Giovanni Saccà: attraversamenti stabili in Norvegia e a Messina

Il 15 dicembre 2018 si è svolta a Messina una importante manifestazione nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, Municipio di Messina. Il convegno, organizzato dall’Associazione Europea del Mediterraneo e dal Comitato per la Macroregione Mediterranea Occidentale, ha riunito professionisti, imprenditori, associazioni, enti, organismi, per sollecitare le forze politiche, il Governo Regionale e il Governo Nazionale, sui temi del collegamento stabile dello Stretto e sul sistema infrastrutturale del Mezzogiorno d’Italia.

Presentiamo in questa pagina il filmato elaborato dall’ing. Giovanni Saccà, riguardante la trasformazione in Norvegia della strada E39 nell’autostrada dei fiordi, complessa opera infrastrutturale che in venti anni permetterà di dimezzare i tempi di percorrenza, superando una serie di ostacoli naturali. Il confronto con l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina permette di avanzare alcune ipotesi, che prendono in considerazione non soltanto il ponte a campata unica fra la sponda calabra e quella siciliana, ma anche alternative possibili. Come nel caso del tunnel ferroviario a mezz’acqua su piloni, la cui stima di massima dovrebbe superare le analisi costi/benefici.

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Le attività di sensibilizzazione del Comitato per la Macroregione Mediterranea Occidentale

Come riporta lo stesso regolamento interno al gruppo, il C-MMO è nato al fine di organizzare, coordinare, promuovere e sollecitare l’istituzione della MMO, in linea con la proposta di risoluzione del Parlamento Europeo del 27 giugno 2012 riguardante l’evoluzione delle strategie macroregionali dell’UE, in particolare nel Mediterraneo (2011/2179 (INI) – Prospettive nel Mediterraneo punti da 15 a 46).

A tal fine promuove lo studio delle tematiche macroregionali ad ogni livello politico, sociale e istituzionale, secondo quanto previsto dall’atto costitutivo e successive integrazioni, e cioè:

  1. Salvaguardare l’ambiente e la biodiversità del mare e delle regioni circostanti, prestando particolare attenzione alla qualità della vita e alla salute umana;
  2. Sostenere la tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale euro-mediterraneo, agevolando il dialogo interculturale e conferendo slancio alle industrie del settore culturale, creativo e turistico;
  3. Promuovere la reciproca conoscenza e socializzazione tra i popoli incentivando il turismo interno e lo scambio di informazioni tramite tutti i canali di comunicazione ammessi dalle leggi vigenti;
  1. Promuovere una crescita sostenibile in termini economici, sociali e culturali in tutta l’area sia nelle regioni del sud Europa che in quelle del nord Africa (istruzione superiore e ricerca);
  2. Migliorare le infrastrutture dei trasporti (strade, ferrovie, porti, interporti e aeroporti) e le infrastrutture e i sistemi ICT per sviluppare un Sistema integrato in grado di realizzare nuove opportunità di crescita;
  3. Sviluppare e gestire un piano condiviso relativo alle infrastrutture dell’energia prodotta sia tramite sistemi tradizionali che alternativi (centrali elettriche, piano solare, piano eolico, trasmissione dell’energia elettrica e smart city);
  4. Sviluppare e gestire un comune sistema di protezione civile e controllo delle migrazioni;
  5. Combattere la delinquenza comune e organizzata.

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Le Macroregioni realizzate

Fino ad oggi, sono state adottate quattro strategie macroregionali UE, ciascuna accompagnata da un piano d’azione progressivo, aggiornato regolarmente alla luce delle nuove esigenze emergenti e del contesto in mutamento:
la strategia dell’UE per la regione del Mar Baltico (2009), www.balticsea-region.eu/; la strategia dell’UE per la regione del Danubio (2010), www.danube-region.eu/ ;
la strategia dell’UE per la regione adriatica e ionica (2014), www.adriatic-ionian.eu/; la strategia dell’UE per la regione alpina (2015), www.alpine-region.eu/.

