’artista

 

Courbet, L’Atelier du peintre, 1855, Musée d’Orsay, Paris
Jean Désiré Gustave Courbet (Ornans, 10 giugno 1819 – La Tour-de-Peilz, 31 dicembre 1877) è stato un pittore francese.

L’atelier dell’artista

L’opera, di dimensioni monumentali (359×598 cm), venne eseguita nel 1854-55 dal pittore realista Gustave Courbet a seguito di una complessa elaborazione che ha richiesto la stesura di parecchi disegni preparatori. Courbet volle realizzare quest’opera per esporre compiutamente tutte le proprie scelte artistiche, politiche e morali: ciò si capisce dallo stesso titolo completo dell’opera, ufficialmente denominata «L’atelier del pittore, allegoria reale che determina sette anni della mia vita artistica e morale» (L’Atelier du peintre. Allégorie réelle déterminant une phase de sept années de ma vie artistique et morale).

Dopo averla portata a compimento Courbet decise di presentare l’opera al Salon del 1855, incontrando tuttavia lo sfavore della giuria che, pur accettando diverse altre tele dell’artista, rifiutò questa a causa delle sue dimensioni colossali. Fu proprio quest’affronto a indurre Courbet a esporre tutte le sue opere in una mostra personale in un edificio eretto a sue spese e polemicamente battezzato con il nome «Padiglione del Realismo».

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