Napoli – Nuit européenne de la géographie / Notte europea della geografia

NAPOLI, Venerdì 5 aprile 2019
EUROPA, MEDITERRANEO, MONDO – la Geografia in movimento

Programma

ore 15-17: VISITA guidata della mostra di antiche carte geografiche, a cura di Rosa d’ELIA, Maria RONZA e Valeria RUCCO (Università “Federico II” – Biblioteca Area umanistica, nucleo bibliotecario di Geografia (doppio accesso: Via Rodinò,22 7° p.; o Largo S. Marcellino,10 3° p.)

ore 17: VISITA guidata del Museo della Pace MAMT (Fondazione Mediterraneo, Via Depretis, 130, ang. Piazza Municipio) (ingresso a pagamento 10 € – Welcome Coffee, ore 17)

ore 18.30-20.30: COLLOQUIO PLURIDISCIPLINARE EUROPA, MEDITERRANEO, MONDO – la Geografia in movimento (Fondazione Mediterraneo – Museo della Pace, Via Depretis, 130, ang. P. Municipio)

Alla memoria di Eugenia FERRAGINA (ad un anno dalla sua scomparsa)

Saluti: Michele CAPASSO (Presidente della Fondazione Mediterraneo): Europa, Mediterraneo, Mondo: spazio di pace; Silvia SINISCALCHI (Presidente della sezione Campania, AIIG-Associazione Italiana Insegnanti di Geografia)

La geografia in movimento (co presidenza: René G. MAURY, Maria RONZA)

René Georges MAURY (Geografia, Università “L’Orientale”), L’Europa, il Mediterraneo e il Mondo a geometria variabile
Alessandra SARDU (Avvocato, Napoli), I soccorsi in mare alla luce del diritto internazionale
Stefano DE FALCO (Direttore dell’IRGIT-Istituto di Ricerca sulla Geografia della Innovazione Territoriale dell’Università “Federico II”), Geografia della innovazione tra luogo e genio
Paolo PANTANI (primo coordinatore della Macroregione Mediterranea), La Macroregione Mediterranea nelle rinnovate politiche regionali della Unione Europea
Sergio VENTRIGLIA (Geografia, Università “L’Orientale”), La geografia, una disciplina felicemente indisciplinata

Le culture in movimento (co presidenza: Pasquale GALLIFUOCO, René G. MAURY)

Pasquale GALLIFUOCO (Presidente ACLI-Beni culturali, Napoli), Geografia culturale (Europa, Mediterraneo, Mondo) – Al-Idrisi, scrittore geografo, precursore della modernità
Beya Ben ADDELBAKI FRAOUA (Console della Repubblica della Tunisia a Napoli), La Tunisia tra Africa, Mediterraneo e Europa
Silvia SINISCALCHI (Geografia, Università di Salerno), La pizza nella geografia interculturale dei sapori
Vienna CAMMAROTA (Associazione Guide Ambientali Escursionisti), Percorrere il Mondo (dalla Campania alla Via della Seta)…
Zamira BELEKOWA (Associazione “Le donne del Kirghizistan”), Vedere l’Europa e il Mediterraneo dal Kirghizistan a Napoli
M’Barka Ben TALEB (cantante, attrice), Canti e musiche mediterranee e del mondo

Promossa da: EUGEO-Association of Geographical Societies in Europe; AGEI-Associazione dei Geografi Italiani; AIIG-Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (sezione Campania), e società geografiche italiane.

Organizzazione: René G. Maury (T: +39 3386132993) e Pasquale Gallifuoco (T: +39 3661934721), Univ. “L’Orientale”; Maria Ronza (Univ. “Federico II”); Silvia Siniscalchi (Univ. di Salerno)

Col patrocinio del Comune di Napoli

Vanno segnalate altre due iniziative collaterali: visita della Chiesetta di Santa Luciella ai Librai restaurata; Napoli, vico S. Luciella,5 (nei pressi S. Marcellino e Festa); 5 aprile 2019, ore 15-18; con Associazione Respiriamo Arte (T. 3314209045; www.respiriamoarte.gmail.com). Mostra-mercato di antiche mappe, libri di viaggio, cartografia da Map Fair; Napoli, Grand Hotel Oriente, 5 – 6 aprile 2019 (T. 3490609014; info@napolimapfair.com; www.napolimapfair.com).

