La nuova Galleria Orleans al Palais-Royal 3/3

 

Quando si elevano voci sentenzianti contro il commercio coperto fiorente, che dava spazio alle attività dubbie ed immorali, si pone rimedio. L’intervento moralizzatore è compito del futuro Re Luigi Filippo, chiamato – durante i moti rivoluzionari che lo porteranno al trono – Égalité fil, giacché figlio di quel Duca d’Orléans che a questa vicenda ha dato inizio. Nel 1827 e nel 1829 le Gallerie sono demolite, a seguito di un incendio che distrugge la Galerie Vitrée. Il nuovo progetto di valorizzazione dell’area, che si accompagna al ripristino del giardino precedente di una quindicina d’anni, consiste nel sostituire le cadenti Galeries in legno con la nuova Galleria Orléans. La famiglia proprietaria del Palazzo identifica, dunque, con il proprio nome l’intero complesso.

Il progetto è affidato all’architetto Pierre -François- Leonard Fontaine. È ricordato come l’inventore dello “Stile impero”, il cui neoclassicismo celebrò le glorie di Napoleone. In verità Fontaine è stato capace di vivere la sua attività professionale passando dall’Ancien Régime alla Rivoluzione, al Consolato, al Primo impero, alla Restaurazione, alla Monarchia di luglio, al Secondo Impero. Carriera davvero invidiabile e costantemente ad altissimo livello. Luigi Filippo chiama, dunque, Fontaine per eseguire l’intervento fra i giardini e il cortile del Palais Royal ed egli realizza un ampio padiglione vetrato (65 metri di lunghezza e 8,5 metri di larghezza) che può ospitare 24 negozi in galleria. Oggi possiamo ammirare solo il doppio colonnato di pietra, perché la volta vetrata centrale è stata completamente smantellata nel 1935. E in quanto alla pubblica moralità? Luigi Filippo completerà il suo programma quando, conquistato il potere nel 1830, regolamenterà la prostituzione, vietandola al di fuori delle “maisons de tolérance” e dal 1836 chiuderà anche le sale da gioco. In conseguenza di ciò, mercanti equivoci, giocatori, prostitute e giovanotti allegri, lasceranno definitivamente il Palazzo e ripiegheranno sui nascenti boulevards.

La vicenda di questo intervento edilizio non ci dimostra semplicemente la progressiva trasformazione moderna di Parigi in capitale europea del XIX secolo. È anche la testimonianza della nascita, in maniera del tutto imprevista, di una tipologia che diverrà l’emblema della città ottocentesca, quella dei “passages couverts”. Saranno d’ora in poi strade urbane e nel contempo spazi commerciali protetti alle intemperie. Tutto ciò per celebrare la seduzione della merce e i desideri di un nuovo pubblico di benestanti acquirenti. La fiorente borghesia del secolo.

Fonte immagine: Paris – Palais Royal – La Galerie d’Orleans

Home

 

Les galeries de Bois al Palais-Royal 2/3

 

Ho già raccontato dell’architetto Louis Victor e della realizzazione di quella cortina di edifici porticati delimitanti i giardini del Palais Royal. Ma immaginereste voi che quei lavori interrotti proprio davanti al Palazzo, sul lato meridionale del perimetro edilizio, avrebbero contribuito, in modo del tutto occasionale, all’invenzione di una nuova tipologia edilizia che caratterizzerà Parigi nella prima metà del secolo XIX? Andiamo con ordine.

Nel 1786, i finanziamenti del progetto si prosciugano e non resta che recintare la parte ancora da erigere, della quale esistono al momento le sole fondazioni e nient’altro. Il Duca – quel Philippe Egalité diretto discendente del fratello del Re Sole – decide di rimpinguare il bilancio concedendo ad un imprenditore di elevare un capannone di legno. Serve a proteggere la “platea” di fondazione, ma nel medesimo tempo può essere sfruttato come spazio commerciale, come è avvenuto per le gallerie in pietra degli altri tre lati. Infatti, i negozi che vi sono stati aperti ai piani terreni pullulano di frequentatori che si riversano ad ogni ora del giorno in caffè, botteghe di alimentari e di bevande, negozi di modiste, venditori di tessuti, parrucchieri.

