Josef Hoffmann – Posate Modello Flat, 1904

Questo particolare servizio di posale fu uno dei primi prodotti della Wiener Werkstätte (Laboratori viennesi), e fu progettato da Josef Hoffmann, il quale, insieme a Koloman Moser e Fritz Warndorfer, ha fondato questa particolare azienda che operò in modo innovativo per una trentina d’anni, a partire dal 1903 fino al 1932. Uno dei principi adottati fu quello della funzionalità, espressa con prodotti dalle linee rigorose, essenziali, prive della decorazione superflua e ridondante comunemente usata. Il design moderno delle posate Modello Flat, ossia “piatto”, è un encomiabile esempio di questo principio estetico. Le posate non avevano alcuna decorazione, salvo quattro piccole biglie all’estremità del manico. Inoltre, sull’impugnatura era inciso un duplice contrassegno. L’azienda puntava, infatti, alla valorizzazione del lavoro non del solo progettista, ma anche dell’artigiano, ispirandosi agli insegnamenti Arts and Crafts e della Secessione viennese. Di quest’ultimo movimento i fondatori rappresentavano una espressione diretta. Perciò, nel momento in cui ogni articolo lasciava l’azienda per essere esposto in uno dei suoi negozi, occorreva che il mondo venisse a conoscenza di chi aveva partecipato al suo iter produttivo e valoriale. Come a noi sono noti molti nomi delle epoche passate, così anche il pezzo di design della Wiener Werkstätte portava le iniziali sia dell’artista che aveva progettato l’opera, sia dell’artigiano che materialmente lo aveva realizzato con maestria. Nei casi in cui la stessa iniziale appariva due volte su di uno stesso oggetto, significava che l’artista e l’artigiano erano la medesima persona. L’apposizione dei monogrammi non valorizzava soltanto gli articoli in oro od argento, ma tutta la produzione, anche quella realizzata in altri metalli meno preziosi. Anche queste posate Modello Flat, dunque, sfoggiavano su ogni manico il monogramma di Hoffmann.

Principali monogrammi della Wiener Werkstatte

L’attenzione quasi maniacale di Hoffmann e Moser per le superfici ampie e lisce, nonché per le forme geometriche regolari, non risultarono del tutto apprezzate dal pubblico. Per il gusto comune, questi singolari pezzi di design erano, infatti, troppo in anticipo sui tempi. Nel recensire l’esposizione della Wiener Werkstatte del 1906, dal titolo La tavola apparecchiata (Der Gedeckter Tisch), il Deutsche Zeitung criticò Hoffmann e Moser per l’esasperato geometrismo, a detta del giornale ben lontano da qualsiasi forma d’arte. Per l’Hamburger Fremdenblatt le posate risultavano quanto mai scomode, per questo motivo piuttosto che un set da tavola, erano da considerarsi alla stregua di “strumenti chirurgici”. Nello stesso anno 1906, il critico Armin Friedmann commentò sarcastico che prima di iniziare i pasti si sarebbe dovuto rendere grazie a Dio del cibo concesso, non solo utilizzando quelle nuove posate, ma anche recitando una nuova preghiera, come questa: «Benedici le linee che stiamo per ricevere… Benedici il righello e il compasso che ci occorrono per tagliare la carne con una correttezza stilistica esemplare». E concludeva acido: «Qui la follia si sposa alla geometria». Naturalmente i due progettisti non si scomposero, poiché Moser avrebbe voluto radicalizzare ancor più l’austerità dei servizi per la cucina e per il pranzo. Arrivò infatti al punto d’inventare nuove attrezzature per la realizzazione di dolci, che però soltanto qualche pasticcere provò a utilizzare, ma senza troppa convinzione.  

