Il museo egizio di Torino

 

Il museo egizio di Torino è d’assoluto livello internazionale. È considerato, infatti, il più importante museo egizio dopo quello del Cairo. Il suo nome completo è Museo delle Antichità Egizie di Torino. In epoca napoleonica, al tempo delle campagne in Egitto, il console generale di Francia in loco era Bernardino Drovetti, piemontese. Poiché in Europa era scoppiata la moda delle antichità egizie, il console, nel periodo dell’occupazione, raccolse in una sua collezione privata ben 8000 pezzi, che descrivevano il complesso mondo antico dell’Egitto. Vi era di tutto: sculture, sarcofaghi, mummie, papiri, statuette, amuleti e monili. In seguito, portò la sua collezione in Italia. Nel 1824, il re piemontese Carlo Felice, prendendo l’iniziativa, acquistò la collezione del Drovetti, e, unendovi quella di casa Savoia, aprì il primo museo dedicato esclusivamente all’arte egizia. Sul finire dell’Ottocento, il direttore del museo piemontese, Ernesto Schiaparelli, spinse verso nuove acquisizioni in Egitto, con acquisti, ma anche con campagne di scavi promosse dallo stesso museo. Fu così che la collezione crebbe notevolmente, raggiungendo i 30.000 pezzi.

Il museo egizio di Torino ha la sua sede nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze (dell’omonima Accademia), costruito nel Seicento, su progetto dall’architetto Guarino Guarini. Al suo interno, fino al 2012, vi era contenuta anche la Galleria Sabauda. Nel 2004, il museo è stato conferito, con tutti i suoi beni, ad una Fondazione di enti locali, che comprende la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. La Fondazione è presieduta dallo scrittore Alain Elkann. Sarà possibile una gestione più veloce, con la possibilità di godere dei finanziamenti da parte delle fondazioni bancarie. Nell’anno dei giochi olimpici invernali, ospitati da Torino, il 2006, il museo egizio è stato visitato da 554.911 persone.

 

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La torre più alta d’Italia 2/2

 

Il nome della famiglia degli Asinelli viene associato alla torre solo in un documento del 1185, ma bisogna dire che i testi di quell’epoca scarseggiano. La torre dovrebbe essere stata edificata tra il 1109 ed il 1119. Rimane, comunque, un punto interrogativo, perché anche se non possediamo molte carte per comprovare l’anno di edificazione, è stata eseguita un’analisi sui mattoni con il metodo della termoluminescenza che ha indicato la data del 1060. Questa discrepanza tra documenti e verifiche scientifiche ha portato gli storici ad ipotizzare che la vera data di costruzione sia anteriore a quella indicata. I lavori sono iniziati per poi fermarsi verso i 60 metri. A questa altezza della torre, infatti, si rileva una “cesura” costruttiva. I mattoni si assottigliano in modo anomalo, rispetto alla normale progressione.

Un’altra anomalia è la profondità di soli 6 metri della fondazione, che farebbe pensare all’edificazione, appunto, di una torre di 60 metri. Quindi, l’altezza attuale sarebbe dovuta ad una ulteriore elevazione avvenuta negli anni successivi. In altre parole, si pensa ad una possibile stasi edilizia e una conclusione solo in un secondo tempo, proprio agli inizi del XII secolo. Altri studiosi, inoltre, ritengono che la torre sia stata scapitozzata verso il 1488. Quindi in origine sarebbe stata ancora più alta dell’attuale. A confermarlo, la grandezza dei mattoni nella parte sommitale.

 

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La torre più alta d’Italia 1/2

 

La torre degli Asinelli di Bologna è la torre pendente più alta d’Italia. Raggiunge, infatti, i 97,2 metri di altezza, ma ha un’inclinazione di 1,3 gradi rispetto alla perfetta verticale. Talmente alta e talmente conosciuta che, in coppia con la Garisenda (un’altra torre limitrofa), è divenuta il simbolo stesso della città (le cosiddette due torri di Bologna). L’abitudine di costruire torri in città, però, era tale che, nel XII secolo, se ne contavano circa cento. Quasi tutte erano torri gentilizie. La torre degli Asinelli, deve, infatti, il suo nome alla famiglia che la costruì. Verso il XIV secolo, la proprietà della torre passò al Comune. Come funzione le fu data quella di prigione e militare. Successivamente, si dice che Giovanni Visconti, Duca di Milano, subentrato alla Signoria dei Pepoli di Bologna, per controllare il mercato sottostante (il Mercato di Mezzo), luogo di possibili assembramenti e rivolte, fece costruire a circa 30 metri una piattaforma in legno, collegata con una passerella alla vicina torre della Garisenda. L’impalcatura però andò a fuoco nel 1398.

