Il Velluto di Nuoro: per abiti classici, tradizionali o casual

Il velluto prende il nome dal latino vellus, proprio perché tessuto caratterizzato da un fitto pelo sulla faccia del dritto. Di origine orientale, si diffuse in Occidente verso il tredicesimo secolo presso le classi più agiate. Nel Cinquecento, periodo in cui si affermò una netta distinzione tra i tessuti per l’abbigliamento e quelli per l’arredo, la produzione del velluto si diffuse anche in Italia. Pur esistendo velluti di lana e di seta, il più diffuso è senza dubbio quello di cotone. Diversi capi tra cui giacche, pantaloni, berretti, e diversi tipi di tessitura, liscia o a coste, rendono il velluto una stoffa poliedrica, adatta ad interpretare qualsiasi stile. In Sardegna probabilmente il velluto giunse con i catalani, e per secoli fu chiamato “terciopelo alla spagnola”. Nostante il nome, questo tessuto veniva fabbricato in Italia per tutto il resto d’Europa.

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IL VELLUTO DI NUORO

La patata della Sila: coltivata fino a 2000 metri d’altitudine

Originaria del Perù, la “Patata della Sila” fu portata dagli spagnoli prima in Galizia e poi nei loro domini in Italia. Da qui cominciò a diffondersi in tutta Europa a partire dal XVI secolo. In montagna, si hanno testimonianze della sua coltivazione sin dal XVIII secolo. Nata sulla catena delle Ande, la Patata della Sila è particolarmente adatta alle alte quote e ai campi in pendenza, non teme la grandine e cresce in qualunque terreno. Infatti, questa patata, poteva essere coltivata fino a quasi 2000 metri di altitudine, anche su terreni poco fertili e in ombra, assicurando sempre un minimo di raccolto.

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PATATA DELLA SILA

Timbri della murgia materana: per distinguere il pane delle famiglie

Il timbro per il pane è uno dei simboli dell’arte pastorale della murgia materana. Fino agli anni ’50 del ‘900 le massaie usavano impastare il pane in casa e consegnarlo ai garzoni dei forni degli antichi rioni della città, che si occupavano della cottura. Dal momento che i forni erano per lo più pubblici o appartenenti alle famiglie benestanti, sorgeva quindi la necessità di distinguere le pagnotte delle diverse famiglie: per questo motivo l’impasto lievitato veniva timbrato prima della cottura. I timbri erano commissionati ai pastori, che li realizzavano quando erano lontani dalle loro abitazioni e avevano del tempo libero da dedicare all’intaglio del legno: essi venivano infatti realizzati con rami trovati lungo il cammino, senza alcuna selezione del legno, e con particolare attenzione all’aspetto funzionale, più che a quello estetico. Oggi invece i timbri del pane sono apprezzati oggetti di ornamento: gli artigiani utilizzano legni pregiati e dedicano molta attenzione all’aspetto decorativo dell’oggetto.

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I TIMBRI DEL PANE

Tappeti di Sardegna: una tradizione dalle origini antichissime

La tessitura nell’oristanese e in tanti centri della Sardegna è sempre stata prerogativa delle donne come produzione artigianale, agli inizi quasi esclusivamente per uso familiare e in seguito anche come attività imprenditoriale. La prima tipologia di produzione era destinata soprattutto al corredo della donna che veniva prodotto a casa con l’utilizzo del telaio in legno, strumento presente pressoché in ogni abitazione. Negli anni ’60 si ebbe una rivoluzione nel settore del tessile che interessò tutta l’isola grazie all’azione operata dall’I.S.O.L.A. (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigianale) che avviò un programma di corsi al fine di provvedere alla “divulgazione e al collocamento della produzione artigiana della Sardegna nonché al perfezionamento degli artigiani attraverso appositi corsi e scuole”.

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I TAPPETI DI SARDEGNA

Limone di Sorrento: il simbolo della Costiera Sorrentina

 

Probabilmente il limone giunse in Italia dall’India, in epoca anteriore al 539 a.C., anno in cui gli Ebrei rientrarono dalla Babilonia in Palestina. La cultura ebraica testimonia infatti già dal VI sec. a.C. la presenza del cedro in Israele, con valore rituale e ornamentale. È quindi certo che le piante di agrumi esistessero in Italia fin dalla prima età imperiale.

Si presume che tale agrume si fosse insediato anche nell’area sorrentina, una zona particolarmente predisposta alla coltivazione di questa specie grazie al suo microclima mite, esente da repentini abbassamenti di temperatura e favorito dagli effetti mitiganti del mare. Il limone comparve quindi nella Penisola Sorrentina in epoca antichissima.

