Roma, Palazzo Bonaparte: in arrivo la mostra “MARIO TESTINO – A BEAUTIFUL WORLD”

Mario Testino
Ethiopia
2019
Fotografia, 180×120 cm
© Mario Testino

“Fin dall’inizio di questo progetto ho sentito di doverlo chiamare A Beautiful World perché stavo scoprendo nuovi tipi di bellezza in luoghi che non avevo mai guardato prima…”
Mario Testino

“Nei miei viaggi mi sono reso conto che quando un paese perde il legame tra la sua storia e il suo abito tradizionale, qualcosa di veramente prezioso è andato perduto”
Mario Testino

Con la grande mostra
“MARIO TESTINO – A BEAUTIFUL WORLD”
Arthemisia presenta nelle sale di Palazzo Bonaparte a Roma un progetto completamente nuovo di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea.
 
Negli ultimi sette anni Mario Testino ha visitato circa trenta paesi e realizzato oltre 70 fotografie di grande formato qui presentate insieme per la prima volta.
In “A BEAUTIFUL WORLD” Testino si allontana dalla fotografia di moda, genere in cui si è affermato come uno tra i più grandi della sua generazione, per focalizzarsi su immagini di un’incredibile varietà di abiti e costumi tradizionali ma allo stesso tempo innovativi, indossati con orgoglio dalle genti che continuano a preservarne e tramandarne le origini.

MARIO TESTINO – A BEAUTIFUL WORLD

25 maggio – 25 agosto 2024
Palazzo Bonaparte, Roma

Dal prossimo 25 maggio a Palazzo Bonaparte di RomaArthemisia presenta in anteprima assoluta “A Beautiful World”, il nuovo progetto ideato da Mario Testino, uno dei più celebri fotografi contemporanei a livello internazionale.
Nato in Perù nel 1954 da madre irlandese e padre italiano, Mario Testino si trasferisce a Londra nel 1976 dove inizia a farsi un nome e a diventare uno dei fotografi di moda e ritrattisti più innovativi della sua generazione e le sue fotografie appaiono sulle principali riviste di moda del mondo. Punto di riferimento di altissimo rilievo nell’arte della moda, le sue immagini sono spesso diventate leggendarie come le persone che ha fotografato, da Kate Moss a Madonna, da Naomi Campbell a Lady D e molte altre ancora.

Terence Pepper, curatore della fotografia alla National Portrait Gallery di Londra, lo ha definito il “John Singer Sargent dei nostri tempi”, mentre il direttore della galleria, Charles Saumarez Smith, parlando della retrospettiva da record “Mario Testino PORTRAITS” del 2002, ha sottolineato il rapporto forte tra l’opera di Testino e la tradizione dei ritrattisti di corte, da Holbein a Reynolds, da Goya a Rubens.

Negli ultimi sette anni, la sua ricerca di nuovi soggetti oltre i confini del mondo della moda ha portato la sua attenzione su un nuovo percorso creativo, in cui ha trovato ispirazione nelle identità culturali dei paesi in cui aveva cominciato ad ambientare i suoi servizi di moda già dal 2007.

Dal 2017 ha attraversato più di 30 paesi, concentrando la sua arte sull’esplorazione dell’unicità culturale e tradizionale che ancora si trova in un mondo rapidamente globalizzato.
“A Beautiful World” è la navigazione straordinariamente magica e sfumata di Testino tra le complessità e i contrasti dei nostri molteplici modi di appartenere: individualità e conformismo, comunità, rituali, idee del sé, simboli e sistemi di credenze.

Mario Testino
Photograph by
Philippe Kliot
© Mario Testino

La mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Domus Artium e vede come sponsor Uzbekistan Art and Culture Development FoundationArt Partner e Generali Valore Culturamedia partner Urban Vision e mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale e Atac.


Date al pubblico
25 maggio – 25 agosto 2024

Orario apertura
Lunedì – giovedì 9:00 – 19:30
Venerdì, sabato e domenica dalle 9:00 alle 21:00
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero € 15 (audioguida inclusa)
Ridotto € 13 (audioguida inclusa)

Informazioni e prenotazioni
Tel. + 39 06 87 15 111

Sito web
www.mostrepalazzobonaparte.it
www.arthemisia.It

Social media e Hashtag Ufficiale
#TestinoBonaparte
@arthemisiaarte
@mostrepalazzobonaparte
@mariotestino

Ufficio Stampa Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 69380306 | T. +39 06 87153272 – int. 332

Sistiana, Duino Aurisina – Portopiccolo Art Gallery: SOBIVANJE/CONVIVENZA Mostra fotografica -FESTIVAL DEL VENTO E DELLA PIETRA

Yesica Perez
L’ENERGIA DEI LUOGHI  FESTIVAL DEL VENTO E DELLA PIETRA
SOBIVANJE / CONVIVENZA


Mostra fotografica

Inaugurazione sabato 16 marzo 2024 ore 18.00

PORTOPICCOLO ART GALLERY  Portopiccolo – Sistiana (TS)

Si è inaugurata sabato 16 marzo, alle ore 18.00, alla Portopiccolo Art Gallery (Sistiana, Duino Aurisina) la mostra fotografica “Sobivanje/Convivenza“, ultimo evento del Festival del Vento e della Pietra organizzato dall’Associazione Casa C.A.V.E. insieme a iManaLAB (visitabile sino al 10 aprile 2024 – Orario: ven. sab. 17.00 – 20.00 / dom. 10.00-13.00 / 17.00-20.00 o su appuntamento: +39 333 4344188).

L’esposizione, a cura della storica dell’arte Sara Nuša Golob Grabner con la collaborazione di Andrea Bojić e Maša Lancner  è il risultato di un corso di fotografia della scuola IMAF – Nova Gorica (Slo) della durata di diversi mesi, durante il quale i fotografi partecipanti hanno sviluppato i loro progetti sotto la guida di mentori internazionali: Ângela Berlinde (Portogallo), Simon Chang (Taiwan/Slovenia), Davide Degano (Italia), Giulia Iacolutti (Italia), Cecilia Lutufyan (Argentina).

Il titolo della mostra evidenzia l’essenza del progetto: la possibilità di coesistenza e co-creazione, mentre i progetti finali permettono di visualizzare l’importanza della connessione tra concetti, stili e realizzazioni differenti, nate grazie alla motivazione e al desiderio di sviluppo e apprendimento.

Gli artisti affrontano una vasta gamma di argomenti, dalla documentazione della vita di un coinquilino, alla malinconia stagionale, alla psicologia dell’esperienza transgenerazionale, alle atmosfere e alle storie degli spazi, alla femminilità e alla malattia… creando così un insieme che esprime il loro approccio altamente empatico, approfondito e ponderato alla fotografia, che in tutti i sensi realizza il concetto di coesistenza. In mostra i progetti di Roberta Battiston (Italia), Martina Birsa (Slovenia), Marcel Kump (Slovenia), Pina Lenart Vengust (Slovenia), Mateja Nikolić (Slovenia), Yesica Pérez (Argentina), Raffaele Saviano (Italia), Klemen Skubic (Slovenia) e Minea Vrabl (Slovenia).


