Il Simbolismo, introduzione

 

È la forza del pensiero a dare origine al progresso? Forse sì. Certo questo innesca un avanzamento parallelo di tanti campi dell’attività umana, come la scienza, in primis, e correlate la filosofia, l’arte, l’architettura, l’urbanistica e tutto il settore produttivo e dei servizi. Interpretare il passato e saper vedere il proprio presente in maniera nuova e “differente”, apre delle strade prima insospettate ed invisibili. Un esempio: la nascita della psicologia con Freud, ha, alla lunga, “scoperto” il mondo interiore dell’uomo. Essa è, quindi, scienza ed al contempo, pensiero. In un grande gioco di biglie, che si scontrano l’una con l’altra, la società progredisce e si sviluppa. Un passo tira l’altro e si aprono nuovi scenari.

La serie di articoli che iniziamo, si basa sui numerosi movimenti, che si susseguirono dalla seconda metà dell’Ottocento a quella del Novecento. Sono tutti diversi, ma collegati l’uno all’altro. È una progressione del pensiero. Il primo step del nostro viaggio è con il Simbolismo, e tutte le sue concatenazioni, correlate in ogni campo. Si aprono curiose prospettive solo ad unire le attività e, semplicemente, mettendole in successione cronologica. Saper vedere nel passato il concatenarsi delle cose in tanti campi ci fa inserire dei piccoli tasselli di comprensione. Dalla comprensione del passato traiamo spunto per il nostro futuro.

Il momento storico di cambiamento che viviamo sarà spiegato e ben compreso. Tuttavia, la sensazione del muoversi ci fa supporre, oggi, che il vero motore siamo noi. Aprendo la mente, aprendo porte e costruendo ponti, ogni singolo elemento della società umana può creare qualcosa di nuovo (anche se, apparentemente, piccolo).

In copertina un particolare di un quadro di Odilon Redon

 

Il British Museum nel XX secolo 5/5

 

Durante la prima guerra mondiale, a causa del pericolo di bombardamenti, alcune collezioni vennero spostate altrove per sicurezza. Alla fine della guerra. Le collezioni ritornarono alla sede centrale. Furono constatati su alcuni pezzi segni di deterioramento. Nel maggio 1920, venne allestito un piccolo laboratorio di restauro. Da temporaneo divenne permanente nel 1931. Quello del British fu il primo laboratorio di conservazione in assoluto al mondo. Nella ricerca continua di spazio furono ricostruiti gli archivi e realizzati nuovi piani a mezzanino. Nel 1931 fu realizzata una galleria apposita per le Sculture del Partenone, finanziata dal commerciante d’arte Sir Joseph Duveen e progettata dall’architetto americano John Russell Pope. Su suggerimento di questo venne modificata la tinteggiatura delle gallerie, passando dal rosso cupo, d’epoca vittoriana, a tinte pastello, più chiare e moderne.

A partire dall’agosto del 1939, con la nuova guerra alle porte, iniziò una grande operazione di traslazione delle opere più preziose del museo. Furono utilizzate case di campagna, la stazione della metropolitana di Aldwych e la National Library of Wales. Il British Museum, come tutta Londra, venne pesantemente bombardata. Ebbe i suoi danni maggiori proprio nella galleria Duveen, costruita da poco. Dopo la seconda guerra mondiale, gli edifici furono ristrutturati e le collezioni tornarono al proprio posto nel museo. Venne ricostruita, nel 1959, la danneggiata Sala delle monete e delle medaglie. Nel 1962, nella Galleria Duveen, ristrutturata, ritornarono i fregi del Partenone, spostati durante la guerra.