Tali strategie coinvolgono 19 Stati membri dell’Unione e 8 paesi extra UE e rappresentano oltre 340 milioni di persone (Fonte: Eurostat, Banca mondiale, NSI Ukraine):

19 Stati membri dell’UE: Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Repubblica slovacca, Slovenia e Svezia;

8 Paesi extra UE: Albania, Bosnia-Erzegovina, Liechtenstein, Moldavia, Montenegro, Serbia, Svizzera e Ucraina.

Occorre notare che alcuni paesi dell’UE, come Germania e Slovenia, sono coinvolti in tre strategie, mentre Croazia, Italia e Austria rientrano in due strategie. Tre paesi extra UE, ossia Bosnia- Erzegovina, Montenegro e Serbia, fanno parte di due strategie macroregionali dell’UE.

La proposta per una nuova strategia macroregionale

Dall’esperienza di queste prime quattro macroregioni è scaturita l’idea di costituire la Macroregione Mediterranea Occidentale (MCO). Tra i documenti di riferimento più significativi va considerata la “Relazione sull’evoluzione delle strategie macroregionali dell’UE: pratiche attuali e prospettive future, in particolare nel Mediterraneo”. Questa relazione è stata presentata dalla Commissione per lo sviluppo regionale nella seduta del Parlamento Europeo del 27/06/2012. Il documento finale è stato approvato il 3 luglio 2012.

In tale documento, si auspica l’istituzione di due nuove strategie macroregionali mediterranee, occidentale e orientale, che unitamente alla strategia adriatico-ionica, dovrebbero consentire una politica unitaria di sviluppo dell’intero bacino del Mediterraneo. In particolare, la relazione esprime la propria approvazione riguardo all’approccio macroregionale nei confronti delle «politiche di cooperazione territoriale tra aree appartenenti a uno stesso territorio: spazio marittimo, massiccio montuoso, bacino fluviale; ritiene che le strategie macroregionali abbiano aperto un nuovo capitolo nella cooperazione territoriale europea applicando un approccio dal basso verso l’alto ed estendendo la cooperazione a un numero sempre crescente di settori grazie a un uso migliore delle risorse disponibili; raccomanda che le strategie macroregionali, visto il loro evidente valore aggiunto a livello europeo, ricevano maggiore attenzione nel quadro della cooperazione territoriale europea».

La proposta – di cui si è fatto promotore in prima istanza il Comitato per la Macroregione Mediterranea Occidentale (C-MMO) e alla quale proposta hanno aderito qualificate associazioni – sostiene la realizzazione di una strategia macroregionale per il bacino del Mediterraneo attraverso un piano d’azione orientato ad affrontare le problematiche di interesse comune. Occorre dare vita ad una nuova macroregione costituita non solo dalle regioni italiane che si affacciano direttamente o indirettamente sul mare Mediterraneo, ma che si allarga, oltre all’Italia, anche agli altri Stati nazionali, come Francia, Spagna, Portogallo, cooperanti con Marocco, Algeria, Libia, Tunisia, Egitto.

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Come si avvia una strategia macroregionale dell’UE

Gli Stati membri dell’UE e in alcuni casi anche paesi extra UE, situati nella medesima area geografica e interessati ad una cooperazione territoriale, avviano la richiesta attraverso il Consiglio europeo. Facendo seguito alla richiesta del Consiglio europeo, le strategie vengono redatte e adottate dalla

Commissione europea. La linea di pensiero comunitaria è che il processo deve essere inclusivo e procedere dal basso verso l’alto per garantire la titolarità. Questo perché la materia non regolata da una normativa specifica; esiste piuttosto uno schema fisso consuetudinario dei passi istituzionali che sono stati percorsi per l’istituzione delle Macroregioni oggi esistenti.

È la stessa Unione Europea che delinea il percorso nella “Guida alle strategie macro-regionali dell’Unione europea – 21 aprile 2017”.

«Il primo passo prevede la costituzione di un solido consenso sulla strategia da adottare e l’individuazione delle problematiche comuni da affrontare.

Solitamente la fase di iniziativa ha come protagonisti i territori interessati (territori regionali e locali), i quali ricoprono un ruolo di promozione ed impulso, a cui segue una fase di attivazione degli Stati coinvolti. Una volta raggiunto il consenso anche a livello inter-governativo, il tema in oggetto viene inserito nell’agenda del Consiglio Europeo il quale, dopo avere fissato alcuni parametri di riferimento, raccomanda alla Commissione di redigere i documenti necessari per dare il via ad una Strategia macro-regionale.