ENERGIJA PROSTOROV 9. / FESTIVAL VETRA IN KAMAN
 
SOBOTA, 16. MAREC 2024 _ ob 18.00
PORTOPICCOLO ART GALLERY
Portopiccolo – Sistiana (TS)
 
SOBIVANJE / CONIVENZA
FOTOGRAFSKA RAZSTAVA
projekti Roberta Battiston (Italija) Martina Birsa (Slovenija) Marcel Kump (Slovenija) Pina Lenart Vengust (Slovenija) Mateja Nikolić (Slovenija) Yesica Pérez (Argentina) Raffaele Saviano (Italija) Klemen Skubic (Slovenija) Minea Vrabl (Slovenija)
kustosinja
Sara Nuša Golob Grabner / umetnostna zgodovinarka
sodelovanje Andrea Bojić, Maša Lancner
organizacija
iManaLAB / Casa C.A.V.E. 

Aps comunicazione Snc
di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
zar@apscom.it

L’Avanguardia nel deserto: una storia mai raccontata

Tatevosyan O.K.: La tenda della frutta. 1928, Olio su tela 67 x 85 cm
UZBEKISTAN: l’Avanguardia nel deserto. la Forma e il Simbolo
Venezia, Ca’ Foscari Esposizioni
17 aprile – 29 settembre 2024

La mostra “Uzbekistan. L’Avanguardia nel deserto” presenta per la prima volta al pubblico italiano e del mondo occidentale una pagina straordinaria e ancora poco nota dell’arte della prima metà del XX sec. Il progetto espositivo, che si dispone nella sede prestigiosa di Ca’ Foscari Esposizioni a Venezia, è promosso e sostenuto dalla Fondazione Uzbekistan Cultura ed è curato da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, direttori del Centro Studi sull’Arte Russa dell’Università Ca’ Foscari Venezia, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico internazionale; mette insieme, in un arco cronologico dalla fine dell’Ottocento al 1945, circa 100 opere (soprattutto dipinti su tela e su carta, cui si aggiungono emblematici reperti della tradizione tessile uzbeka) provenienti dal Museo Nazionale di Tashkent e dal Museo Savitsky di Nukus, quello che la stampa internazionale indica da qualche anno, non impropriamente, come “il Louvre del deserto”.

È la prima esposizione nella storia a stabilire delle precise relazioni tra le due più importanti raccolte d’arte del Novecento presenti in Uzbekistan: si tratta di un elemento fondamentale per comprendere la profondità di una vicenda artistica come questa, ma non è l’unica novità della mostra. Finora si era pensato infatti alle opere e agli artisti anche più innovativi che lavorano in Centro Asia nel terzo e quarto decennio del Novecento come a una declinazione periferica e marginale della grande svolta operata nelle capitali russe dal 1898 al 1922 da una straordinaria generazione di artisti (Fal’k, Kandinskij, Ekster, Lentulov, Rodčenko ecc.). Ciò che invece si potrà osservare è la genesi e il successivo sviluppo di una autentica scuola nazionale, di una “Avanguardia Orientalis” affascinante e unica. Un risultato straordinario, che è stato possibile ottenere solo affiancando la raccolta del Museo Nazionale di Tashkent (dove già all’inizio degli anni ’20 erano presenti importanti capolavori dell’Avanguardia russa, tra cui 4 opere di Kandinskij) con quella di Nukus: da una parte l’anticipata ricezione di una matrice di grande modernità, che riprende e diffonde anche tutte le esperienze dell’Europa occidentale, dall’altra la sua trasformazione in un linguaggio totalmente originale, multietnico e interdisciplinare.

La mostra presenta come sottotitolo “La forma e il simbolo”. Il primo termine rinvia all’influenza esercitata sulla pittura del Centro Asia dall’Avanguardia storica russa mediante le opere in parte inviate a Tashkent, in altra parte raccolte da Savickij a Nukus: una selezione di segni di straordinaria qualità, mai in precedenza inviati fuori dei confini dell’Uzbekistan, tra cui 4 opere di Kandinskij (due olii e due disegni su carta): Lentulov, Maškov, Popova, Rodčenko, Rozanova sono solo alcuni dei protagonisti di uno scenario, quello della nascita dell’astrattismo, da tempo riconosciuto come uno dei fondamenti dell’arte mondiale del Novecento.

A queste si aggiunge un’ampia selezione di opere dell’Avanguardia Orientalis. Sono l’esito di un dialogo culturale e artistico profondissimo: da una parte le secolari tradizioni delle sete sfavillanti e la raffinata palette delle decorazioni architettoniche che riprendono i colori del cielo e degli scenari naturali, l’incedere degli animali e i suoni di una lunga vicenda musicale; dall’altra l’esigenza non più rinviabile di un codice pittorico nuovo, mai in precedenza sperimentato nell’Oriente islamico. È proprio questo rapporto a conferire uno spessore simbolico alle opere su tela e su carta che sono esposte.

Ekster A.A.: natura morta, Tela, carta, tecnica mista,
collage 66 х 61 cm

Si tratta inoltre di un dialogo interculturale, che mette insieme artisti uzbeki, kazaki, armeni, russi d’Oriente, siberiani, quasi tutti formatisi a Mosca e a Pietrogrado, ma tutti radicati in una terra che scoprono e in cui scelgono di vivere e lavorare. L’Avanguardia Orientalis è pertanto un’Avanguardia inclusiva, di confronto e collaborazioni, di incontri e di comuni ascendenze.

È una storia spesso avventurosa, che la mostra di Venezia ha scelto di declinare ponendo su un piano di pari dignità i segni pittorici e grafici e quelli delle arti applicate, con una selezione di manufatti tessili che da una parte rivelano insospettabili consonanze con le moderne frontiere dell’arte, e insieme trasmettono, dall’altra, un patrimonio culturale profondamente simbolico, legato ad antichi culti e a pratiche millenarie.

Mashkov I.I.: Natura morta, Olio su tela 51,5 х 62 cm

La rassegna di Ca’ Foscari è anche l’occasione per richiamare l’attenzione internazionale sulla figura e l’opera di Igor Savickij.

La leggendaria figura di Savickij è la base del percorso, che ha tra i suoi obiettivi anche quello di far conoscere a un pubblico di non solo addetti ai lavori una personalità essenziale per preservare e tramandare molti aspetti, non solo dell’arte del XX sec., ma del complessivo Cultural Heritage dell’Uzbekistan. A lui si deve, nel bel mezzo del deserto nel Karakalpakstan, nella parte nord-occidentale dell’Uzbekistan, la costituzione di una delle più grandi collezioni di arte d’Avanguardia russa nel mondo, seconda in termini di quantità solo a quella del Museo Russo di San Pietroburgo, e pressoché unica testimonianza di uno dei più importanti movimenti artistici della storia russa del XX sec.