A partire dalla fine degli anni Sessanta, furono introdotte innovazioni rivolte soprattutto al pubblico. Tra le quali: la fondazione dell’associazione “Amici del British Museum” (nel 1968); l’attivazione di un Servizio educativo (Education Service), nel 1970; la creazione di una casa editrice (nel 1973). Inoltre, con la nuova legge del 1963 si resero più semplici, amministrativamente, le donazioni al museo. Nel 1972 fu stabilita la costruzione della British Library, con l’edificazione di una nuova ala ad essa dedicata o di una nuova sede ex novo. Il governo suggerì la zona di St. Pancras. Al museo, vero e proprio, sarebbero rimaste le sezioni riguardanti i reperti storici, i dipinti, le etnografie, le monete e le banconote antiche, le collezioni di medaglie.

Si completò lo spostamento della British Library a St. Pancras solo nel 1998. Nel 2000, fu presentata al pubblico la Queen Elizabeth Great court, la più grande piazza coperta europea. Nel 1997 era stata inaugurata la Weston Gallery of Roman Britain, sui reperti britannici d’epoca romana: quindi, una sezione esclusiva.
Nel 1953, il museo ha celebrato il proprio bicentenario. Tra le esposizioni temporanee vi fu quella sui “Tesori di Tutankhamun“, del 1972. La più visitata mostra d’Inghilterra: 1.694.117 estimatori.

 

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Il British Museum nell’Ottocento 4/5

 

Nel 1840, durante gli anni di chiusura, il museo realizzò la sua prima spedizione archeologica, sotto la guida di Charles Fellows. Il sito degli scavi era a Xanthos, nell’antica Licia, in Asia minore. Furono scoperte le tombe dei notabili della città, poste tra il Monumento delle Nereidi e la tomba di Payava. Successivamente il museo sovvenzionò altri scavi in Assiria, come a Nimrud e Ninive. Il rinvenimento delle tavolette cuneiformi di Sardanapalo, trasformò il British Museum in un centro mondiale si studi sulla cultura assira. Nel 1857 l’archeologo Charles Thomas Newton scoprì il mausoleo di Alicarnasso, considerato una delle Sette meraviglie del mondo antico. Successivamente, nel 1892, venne effettuata una campagna di scavi nell’isola di Cipro.

Le ricerche archeologiche non si fermarono a questo punto, ma proseguirono anche nel secolo successivo. Diversi archeologi britannici operarono in vari paesi del globo. Aurel Stein lavorò nell’Asia centrale, David George Hogarth, Leonard Woolley e Thomas Edward Lawrence aprirono un sito di scavi a Karkemiš, e Emily Torday, operante in Africa, ampliò le collezioni etniche centrafricane del museo. Tra le acquisizioni più eclatanti vi fu il tesoro di Ur, (risalente al 2600 a.C.), rinvenuto da Leonard Woolley nei suoi scavi svoltisi dal 1922 al 1934. Dai cimiteri anglosassoni di Sutton Hoo si scoprirono corredi funebri in materiali preziosi e in granato una nave funeraria mentre da Mildenhall giunsero oggetti d’arredamento Romani.

Con l’affermarsi dell’istituzione del British Museum, molti collezionisti, a fine Ottocento, l’arricchirono di donazioni. In questo periodo se ne distinguono due, per la grandezza e la varietà dei pezzi, quella di A.W. Franks, grande collezionista e curatore, avvenuta nel 1897, e quella del barone Ferdinand James von Rothschild, del 1898. Con l’incremento continuo delle collezioni, il British Museum non poteva fermare la sua espansione edilizia. Nel 1895, venne acquistata una vasta area confinante, situata ad est, nord e ovest dell’edificio principale. Nel 1906, si iniziò a costruire l’ala nord.

 

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Le torri moderne, i grattacieli 2/2


Esistono grattacieli anche in Italia. Quello più conosciuto, è, senz’altro, il grattacielo Pirelli di Milano, progettato dall’architetto Gio Ponti, alto 127 metri, in cemento armato, che conta 32 piani. La città lombarda, però, possiede altri grattacieli molto elevati. Ad esempio, la nuova sede della Regione Lombardia (alta 161 metri), inaugurata nel 2010, e l’Unicredit Tower (231 metri), sempre a Milano, che è anche il più alto d’Italia, per 231 metri, che tuttavia, con la sua guglia di 85 m, raggiunge una quota più elevata.