Successivamente la Commissione avvia un ampio processo di consultazione e di collaborazione con tutti gli attori della Regione interessati. Questo processo consultivo si conclude con l’adozione di un Piano d’Azione e con la redazione di una Comunicazione sulla Strategia, i quali dovranno infine essere formalmente approvati dal Consiglio Europeo. La Commissione informa costantemente il Consiglio Europeo sull’evoluzione delle Strategie macro-regionali, dimostrando che esiste un valore aggiunto per tutta l’Unione.

Il processo di consultazione ed elaborazione della Strategia macro-regionale può essere considerato un “approccio dal basso”, al contrario delle politiche che discendono da un indirizzo strategico comunitario; in quanto la Macro-Regione definisce la propria strategia attraverso il coinvolgimento degli attori locali».

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Una strategia per sviluppare sinergie

È facile comprendere da questo documento che la macroregione è uno strumento ideato con lo scopo di favorire la partecipazione al processo decisionale che influenzerà la gestione e lo sviluppo dei territori. Un processo decisionale determinato non soltanto degli Stati membri europei, ma anche delle Regioni, dagli Enti locali come Comuni e Città Metropolitane, Associazioni e società civile, Organizzazioni governative e non governative…etc. Non solo: alla macroregione sono ammessi anche paesi terzi, esterni ai confini europei, appartenenti alla stessa zona geografica.

Le strategie macroregionali dell’Unione europea sono, pertanto, quadri politici che consentono ai paesi situati nella stessa macroregione di contrastare e risolvere i problemi o di sfruttare meglio il potenziale che hanno in comune. In questo modo, i paesi usufruiscono di una cooperazione rafforzata. Sappiamo bene che gli interventi necessari ai programmi nazionali sono sostenuti dai fondi strutturali e da investimenti europei, ma se tali interventi sono concordati in ambito macroregionale – cioè con le regioni del medesimo Stato e queste con le regioni dei Paesi vicini risulterà raggiungere gli obiettivi in modo più facile di quanto ogni Stato avrebbe fatto singolarmente. Insieme, unendo competenze e fondi comuni, si possono affrontare sfide relative ad una condivisa ed ampia area geografica. Le strategie macroregionali dell’Unione – sostenute dai fondi UE, compresi i Fondi strutturali e d’investimento europei – sviluppano sinergie.

Per aumentare le probabilità di successo delle strategie macroregionali dell’UE, i partner coinvolti non possono agire, però, in modo spontaneo e individuale, ma devono basare le proprie azioni su alcuni principi chiave che la UE esplicita chiaramente: un partenariato pertinente, un meccanismo di collaborazione appropriato, un buon coordinamento delle misure legate alle politiche e alle rispettive fonti di finanziamento, nonché un elevato spirito di cooperazione tra i vari paesi e settori della macroregione.

Gli obiettivi delle strategie macroregionali sono strategici

Da quanto detto finora, si deduce che le sfide comuni ad aree geografiche nazionali e/o transnazionali, possono essere raggiunte con successo operando attraverso sforzi congiunti ed una pianificazione unitaria, che mirano ad utilizzare i fondi disponibili nel modo più idoneo. Gli obiettivi delle strategie sono, dunque, strategici. Sono obiettivi, altresì, a lungo termine e concordati dai paesi partecipanti. Tali strategie, per la regola dei “tre no”, non sono associate a una legislazione particolare, a strutture formali o a nuovi fondi UE. Si basano esclusivamente sulla capacità di stabilire sinergie, attraverso l’impiego ottimale delle risorse finanziarie esistenti, una migliore attuazione della legislazione vigente e un funzionamento ottimale delle istituzioni a tutti i livelli. Ciò implica che ogni strategia, orientata al successo, deve essere basata su di quadro integrato capace di esprimere una governance multinazionale, multisettoriale e multilivello.

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2030 il primo passo…da Messina

Il 14 dicembre p.v., dalle ore 9.00 alle 13:00, si terrà nel Salone dei Cavalieri del Centro Diurno Camelot,  Cittadella Sanitaria Lorenzo Mandalari, Messina, il convegno dal titolo “2030 il primo passo…da Messina”  incentrato sulla localizzazione degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (OSS o Agenda 2030) e organizzato dall’associazione Il Centauro onlus, dal Comitato MMO, dalla Post Consumo onlus, in sinergia con il Centro Diurno Camelot del Dipartimento di Salute Mentale Asp 5, con il patrocinio del Comune di Messina e l’Università degli Studi di Messina.

