Incipit: Giovanni Verga, Mastro Don Gesualdo

 

Edito nel 1889, seconda parte dell’incompiuto ciclo de “I vinti”, Mastro don Gesualdo ha sicuramente un respiro più ampio rispetto a “I Malavoglia”. Il tema è quello dell’alienazione borghese, affrontato in diversi quadri che raccontano l’ascesa sociale, e l’umiliazione, del protagonista, anch’esso alla fine “vinto” nonostante il suo lavoro di una vita ed i denari accumulati.

Dall’incipit del libro:

Suonava la messa dell’alba a San Giovanni; ma il paesetto dormiva ancora della grossa, perché era piovuto da tre giorni, e nei seminati ci si affondava fino a mezza gamba. Tutt’a un tratto, nel silenzio, s’udì un rovinìo, la campanella squillante di Sant’Agata che chiamava aiuto, usci e finestre che sbattevano, la gente che scappava fuori in camicia, gridando:
― Terremoto! San Gregorio Magno!
Era ancora buio. Lontano, nell’ampia distesa nera dell’Alìa, ammiccava soltanto un lume di carbonai, e più a sinistra la stella del mattino, sopra un nuvolone basso che tagliava l’alba nel lungo altipiano del Paradiso. Per tutta la campagna diffondevasi un uggiolare lugubre di cani. E subito, dal quartiere basso, giunse il suono grave del campanone di San Giovanni che dava l’allarme anch’esso; poi la campana fessa di San Vito; l’altra della chiesa madre, più lontano; quella di Sant’Agata che parve addirittura cascar sul capo agli abitanti della piazzetta. Una dopo l’altra s’erano svegliate pure le campanelle dei monasteri, il Collegio, Santa Maria, San Sebastiano, Santa Teresa: uno scampanìo generale che correva sui tetti spaventato, nelle tenebre.
― No! no! È il fuoco!… Fuoco in casa Trao!… San Giovanni Battista!
Gli uomini accorrevano vociando, colle brache in mano. Le donne mettevano il lume alla finestra: tutto il paese, sulla collina, che formicolava di lumi, come fosse il giovedì sera, quando suonano le due ore di notte: una cosa da far rizzare i capelli in testa, chi avesse visto da lontano.

LIBER LIBER:    LEGGI IL CAPOLAVORO DI VERGA

TRECCANI SCUOLA:  Una brevissima sintesi su Mastro Don Gesualdo dal ciclo dei vinti di Verga

WIKIPEDIA: Notizie storiche sul libro e la trama dei capitoli

Incipit: Giuseppe Giacosa, “Come le foglie”

 

Giuseppe Giacosa, i più anziani appassionati di Lirica lo sapranno di certo, curò per Giacomo Puccini i libretti de “La Bohème”, della “Tosca” e di “Madama Butterfly”. Noi invece vogliamo proporvi questa commedia drammatica, ma dal lieto fine. Si intitola “Come le foglie”. Potete leggerne il testo o accomodarvi a seguire uno storico sceneggiato televisivo del 1965 prodotto dalla RAI. Era interpretato da attori fantastici come Tino Carraro, Olga Villi, Paolo Ferrari, Ileana Ghione, Raoul Grassilli, Mariolina Bovo, Karola Zopegni, Loredana Savelli, Giorgio Bonora, Vittorio Manfrino, Gianni di Benedetto, Tullio Valli, Sara Ridolfi, Ada Ferrari, Gianni Stiepa, Cesare Domenici. La regia era di Edmo Fenoglio.

Dall’incipit dell’opera:

Un salone fastoso aperto (per un’arcata che si può chiudere con imposte scorrenti e rientranti nei muri) verso una fastosissima sala da pranzo. Questa è tappezzata di cuoio a fondo scuro con grandi fiorami dorati, ed ha mobili di noce scolpiti. Il salone ha un soffitto a cassettoni a borchie dorate e le pareti coperte di arazzi. La gran tavola della sala da pranzo è ingombra di sacche da viaggio, porta scialli, porta ombrelli, ecc. Nel salone, mobilio inglese delicatissimo. Nessun sopramobile. Si capisce che la casa sta per essere abbandonata. A destra due porte: la prima mette nella camera di Giovanni, la seconda in quella di Tommy. A sinistra, alla seconda quinta, la porta comune. Alla prima quinta porta che mette nella camera di Giulia. La sala da pranzo ha una sola porta in un angolo, a destra dello spettatore.

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Incipit: Umberto Eco, “De Bibliotheca”

 

Io credo che in un luogo così venerando sia opportuno cominciare, come in una cerimonia religiosa, con la lettura del Libro, non a scopo di informazione, perché quando si legge un libro sacro tutti sanno già quello che il libro dice, ma con funzioni litaniali e di buona disposizione dello spirito. Dunque:
“L’universo (che altri chiama la biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella di una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un’altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l’altro, di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze…

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De Bibliotheca nasce come spettacolo didattico itinerante, pensato per accompagnare un pubblico di utenti, visitatori e curiosi all’interno delle biblioteche, luoghi “venerandi”, ma anche “a misura d’uomo”, avventurosi, divertenti e, soprattutto, patrimonio di tutti.

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