Nel resto della penisola esistono anche altri grattacieli, come la torre Telecom Italia, posto nel centro direzionale di Napoli, e la torre Piacentini a Genova, costruita nel 1940. A Torino svetta, sin dal 1889, la Mole Antonelliana, che però non è un edificio né abitativo, né per uffici. E, comunque, alta 167,5 metri.

Fonte immagine: 60 anni per il Pirellone

 

Le antichità archeologiche del British Museum 3/5

 

Dopo la sconfitta dell’esercito napoleonico nella battaglia del Nilo, l’Egitto e l’intero Medioriente entrarono a far parte della sfera politica britannica. Ciò comportò l’arrivo a Londra di pezzi archeologici egiziani. Tra questi, nel 1802, apparve la famosa stele di Rosetta, presentata agli studiosi dallo stesso re Giorgio III, dalla quale scaturì l’interpretazione dell’antica scrittura geroglifica egiziana; mentre nel 1818, fu esposta la colossale statua di Ramesse II, recuperata, in loco (tra i numerosi reperti), dal console generale Henry Salt. Grazie a lui, il museo inaugurò la sala della collezione di scultura egiziana. Nel 1805, invece fu donata da Charles Townley, la sua raccolta di sculture romane. Thomas Bruce, ambasciatore in Turchia (l’allora Impero ottomano), nel 1806, sull’Acropoli di Atene, arrivò a rimuovere dal Partenone le sue sculture marmoree. Uguale sorte ebbero i fregi del Tempio di Apollo Epicurio di Phigalia, antica città greca. Inoltre, dal Medioriente, arrivarono in Inghilterra, nel 1825, reperti archeologici di antichità Assire e Babilonesi, stavolta tramite acquisto, da parte della vedova di Claudius James Rich. Il tutto (sancito da una legge), fu acquisito dal British Museum, che aprì, così, numerose sale archeologiche.

La crescita esponenziale degli oggetti reperiti e raccolti, che aumentava ogni giorno, compreso il numero di visitatori in costante aumento, creò la necessità di una nuova sede istituzionale più ampia. Nel 1802, con l’ulteriore donazione della King’s Library appartenente al re Giorgio III, i problemi balzarono agli occhi. La collezione, infatti, si componeva di 65.000 libri, 19.000 pamphlet, oltre a diverse mappe, carte e disegni topografici. Per accogliere, in particolar modo, la Royal Library, fu deciso di dare il via alla costruzione di una nuova sede attraverso un ampliamento nella zona ad est. L’architetto neoclassico Robert Smirke fu incaricato del progetto. Quando, nel 1823, la Montagu House, fino ad allora sede del British Museum, fu demolita, si iniziò la costruzione per la King’s Library. Tuttavia, l’anno seguente, si ebbe la nascita della National Gallery, che tolse un po’ di fretta a tutti.

Il museo rimase chiuso, fatta eccezione per aperture straordinarie come fu nel 1851 per l’Esposizione Universale. L’edificio venne ultimato e riaprì i battenti nel 1852. Successivamente, furono realizzate le Infill galleries, per le sculture assire. La sala di lettura circolare con volta in ferro, progettata da Smirke per ospitarvi un milione di volumi, venne aperta alla cittadinanza, come la King’s Library, nel 1857. Durante gli anni di chiusura, nel museo operò l’italiano Antonio Panizzi. Egli rese ben organizzata e strutturata la sezione della biblioteca, quintuplicandola per numero di volumi, e portandola ad essere la seconda biblioteca d’Europa, dopo la Bibliothèque nationale de France di Parigi. Da molti è ritenuto il “secondo fondatore” del British Museum.