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LIMONE DI SORRENTO
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

 

Corallo di Trapani: sa farsi gioiello come immagine sacra

 

Nell’antichità il corallo trova la sua popolarità come amuleto, specie contro il malocchio come testimonia il classico cornetto. Si riteneva, inoltre, che giovasse alla fecondità delle donne e proteggesse i bambini dai pericoli. Credenza diffusissima presso i Romani, che usavano mettere un rametto al collo dei loro figli.

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IL CORALLO DI TRAPANI

 

Terracotta D’Impruneta: dove le lavorazioni risalgono al ‘300

 

Le origini dell’attività sono molto antiche, i più antichi esempi di cotto toscano che conosciamo sono mattoni e tegole risalenti all’XI secolo, rinvenuti nella zona del Chianti. Nel Quattrocento iniziò il rapporto tra Impruneta e Firenze, i fornaciai imprunetini impegnati nella realizzazione di vasellame per i più importanti conventi fiorentini, quali quelli di Sant’Ambrogio, della Santissima Annunziata, Santa Trinità e per gli ospedali di Santa Maria Nuova e degli Innocenti. Il Quattrocento è il secolo in cui nacque la consapevolezza del valore estetico della terracotta ed iniziò così la produzione di sculture e di oggetti d’arredo per interni e esterni. Nel XVI secolo gli artigiani si specializzarono nella realizzazione di grandi orci da olio e di conche da agrumi, iniziò la produzione di particolari formelle dette “soppani” per rivestire le soffittature interne dei palazzi e si intensificò la realizzazione di oggetti decorativi per giardini, cortili e facciate di palazzi. Ci fu inoltre a Firenze la ripresa dell’uso del mattone a vista nelle architetture. Nel corso del XVII secolo fu perfezionata la tecnica fino a riuscire a porre una vernice sull’argilla per avere maggiore impermeabilità e igienicità dei contenitori.

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LA TERRACOTTA D’IMPRUNETA

 

Arancia di Ribera: modello alimentare, educativo, di ristorazione

 

L’agrumicoltura nasce nelle valli di Ribera agli inizi dell’Ottocento, ma solo nel 1930, con la coltivazione delle varietà Brasiliano e della Washington navel, si raggiunse uno standard qualitativo eccellente, sostituendo gradualmente le vecchie varietà, molto acide e con molti semi.
La specializzazione si è andata affinando nei decenni successivi, privilegiando tecniche produzione innovative.
L’istituzione nel 1994 del Consorzio Arancia di Ribera ha consolidato la coltivazione dell’arancia nel territorio.
Il sodalizio ha puntato da una parte alla tutela dell’Arancia di Ribera e dall’altra alla salvaguardia della qualità nel pieno rispetto della natura.
Fin dalle fasi di avvio della propria attività il Consorzio ha intrapreso iniziative finalizzate all’innovazione, alla ricerca scientifica e all’evoluzione tecnologica, consentendo in brevissimo tempo l’innalzamento dei livelli di produzione, nel pieno rispetto della qualità e della naturalità delle arance prodotte, nonché della loro tutela.

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ARANCIA DI RIBERA

Fonte originale: Consorzio di Tutela Arancia Ribera di Sicilia

 

Una corrispondenza tra tessuto urbano e paesaggio

In un luogo di mezzo, scandalo da tempo sospeso tra il ritmo veloce della città e il lento della campagna, il rilievo del contesto e la sua interpretazione ribadisce, attraverso la progettazione architettonica, la corrispondenza tra tessuto urbano e paesaggio. Ai margini di Firenze, in luoghi dalla forte vocazione a frasi soglie che introducono la città nella campagna, il progetto di architettura tenta di tenere insieme le misure che definiscono la realtà urbana con le regole della civiltà contadina, dove il principio insediativo è dettato dalla topografia ove si sottomette la tipologia e l’impianto architettonico. L’analisi del contesto e il successivo sviluppo delle proposte progettuali, hanno reso possibile l’analisi, attraverso gli strumenti della composizione, tra condizione geografica e condizione architettonica; i lavori, come sonde poste a registrare e restituire i tratti caratteriali del luogo ..

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Conservazione e sostenibilità degli edifici storici

 

Le problematiche legate all’efficienza energetica del patrimonio edilizio esistenti sono un tema molto attuale. Come riportano anche recenti direttive, il settore edilizio è responsabile del 40% del consumo energetico da parte di un settore economico e prioritario. Applicato ai beni architettonici storici, considerevole parte del nostro patrimonio edilizio, il tema diventa ancora più complesso e rilevante. In questo caso infatti gli interventi sull’efficienza energetica sono subordinati alla compatibilità con i principi di conservazione e tutela del patrimonio culturale. Il primo passo per un progetto di restauro in grado di rispondere alle sfide odierne è riconoscere negli edifici antichi il carattere intrinseco di sostenibilità.

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