Lo Sviluppo Sostenibile (SS) mira a rispondere ai bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere la capacità delle generazioni future a soddisfare i loro propri bisogni. Si tratta di un approccio globale e integrato allo sviluppo che tiene conto della sfera sociale, ambientale ed economica allo stesso tempo.

Dopo il lungo lavoro preparatorio attraverso gli Obiettivi del Millennio, nel settembre del 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite all’unanimità, ha adottato la Risoluzione 70/1 che definisce il programma per lo Sviluppo Sostenibile all’orizzonte 2030, individuando 17 obiettivi (OSS) e 169 sotto-obiettivi.

L’Agenda 2030 rappresenta il programma universale per le strategie di sviluppo che i paesi si sono formalmente impegnati a realizzare, la cui strutturazione presuppone necessariamente una visione sistemica, ponendo al primo posto il benessere, la dignità della persona e dei popoli, la salubrità ambientale. Una politica di civiltà che come dice Edgar Morin abbia come mission quella di solidarizzare il pianeta nella prospettiva di un nuovo umanesimo.

Nel contesto europeo, anche i paesi membri dell’Unione hanno firmato quest’impegno verso i propri cittadini e sono in via di elaborazione i piani strategici nazionali che implementeranno la programmazione comunitaria. La dichiarata determinazione dell’Europa alla piena attuazione dei suoi diciassette obiettivi costitutivi, nel prossimo futuro ci imporrà un cambiamento di paradigma operativo.

Tra gli aspetti fondamentali, emerge determinante anche il riconoscimento dell’impellenza del cambio di modello di sviluppo attuale, evidentemente non più perseguibile. Inoltre, essendo un quadro di riferimento, la sua concretizzazione dipende esclusivamente dalla volontà politica di ciascun paese, ad ogni livello di governo, dal coinvolgimento di tutte le espressioni della società e della loro integrazione sinergica ai processi decisionali, in particolar modo locali.

Riteniamo che la Sicilia e Messina in particolare possa e debba iniziare percorsi di sviluppo consoni alle sue peculiarità, bisogni e priorità, diventando un “progetto pilota” e fornire un importante contributo alla implementazione, in corso, della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.

Per questo si è valutato opportuno iniziare il processo di divulgazione e riflessione sull’Agenda 2030 a livello locale. Data l’ampiezza dell’argomento, il 14 dicembre sarà solo il primo di una serie di appuntamenti per individuare in modo condiviso e democratico quale sviluppo intraprendere sui nostri territori e sul come conseguirlo. Per questo il convegno è rivolto a tutte le espressioni delle società, anche singoli cittadini.

Occorre una maggiore consapevolezza che la rinascita è possibile. Ma bisogna partire dal singolo individuo. È lui che può compiere il primo responsabile passo per salvare l’umanità. La scelta della sede del convegno in un Centro Diurno della Salute Mentale vuole essere in tal senso paradigmatica.

Relatori e Moderatori: Giuseppe Abbati, Matteo Allone, Maurizio Ballistreri, Sergio Bertolami, Rosaria Brancato, Vincenzo Campolo, Antonino Ciraolo, Mons. Cesare Di Pietro, Cosimo Inferrera, Salvatore Mondello, Dafne Musolino, Giuseppe Rao, Mohamed Refaat, Giovanni Saccà, Salvatore Santamaria, Giuseppe Scattareggia, Danilo Zizzo. Ha confermato la sua presenza il sindaco Cateno De Luca. Il prorettore Luigi Chiara.

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Il concetto di strategia macroregionale dell’UE

Costituire una macroregione è una strategia dell’UE. Facciamo, quindi, riferimento ad un documento ufficiale, per comprendere meglio quale sia il valore aggiuntoda attribuirsi al concetto di strategia macroregionale. Uno fra i molteplici documenti da considerare è questo: Relazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni sul valore aggiunto delle strategie macroregionali (Bruxelles, 27.6.2013)”. Il documento fa presente che «vi sono molti elementi su cui fondare una cooperazione macroregionale: il senso di identità regionale, il desiderio di pianificazione strategica comune e la volontà di mettere in comune le risorse.