La collezione libraria di Sir Thomas Grenville, che contava 20.240 volumi, venne devoluta nel 1847 al museo inglese. Non venne esposta fino alla nascita della British Library a St Pancras, nel 1998. Proprio per la costante necessità di spazio, si decise di trasferire, nel 1887, la collezione di storia naturale a South Kensington, in un edificio che sarebbe divenuto poi il Natural History Museum. Con questa suddivisione il museo ritrovò lo spazio necessario. Verso la fine del XIX secolo, furono introdotte innovazioni, come l’illuminazione elettrica degli ambienti nella Reading Room e nelle gallerie.

 

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Le torri moderne, i grattacieli 1/2

 

Tra il 1910 ed il 1941, anno in cui gli Stati Uniti entrano in guerra, l’isola di Manhattan cambia volto, riempiendosi di edifici alti ed altissimi. Con la sua trasformazione cambia il modo di fare architettura e si acquisisce un modello di società totalmente innovativo. In questo continente la società mondiale entra in una nuova fase civile. È il futuro. Tra gli edifici eretti in questo periodo vi sono: il Chrysler Building (319 metri), il Chanin Building (215 metri), il General Electric Building (270 metri), il 500 Fifth Avenue (212 metri) ed il più famoso e più alto, Empire State Building (381 metri). Lo spazio che li contiene è ristretto alla sola parte sud e centrale di Manhattan, vicino a Wall Street (oggi fulcro di tutta l’area). Lo spazio è talmente ristretto, che i grattacieli vengono demoliti per far posto ad altri più elevati. È il caso del Singer Building, di 205 metri, che viene abbattuto per costruire, nella stessa zona, il Chase Manhattan Plaza, che raggiunge i 260 metri.

Dal secondo dopoguerra, naturalmente, non ci si è fermati nella costruzione di grattacieli. Le famose Torri Gemelle di New York, costruite nel 1973, erano il simbolo della cultura americana, divenendo (per questo) oggetto dell’attentato terroristico dell’11 settembre del 2001. Ciononostante, la tipologia ha preso piede in tutto il mondo, e oggi i grattacieli sono diventati simbolo di progresso e civiltà. 20 costruzioni superano sul globo un’altezza tale da essere definite “supergrattacieli”. Di questi, 20 hanno oltrepassato i 400 metri, ma solo 6, in tutto il mondo contano più di cento piani. Tra questi sei, il più elevato è il Burj Khalifa a Dubai. Fu terminato nel 2009 ed aperto al pubblico nel 2010. L’ultimo livello termina a 636 metri, mentre le sue antenne raggiungono gli 828 metri. Fa parte di un complesso molto più ampio nel centro di Dubai, che comprende altri edifici significativi, tra cui il secondo albergo più alto sul pianeta.

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Le innovazioni del British Museum 2/5

 

Il British Museum fu il primo museo nazionale, aperto gratuitamente al pubblico, che non fosse di proprietà ecclesiastica o reale, e incentrato su ogni produzione umana, in generale. Un vero museo illuminista.

Se, tuttavia, in principio l’attività del museo era imperniata, soprattutto, sulla tematica naturalistica e libraria, nel 1772, ricevette la collezione di ceramica greca di proprietà di William Hamilton, che rappresentò il primo nucleo artistico e storico, su cui si sarebbe sviluppato in seguito. Ebbe donazioni pure di materiali provenienti dalle “stanze delle meraviglie” e altre donazioni, come la Collezione Thomason e la biblioteca di David Garrick (circa 1.000 opere).

L’Inghilterra di fine Settecento era protesa verso il mondo. Numerosi erano gli esploratori che vi affluivano nei Mari del Sud, tra cui James Cook. Così, dal mondo intero, giunsero al museo oggetti di culture etniche fino ad allora sconosciute. Da Clayton Mordaunt Cracherode si ebbero in donazione libri, gemme intagliate, monete, stampe e disegni.

La Royal Society era già in contatto con esploratori, viaggiatori e lontani ambasciatori britannici. Tra questi ultimi, l’ambasciatore di Napoli fece giungere da Pompei ed Ercolano reperti archeologici autentici o riproduzioni di questi e, naturalmente, disegni del Vesuvio.