Napoli è nata sull’acqua ferrata di Megaris, il primo insediamento

di Paolo Pantani (Presidente emerito di ABC Acli Beni Culturali)

Quasi tutte le città, sono nate a ridosso di fiumi, risorse strategiche per ogni insediamento umano, Londinium (Londra) sul Tamigi, Lutetia Parisiorum (Parigi) sulla Senna, Burdigala (Bordeaux) sulla Garonna, Italica (Siviglia) sul Guadalquivir, Roma su Tiber, eccetera. Napoli invece a differenza di queste, è nata sull’acqua ferrata. Il primo insediamento risale al Settimo Secolo avanti Cristo fu fatto dai Rodhesi su un’isola, che chiamarono Megaris, (“grande isola” in Greco), questa in realtà era solo un piccolo isolotto, l’attuale Borgo Marinari, ma aveva due cose, fondamentali e strategiche: un approdo naturale e difendibile, risorse idriche, autonome. Tali risorse erano caratterizzate dalle acque minerali ferrate, le acque del Clanio e del Sebeto erano lontane dall’insediamento. Esse sono la fonte battesimale di una città. Anche il villaggio di Parthenope, di epoca successiva, sorgeva in prossimità di tali fonti. L’acqua è il bene comune primario, non si sopravvive senza. Pertanto è sacra, fonte di vita, in tutte le religioni, anche per i laici è bene assoluto, primario, strategico. Fino al 1973 tutti i Napoletani hanno bevuto l’acqua ferrata abitualmente che veniva raccolta in orci di creta, le cosiddette “mummare”, presso le varie mescite pubbliche; l’acqua”suffregna” era considerata digestiva e curativa. Dopo l’epidemia di colera erroneamente ne fu vietato l’uso, ma non era essa la causa; si era bevuta per migliaia di anni in precedenza, senza alcun danno alla popolazione che ne usufruiva.
Adesso si ripropone con forza e necessità il tema dell’ acqua, bene comune. Tutte le istituzioni napoletane devono e vogliono sottolineare la necessità di un recupero di tale bene primario. E’ necessario portare un contributo al riarmo della Pubblica Amministrazione per la tutela e la salvaguardia dei Beni Comuni.
Esistono analisi chimico-fisiche e batteriologiche che attestano che questa è pura, potabile e dalle proprietà organolettiche molto positive, soprattutto per le patologie gastro-intestinali, epatiche e per l’anemia Mediterranea, essendo ricche di ferro. Pertanto occorre verificare scientificamente la portata al fine di un recupero totale di questa preziosa risorsa idrica dimenticata da tempo per incuria e soprattutto per “malagestio”, nonché per la assenza di governo del territorio da parte delle Istituzioni Pubbliche. Le ABC, Acli Beni Culturali, promuovono con le Istituzioni, quali il Comune di Napoli, la città Metropolitana, la Regione Campania, il tema della sacralità dell’acqua e del suo recupero socio-economico, anche nelle forme e nei modi della micro-economia sussidiaria.

IMMAGINE DI APERTURA – Acqua di Nadine Doerlé

La sacralità dell’acqua: il recupero della sorgente del Beverello a Napoli

Questo video è un contributo inviato da Paolo Pantani (Presidente emerito di ABC Acli Beni Culturali) e riguarda il recupero delle acque ferrate di Santa Lucia a Mare e di Agnano, il recupero della sorgente del Beverello sotto Palazzo Reale di Napoli, nei locali della Cavallerizza in Parco Castello, oggi Polisportiva Partenope, “ente morale”. Commenta Pantani : «Una palestra e un parcheggio selvaggio, sotto un castello e a un palazzo reale, monumenti sommi di una città, si vedono solo a Napoli!». Questa fonte veniva usata per fare il carico d’acqua per i velieri che andavano molto lontano e nelle Americhe, perché che si riteneva fosse l’unica acqua al mondo non soggetta a putrefazione. Per questo motivo il molo adiacente nella Darsena di Napoli si chiama Beverello. Forse si può fare ancora qualcosa come Città Metropolitana di Napoli.
Noi di Experiences aggiungiamo che forse si può fare molto, e non solo a Napoli, quando molte persone si impegnano come Paolo Pantani per il bene comune e per la valorizzazione del patrimonio storico.