Archeologo di formazione, pittore per diletto e talento, collezionista per felice ossessione, dalla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’70 del ‘900 Savickij ha raccolto a Nukus migliaia di reperti archeologici e manufatti di artigianato e arte popolare della regione, affiancandoli col tempo ad altre molte migliaia di dipinti e di fogli di grafica provenienti dall’Uzbekistan e dall’Unione Sovietica, in una concezione attualissima di “museo sintetico”, che la mostra riprende e ragiona nell’ampio catalogo Electa, come pure nella disposizione delle opere e nell’originale allestimento multimediale veneziano.

Savickij ha viaggiato senza sosta per raccogliere migliaia di opere d’arte che nel frattempo erano ormai scomparse anche dall’orizzonte e dalla memoria degli studi: le ha rintracciate negli atelier degli artisti o le ha acquistate da vedove ed eredi, nei “deserti” del rifiuto staliniano e post staliniano per la modernità dell’Avanguardia di inizio Novecento. Ha mantenuto al centro dei suoi interessi le opere degli artisti che avevano vissuto a lavorato nel Turkestan, dove lui stesso era stato evacuato negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Ha fatto rivivere nel deserto di Nukus le radici dell’arte moderna in Uzbekistan.

A  Savickij  si deve anche la comprensione e la raccolta di un importante, e pressoché inedito, gruppo di opere, pittoriche e grafiche, del Gruppo Amaravella (il termine, sanscrito, di etimologia incerta, probabilmente relativo a “spazio in espansione”), impegnato, in un breve volgere di anni, tra 1923 e 1928, a tradurre visivamente, nel solco della lezione di Nikolaj Roerich, i nodi cruciali delle teorie cosmiste all’epoca diffuse nel mondo russo. Il Museo di Nukus è il principale contenitore (e tra i pochissimi al mondo) di opere del Gruppo, che saranno esposte per la prima volta a Ca’ Foscari.


ORARI E APERTURE STRAORDINARIE
Martedì-Domenica: 10.00 -18.00
Lunedì chiuso
Ingresso libero
Apertura straordinaria serale sabato 22 giugno in occasione di Art Night

Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
tel. 049.66.34.99
Referente Simone Raddi: simone@studioesseci.net                    
 
Università Ca’ Foscari Venezia
Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo
Settore Relazioni con i media
Federica Ferrarin Tel 366 6297904 – 335 5472229
Enrico Costa: Tel. 337 1050858
Paola Vescovi (Direttrice): Tel. 366 6279602 – 339 1744126
Email: comunica@unive.it
Le news di Ca’ Foscari: news.unive.it

MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro: LE AFFINITÀ IMMAGINATE

Melkiorre Melis: Ragazza di Bono – Sorriso di Sardegna, 1926, terracotta dipinta e invetriata.
Credito fotografico Pierluigi Dessì, Confinivisivi
LE AFFINITÀ IMMAGINATE
Opere dalla collezione del MAN_Appartenenze #3
MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro

28 Marzo – 16 Giugno 2024

A cura di Chiara Gatti e Rita Moro
 
Inaugurazione: Giovedì 28 Marzo ore 19

Torna esposta la collezione del museo MAN di Nuoro, la più importante raccolta
d’arte moderna e contemporanea legata alla storia della Sardegna.
Da Mario Sironi a Maria Lai, da Francesca Devoto a Giovanni Campus,
da Costantino Nivola a Lisetta Carmi. Un patrimonio collettivo che affonda nella memoria del luogo
e apre l’orizzonte ai linguaggi delle giovani generazioni.

Il museo MAN di Nuoro è lieto di annunciare “Le affinità immaginate”, una grande mostra dedicata alla collezione storica che esce dai depositi per un progetto di rilettura e riallestimento. Il percorso è volto alla partecipazione della comunità locale, per attivare una riflessione su temi identitari, ma con lo sguardo sensibile a prospettive universali. Dalla microstoria alla macrostoria dell’uomo: la Sardegna, la sua arte, la sua cultura, rappresentano un caso esemplare di fatti maggiori, un concentrato di eventi che rispecchiano quelli italiani, in una dimensione circoscritta ma fondamentale come tassello di un orizzonte ampio.

Dal verismo di Antonio Ballero al divisionismo del primo Sironi, dal ritorno all’ordine di Ciusa Romagna al realismo borghese di Francesca Devoto, dall’astrattismo di Mauro Manca alle vite straordinarie di Fancello, Nivola e Pintori, dalla prorompente e toccante creatività di Maria Lai, fino alle ricerche delle ultime generazioni. In questo caso, spiccano allestimenti site-specific realizzati per gli spazi del museo nell’ambito di premi vinti grazie ai bandi del Ministero e dove i nomi dei sardi emergenti si alternano ad altri, chiamati ad abitare e a raccontare l’isola.

Una scelta di 100 capolavori su mille opere della collezione permanente punteggiano un percorso ripensato alla luce di nuove indagini e all’indomani della pubblicazione del catalogo edito da Officina Libraria col titolo “100 Capolavori dalla collezione del MAN”. Una ricognizione a 360 gradi fra acquisizioni, donazioni e comodati, permette di leggere in modo differente le connessioni fra soggetti e autori, iconografie e varianti. L’allestimento ispirato a una sorta di macchina del tempo – diversamente dal classico andamento cronologico – crea cortocircuiti, andate e ritorni, flashback e salti nel contemporaneo – al fine di stimolare nel visitatore possibili affinità, eredità di stile o di contenuto. Importanti sono i tributi a Costantino Nivola (scelto da Adriano Pedrosa curatore della prossima Biennale di Venezia per la sua mostra dedicata agli esuli nel mondo) oltre a Jorge Eielson (in linea con le celebrazioni internazionali per il centenario dalla nascita), e a Guido Strazza maestro dell’astrazione italiana dal dopoguerra in avanti, legato alla Sardegna per i natali materni e per una forte amicizia intellettuale con Maria Lai. Strazza ha concesso in donazione al MAN tre opere monumentali esposte ora per la prima volta.

Felice Melis Marini: Autoritratto, 1909, Carboncino su carta.
Credito fotografico Pierluigi Dessì, Confinivisivi

La collezione del MAN festeggia in questa occasione i suoi 25 anni di vita; nata insieme al museo, nel 1999, è diventata rapidamente una delle più significative testimonianze dell’arte in Sardegna, dall’alba del secolo fino ai giorni nostri. Tutte le opere del fondo hanno un valore storico e sociale, oltre che artistico, nel caso di esemplari che hanno avuto un rilievo particolare sullo sfondo dell’isola, della sua identità e dei suoi mutamenti. Immagini tipiche della tradizione, connesse all’antropologia dei luoghi, ai costumi, ai riti, si alternano a ricerche estetiche informate ai movimenti e alle sperimentazioni in corso da Roma a Venezia a Milano, e che hanno segnato l’evoluzione dell’arte in Italia tanto quanto l’esperienza degli artisti sardi approdati nei centri più vitali della penisola, dove hanno studiato e intrecciato le proprie origini con i modi delle correnti d’avanguardia.