 

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Una particolare torre russa

 

Nella capitale del lontano Tatarstan, Kazan’, in Russia, esiste una torre pendente, famosa in quei paesi. Si chiama Torre Söyembikä, ed era una torre di guardia. Prende il nome dall’eroina tàtara, che resse il governo dal 1549 al 1551.
Esistono sulla torre diverse leggende. La più importante narra che il monumento è frutto della volontà dello zar Ivan il Terribile, che nel 1552 ne avrebbe ordinato la costruzione con urgenza, cosa che fu fatta in soli 7 giorni. In essa, poi, sarebbe stata imprigionata l’eroina tàtara. Questa per porre fine alla insopportabile detenzione, si gettò nel vuoto. È per questo che la torre è a lei denominata. Questa è, tuttavia, solo una leggenda. Le carte, invece, testimoniano che la Söyembikä fu imprigionata a Mosca e morì nella città di Kasimov.

La strana torre fu utilizzata come simbolo del potere in auge. In cima ad essa fu posizionata, nel 1730, un’aquila bicipite, simbolo zarista. Successivamente, durante il periodo Sovietico l’aquila venne sostituita da una stella rossa. Oggi porta, invece, una mezzaluna islamica. La torre Söyembikä è composta da sette piani, raggiungendo un’altezza di circa 58 metri. Da essa si gode uno splendido panorama, dove si possono ammirare i due fiumi cittadini Kazanka e Volga.

La torre rientra nel gruppo delle torri pendenti mondiali. È inclinata, infatti, di 1,98 gradi. La sua particolare forma a ziqqurat è servita come ispirazione del progetto della stazione di Kazanskij a Mosca dell’architetto Aleksej Ščusev. La torre ha subito consolidamenti delle fondazioni negli anni Trenta e Novanta del secolo scorso.

La Stazione di MoscaLa Stazione di Mosca

 

La data di costruzione
La data di costruzione della Torre Söyembikä è, praticamente, avvolta nel mistero. I documenti sono scarsi. Tutte le carte precedenti al XVI secolo sono andate distrutte in un incendio (nel 1701). Per cui gli studiosi ipotizzano basandosi sui pochi riferimenti certi. Alcuni di essi fissano la data tra il XVII e le prime fasi del XVIII secolo. Lo asseriscono in base al fatto che in quel periodo erano molte le torri edificate in Russia. Altri ricercatori sostengono che la data di costruzione è precedente almeno di un secolo, e comunque prima della metà del Cinquecento.

Il professore Nikolaj Zagoskin, dell’Università imperiale di Kazan’, fa risalire la data al periodo dei khan. Molti sono gli storici che lo avallano, soprattutto, perché in quel tempo esistevano torri con un’architettura molto simile nell’Asia centrale. La teoria è, però, smentita dal racconto di viaggio effettuato dal tedesco Adam Olearius nel 1638 in quelle zone. Nel testo non si cita affatto la torre tàtara, facendo presupporre che si tratti di costruzione posteriore.

 

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Il Britisch Museum a Londra 1/5

 

Tra i musei più famosi ed antichi vi è il British Museum di Londra (in Great Russell Street). La sua storia inizia nel 1753, quando sir Hans Sloane, noto medico e scienziato inglese, con il suo patrimonio letterario ed artistico, dà vita alla biblioteca di Montague House a Londra. La collezione, acquistata dal governo britannico, fu messa in esposizione nel 1759. Oggi il British Museum possiede ben 30 milioni di oggetti, così tanti da farne rimanere molti in magazzino, data l’enorme superfice necessaria per esporli tutti. In dettaglio si contano: 30 milioni di oggetti solo al British Museum, altri 70 al Natural History Museum e 150 alla British Library. Il Natural History Museum (che contiene collezioni di storia naturale) e la British Library (la biblioteca) sono filiazioni del British Museum.