Non desterà meraviglia sapere che la produzione di queste posate fu sospesa dopo appena quattro anni. Erano certamente delle forme particolari, frutto di un proto-design sperimentale tutto da scoprire. Pur tuttavia, il loro approccio stilistico venne ripreso da altri progettisti per il disegno di articoli domestici successivamente realizzati. In effetti, indipendentemente dall’accoglienza o meno del pubblico, molti di questi oggetti d’arte, creati per la produzione seriale, hanno continuato a influenzare la ricerca industriale per molto tempo a venire. Ciò valse, a più forte ragione, all’interno della stessa Wiener Werkstatte, poiché la serie di posate fu creata proprio negli anni in cui gli oggetti di metallo e di oreficeria rappresentarono il core business dell’azienda. In particolare, questo servizio composto da trentatré posate fu prodotto in argento, in silver plate e in argento dorato. Oggi è esposto nei grandi musei di arte moderna.

Zitti, zitti presto a letto la Befana è qui sul tetto

Questa sera è la più magica dell’anno per i bambini che attendono l’arrivo di quella vecchina che viaggia su di una scopa. Ve le ricordate le filastrocche sulla Befana? Ne abbiamo impastate un po’ di quelle filastrocche. Su internet ne troverete a iosa, per farlo anche voi. Noi abbiamo continuato ad impastare, e preparare, anche la ricetta del carbone, che non si trova in miniera, ma in cucina. Quello dolce naturalmente! Ve lo proponiamo per inserirlo in una calza di dolci, trastulli e giocherelli. Perché vale ricordare dove stanno in gran scompiglio cavallucci e pupazzetti, palle bambole e confetti. Lei li pone tra gli alari degli spenti focolari…
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, ha un cappello alla romana e anche le toppe alla sottana. La Befana di Torino ha due buchi nel calzino, mentre quella di Milano ha le toppe nel pastrano. La Befana è una vecchietta, linda arzilla e piccoletta; va discinta e in man la sacca, porta scarpe alla polacca. Lo sciallino ha sulla vesta e la cuffia porta in testa…

Zitti, zitti presto a letto
la Befana è qui sul tetto,
sta guardando dai camini
se già dormono i bambini,
se la calza è già appesa,
se la luce è ancora accesa!

Quando scende è sola-sola,
svelti, sotto le lenzuola!
Li chiudete o no quegli occhi?
Altrimenti… che balocchi?
Se non fate presto i buoni
solo cenere e carboni.

I fanciulli in sul mattino,
tutti corrono al camino
e a quei doni misteriosi
restan timidi e pensosi,
esclamando: “Cosa strana!
Chi sarà questa Befana?”.

Carbone dolce della Befana – Come prepararlo

INGREDIENTI:
1 Albume
500 gr. di Zucchero semolato
100 gr. di Zucchero a velo
1 Cucchiaio di Alcool puro o Vodka
Colorante alimentare a piacere
Acqua Q.B.

Consigli:
– Usate uno stampo piccolo e alto come quello per plumcake
– Siate rapidi dopo aver unito i due composti
– Preferibilmente usate coloranti in polvere, non renderanno liquida la glassa
– Fate attenzione con la cottura del caramello, potrebbe bruciare in pochi istanti

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di GraphicMama-team da Pixabay 

Jacques-Joseph Tissot: artista fondamentale dell’ambiguità moderna

Le mogli degli artisti, Chrysler Museum of Art  Il dipinto raffigura una scena al ristorante in cui artisti e le loro mogli si sono riuniti, celebrando “Le vernissage” alla vigilia dell’apertura ufficiale del Salon. Per tradizione gli artisti partecipanti si riunivano per vedere privatamente la mostra e applicare una mano finale di vernice protettiva sui dipinti esposti.

Tissot nacque a Nantes il 15 ottobre 1836 e studiò alla Scuola delle Belle Arti di Parigi, dove ebbe tra i suoi maestri Jean-Auguste-Dominique Ingres; si esibì per la prima volta al Salon nel 1859, quando aveva solo ventitré anni. In questo periodo divenne celebre rappresentando ambienti e personaggi della Parigi mondana del tempo, riuscendo in particolare a rappresentare magnificamente sulla tela il fascino femminile. Il suo stile si avvicina a quello di Henri Fantin-Latour, ma sono rintracciabili anche tracce che rimandano a Édouard Manet, a Edgar Degas e a James Abbott McNeill Whistler.