IMMAGINE DI APERTURA – Acqua di Nadine Doerlé

La visita a Palermo di Xi Jinping: la Sicilia rientra nel nuovo scenario geopolitico?

di Francesco Attaguile

La Sicilia e la Via della Seta: riprenderla, sette anni dopo, da dove eravamo già arrivati. La prossima visita del presidente cinese Xi Jinping in Sicilia offre l’opportunità di riallacciare un rapporto bruscamente interrotto nel 2012 e di riposizionare l’isola al centro dei traffici mondiali.  A chi spetta riassumere l’iniziativa ?

Che gli USA non gradissero l’incremento dei rapporti Italia-Cina ci era noto almeno dal 2011, quando l’allora Segretario di Stato Hilary Clinton incontrando il Ministro degli Esteri Frattini chiese preoccupata cosa stessimo facendo in Sicilia con i cinesi. Infatti nel 2010/2011 -prima durante e dopo l’Expo di Shangai- avevamo avviato (ero allora direttore delle relazioni internazionali della Regione), insieme al compianto assessore Mario Centorrino, al siciliano Antonio La Spina capo dell’ICE in Cina ed alla nostra ambasciata a Pekino, un costruttivo rapporto con le massime autorità politiche e finanziarie cinesi (Fondo sovrano C.I.C. e China Development Bank, con la quale Lombardo sottoscrisse solennemente a Roma un protocollo d’intesa -v. foto), giunto fino alla predisposizione delle schede tecniche di dieci grandi opere da finanziare in Sicilia (compresa l’integrazione del projet financing per il ponte di Messina, considerato la madre di tutte le infrastrutture) presentate da Frattini all’allora premier Wen Jiabao in visita a Roma ed al presidente della C.I.C. Lou Jiwei, quello che poi ha “acquistato” il porto del Pireo. A seguito di ciò accompagnammo il ministro del commercio Yang Yaoping al porto di Augusta, che ottenne un primo co-finanziamento cinese di quasi 100 milioni di euro ad integrazione di quello statale (poi entrambi non utilizzati) per la costruzione dei piazzali per i container e la progressiva trasformazione a loro spese nel più grande porto commerciale del Mediterraneo. Purché fosse collegato stabilmente -precisò il Ministro- allo “entroterra europeo” con il ponte ferroviario sullo Stretto di Messina, la cui Società concessionaria fu presente all’incontro con il presidente Zamberletti e il direttore Fiammenghi, ma non a caso fu subito bloccata a lavori iniziati  -come la TAV Lione/Torino- e messa in liquidazione da un disinvolto D.L. di Monti/Passera .

Il contrastato ma avanzato iter si bloccò del tutto per la rozza ignoranza di Crocetta, che non gli fece “riconoscere” (sic!) e ricevere con il dovuto riguardo un altissimo esponente istituzionale cinese, venuto appositamente per concludere l’accordo quando avevo da poco lasciato la Regione. Sarebbe partita già allora dalla Sicilia quella “via della seta” alla quale il governo cinese non ha mai rinunciato e che, dopo averla rinegoziata per l’Italia con Gentiloni, sta riproponendo con la visita di Xi Jinping. Con essa ora si prevede il potenziamento e l’utilizzo dei porti italiani, a partire da Trieste e Genova, forse anche Taranto e Gioia Tauro, ma non Augusta e Pozzallo perché, benché più prossimi alle rotte, non sono collegati con il ponte alla rete ferroviaria europea. Tuttavia il non casuale “dirottamento” a Palermo del massimo vertice, dovuto per un riguardo alla città di Mattarella (che volle visitare quella di Xi Jinping) ma soprattutto per la posizione strategica della Sicilia, consente ora di ricucire il rapporto. Non sono previste riunioni operative (come a Trieste, dove si firmerà già per l’ampliamento del porto) ma è noto che il sistema piramidale cinese è sensibilissimo a qualsiasi segnale -positivo o negativo- proveniente dall’alto.