In parallelo alla mostra sulla collezione, il MAN inaugura tre importanti progetti d’arte contemporanea, frutto dei bandi promossi dal Ministero della Cultura, Italian Council e PAC, Piano per l’arte contemporanea. Tre mostre in tre spazi del museo che andranno ad armonizzare idealmente con le opere storiche della raccolta, per temi condivisi, dall’iconografia del pianto rituale a quella del lavoro operaio nelle miniere. 

A cura di Elisabetta Masala, il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito dell’11ª edizione dell’Italian Council (2022); promosso e prodotto da Lo schermo dell’arte, con il contributo di nctm e l’arte.

L’opera entrerà a far parte della collezione del MAN di Nuoro.

Performance, Video, Installation. Progetto vincitore del bando Italian Council 2022. Co-finanziato da Stronger Peripheries, co-prodotto da Zeit Art Research, Milan (IT) Viernulvier -Gent (BE), Flux Factory NYC (US), MAN Nuoro, Bunker Ljubljana (SI), Sardegna Teatro, Cagliari Cultural partners Ramdom Lecce, Careof Milano, acquisizione Mambo Bologna. Curato e realizzato in collaborazione con Maria Paola Zedda.


Ufficio Stampa
STUDIO ESSECI
Via San Mattia 16 35121 Padova
Tel. +39.049.663499
referente Simone Raddi
simone@studioesseci.net
www.studioesseci.net
 
MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta 27
08100 Nuoro
tel +39.0784.252110
Orario invernale: 10:00 – 19:00 (Lunedì chiuso)
info@museoman.it

Inaugurata al Museo Orto Botanico di Roma l’installazione Fragile Ecosystem di Giulia Pompilj 

FRAGILE ECOSYSTEM
Installazione di Giulia Pompilj

 
Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma
 
Dall’8 marzo al 6 aprile 2024

Dall’8 marzo al 6 aprile 2024 il Museo Orto Botanico – Sapienza Università di Roma presenta negli spazi della Serra Espositiva l’installazione site specific Fragile Ecosystem di Giulia Pompilj, con la collaborazione di Edoardo Tedone – soundscape design. 
L’installazione, realizzata con tessuti e tinture di origine vegetale, riflette sulla precarietà dell’ambiente naturale e richiama le silhouette e gli echi di un ecosistema in via di estinzione. I tessuti in cotone, attraversati dal vento, evocano l’effimero paesaggio di un mondo al suo stato terminale, nel quale, nascosto tra le pieghe, un debole bagliore resta in vita, a simboleggiare la resilienza della natura di fronte alle avversità. Al centro di Fragile Ecosystem è quella tensione che intercorre tra un ecosistema e gli elementi che lo compongono, spostando così il punto di osservazione sulla complessa rete di effimere relazioni di cui l’ambiente si nutre.

La forza di un ecosistema risiede nella sua capacità di ripristinare l’equilibrio in caso di perturbazioni. Tuttavia, tutti gli ecosistemi, se sottoposti a prove eccessive, possono rivelarsi fragili. La specificità e le condizioni che ne permettono lo sviluppo rendono alcuni ecosistemi più vulnerabili di altri: se una componente viene meno a causa di disturbi eccessivi o prolungati, anche gli ecosistemi più robusti possono subire danni irreparabili.

L’inserimento dell’opera all’interno del Giardino Botanico di Roma, luogo di biodiversità e di tutela della flora, apre un dialogo suggestivo sulla fragilità dell’esistenza biologica, coadiuvato dalla capacità dell’artista di trasformare processi materiali in veicoli narrativi e divulgativi.

Giulia Pompilj esplora la complessa trama di aspetti biologici, storici e sociali che plasmano gli ecosistemi. La curiosità intellettuale di Giulia ha trovato una vivace espressione presso la Design Academy Eindhoven nei Paesi Bassi, dove si è laureata nel dipartimento “Food Non-Food” nel gennaio 2020. Durante il suo percorso accademico, si è immersa nei mondi del bio e del research design. Durante lo stage a Mater Iniciativa, un centro di ricerca gastronomica in Peru, Giulia ha forgiato una metodologia distintiva: questo metodo coinvolge l’uso del processo di tintura naturale e della ricerca etnobotanica per trasformare le molecole vegetali in colori. Il risultato è una rappresentazione visiva della profonda connessione tra gli abitanti locali e il loro ambiente naturale. Giulia considera questa forma di ricerca, di intuizioni e scienza, un potente mezzo di comunicazione. L’impegno di Giulia per l’arte è riflesso nella serie di mostre internazionali alle quali ha preso parte. Le sue opere, come “What Does Colour Mean”, ora in mostra ad Hong Kong Design Institute e “WARMI” , mostrano la sua capacità di fondere arte e scienza. Oltre alle mostre, Giulia coinvolge il pubblico attraverso conferenze, workshop e pubblicazioni. Eventi notevoli includono “Dirty Dyes” presso il Textile Art Camp di Berlino, o “Behind the Beauty of Fashion”video proiettato durante New York Textile Month, oltre a contribuire a DAMN Magazine. Il suo impegno per l’istruzione si estende a workshop sui processi di tintura naturale, come “Tintura Naturale” presso OZ Officine Zero a Roma e “Natural Dye” presso BGK Holbeak in Danimarca o “Water Lab” per l’Università dell’Arte e del Design a Karlsruhe in Germania. Giulia ha partecipato a residenze artistiche, tra cui “Spark Narration” presso ACED ad Amsterdam e “Metabolic Relation” presso DieDAS a Saaleck, in Germania.


FRAGILE ECOSYSTEM
Installazione di Giulia Pompilj

Soundscape design: Edoardo Tedone
La mostra è accompagnata da una collezione di lampade in ceramica a tiratura limitata
Inaugurazione 7 marzo 2024
Degustazione a cura di Altrovino (www.altrovino.eu)

Museo Orto Botanico – Serra Espositiva
Largo Cristina di Svezia, 23 A – 24 – Roma

Apertura al pubblico
: dall’8 marzo al 6 aprile 2024
Orari: dal martedì alla domenica  9.00 – 17.30 (ultimo ingresso 16.30) – non è necessaria la prenotazione
Biglietteria: 06 49917107 (10:00 – 17:30)
Tariffe: intero 5,00 € (non è necessaria la prenotazione) – ridotto 4,00 € 6-18 anni; over 65; studenti universitari e scuole; soci enti convenzionati – gratuito 0-5 anni; studenti e personale Sapienza Università di Roma; diversamente abili e relativi accompagnatori; docenti accompagnatori di gruppi scolastici
 
Museo Orto Botanico
info-ortobotanico@uniroma1.it
https://web.uniroma1.it/ortobotanico
 