Quel che è peggio, i portici sono un via vai di persone anche ad ogni ora della notte: sfaccendati, giocatori d’azzardo, borseggiatori, prostitute. Una quantità oggi inimmaginabile di prostitute, che fanno di quelle arcate e di quei giardini un luogo di rendez-vous. Le fonti dell’epoca valutano che alle 600-800 ragazze che stabilmente vivono nelle “maisons privilégiées qui payaient le droit d’exposer des créatures habillées comme des princesses” (Balzac, Illusions perdues) vanno aggiunte le “rondinelle” che a sera si accompagnano ai clienti.

Con il quarto lato di legno (al posto del colonnato aperto di Victor che non s’è realizzato) gli affari si moltiplicano. Questo perché l’idea è realizzare un grande bazar con tre file parallele di negozi, disimpegnate da due gallerie interne, illuminate da grandi finestroni posti sotto la copertura di legno. Non più soltanto un lungo portico, ma una coppia di “passages couverts”. Nascono le Galeries de bois (le Gallerie di legno), alle quali da lì a qualche anno, esattamente nel 1792, si aggiungerà un altro corpo illuminato a vetri. È la Galerie vitrée, il primo percorso vetrato della storia. Balzac scrive a proposito: “Les Galeries de Bois étaient pour la prostitution un terrain public, le Palais par excellence, mot qui signifiait alors le temple de la prostitution”. Dunque con le gallerie in legno si completerà negli spazi pubblici del Palais Royal, quello che era stato cominciato negli ambienti privati. La licenziosità è praticata senza vincoli, tanto che invarrà il detto «faire leur palais».

logo4

 

Lungo i giardini del Palais-Royal 1/3

 

Esattamente di fronte all’ala Nord del Louvre, si aprono i cancelli dell’ampia piazza del Palais-Royal, che ospita oggi il Consiglio di Stato. Chi conosce la sua storia sa bene che il Palazzo è nato come residenza privata del cardinale Richelieu; ma alla sua morte passò in proprietà alla famiglia reale. Di qui il suo nome, anche se, tra Parigi e dintorni, di Palazzi Reali ne possiamo contare più d’uno, a cominciare dal Louvre stesso o dal Palazzo delle Tuileries, suo prolungamento, demolito in seguito a un incendio. Raccontano le cronache che per qualche tempo i rivoltosi Frondeurs costrinsero il giovane Luigi XIV a lasciare proprio le insicure Tuileries per soggiornare in quello che, un tempo, era stato il Palais Cardinal, con la regina Madre reggente e il cardinale Mazzarino, primo ministro, vero gestore del potere fino alla maggiore età del Re.

Tutti sanno, però, che la residenza amata dal futuro Re Sole era il favoloso Château de Versailles, ad una ventina di chilometri dalla capitale, dove il 6 maggio 1682 il sovrano trasferì definitivamente ed ufficialmente la propria Corte, benché la Reggia non fosse ancora del tutto completata. Fu per questo motivo che nel febbraio del 1692 Luigi XIV offrì il Palais-Royal a Monsieur (titolo nobiliare riservato esclusivamente al fratello minore del Re) Filippo I d’Orléans. Con questo atto il Palazzo divenne residenza dei Duchi di Orleans e del proprio casato.

“Noblesse oblige”, una responsabilità di sangue che dovrebbe sottintendere agiatezza, potere, prestigio. Fatto sta che nel 1781, il discendente Filippo d’Orleans, Duca di Chartres, noto come Philippe Egalité, si trovava sull’orlo della rovina.  Intraprese, pertanto, un articolato piano di speculazione immobiliare.  Dal momento che i giardini prospicienti il Palazzo erano aperti alla città, perché non lottizzarne i margini, per farne costruzioni fruibili dal pubblico? Ciò avrebbe permesso di accrescere il consenso popolare e, nel contempo, pareggiare il bilancio familiare. Il progetto, naturalmente, suscitò il disappunto dei proprietari limitrofi, che perdevano la vista sull’ampio spazio verde. Nonostante ciò fu incaricato della lottizzazione l’architetto Louis Victor, che il Duca aveva conosciuto a Bordeaux nel 1776, durante i lavori di costruzione del Grand Théâtre, accolto come il più bel teatro francese dell’epoca.