Non avendo un parafulmine, che fu installato solo nel 1824, la torre degli Asinelli fu colpita da ripetuti fulmini, che arrecavano danni, piccoli crolli ed eventuali incendi. Di questi se ne ricordano almeno un paio. Il primo nel 1185, che fu però doloso, ed il secondo, come detto, nel 1398. Oltre al parafulmine è stato installato recentemente un ripetitore televisivo della RAI. Come accadde per la torre di Pisa con Galileo Galilei, anche la Torre degli Asinelli fu luogo di ricerche scientifiche (nel XVII-XVIII secolo) da parte di Giovanni Battista Riccioli e Giovanni Battista Guglielmini. Attualmente il monumento è visitabile dal pubblico, che può salire la scala interna fino alla cima. Un bell’esercizio ginnico (circa 500 gradini). Nella notte le due torri di Bologna sono illuminate e visibili da ogni punto della città.

 

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La pendente Torre di Pisa 2/2

 

Non si conosce con certezza il progettista della Torre di Pisa. Si ipotizza si tratti di Diotisalvi, l’architetto che contemporaneamente stava realizzando il Battistero vicino. Ci si basa, però, soprattutto sulle analogie tra le due costruzioni. Ma le ipotesi sono molte. Ad esempio, Vasari l’attribuisce a Bonanno Pisano, altri ancora al Gherardi. La teoria di Vasari si basa sul ritrovamento di un’epigrafe su una pietra tombale trovata nell’atrio. Così come ne esiste un’altra sullo stipite del portone di ingresso, dove è riportata la scritta “cittadino pisano di nome Bonanno”.  Alcuni studiosi però sostengono che il frammento, sia parte della cattedrale, successivamente al suo incendio, avvenuto nel 1595.

La preziosità del monumento ha fatto sì che vi fossero numerosi restauri. Si comincia nell’Ottocento, nel tentativo di creare maggiore stabilità, sotto la guida dell’architetto Alessandro Gherardesca. Vennero eseguiti dei saggi del terreno, assumendo notizie sull’esistenza di argilla e sulla presenza di acqua a livello di fondazione. La causa era quindi tecnica e non, come si asseriva, allora, la volontà progettuale di costruirla già pendente. Si presentava, perciò, la necessità di lavori di consolidamento alla base. Questi sono stati eseguiti negli ultimi decenni. I risultati sono brillanti, tanto che gli operatori garantiscono la solidità della torre per altri 300 anni. Negli ultimi venti anni sono stati eseguiti, inoltre, restauri delle superfici lapidee, sia all’esterno che all’interno della torre.

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La pendente Torre di Pisa 1/2

 

Nella piazza del Duomo di Pisa si trova uno dei più famosi monumenti italiani: la Torre pendente, che la caratterizza. A Pisa la chiamano semplicemente “la Torre”. È il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, posta al suo fianco. Raggiunge circa 56 metri d’altezza e fu costruita tra il XII ed il XIV secolo. Per la precisione, la costruzione iniziò nel 1174. È cesellata, come un merletto, con giri di arcate tonde e sei piani di loggette. Ma oltre la bellezza architettonica, la pendenza l’ha resa famosa in tutto il mondo. Ha un’inclinazione di 4,8° gradi rispetto all’asse verticale. Si deve al cedimento del terreno dove poggia, cosa che si registrò già in fase di costruzione. Infatti, i lavori furono sospesi quando aveva raggiunto solo i tre piani.

Essendo fatta tutta in marmo, raggiunge un peso di 14.453 tonnellate, che preme sulla fondazione e sul terreno argilloso della piazza, che ha influito anche sulla stabilità di tutti gli altri edifici che si trovano nella piazza. Le opere di costruzione della Torre ripresero nel 1275, sotto la conduzione di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano. Vennero sopraelevati altri tre piani. Per sicurezza fu adottato uno stratagemma: i piani aggiunti curvano verso il lato opposto alla pendenza. Nel secolo seguente fu aggiunta, infine, la cella campanaria.