Non mancherà a Leoluca Orlando -l’unico ammesso al contatto, essendo la Regione ancora “in quarantena”- di riprendere il dialogo, che richiede tuttavia una pronta iniziativa progettuale di tutto il sistema Sicilia (imprese, Università, Enti territoriali etc.), ma soprattutto la volontà del governo italiano di colmare il divario infrastrutturale del Sud indirizzandovi questo provvidenziale intervento esterno trainante dello sviluppo. Ciò compenserebbe gli oltre 20 miliardi già investiti dai cinesi in quasi 700 imprese del centro-nord ( più di 40 miliardi in Germania, ben 60 nel Regno Unito etc.) ed avvicinerebbe l’Italia e l’Europa (da 3 a 15 gg. di navigazione in meno a.r.) alle rotte del nuovo interscambio globale, bilanciando i massicci investimenti statali ed europei in infrastrutture del nord (TAV compresa) e potrebbe essere il corrispettivo politico per accettare l’autonomia differenziata delle Regioni ricche.

Ma chi alza oggi la mano per chiederlo? Il silenzio è assordante! Quanto alla posizione ostile assunta da Trump (e da Putin, tant’è che Salvini si oppone), occorre ricordare che i vecchi equilibri che hanno a lungo governato il mondo, cristallizzati nel G7, sono ormai superati e che il nuovo policentrismo porta al recupero delle regioni mediterranee fin qui emarginate, rimesse in gioco dal declino dell’egemonia atlantica e dallo spostamento a sud dei nuovi motori dell’economia. L’UE farà bene ad accorgersene in tempo, puntando sui suoi territori meridionali.

IMMAGINE DI APERTURA – Firma del protocollo d’intesa, presso la sede della Regione Siciliana di Roma, fra il Presidente Lombardo e il Governatore (con rango di ministro) della China Developpment Bank, in occasione della visita in Italia del premier cinese Wan Jabao nel 2011. Intorno al tavolo, oltre ai due firmatari e al sottoscritto (Francesco Attaguile), l’assessore all’economia Gaetano Armao, il sottosegretario alle infrastrutture Reina, il vicegovernatore della CDB Liu Hao, l’ing. D’Urso oggi direttore regionale dell’energia, il direttore della Stretto di Messina spa ing. Fiammenghi, il prof.Rosenthal dell’Associazione Italia-Cina (in rappresentanza del presidente Romiti).

Sebastiano Tusa: un mondo di conoscenze, scevre di presunzione, ricche di umiltà

di Cosimo Inferrera

Accostarsi alla figura scomparsa di Sebastiano Tusa con la pretesa di consegnare ad altri un referto è come stare sulla soglia della violenza verbale. Non possiamo aggiungere parole che siano testa di ponte per altre parole … Un profilo sintetico della Sua personalità complessa però possiamo tentarlo. Primo punto la FORZA. Forza di restare con costanza e senza cedimenti nel recinto invalicabile delle scelte etico-morali. Sempre. Dunque come virtù dantesca, da cui la Sua “virtute”. Secondo la CONOSCENZA. Cioè sintesi organica, armonica, originale di culture, dalla archeologia, alla storia, dalle religioni alla antropologia … Sono, appunto, virtù e conoscenza i capisaldi che devono presiedere alla vita pubblica, rari e preziosi più delle stesse piattaforme petrolifere che un Eroe civile, lungimirante come Enrico Mattei aveva intravisto, a rischio di vita, per ridare energia di ripresa all’Italia postbellica. Oggi non solo soffriamo della ben note carenze, ma siamo ancor più carenti, a livello gestionale e territoriale di forza morale e competenze … La scomparsa di Sebastiano Tusa lo evidenzia drammaticamente per la Sua giovane vita, per la Sicilia e … (ma non ci crede nessuno) per la stessa Italia.

Apre a Napoli la nuova sede del Centro di ricerca Euromediterraneo del Pam

Palazzo Santa Lucia a Napoli

Mercoledì 6 marzo, alle ore 10:30, presso la Sala De Sanctis di Palazzo Santa Lucia a Napoli, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della sede del Centro di Ricerca Euromediterraneo del PAM a Napoli. Hanno partecipato Francesco Senese (Liaison Officer del PAM), Sergio Piazzi (segretario Generale del PAM) e il parlamentare europeo On. Andrea Cozzolino, che ha rilasciato una dichiarazione all’Agenzia Videoinformazioni. Ha concluso i lavori il Presidente della Regione Campania On. Vincenzo De Luca. Il PAM, acronimo dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo, è un’organizzazione internazionale che raccoglie come membri numerosi paesi che insistono sul bacino omonimo. L’Assemblea, con sede a Bucarest, ha il fine di promuovere le migliori condizioni politiche, socio-economiche, ambientali e culturali per i cittadini degli stati membri.
LEGGI LA SCHEDA SU WIKIPEDIA
IL WEBSITE UFFICIALE ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL MEDITERRANEO