Giulia Pompilj
+39 3936897057
giuliapompilj@gmail.com
www.giuliapompilj.com
 
Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next – blowart
tel 349 494 5612
roberta.melasecca@gmail.com
Cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

Castel Ivano – Trento: The Uncanny Lens | ROGER BALLEN – JOEL-PETER WITKIN

The Uncanny Lens /La Lente Inquietante
ROGER BALLEN – JOEL-PETER WITKIN
A cura di Fortunato d’Amico 

Prima tappa di un tour internazionale 60 opere fotografiche per la prima volta in dittico in mostra in Italia  
16 marzo-13 aprile 2024
Castel Ivano (Tn)
Opening 16.03 ore 18 

The Uncanny Lens/ La Lente Inquietante presenta, per la prima volta in dittico, le opere fotografiche che ripercorrono decenni di carriera di due maestri contemporanei: Joel-Peter Witkin e Roger Ballen.
Entrambi gli artisti sono noti per il loro approccio distintivo e non convenzionale alla fotografia in bianco e nero, alla condizione umana, alla psiche e al grottesco.
La mostra attraverso le opere sovente descritte come provocatorie ed inquietanti cerca di incoraggiare l’esplorazione della mente inconscia attraverso la fotografia e di offrire una visione più approfondita che evidenzi  il rapporto di questi artisti con il Surrealismo e la storia della fotografia.
Il riferimento al “perturbante” in questa mostra è duplice: si riferisce alla qualità intrinseca alle opere stesse, nonché alle strane e straordinarie relazioni visive che il confronto innesca.
Il progetto espositivo rivela un profondo dialogo instaurato negli anni tra i due artisti ed è proprio nella giustapposizione delle loro fotografie che otteniamo una comprensione più chiara della loro estetica unica attraverso i riferimenti stilistici e iconografici al mito e alla fantasia e un apprezzamento più approfondito della fotografia surrealista.


16.03-13.04
martedi -domenica
09-12/ 14-18

Castel Ivano 

via al Castello 1 –
Castel Ivano (TN) 

Progetto di 
Ass.ne Chirone/ Fallone Editore 

Con il patrocinio di
Comune di Castel Ivano 

Partners
METS / Fond.ne Sergio Poggianella

UFFICIO STAMPA
Cristina GATTI
PRESS &P.R.

press@cristinagatti.it
+39 3386950929

La mostra del Sassetta occasione per scoprire uno dei più incredibili borghi d’Italia

Sassetta: Madonna col Bambino, tempera su tavola, 67,5 x 45,3. Siena, Arcidiocesi dalla pieve di San Giovanni Battista a Molli (Sovicille)
IL SASSETTA E IL SUO TEMPO
Uno sguardo sull’arte senese del primo Quattrocento
Massa Marittima, Museo di San Pietro all’Orto
15 marzo – 14 luglio 2024

Mostra a cura di Alessandro Bagnoli

Dal 15 marzo, ai Museo di San Pietro all’Orto si potranno ammirare le magnifiche opere riunite dalla mostra “Il Sassetta e il suo tempo. Uno sguardo   sull’arte senese del primo Quattrocento”. L’esposizione resterà aperta al pubblico sino al 14 luglio, consentendo di ammirare un nucleo fondamentale di tavole di Stefano di Giovanni, meglio noto come il Sassetta (attivo a Siena dal 1423 al 1450), l’artista che immise i fermenti del Rinascimento nella grande tradizione trecentesca senese.

La mostra, curata da Alessandro Bagnoli, è promossa dal Comune di Massa Marittima, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siena – Colle Val d’Elsa – Montalcino, il Dipartimento Beni Culturali dell’Università di Siena, la Diocesi di Massa Marittima – Piombino, la Pinacoteca Nazionale di Siena, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo.

Il Sassetta riunito al San Pietro vale da solo una visita, per la bellezza delle selezionatissime opere, sue e di precisi artisti di confronto.   

Sassetta, Adorazione dei Magi (31 x 36,4 cm).
Siena, collezione Chigi Saracini

Ma a rendere imperdibile una gita a Massa Marittima in occasione della mostra è anche il contesto che la accoglie. A partire dal Museo di San Pietro, dove tra i diversi capolavori spicca la Maestà di Ambrogio Lorenzetti, poi il contiguo, curioso, Museo dell’Organo e dell’Arte Organaria, e l’intero borgo, incredibile scrigno d’arte e di architettura.

Massa sorse nel cuore delle Colline Metallifere, dal cui sottosuolo si estraeva anche l’argento. Fatto che certo favorì l’istituzione di una zecca cittadina. Il poter battere moneta, il trasferimento in questo luogo protetto della Corte Vescovile prima insediata a Populonia, la presenza di un ceto economico ricco e collegato con l’intera Europa, favorì il crearsi di una serie di monumenti di grandissimo pregio, la cui costruzione venne commissionata alle migliori maestranze del momento. Basti pensare alla maestosa cattedrale di San Cerbone, opera dei Maestri Comacini, al Palazzo Comunale, a quello del Podestà e ad altri che testimoniano il potere e il gusto della classe dirigente tra Medio Evo e primo Rinascimento. Gli imponenti edifici di antichi conventi e monasteri, spesso oggi destinati a funzione diversa da quella originaria, testimoniano l’importanza che ebbero anche a Massa la presenza e la committenza, religiosa.

Ma il monumento più popolarmente celebre della città sono le Fonti dell’Abbondanza, per l’incredibile affresco che le sovrasta: l’albero della Fecondità un unicum nell’iconografia medievale. L’affresco venne realizzato a cavallo tra il ‘200 e il ‘300, a pochi passi dalla Cattedrale, proprio sopra una delle vasche utilizzate per l’approvvigionamento idrico della popolazione. Vi è raffigurato un grande albero, allegoria dell’abbondanza, da cui pendono dei falli di ragguardevoli dimensioni, oggetto della contesa di un gruppo di donne. Il tutto sotto un volo indifferente di neri corvi.   

Quando Siena mise fine all’autonomia del Comune di Massa Marittima, dimezzò la Torre del Candeliere e costruì il Cassero una fortificazione interna alla città per tenere sotto controllo i cittadini ribelli. Questi due gioielli, la torre e il Cassero, furono uniti dall’arco senese, un unicum per bellezza monumentale.

I reperti del ricco Museo Archeologico testimoniano quanto antica sia la presenza umana su queste colline.

Non è di interesse turistico, ma certo storico, il fatto che in questo borgo siano attive ben 3 logge massoniche. Una serena convivenza di pensieri e credi che fa di Massa Marittima un luogo non solo bello da scoprire ma anche da vivere.


La mostra sarà aperta dal 15 marzo al 30 giugno dal martedì alla domenica 9.30 – 13.00 \ 14.30 – 18.00 e dall’1 al 15 luglio tutti i giorni 9.30 – 13.00 \ 14.30 – 18.00.
 