Le definizioni iniziali si sono consolidate nel regolamento recante disposizioni comuni per il periodo 2014-2020, il quale afferma che una strategia macroregionale:
1) è un quadro integrato relativo a Stati membri e paesi terzi della stessa zona geografica;
2) affronta sfide comuni;
3) trae beneficio da una cooperazione rafforzata per la coesione economica, sociale e territoriale. Una strategia macroregionale deve essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Il concetto comprende anche i seguenti principi:
integrazione: gli obiettivi dovrebbero essere integrati negli esistenti quadri strategici (UE, regionali, nazionali o preadesione), programmi (UE, specifici per paese, di cooperazione territoriale, settoriali), e strumenti finanziari;
coordinamento: politiche, strategie e risorse finanziarie dovrebbero evitare la compartimentazione sia per quanto riguarda le politiche settoriali che i soggetti e i diversi livelli di governo;
cooperazione: sia i paesi che i settori dovrebbero cooperare in tutta la regione, sviluppando una nuova prospettiva di sviluppo regionale aperto verso l’esterno invece che rivolto all’interno;
governance multilivello: i responsabili politici dei diversi livelli dovrebbero collaborare meglio, senza introdurre nuovi livelli di processo decisionale;
partnership: paesi terzi e paesi dell’UE possono collaborare sulla base del reciproco interesse e del rispetto.

Gli obiettivi variano in funzione delle esigenze della regione interessata. Un ruolo centrale spetta tuttavia alle questioni di importanza strategica che conferiscono un effettivo valore aggiunto in relazione alle misure orizzontali dell’UE, in particolare con riferimento alla strategia Europa 2020. Vanno incluse sia le sfide che le opportunità, perché paesi a diversi stadi di sviluppo hanno priorità diverse:

sfide, nei casi in cui una maggiore cooperazione è essenziale (ad esempio questioni ambientali, climatiche o relative alla connettività);
opportunità, nei casi in cui una maggiore cooperazione è di interesse reciproco, con iniziative comuni, creazione di reti, scambio di esperienze e messa in comune di finanziamenti (ad esempio in settori quali la ricerca, l’innovazione, le imprese, il rafforzamento delle capacità).

Questo duplice aspetto è sottolineato nelle conclusioni del Consiglio del giugno 2012, che approvano l’approccio per il suo contributo positivo all’approfondimento del mercato interno dell’UE e della competitività, nonché all’attuazione della politica marittima integrata (in particolare la crescita blu), e perché affronta sfide condivise quali l’inquinamento o l’assenza di interconnessioni infrastrutturali.

Inoltre, tali strategie possono servire a mobilitare sforzi congiunti per l’innovazione, per l’azione per il clima, per la gestione dei rischi, per le questioni relative alla sicurezza e per il turismo».

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Una definizione di Macroregione

Il dizionario della lingua italiana Treccani definisce così la Macroregione: « [comp. di macro- e regione]. Parte del territorio nazionale che è più vasta di una regione come entità amministrativa definita e che riunisce zone diverse accomunate da tradizioni storiche, peculiarità geografiche e culturali».

Questa definizione si è evoluta nel tempo ed oggi il termine Macroregione ha assunto connotazioni più articolate e sovranazionali. Per cui la vasta (macro) area geografica (regione) non risulta più dall’accorpamento di diverse regioni nazionali, confinanti ed omogenee sotto molti aspetti, ma dall’accorpamento di varie regioni comunitarie nel quadro della politica di coesione dell’Unione Europea. Questo processo è già stato avviato da dieci anni. Per quale motivo?

Macroregioni, le opportunità Ue da cogliere

Partiamo con un esempio semplice ma efficace (Sole 24 Ore, 11 gennaio 2018): «Due vicini hanno un problema, è più facile affrontarlo (e provare a risolverlo) insieme. Un principio semplice, per un’agenda fitta. Dalle sinergie tra università e distretti alla ricerca, dalla prevenzione delle catastrofi naturali, a turismo, pesca ed energia, la politica macroregionale della Ue compie 10 anni, con un bilancio di luci e ombre. Per non parlare della necessità di dare una spinta a strade e ferrovie per migliorare l’interconnessione in Europa o di una politica energetica che si faccia carico di non disperdere risorse e attivarsi al meglio, laddove si può, per riutilizzare gli scarti. Un’opportunità di crescita per i territori ed evidentemente, anche per le imprese in termini di bandi, partnership, sinergie in ricerca e innovazioni eppure quasi sconosciuta».