A causa del terreno fatto di argilla e sabbia, a Pisa numerose costruzioni sono pendenti. Abbiamo, ad esempio, tutta la chiesa di San Michele degli Scalzi con il suo campanile, che raggiunge i 5 gradi di inclinazione. Vi è poi il campanile della chiesa di San Nicola, vicino al Lungarno, che presenta una pendenza di 2.5 gradi.
La torre di Pisa raggiunge i sette piani. Due sono le stanze al suo interno, una al piano terra, l’altra in cima. Ambedue non hanno il soffitto. Ha due scale: direttamente dal primo livello al sesto e, a chiocciola, dal sesto al settimo anello. Al sesto livello vi è un’apertura dove si può guardare giù il piano terra. Nella Torre erano poste tre campane: la Pasquereccia, la Terza e la campana del Vespruccio. Ognuna suonava a seconda l’ora della giornata. Nel XV secolo, la campana di San Ranieri (denominata all’inizio “Giustizia”), ha sostituito quella detta Pasquereccia, che fu poi rifusa.

Tutto il complesso della Piazza, è gestito, oggi, dall’Opera della Primaziale di Pisa. Essa amministra, oltre alla Torre, anche la cattedrale, il battistero e il vicino cimitero, ovvero tutti i monumenti del “Campo dei Miracoli”.

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Il Museo del Prado a Madrid

 

Il Museo del Prado di Madrid (Spagna) è un altro dei musei importanti d’Europa. La sua pinacoteca espone capolavori di diversi pittori italiani, spagnoli e fiamminghi. Per citarne alcuni: Sandro Botticelli, Andrea Mantegna, Raffaello, Caravaggio, El Greco, Artemisia Gentileschi, Francisco Goya, Diego Velázquez, Rembrandt e Pieter Paul Rubens. La costruzione, che ospita il Museo del Prado, fu voluta da Carlo III di Spagna, nel 1786, unitamente a molti altri edifici, come il Gabinete de Historia Natural e lavori a carattere urbanistico. L’edificio, significativo esempio del neoclassicismo spagnolo, fu opera dell’architetto Juan de Villanueva, che realizzò anche il vicino Giardino Botanico.

All’inizio del secolo XIX, quando l’edificio era stato ultimato, scoppiò la guerra di indipendenza tra Spagna e Francia. Le truppe francesi invasero la penisola iberica. Il Prado, utilizzato in quel momento come caserma della cavalleria, fu pesantemente danneggiato, quasi distrutto. Successivamente, grazie a Ferdinando VII e alla consorte Maria Isabella di Braganza, iniziò ad essere ricostruito a partire dal 1818. Vennero utilizzati vecchi progetti del Villanueva, oltre al lavoro dell’architetto Antonio López Aguado (discepolo del maestro). All’interno del Palazzo ultimato furono trasferite le più belle opere della Collezione Reale Spagnola, che si trovavano in vari siti reali spagnoli. L’odierna Sala di Velázquez, cioè il salone di forma ovale, venne così denominato in onore dell’opera del grande pittore. Inizialmente, il museo presentava 3 grandi sale e 311 quadri.

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Il turismo alla scoperta delle Eolie

 

La fortuna per Panarea e le isole Eolie arriva con il turismo. Incredibilmente è il cinema a fare cassa di risonanza alla riscoperta del fascino “primitivo” delle isole. Con il film Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini (con protagonista femminile la giovane Ingrid Bergman) negli anni Cinquanta e con il film L’Avventura di Michelangelo Antonioni negli anni Sessanta (ambientato in larga parte a Panarea, Basiluzzo e Lisca Bianca) il pubblico mondiale ammira la straordinaria bellezza dell’arcipelago vulcanico, unico al mondo, ed inizia un turismo alla ricerca emotiva del “perdersi” in una natura rustica e incontaminata e non priva di scomodità come la mancanza di elettricità o la scarsità d’acqua.

L’ambiente permette di fare il bagno su piccole spiagge tra le rocce in grande tranquillità. Si possono raggiungere in barca zone come Strombolicchio o Ginostra del tutto incontaminata dove ci si muove a dorso di mulo. Ci sono zone ancora inarrivabili se non con barche o muli. Ma tante sono le possibilità di escursioni, come, ad esempio, a Stromboli sul vulcano fino a quota 900, accompagnati da guide esperte.