Info e prenotazioni:
Museo di San Pietro all’Orto, Corso Diaz 36 – Massa Marittima 0566/906525;
accoglienzamuseimassa@gmail.com   www.museimassamarittima.it 
 
Ufficio Stampa:
Ufficio Stampa del Comune di Massa Marittima, Monica Moretti, mmoretti95@gmail.com
 
Ufficio stampa del Sistema dei Musei di Maremma e del Parco delle Colline Metallifere, Fabrizio Lucarini    fabrizio@ilogo.it
 
In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
ref. Roberta Barbaro roberta@studioesseci.net

Venezia, Blue Gallery: WORT – Personale di Enrico BANI a cura di QuadroZero

Forma 00 Monotipo su carta Fabriano artistico 300g 9000×700 mm
WORT
Enrico BANI
a cura di QuadroZero 
16.03.>21.04.24                                                      
Opening 16.03 ore 18
Blue Gallery-Venezia 
Direttore Silvio Pasqualini 

Continua la serie di mostre pensate e curate da Quadro Zero, all’interno dello spazio di Blue Gallery a Venezia, con Wort, la personale dell’artista toscano Enrico Bani, dal 16 marzo fino al 21 aprile 2024. WORT. Già dal titolo, (PAROLA, in tedesco) si intuisce come il linguaggio, la parola, la lettera siano il campo d’azione in cui si inserisce la mostra, un’occasione per mettere in discussione il linguaggio nella sua parte costitutiva, unitaria e segnica: la lettera. 
Attraverso una ricerca artistica che si articola in varie fasi, l’obiettivo principale dell’artista è quello di decostruire il linguaggio scritto, riducendo l’efficacia comunicativa della parola al grado 0. 
Il risultato di questa scomposizione diventa traccia, memoria di un gesto. Ed è proprio il gesto che conta per Bani, quello “privo di paura” (come ama definirlo lui), un gesto difficile da domare, che nell’ampiezza del suo sviluppo dichiara le sue intenzioni, e che si carica di tutta la potenza che serve all’artista per sovvertire, ribaltare, negare e annullare i canoni linguistici e comunicativi che permeano e scolpiscono la società contemporanea. 

Acquaforte, acquatinta e carborundum su zinco 600×800 mm
Carta Magnani 300g 700×1000 mm 2023

Il risultato di questo svuotamento semantico spalanca le porte a quello puramente percettivo e materico, in cui il segno, ora ridotto a pura materia, è libero di affermarsi come emancipato e valido, anche, e soprattutto, in un contesto di pura negazione linguistica. 
In questa ottica si inseriscono i lavori pensati per la galleria veneziana, come un monotipo di 9 metri, che nel suo svilupparsi nello spazio lo annulla ma allo stesso tempo lo rende visibile, esistente. Un continuo gioco di contraddizioni, di rapporti di tensione tra materia, segno, e linguaggio.Il progetto Quadro Zero nasce nel 2019 dall’iniziativa di due creativi, Vincenzo Alessandria e Giulio Buchicchio, rispettivamente designer e fotografo, come strumento di connessione fra artisti emergenti, con l’intento di scoprire e sostenere nuovi talenti. La loro missione prevede l’organizzazione e la curatela di mostre originali, dove le opere, l’immagine coordinata e lo spazio condividono caratteristiche comuni e coerenti. 

Il ciclo di mostre pensato per lo spazio Blue Gallery ha l’intento di sondare una nuova possibilità espositiva, attraverso la selezione di artisti italiani ed esteri si pone l’obiettivo di contribuire alla ricerca di nuove metodologie nell’ambito della sperimentazione artistica.   

Enrico Bani

Enrico Bani si avvicina al mondo delle arti grafiche e figurative sin da bambino, giovanissimo si approccia alla street art sviluppando ricerche e progetti attraverso la cultura underground che ha avuto e continua ad avere forti ripercussioni sul suo percorso artistico. Nel 2016 si iscrive alla scuola di grafica presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, dove attualmente sta ancora studiando, approfondendo con dedizione ogni aspetto riguardante il mondo della grafica e della pittura. Sperimentando nuove tecniche di stampa e facendo tesoro delle tecniche tradizionali, ricerca uno stile personale, che si sposi con il mondo informale e contemporaneo, proponendo un nuovo linguaggio.

Nel 2017 fonda, insieme all’artista Freddy Pills, il collettivo artistico “Dhe creations”, proponendosi di portare l’arte in strada a scopo riqualificativo valorizzando la street art di qualità e gli spazi da essa occupata. Insieme ad alcuni colleghi di corso sviluppa la ricerca in serigrafia presso il proprio  studio “Noce Lab”, dedicandosi a commissioni ma anche a progetti artistici.

Nell’ aprile  del  2018, in occasione della nomina a Professore Onorario di Scultura partecipa al progetto “Eternity” di Maurizio Cattelan presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara.


Il progetto  Quadro Zero  nasce nel 2019 dall’iniziativa di due creativi, Vincenzo Alessandria e Giulio Buchicchio, rispettivamente designer e fotografo, come strumento di connessione fra artisti emergenti, con l’intento di scoprire e sostenere nuovi talenti. Attraverso un approccio multidisciplinare al design ed alla comunicazione visiva, supporta artisti, musei e fondazioni. Il ciclo di mostre pensato per lo spazio Blue Gallery ha l’intento di sondare una nuova possibilità espositiva, attraverso la selezione di artisti italiani ed esteri si pone l’obiettivo di contribuire alla ricerca di nuove metodologie nell’ambito della sperimentazione artistica.

Blue Gallery, situata tra Campo Santa Margherita e il Ponte dei Pugni a Venezia, con la nuova direzione si impegna a promuovere artisti basandosi esclusivamente sull’apprezzamento artistico e sul rispetto personale, respingendo le pratiche espositive convenzionali. Il direttore Silvio Pasqualini, Maestro d’arte e pittore, intende creare un cenacolo artistico ideale e reale, dove gli artisti possano esprimersi liberamente.
Il  blu avio, colore distintivo di questo spazio, ispira sensazioni di benessere e creatività, come trovarsi tra cielo e mare.


Enrico BANI
WORT                                                                   
16 Marzo – 21 Aprile  2024                               
Opening 16.03.24 h 18   

ORARI DI VISITA
Orari apertura mostra: 10-13 / 15 – 19
Per appuntamento: 347 70 30 568

Blue Gallery, Rio terà Canal –  S. Margherita, Dorsoduro 3061, Venezia
bluegalleryvenice@gmail.com

INSTAGRAM @bluegallery
                      @quadro.zero

Contatti Stampa 
CRISTINA GATTI 
PRESS & PR
press@cristinagatti.it 

Ascona (Svizzera), Museo comunale d’arte moderna: ESPRESSIONISTI DALLA FONDAZIONE WERNER CONINX

Conrad Felixmüller, Pagina da “ABC – Un alfabeto in immagini scosso e smosso, con versi di Londa e Conrad Felixmüller”, 1925, Xilografia acquerellata su carta, 20 × 25 cm, Collezione Werner Coninx, prestito permanente presso il Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona, © 2024, ProLitteris, Zurich

ASCONA (SVIZZERA)
MUSEO D’ARTE MODERNA
10 MARZO – 2 GIUGNO 2024

L’esposizione presenta 82 opere, tra dipinti e grafiche, di 14 autori quali Wassily Kandinsky, Gabriele Münter, Marianne Werefkin, Franz Marc, August Macke, Paul Klee, Richard Seewald e altri, iniziatori del movimento espressionista d’avanguardia di Monaco di Baviera.