Le Macroregioni, quindi, sono strumenti funzionali basilari. Non sono istituite sulla base dei confini amministrativi, ma dei problemi comuni. Consentono di sfruttare in modo sinergico il potenziale comunitarioper fare fronte e tentare di risolvere le questioni comuni fra più regioni appartenenti anche a differenti Stati. Tali questioni potrebbero essere connesse all’inquinamento o al clima, ai collegamenti marittimi e ai sistemi infrastrutturali, alle concorrenze commerciali del mercato globale, alla modernizzazione delle amministrazioni pubbliche o alla erogazione dei servizi digitali. Queste sono solo alcune delle tematiche prese in esame dalle strategie macroregionali dell’Unione europea (UE).

Ecco le ombre. A distanza di un decennio la fase sperimentale dovrebbe essere superata, mettendo a frutto le esperienze maturate, soprattutto riguardo a tre pilastri, inizialmente ideati per evitare sovrastrutture e dispendio di fondi: No ad un budget ad hoc, No a un assetto organizzativo e a personale dedicati, No a regole diversificate. Occorrerebbe sostituire la regola dei “tre no” con quella dei “tre sì”: Sì a più sinergie con gli strumenti finanziari, Sì a più integrazione delle strutture esistenti nelle strategie macroregionali, Sì a una migliore applicazione delle regole già definite. In altre parole, è giunto il momento di aprire una riflessione sulle strategie macroregionali del prossimo futuro.

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Andrea Piraino: La proposta di costruire una nuova realtà ordinamentale