Galeries del Palais Royal
Galeries del Palais Royal

Le nuove edificazioni si eressero per setti livelli: un seminterrato, un pianoterra per attività commerciali, sormontato da un ammezzato, un piano nobile, un attico, un piano mansardato ed infine un sottotetto destinato alla servitù. Il prospetto, uniforme per tutto perimetro del giardino, fu terminato nel 1786 con le alte arcate in pietra del portico. Il quarto lato a sud, quello della “cour d’honneur” del Palazzo, doveva essere completato con un maestoso colonnato, sormontato da una terrazza. Furono gettate le fondamenta, ma per mancanza di finanziamenti il cantiere fu interrotto. Sembrava per poco tanto che, momentaneamente, si provvide a riparare dalle intemperie i lavori sospesi; ma questi lavori non furono più ripresi.

Quel doppio colonnato che oggi conclude la corte – ed apre sull’istallazione concettuale “Les Deux Plateaux” di Daniel Buren – non è, a ogni buon conto, progetto di Louis Victor. In qualche modo ne è la diretta conseguenza; ma questa è un’altra storia e troverò modo di raccontarla la prossima volta.

 

Per saperne di più sull’immagine consulta la scheda del musée Carnavalet di Parigi

Leggi anche: Béatrice MÉON-VINGTRINIER, « Les galeries du Palais-Royal, ancêtre des passages couverts », Histoire par l’image [en ligne].

 

logo4

 

 

Il Marché aux Puces di Saint-Ouen 2/2

 

Nel 1908 la metropolitana serve questa «Foire aux Puces». Il termine “foire” (fiera), richiama il chiasso, la confusione, una babele di rivenditori subissati dall’affluenza di compratori che, soprattutto la domenica, si distraggono con l’abituale passeggiata fuori le mura. Da allora, l’iniziale agglomerato si è moltiplicato in una infinità di altri mercati, specializzati nell’offerta merceologica. Dopo il primo conflitto mondiale la concentrazione commerciale diviene stabile e tra il 1920 e il 1938 si creano altri quattro mercati: Vernaiso, Malik, Biron e Jules Vallès. Tra le due guerre “les Puces” diventa così popolare che numerosi appaltatori accaparrano aree intorno alla Rue des Rosiers. Ciò determina l’esigenza di opere di urbanizzazione, come strade, reti idrauliche e fognarie, elettricità. Crescono luoghi di ristoro, caffè, pub, trattorie. Gli artigiani danno “spettacolo”: lavorano in strada per attrarre clienti, come gli impagliatori di sedie o di metalli artistici. Si organizzano attività ricreative con clown, complessini di musica negroamericana e chitarristi che inventano il Gypsy Jazz o, per dirla alla francese, il Manouche Jazz.

Dopo il 1945 agli iniziali venditori di rottami di metallo e commercianti di stracci, si sono fatti spazio antiquari e mercanti d’abbigliamento. Il mercato amplifica la propria offerta con merce di lusso datata tra XVIII secolo e primo Novecento: mobili restaurati, arazzi, specchi, lampade e articoli per la tavola. Paul Bert, ad esempio, è un mercato eterogeneo: mobili in stile eclettico, accanto a mobili dell’età industriale e Novecento. Per gli amanti di lampade Art déco, Art Nouveau e Design modernista, così per i collezionisti di vetri di Lallique o Gallé, c’è il mercato di Rosiers. L’Entrepôtè, invece, è specializzato in “marchandises volumineuses” cioè merci fuori misura; soprattutto grandi scalinate, librerie, caminetti, “zinchi”, gazebo, portali di pietra e portoni di palazzi, con il vantaggio del trasporto gratuito a destinazione. Gli appassionati di reliquie napoleoniche trovano armi d’epoca ed effetti militari; i bibliofili libri antichi e cimeli tipografici. Sono un po’ dappertutto.