La mostra è la prima di una serie d’iniziative che valorizzerà il corpus di 189 opere della collezione d’arte Werner Coninx di Zurigo, tra le più importanti in Svizzera, giunto ad Ascona in prestito permanente.

Dal 10 marzo al 2 giugno 2024, il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascosa (Svizzera) presenta la prima di una serie di mostre che valorizzerà il patrimonio di 189 opere concesse in prestito permanente dalla Fondazione Werner Coninx di Zurigo, tra le più importanti e corpose in Svizzera, che nel 2016 ha infatti deciso di depositare l’essenziale della sua collezione in alcuni musei elvetici, al fine di renderla accessibile e visitabile da un largo pubblico, attraverso esposizioni e pubblicazioni.

La rassegna di Ascona, dal titolo Kandinsky, Klee, Marc, Münter… e altri. Espressionisti dalla Fondazione Werner Coninx si concentra sulla ricerca di 14 artisti, tutti accomunati dall’appartenenza all’espressionismo lirico di Monaco di Baviera. Tra essi, spiccano i fondatori della Neue Künstlervereinigung München (Nuova Associazione degli Artisti di Monaco) e del Blaue Reiter (Cavaliere azzurro), quali Wassily Kandinsky, Gabriele Münter, Marianne Werefkin, Franz Marc, i loro amici o conoscenti August Macke, Paul Klee, Heinrich Campendonk, Louis René Moilliet e Richard Seewald o gli esponenti che sono stati prossimi ai loro esiti, Adolf Hölzel, Conrad Felixmüller, Robert Genin, Andreas Jawlensky e Ignaz Epper.

Il percorso, composto da 82 opere, tra dipinti e grafiche, si apre con Marianne Werefkin, figura chiave sia sul piano teorico che pratico per la fondazione della Neue Künstlervereinigung München.

In particolare, l’attenzione è posta sulla sua opera Autunno – Scuola del 1907 che presenta già quegli elementi espressivi di “soggettivazione” della realtà, tipici della cifra stilistica di Paul Gauguin, dei Nabis e dei Fauves, con i quali Werefkin si è confrontata a partire dal suo viaggio in Francia nel 1903. Un modo di procedere che diventa determinante per il passaggio da stilemi ancora neoimpressionisti a quelli espressivi e sintetici sia per l’arte di Alexej Jawlensky sia per quella della coppia Wassily Kandinsky e Gabriele Münter, avvenuto tra il 1908 e il 1909, durante le estati di studio a Murnau, nelle Prealpi bavaresi. In questo periodo, definito dalla critica come la “culla dell’astrazione” per l’arte di Kandinsky, si assiste alla sua evoluzione nell’utilizzo dei colori in senso sempre più espressivo e simbolico, come si evince dalla xilografia Arciere del 1908-1909, proveniente dal Kunst Museum Winterthur, in cui si trovano echi delle cupole dell’amata Mosca e il tema del cavaliere. Accanto alle xilografie di Kandinsky, s’incontrano quindi le opere di Gabriele Münter, Mazzo di fiori estivo, Lana (olio su cartone) del 1908 e Bambini in attesa (acquaforte su carta) del 1910, che documentano quanto il suo stile stia diventando sempre più astratto.

Nella stessa sezione, si possono ammirare le straordinarie xilografie in bianco e in nero a soggetto animale di Franz Marc realizzate tra il 1912 e il 1913 su carta o carta giapponese per la serie della Tierlegende (La leggenda degli animali), in cui l’amore che fin da giovane nutre per la natura e le sue creature, l’ha indotto a un lungo percorso di analisi e di immedesimazione nelle forme e negli atteggiamenti dei suoi animali.

August Macke, Forme astratte IV, 1913, Matita e matita colorata su carta, 20,5 × 16 cm, Collezione Werner Coninx, prestito permanente presso il Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona

La mostra continua con l’artista renano August Macke, di cui viene presentato Addormentata sul divano, un dipinto del 1911 della Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten, in cui è raffigurata la moglie, nonché modella e musa, dell’artista, Elisabeth Gerhardt.

Particolare è la vicenda di August Macke; invitato dall’amico fraterno Franz Marc a fare parte della Neue Künstlervereinigung di Monaco, Macke non riuscì ad apprezzare fin da subito le idee e l’arte di Kandinsky, troppo “spirituali” e radicali per il suo pragmatismo, poco incline alla lettura metafisica e spirituale dell’arte.

Il suo stile, formatosi alla maniera dell’impressionismo e del postimpressionismo francesi, dal 1912 attraversa un periodo fauve, per poi condividere solo per un breve lasso di tempo l’estetica del Blaue Reiter. Dal 1912, l’incontro di Macke con Robert Delaunay a Parigi, rappresenta una sorta di rivelazione. Il cubismo orfico del francese influenza, infatti, la sua produzione da lì in avanti, insieme alla simultaneità dei futuristi italiani, come si evince dalle sue famose Vetrine e, in mostra, nei disegni più astratti, come in Iole nel portodel 1912/1913, o la matita Elisabeth (1912), legata a Teste futuriste (Elisabeth) del 1913 della Kunsthalle di Brema.

La rassegna propone inoltre alcune opere con scene di vita urbana, soggetto già praticato fin dagli anni in cui Macke ha guardato all’impressionismo, tutte dalla collezione di Werner Coninx di Zurigo, come la matita Uomo che legge e cani del 1911, lo studio a matita Dirigibile-caffè, del 1912, il carboncino Scena di strada del 1913. Per rendere il più ampio e completo possibile il percorso espositivo sull’artista, si può ammirare Forme astratte IV del 1913, anno in cui sceglie di trasferirsi sul lago di Thun in Svizzera, a Hilterfingen, dove accoglie gli amici Paul Klee e Louis Moilliet, con cui partirà la primavera seguente per il famoso viaggio in Tunisia.

Nel paese nordafricano, i tre si dedicarono ad approfondire la tecnica dell’acquarello; Macke, riportando a olio i disegni ad acquarello come in Paesaggio roccioso della Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten. Moilliet, trasformando le suggestioni orfiche derivate da Delaunay, nei colori terrosi d’Africa, come attestano i suoi delicati acquarelli. Le opere selezionate testimoniano l’eccellere di Moilliet in questa tecnica, che ha prediletto per buona parte di una vita spesa a ragionare in termini di colore e forma, pur senza mai abbandonare totalmente i riferimenti figurativi, e che ha precorso l’arte astratta di Kandinsky, qui documentata con il dipinto a olio Composizione di triangoli (1930) della collezione Coninx.