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Andrea Piraino

Non è un semplice gesto di cortesia quello con il quale intendo ringraziare gli organizzatori ed i partecipanti a questa intensa mattinata di dibattito ed approfondimento sul tema della Macroregione del Mediterraneo Occidentale proposto all’attenzione dell’opinione scientifica dal volume curato dal professore Renato D’Amico e dal sottoscritto per i tipi della FrancoAngeli Editore. E’ anche e soprattutto un sentimento di ammirazione che intendo esprimere per la capacità degli amici Paolo Pantani, Rocco Giordano e Stanislao Napolano di raccogliere l’idea della costituzione della Macroregione mediterranea contenuta nel libro e di proporla all’apprezzamento dell’opinione politico-istituzionale e dei principali soggetti sociali con la discussione svoltasi in questa splendida sede della stazione marittima di Napoli.
Quella che si è voluta fare, prima ancora che con la pubblicazione del volume, con il Convegno internazionale che si è svolto a Palermo lo scorso anno e del quale il libro alla vostra gentile attenzione rende noti gli Atti, è la proposta di costruire una nuova realtà ordinamentale. Che non è la semplice riforma delle vecchie istituzioni regionali o delle altre organizzazioni territoriali. Ma un’iniziativa che mette in moto un processo ‘rivoluzionario’. Basti pensare che la Macroregione (non solo) del Mediterraneo occidentale non sarà mai una nuova istituzione ma dovrà essere invece una strategia, vale a dire una organizzazione politica con il carattere della dinamicità e non della staticità. In questo senso e per questo, in grado di mettere in movimento il Mezzogiorno e riscattarlo dal suo più recente passato che è stato caratterizzato dall’immobilismo e dal soggettivismo delle sue classi dirigenti.
Ma la partita non è così semplice. Dovrà riguardare il carattere essenziale della crisi che attanaglia non solo il Mezzogiorno ma anche tutta l’Italia, l’Europa, l’Occidente: la fine, cioè, del pensiero unico e della sua universalità e la difficoltà di accettare una globalizzazione che implica necessariamente una nuova condizione esistenziale fondata sulla pluriversalità. Questa la vera cifra del cambiamento con la quale ci si deve misurare. Che, tradotta in termini politico-istituzionali, significa la fine della centralità della categoria della sovranità dello Stato, nata nel 1648 con la pace di Westfalia ed elevata per quasi quattro secoli ad unico ed ultimo criterio della politica nazionale.
Solo che l’incapacità di costruire in questa lunga fase storica un’alternativa ordinamentale allo Stato nazionale ha fatto sì che un’ampia componente dell’opinione pubblica europea, di fronte alle difficoltà indotte dallo sviluppo in particolare tecnologico di questi ultimi decenni, ripiegasse su un nuovo ancoraggio al sovranismo e da questo al nazionalismo-populistico, in evidente e chiara contraddizione proprio con la principale causa della crisi: lo statalismo, appunto. Si è così determinata una condizione di doppia difficoltà che rende veramente difficile lo sforzo che bisogna fare per venire a capo di questa situazione che attanaglia il Paese, sia a livello di istituzioni centrali che regionali, e l’Europa intera. Insomma, non è né con le false riforme ‘interne’ (prima, quella ricentralizzatrice di Renzi ed, ora, quella di differenziazione autonomistica portata avanti da Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna ed altre Regioni) né con le contraddittorie politiche inter-governative dell’Unione Europea (nata, all’indomani della seconda guerra mondiale, come risposta proprio alla crisi ritenuta irreversibile del sovranismo statale) che si può avviare un processo virtuoso di cambiamento all’altezza della complessità che le realtà socio-economiche richiedono.
Per uscire ‘in avanti’ dalla crisi che ci attanaglia, l’unica politica, allora, sulla quale si può e si deve puntare è quella di costruire, come ha indicato il Parlamento Europeo, un sistema macroregionale che coinvolgendo tutti i vari Territori dei Paesi europei consenta al contempo di rivedere l’organizzazione regionale di ogni singola Nazione e, segnatamente, della nostra e di avviare veramente e per la prima volta la costruzione di una federazione di Comunità territoriali europee.
Come già detto, non sarà una cosa facile. Se però, a partire dal piano procedimentale di costruzione della strategia macroregionale, si adotterà una logica nuova, per intenderci: né bottom up né top down ma circolare, che coinvolga, cioè, non soltanto il Governo nazionale o quelli regionali ma entrambi e per di più sulla base della spinta propulsiva delle grandi Città, metropolitane e capoluogo, allora sì che sarà possibile costruire questa nuova prospettiva che può salvare l’Italia e l’Europa. Per non dire del nostro Mezzogiorno e della mia Sicilia.
Da qui la proposta per una opzione in favore della strategia macroregionale e per la costruzione, senza ulteriori perdite di tempo (si ricordi che il primo passo verso la sua costituzione fu fatto con la cd. “Dichiarazione di Palermo” sottoscritta il 15 maggio 2010 nel capoluogo siciliano dai rappresentanti di 50 Istituzioni di 20 Paesi), di una aggregazione di Territori del bacino del Mediterraneo Occidentale che, peraltro, è auspicabile anche per colmare una lacuna e recuperare un ritardo che pure sotto questo aspetto si è creato con le Regioni non solo del Nord Italia che già hanno dato vita ed ormai appartengono o alla Macroregione Adriatico-Jonica o a quella Alpina e sono operative, in questo senso, da alcuni anni.