Molto si è fatto per accogliere i turisti, diminuendo i disagi, costruendo servizi, realizzando discoteche e locali (anche se è vietato diffondere musica oltre le due di notte), oppure organizzando feste sulla spiaggia nella stagione estiva. Esiste ancora, tuttavia, la volontà di non andare “oltre”: per decisione del comune di Lipari non esiste l’illuminazione elettrica delle strade, che permette sensazioni uniche, come guardare il cielo stellato di notte, cosa quasi impossibile in città. Dall’Osservatorio di Stromboli è possibile vedere la lava incandescente. Tuttavia, a
vendo ogni cosa il risvolto della medaglia, il turismo di massa erode pian piano l’originaria bellezza e suggestività. L’arcipelago rischia la possibile cementificazione, avvenuta altrove, ma, soprattutto, la spersonalizzazione in una banale e stereotipata bellezza, che non corrisponde all’antico spirito eoliano, vero prodotto di quei 5000 anni di storia delle isole Eolie.

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Le torri, l’importanza è essere più alto 2/2

 

Anche l’altezza della casa-torre era in funzione della potenza della famiglia che vi abitava. Più era alta, maggiore era il prestigio dei proprietari. Per dare snellezza alla costruzione spesso la base era ridotta, mettendo a rischio la stessa stabilità della costruzione. Frequenti erano, infatti, i crolli. Per ovviare al problema, a partire dal XII secolo, si iniziò la cosiddetta “scapitozzatura”, cioè la demolizione dei piani più alti.

Col tempo, in Italia, al potere delle famiglie si aggiunse quello delle istituzioni comunali. Non dovendo essere il loro prestigio inferiore ai singoli privati, fu posta una limitazione alle case-torri: i cittadini, quindi, non potevano superare in altezza la torre dell’edificio comunale. Aumentando la floridezza delle famiglie, e non potendosi spingere più in alto, le case-torri vennero sostituite da palazzi veri e propri, molto più ampi e comodi. Essi sostituirono le vecchie abitazioni o le inglobarono.

La mania costruttiva delle torri nel medioevo, è ben rappresentata dalla cittadina di San Gimignano (in Toscana). All’interno del tessuto urbanistico d’epoca storica si sono conservate ben quattordici torri, della settantina iniziali. Le torri rimaste mantengono i caratteri originari e si presentano senza alcuna scapitozzatura. Il discorso vale anche per la città di Bologna, dove esistono ancora una ventina di torri. La più famosa ed integra è anche la più alta, raggiungendo i 97,20 metri di altezza: la Torre degli Asinelli.

La tendenza che spinge alla costruzione delle torri finisce in periodo rinascimentale. Tuttavia, se si smette di costruirle in città, esse sono ancora presenti in campagna. Vecchie torri vengono inglobate in casolari o in ville. La nuova funzione di esporre un orologio, in posizione ben visibile a distanza, ne rinnovano l’uso. In campo militare, viceversa, esse vengono del tutto dismesse. L’invenzione dei cannoni, le farà trasformare in bastioni o fortificazioni alla moderna.

Le torri medievali furono col tempo decimate da fulmini o terremoti. Nei secoli, ed in particolare nel XIX, molte torri, non avendo più uno scopo, vennero abbattute per creare piazze o slarghi. Ciononostante, nello stesso secolo, l’introduzione dello stile medievale in architettura, farà sì che, con un recupero nostalgico, si costruiscano nuovi edifici caratterizzati proprio dalla presenza di torri medievaleggianti.

La torre, nell’architettura attuale, è ben presente. Esistono, ad esempio, le case a torre, cioè edifici residenziali dove l’altezza prevale sulla larghezza, con edifici spesso isolati in un complesso puntiforme. Non dimentichiamo, poi, quello che può essere il simbolo della modernità, cioè al grattacielo, edificio che si sviluppa decisamente in altezza, su tutte le altre abitazioni di media elevazione.