In esso troviamo forme geometriche primarie come i triangoli, tipiche del periodo d’insegnamento di Kandinsky al Bauhaus (1922-1933) in cui ritorna la figura triangolare del tema delle montagne tipico del Blaue Reiter, mentre le due xilografie, in bianco e nero e a colori del Kunst Museum Winterthur, testimoniano il progressivo passaggio da un’astrazione di tipo geometrico all’inserzione di forme biomorfiche e a una maggior libertà nell’uso di una linea libera e calligrafica, caratteristico del periodo parigino dell’artista.

Paul Klee, Come una sfinge, 2.1919, Acquerello su garza Schirtimg gessetto, 20 × 19,5 cm, Fondazione Richard e Uli Seewald, Ascona

Paul Klee, esposto accanto ai fedeli amici di una vita, Moilliet, Macke e Kandinsky, è presente con La casa rossa del 1913, donata da Werefkin al Comune di Ascona in occasione della fondazione del Museo Comunale nel 1922. Si tratta di un dipinto dal disegno grafico semplice e infantile, dai colori tenui e dalle linee sintetiche e vibranti, in cui emerge una sapiente conoscenza delle teorie dei colori complementari e in contrasto. Nei due disegni Testa (uomo con barba) (1925) e Pattinatore (1927) della collezione Coninx, le figure risultano delineate in maniera sintetica: attraverso pochi tratti (linee verticali e orizzontali, linee a zig-zag, cerchi, simboli), l’artista realizza una composizione ironica ma che, a un secondo sguardo, suscita un senso di turbamento.

Proseguendo lungo il percorso, s’incontrano le opere grafiche di Heinrich Campendonk, Conrad Felixmüller e Richard Seewald che, nel loro insieme, permettono di apprezzare la sapiente quanto antica tecnica della xilografia dal taglio netto molto espressivo, sia negli esempi in bianco e nero che in quelli acquarellati.

Campendonk e Felixmüller appartengono per età e formazione alla cosiddetta seconda generazione degli espressionisti tedeschi, in cui i temi a carattere etico, sociale e politico – conseguenti alla fine della prima guerra mondiale – diventano centrali nelle loro opere, tra il 1915 e la fine del 1920, per denunciare discriminazioni e drammi sociali (Campendonk), o, per esaltare i valori rassicuranti della famiglia (Felixmüller). Tra questi, s’inserisce Richard Seewald che delle arti grafiche è un maestro: fino al termine degli anni 1920, produce un numero considerevole di opere utilizzando tutte le tecniche grafiche, non solo come opere a sé stanti, ma anche in ambito editoriale, destinate all’illustrazione di libri di vari autori, nonché propri. Nella collezione della Fondazione Werner Coninx sono conservate Sodoma e Gomorra (1914) e Il Paradiso (1915), che fanno parte della serie delle 10 xilografie sulla Bibbia pubblicate nel 1916 in 250 esemplari colorati a mano.

La mostra si completa con le opere dello svizzero Ignaz Epper, e dei russi Andreas Jawlensky e Robert Genin, che hanno animato l’ambiente culturale di Ascona tra le due guerre mondiali.


KANDINSKY, KLEE, MARC, MÜNTER… E ALTRI
ESPRESSIONISTI DALLA FONDAZIONE WERNER CONINX
Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna (via Borgo 34)
10 marzo – 2 giugno 2024
 
Orari:
martedì-sabato, 10.00 – 12.00; 14.00 – 17.00
Domenica, 10.30 – 12.30
Lunedì chiuso
 
Biglietti:
Intero, 10.00 fr.sv./euro
Ridotto, 7.00 fr.sv./euro (studenti, AVS, pensionati, gruppi)
Gratuito, giovani fino a 18 anni
 
Informazioni:
tel. +41 (0)91 759 81 40; museo@ascona.ch
 
Sito internet: www.museoascona.ch
 
Canali social:
Facebook @museoascona
Instagram @museocomunaleascona
TikTok museocomunaleascona
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, T +39 02 36 755 700; anna.defrancesco@clp1968.it; www.clp1968.it

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024

Settore Musei Civici Bologna | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024
A cura di Fabiola Naldi

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

13 aprile – 13 luglio 2024

Dal 13 aprile al 13 luglio 2024 il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ospiterà FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024,progetto espositivo che nasce dalla lunga ricerca condotta dalla curatrice Fabiola Naldi intorno al percorso intellettuale di Francesca Alinovi (Parma, 1948 – Bologna, 1983), ricercatrice, critica militante e attenta studiosa dei fenomeni creativi più sperimentali emersi negli anni Settanta e Ottanta, la cui breve e originale parabola ha lasciato una traccia nella critica d’arte della seconda metà del Novecento.

In particolare, l’iniziativanasce dalla volontà di ricordare il quarantesimo anniversario di Arte di frontiera. New York Graffiti, mostra ideata da un progetto di Francesca Alinovi,che si inaugurò nel 1984 alla Galleria comunale d’Arte Moderna di Bologna, interrogando l’eredità storica e critica che quella iniziativa, seminale nel contaminare sistema dell’arte ufficiale e realtà urbana del Writing, ha avuto fino ai nostri giorni.

FRONTIERA 40 Italian Style Writing 1984-2024si focalizza sul lavoro di 178 autori che, partendo dall’arte di frontiera, quella che secondo Alinovi si poneva “entro uno spazio intermedio tra cultura e natura, massa ed élite, bianco e nero, aggressività e ironia, immondizie e raffinatezze squisite”, si spingono verso nuove possibilità di espressione che contemplino lo style writing come un orizzonte della pittura ambientale, suggestione per altro elaborata dalla stessa Alinovi. In mostra saranno presentati dei bozzetti, testimonianze del processo creativo di diverse generazioni di writers italiani, dispositivi espressivi unici, prioritari e generativi dello stile di ciascun autore. Nella disciplina del Writing i disegni preparatori, o sketches, costituiscono le testimonianze dell’evoluzione e della sofisticazione del segno e rappresentano degli strumenti d’indagine dotati di un valore concettuale, oltre che dei documenti di un percorso in fieri.

Per consentire a tutti gli autori coinvolti di mantenere una propria autonomia rappresentativa all’interno del progetto espositivo, la curatrice Fabiola Naldi ha svolto un’indagine storica, ma anche site specific, guardando al territorio italiano come a un grande bacino creativo.

Le opere su carta saranno inserite in dispositivi “mobili”, nove teche, allestiti in diversi ambienti del MAMbo.

La mostra si avvarrà di mappe, flyer e documentazioni web utili ad approfondire il progetto come anche la necessità di “raccontare”, sempre a partire dal 1984 e dalla mostra Arte di frontiera, come il fenomeno si sia evoluto e si sia trasformato.


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