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James Tissot

IMMAGINE DI APERTURA – James Tissot – Una tempesta che passa (Fonte Wikipedia)

Marija Konstantinovna Baškirceva: nel diario raccontò la sua passione per la pittura

Marie Bashkirtseff, l’atelier delle donne dell’Accademia Julian, Museo D’Orsay, Parigi. 

Di nobile famiglia, viaggiò a lungo per tutta Europa. Parlava correntemente, oltre al russo, l’inglese, il francese e l’italiano. Studiò pittura all’Académie Julian di Parigi. Intrattenne corrispondenza con Guy de Maupassant. Nel 1873 iniziò la redazione del proprio diario, pubblicato postumo nel 1885, intitolato Journal de Marie Bashkirtseff, che si dimostrò un documento originale, non solamente per la storia spirituale della giovane artista e della sua famiglia, ma anche dell’ambiente nel quale crebbe; l’opera si caratterizzò per i brillanti ritratti dei suoi contemporanei.
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Diario de Marie Bashkirtseff

IMMAGINE DI APERTURA – Marie Bashkirtseff, The Meeting Museo D’Orsay, Parigi. (Fonte Wikipedia)

Gianni Morandi – La Befana trullallà

La Befana trullallà è una canzone natalizia incisa nel 1978 da Gianni Morandi ed inserita negli album Gianni Morandi II e Abbracciamoci. La canzone, i cui autori sono Paolo Dossena, Sergio Rendine e Roberto Viscarelli, era la sigla del programma 10 Hertz, andato in onda su RAI 1 dal 18 ottobre 1978 al 5 marzo 1979 e condotto dallo stesso Morandi.
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La Befana, corruzione lessicale di Epifania (dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia) attraverso bifanìa e befanìa, è una figura folcloristica legata alle festività natalizie, tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola italiana, meno conosciuta nel resto del mondo. Secondo la tradizione, si tratta di una donna molto anziana che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la notte dell’Epifania) e riempire le calze lasciate da essi, appositamente appese sul camino o vicino a una finestra; generalmente, i bambini che durante l’anno si sono comportati bene riceveranno dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite con del carbone o dell’aglio.
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16 – ART NOW – Paradigmi e contraddizioni del presente – Stefano Chiodi

Il ventunesimo secolo fin dal principio si annuncia come un’epoca di grandi cambiamenti e profonde contraddizioni. Le rivoluzionarie innovazioni tecnologiche e il processo di globalizzazione abbattono le distanze e le frontiere: le persone e le idee circolano freneticamente dando vita a un fecondo scambio di esperienze.

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Buon Anno a tutti noi

Ogni volta pensiamo (ci auguriamo l’un l’altro) che questo Anno Nuovo possa essere migliore di quelli passati. Come se la vita non fosse legata a una continuità mutevole. Permanenza e cambiamento, questi sono i due elementi a fondamento dell’idea di tempo. Allora, oggi che è il primo giorno dell’anno (e abbiamo tutto il tempo per approfondire concetti pregnanti) esprimiamo un semplice proposito: lasciamo immutato tutto ciò che ci soddisfa e gettiamo via tutto il resto.

Auguri

15 – POST HUMAN – La realtà alla fine dell’umanesimo – Francesco Bonami

Il concetto di identità umana è stato oggetto di trasformazioni profonde, in sintonia con i cambiamenti fisici e culturali che hanno segnato il cammino dell’umanità. Gli ultimi decenni, distinti da un’accelerazione repentina delle ricerche tecno-scientifiche, ci hanno consegnato un’immagine dell’uomo rivoluzionata: genetica, cibernetica, chirurgia plastica manipolano il corpo e ne mettono in discussione perfino i tradizionali principi biologici, modificandone la percezione comune.

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Buon Natale

Le renne di Babbo Natale stanno volando. Per fare gli Auguri a tutte le famiglie stanno portando ritardo. Gli auguri ve li facciamo direttamente noi, ma senza renne!

Auguri

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