Il museo ha attualmente un carattere universalistico. Esso, infatti, si occupa della storia e della cultura materiale di tutta l’umanità, a partire dalla preistoria sino ad oggi. Il cortile centrale del museo è stato nel 1997 oggetto di lavori edili. Nello spazio rinnovato è stata realizzata, su progetto di Lord Foster, la Queen Elizabeth Great court, la più grande piazza coperta europea. Il British Museum, già nel 1923,  contava più di un milione di visitatori, oggi questi visitatori si sono moltiplicati.

Il British Museum, nato grazie ad una legge apposita di Giorgio II, poggiava inizialmente su quattro collezioni. Oltre quella di sir Hans Sloane, ne facevano parte la Cottonian Library, raccolta da Sir Robert Bruce Cotton (di età elisabettiana), e la biblioteca di Harleiana, composta dai conti di Oxford. A queste tre collezioni si aggiunse, nel 1757, la Royal Library, composta dai testi acquisiti dai re britannici nel corso del tempo. Per la grande quantità di volumi conservati, il museo fungeva anche da “biblioteca nazionale” (la prima in assoluto). Inoltre, con la cessione della Old Royal Library, si trasferì al museo il diritto ad ottenere una copia di qualsiasi libro che venisse pubblicato nel regno britannico. Questo diritto permetteva alla biblioteca una crescita continua e perpetua. Tale diritto è posseduto oggi da tutte le biblioteche nazionali. Successivamente, una parte dei libri fu trasferita nella British Library, dove si trovano scritti di una rarità eccezionale.

 

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Grattacieli, un problema agli inizi 1/2

 

Se non puoi allargarti orizzontalmente, puoi espanderti verso l’alto. È il concetto alla base del moderno grattacielo. Innumerevoli piani uno sull’altro, sostanzialmente danno vita ad una torre moderna. Il nucleo centrale in resistente acciaio (oppure in calcestruzzo), generalmente, porta scale, servizi ed ascensori. Questo dà resistenza statica e, in caso di terremoti e forti venti, permette oscillazioni di tutta la struttura, rendendola flessibile. Il nostro termine, grattacielo, è uguale in significato a quello inglese, skyscraper (“gratta il cielo”). L’espressione nasce in Inghilterra, nel XVIII secolo, per denominare gli altissimi alberi dei grossi galeoni militari.

Con l’invenzione dell’ascensore la fantasia andò alle stelle. Il futurismo agli inizi del Novecento, ne è la prova. A New York (a Manhattan) si fece di più: si iniziò a costruire grattacieli, sempre più alti. Di conseguenza, si sviluppò una grande concorrenza tra chi voleva realizzare l’edificio più alto del mondo. Ingenti furono i finanziamenti, ed una “folla” di architetti, ingegneri ed operai, si misero all’opera, edificio dopo edificio. Come se non esistesse il traguardo, in pochi decenni, si superarono i 100 piani (come nell’Empire State Building). Essendo un settore innovativo, si incontrò, però, qualche difficoltà.

Un problema a New York
Nel 1915, al termine della costruzione del grattacelo dell’Equitable Building (che era alto 164 metri, ma che aveva una pianta molto grande), si scoprì un grosso difetto: nel basso, la città soffocava e non passava luce, neanche in pieno giorno. Non si poteva “distruggere” l’isola di Manhattan. Il consiglio comunale emanò una direttiva dove si istituzionalizzava tre possibili forme, che evitavano l’inconveniente riscontrato. I modelli erano: a campanile, a ziqqurat e a plaza (a piazza). La tipologia a campanile (1), prevedeva l’occupazione dell’intero lotto, ma con una altezza non superiore ai 15-17 piani. Quindi era regola l’elevazione della parte centrale della costruzione: il “campanile”, che poteva elevarsi per infiniti metri. La forma a ziqqurat (2) prevedeva un progressivo arretramento, come nelle piramidi babilonesi ed orientali in genere. Nell’ultimo modello (3), invece, la costruzione veniva posta nel centro esatto del lotto, con un’ampia piazza che lo circondava. I grattacieli successivi rispettarono le regole architettoniche poste, dando vita alla moderna Manhattan.

 

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