 

 

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La millenaria storia delle Isole Eolie

 

I primi insediamenti sulle isole vengono fatti risalire al 4.000 a. C. in epoca neolitica. Gli eoliani del tempo, trovandosi su un arcipelago di origina vulcanica, fecero del materiale più comune, l’ossidiana, la loro fortuna, esportandolo ovunque, dalla vicina Sicilia all’Italia meridionale, ma anche verso la Liguria, la Provenza e, addirittura, la Dalmazia. L’ossidiana all’epoca era il materiale più usato per ottenere schegge durissime e taglienti e quindi ricercatissima e preziosa. Gli eoliani, grazie a cotanta fortuna divennero uno dei più grandi insediamenti del Mediterraneo. Partita da Lipari, la popolazione, nel 3.000 a. C., si diffuse su tutte le altre isole consorelle. La vicinanza con lo Stretto di Messina portò le Eolie ad essere, tra il XVI e il XIV secolo a.C., sulla rotta del commercio dei metalli, come ad esempio dello stagno, che collegava la Britannia al Mediterraneo orientale. Si forma nelle isole la cosiddetta “cultura eoliana” caratterizzata più dal commercio che dall’agricoltura. Di tale cultura fanno parte i ritrovamenti archeologici di capanne circolari con pareti di pietre a secco e una produzione locale di ceramiche.

Nel 580 a.C. queste terre furono colonizzate dai greci che le chiamarono Eolie – secondo una delle varie tradizioni – dal nome del dio greco Eolo, dio dei venti. Nel 260 a. C. nel corso delle guerre puniche, l’arcipelago fu teatro dello scontro navale tra Roma e Cartagine, vinto dai romani. Perciò, come tutta la Sicilia, anche le isole divennero colonia romana. In tale periodo crebbero d’importanza, divenendo centro di produzione e commercio dello zolfo, dell’allume e del sale.
Nel 1544, durante la guerra tra Spagna e Francia, il sultano ottomano Solimano il Magnifico, alleato del re francese Francesco I, inviò una flotta comandata da Khayr al-Din Barbarossa che occupò le Eolie per farne un punto d’appoggio per la conquista di Napoli. Decimò e deportò ampiamente, con grande crudeltà, le popolazioni locali. Negli ultimi secoli le isole sono state ripopolate. Durante il governo borbonico ripresero ad esportare allume e zolfo. Oggi sono al centro di un turismo in forte ascesa dovuto alle loro esclusive caratteristiche naturalistiche.

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A che serviva una torre? 1/2

 

Cosa sia una torre lo sappiamo tutti. È un edificio sviluppato verso l’alto, con una base molto stretta rispetto all’altezza. Se militarmente la loro funzione è chiara (cioè controllare un territorio più vasto) civilmente la loro funzione è certamente fonte di dubbio. Sono state utilizzate come campanili, minareti, ma anche come torri dell’orologio o torri del vento. Tuttavia, quale sia la reale funzione, ad esempio, della Torre degli Asinelli a Bologna, rimane ancora enigmatica.

Storicamente erano già utilizzate al tempo dei romani, per l’avvistamento dei nemici, posizionate lungo mura difensive. Nel medioevo l’esigenza di proteggersi dai nemici crebbe. Avevano scopo difensivo anche le case gentilizie: erano a torre, ad esempio, le case dei guelfi e ghibellini, in contesa fra di loro, e quelle di tutte le altre famiglie che lottavano per il controllo del potere cittadino. La casa-torre era in sostanza un piccolo castello sviluppato in elevazione. Questo castello possedeva delle grosse mura nella parte basamentale, con piccole finestre a forma di feritoie (a volte munite di inferriate). Spesso si accedeva ai piani superiori tramite botole con scale a pioli rimovibili.

Nel corso del tempo esse mutarono conformazione. Le torri medievali a base tonda sono le più antiche e si ispiravano a quelle d’epoca romana, poste lungo le mura di cinta. Staticamente erano le più resistenti, anche se le più difficili da costruire, avendo le pietre una precisa angolatura. I conci tendevano ad essere meno spessi all’interno man mano che si saliva verso l’alto. In periodo romanico appaiono torri a base quadrata (o rettangolare), ma in epoca federiciana anche a base poligonale, come nel Castel del Monte, in Puglia, dove vi sono otto torri (a base ottagonale) poste ai vertici di un ottagono.

Abbiamo torri con scale in muratura in alcune cattedrali del nord Europa, dove è possibile trovare anche una doppia torre scalare, che aveva la funzione di raggiungere il matroneo, collocato ad un piano più superiore.

Nelle torri di guardia, essendo lo spazio interno molto limitato, scomodissimo per i soldati che trascorrevano lunghi periodi in cima alla torre, si pensò di aumentare la superfice ponendo all’ultimo piano ballatoi in legno. Tali opere, col tempo, divennero una “decorazione” della torre, anche per la presenza di smerlature e caditoie, vere o finte che fossero.

 

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