Vernaison è quello che conserva i caratteri storici del passato. I suoi vicoli tortuosi, suggestivi, sono la dimostrazione dell’espansione del mercato delle pulci, quello improvvisato. I suoi chioschi specializzati offrono dai vecchi giocattoli agli oggetti scientifici. Dagli anni Novanta si sono aggiunti, a quelli originari, altri tredici mercati. Tanto che oggi “Les Puces” è stato classificato “Zone de Protection du Patrimoine Architectural Urbain et Paysager”, per l’atmosfera particolare che si respira, percorrendo i vicoli scoperti o coperti dei suoi complessivi diciassette mercati. È per questo che quanti non si accontentano di passeggiare o di acquistare, possono seguire delle visite guidate, per scoprirne i risvolti più nascosti.

 

Home

 

Il Marché aux Puces di Saint-Ouen 1/2

 

Chi va a Parigi e non vuole vedere solo luoghi turistici, ma frequentati anche da “parisien”, prenda la linea 4 del “Métro” e raggiunga il capolinea a Porte de Clignancourt, XVIII arrondissement nel dipartimento della Seine-Saint-Denis. È così chiamato perché un tempo il territorio era possedimento dalla gotica Abbazia di Saint Denis. L’opera monumentale, voluta dall’abate Suger per celebrare il primo vescovo di Parigi, non riverbera alcun carattere artistico, perché la cinta fortificata e la porta d’ingresso alla città (una delle diciassette realizzate da Thiers a metà del XIX secolo), non esistono più. Ma dall’attuale piazza si accede all’antico paese di Clignancourt, oggi Saint-Ouen. Questo agglomerato di oltre 39.000 abitanti (annesso alla città di Parigi nel 1859) ha una sua storia minimale, ma ugualmente interessante, perché tra sabato e lunedì di ogni settimana è possibile recarsi “aux Puces”. In questo modo i residenti chiamano il celeberrimo “Marché aux puces” che – insieme all’altro storico mercato delle pulci di Parigi, quello di Porte de Vanves – permette ai collezionisti un tuffo nelle soffitte d’altri tempi, alla ricerca di quel bric-à-brac che ornò mensole e camini delle case borghesi europee a partire da fine Settecento.

Si sbaglia chi pensa ad un mercatino di bagattelle. Sono ben sette acri coperti da oltre 2.000 banchi e bancarelle, ma anche negozi vetrati, che offrono una passeggiata eccentrica in uno spettacolo rutilante di prodotti. Può capitare di trovarsi al secondo piano di un vecchio caseggiato senza neppure rendersene conto, come nel caso del “marché Dauphine”, dov’è il «Carré des libraires», la piazza dei librai, il posto dove amo perdermi. E voi di cosa avete bisogno? Abiti correnti o vintage? Ce ne sono in abbondanza; perché è possibile trovare articoli nuovi ed usati di ogni genere. Calzature, pezzi di ricambio, vecchia ferramenta, libri, bijou e gioielli, giocattoli, lampade e lampadari, brocche e posate, oggetti d’artigianato, attrezzature sportive, scientifiche, tecnologiche…

Si racconta che un tizio, osservando le bancarelle ricolme di tutte queste mercanzie addossate alle mura della città esclamò sbalordito: “Parola mia, questo è un mercato di pulci”, intendendo riferirsi agli insetti che infestavano tappeti e tessuti esposti in vendita. L’espressione tenne a battesimo il nuovo mercato che la cittadinanza, per motivi d’igiene, voleva “extra moenia”. Fu infatti dopo la guerra del 1870, che gli straccivendoli cacciati di Parigi, tra le casematte e le costruzioni spontanee attecchite alla cinta, dettero vita al primo villaggio commerciale della storia parigina. La nascita ufficiale del mercato delle pulci avviene, però, nell’anno 1885, quando la municipalità di Saint-Ouen si mobilita per la pulizia e la sicurezza del quartiere. I puciers – già si chiamavano così i venditori ambulanti – dovranno d’ora in poi pagare una tassa al Comune per l’occupazione del suolo pubblico.

 

Home