Dunque, ciò che si propone è la costituzione, secondo la normativa europea, di una macroregione costituita dall’unificazione di aree regionali omogenee per territorio, storia, cultura, sensibilità politiche ed interessi socio-economici, che superando le diversità di appartenenza nazionale si collochino nella prospettiva dell’Unione Europea. Ma non, come accennato, nella dimensione di una nuova istituzione che si aggiunge alle altre ma come una strategia politica che deve essere adottata da tutte le esistenti istituzioni dei vari Paesi (in primis, quelle regionali e locali) per attuare nel miglior modo possibile la coesione territoriale che, nello sviluppo più recente, si affianca e completa la coesione economico-sociale e rappresenta la precondizione di ogni ipotesi di sviluppo.
Questa condizione di non-istituzionalità, che significa anche no! a finanziamenti ulteriori e no! a normative specifiche e che implica il migliore coordinamento delle istituzioni e delle risorse disponibili nell’ambito delle norme esistenti, consente poi l’abbattimento ed il superamento dei confini politico-amministrativi entro cui sono costretti, invece, Stati, Regioni ed Enti territoriali locali. Il che comporta che la macroregione sia una forma di aggregazione determinata non più da retaggi sovrani e vincoli storici ma dalla capacità di dare risposte unitarie a problemi che, certo, non si fermano alle perimetrazioni amministrative ma riguardano questioni comuni a più entità territoriali.
Con la conseguenza che gli effetti di questa strategia macroregionale non si fermeranno agli specifici obbiettivi intorno ai quali essa sarà costruita ma investiranno le vecchie delimitazioni degli Stati nazionali esistenti, dimostrando come sono proprio queste ultime con i loro confini sovrani ad impedire la costruzione dell’Europa comunitaria ideata dai Padri fondatori. E ciò è tanto vero che questa strategia macroregionale avrebbe anche la capacità di scardinare il vecchio regionalismo in crisi irreversibile del nostro come degli altri Paesi europei (v. la Spagna con la sua questione catalana) ed avviare veramente quella riforma degli ordinamenti costituzionali che, com’è noto, nel nostro Paese si tenta di realizzare senza successo ormai da diversi decenni.
Quindi la strategia macroregionale è una politica complessa che serve non soltanto per ridisegnare l’organizzazione territoriale del nostro Paese ma anche per aiutare a superare i ‘muri’ costituiti dai confini dei singoli Stati non solo europei e così ricomporre nuove comunità geo-politiche di dimensione continentale.
Una di queste Comunità -siamo convinti- dovrebbe essere quella costituita dalle regioni del Mezzogiorno d’Italia, della Sardegna, della Sicilia, della Corsica, della Costa Azzurra, della Catalogna, delle Canarie, di Malta. Entità tutte i cui territori, che si affacciano nel bacino del Mediterraneo Occidentale, presentano problematiche e sfide comuni. A partire dalle questioni riguardanti i sistemi energetici, la ricerca scientifica, l’innovazione, la cultura, la tutela ambientale, la garanzia e lo sviluppo dei diritti fondamentali, la sicurezza e, soprattutto, i flussi migratori. Insomma, si tratterebbe di costruire una rete dove annodare tutte le materie che costituiscono i settori portanti per una crescita economica intelligente e sostenibile.
Ma come procedere? In quale direzione muoversi per compiere i primi passi? Innanzi tutto, individuando e coinvolgendo le istituzioni (Città e Regioni) che devono svolgere il ruolo di capofila oppure o, forse, meglio puntando su un GECT (Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale) con responsabilità definite e condivise. Sapendo bene, comunque, che il bacino in quistione è espressione di una medesima realtà storica e culturale e rappresenta un ambiente naturale e geo-politico di 500 milioni di abitanti, strategico per il futuro della stessa Europa che così conquisterebbe una maggiore sicurezza , un controllo più sostenibile dei flussi di immigrazione e la partecipazione diretta ad un’area in sicura espansione socio-economica.
Per le Regioni e gli Stati europei del Mediterraneo, allora, è un processo da intraprendere immediatamente e con grande determinazione, sapendo che da esso può derivare il superamento delle diversità di appartenenza nazionale e la prospettiva di una convivenza comunitaria non più condizionata dalla logica divisiva degli Stati nazionali.
In pieno dominio, a livello europeo, della logica intergovernativa e, soprattutto, nell’ implacabile affermarsi, a livello politico dei vari Paesi, dei sovranismi e dei populismi più spinti, l’idea di costruire una Macroregione del Mediterraneo Occidentale può sembrare una irrealizzabile utopia. Pur con tutte le difficoltà possibili ed immaginabili questa, però, è l’unica strada percorribile per salvare e rilanciare i territori e le comunità dei vari Paesi europei, a cominciare dal nostro. Che così potrebbe, finalmente, sperimentare una nuova governance multilevel fondata sulla partecipazione ed il protagonismo delle Autorità regionali e locali ma non in contrapposizione con quelle nazionali e, soprattutto, europee.

 

Tgr Campania: il libro sulla Macroregione del Mediterraneo

Al Tgr Campania la recensione del libro “Per la Macroregione del Mediterraneo occidentale”, a cura di Renato D’Amico & Andrea Piraino, per la rubrica Lo Scaffale.