Sebastiano Tusa: Mediterraneo? Innegabile il fascino per i grandi valori culturali che produce

Rendiamo omaggio a Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, assessore regionale per i beni Culturali e ambientali della Sicilia, tra le vittime italiane del disastro aereo in Etiopia di domenica 10 marzo 2019. Lo facciamo ascoltando una sua conversazione e leggendo un’intervista rilasciata a Massimiliano Cannata per “L’impresa, rivista italiana di management” del gruppo 24Ore. Tema è il fascino del Mediterraneo. «Dietro ogni cosa c’è un’archè, un principio che fonda la realtà e che occorre investigare con perizia se vogliamo capire le dinamiche del presente… Viviamo un’epoca in cui il Mediterraneo è debole, perché i paesi che vi si affacciano hanno economie deboli e non riescono a formare un fronte forte per contrastare il potere finanziario e l’ipotesi di un’Europa a “due velocità”».

SCARICA L’INTERVISTA DAL SITO WEB DI SEBASTIANO TUSA

www.sebastianotusa.it

Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 5/5

di Giuseppe Campione

5. Ma a pochi eletti è permesso raggiungere il centro di un labirinto e poi, quel che è più importante, consentirne l’uscita: Percorso vietato ai non qualificati, rappresentazione di prove iniziatiche, che sono escludenti e discriminatorie, come lo è stata la realtà di qualsiasi città del mondo. Le mille luci di una città non illuminano con la stessa intensità palazzi, viali residenziali e bidonville. Così una città contiene, come dice Calvino (Le città invisibili, Mondadori, 1993), il suo passato, le sue diverse realtà, in tutto ciò che mente e sguardo riescono a carpire. E forse aveva ragione Clemente Rebora, quando ci ricordava che sola “a verità condusse poesia”?
Cosi ad esempio recita Borges, “inventando” la sua Buenos Aires: Sei le cose che estinguerà la morte. È una città fuori del tempo ed eterna come l’acqua e l’aria quella che fluttua tra le parole e i versi del poeta argentino. Ma potrebbe essere qualsiasi altra città come luoghi e paesaggi interiori dell’Uomo e perciò universali. Spazi che a poco a poco vengono inglobati a formare un habitat secondo l’esigenza vitale di una comunità, che è unica nel suo divenire, nella sua emancipazione.

Oppure spazi che sono nati nella mente di un architetto e realizzati con razionale compiutezza come la Chandigarh di Le Corbusier, la “città d’argento” costruita secondo lo schema dell’uomo, il Modulor appunto, la cui mano “aperta per ricevere e donare” è il simbolico monumento al centro della città. Ma perché non pensare alMemoriale all’Olocausto, progettato da Peter Eisenman, un percorso labirintico lungo il quale una vasta griglia di colonne di cemento crea un’atmosfera di astrazione che diventa metafora dell’oscuro e complesso percorso interiore che l’uomo vive al ricordo del genocidio degli ebrei. Metafora oscura e astratta di orrore indicibile.

Geometrie, strutture e aritmetica per scansioni che possono ripetersi all’infinito secondo un sistema che tanto ricorda la Biblioteca di Babele di Borges, la biblioteca della sua Buenos Aires città specchio e metafora del mondo dove c’è il centro dell’Universo, l’Aleph, che soltanto in pochi possono vedere.

Metaforicamente ancora è la sicurezza dell’appartenenza, dell’abitare spazi condivisibili anche storicamente, che permette all’uomo di accedere al centro nascosto di una comunità. E non a caso il Borges parla di biblioteca di libri e di scaffali. Scansioni del pensiero, dei concetti e quindi della cultura che tra gallerie e geometrie perfette corrono il rischio (ma sembra sia necessario per il divenire) di cambiare fisionomia, di mutarsi insomma in altri libri che ovviamente sono da leggere in una visione più globale che l’io, l’individuo. In fondo la Biblioteca con tutte le variabili di combinazione di caratteri è infinita anche se periodica proprio perché è l’Universo stesso e nel momento in cui l’uomo è costretto ad una scelta che necessariamente esclude le altre dà il via “a diversi futuri, diversi tempi che a loro volta proliferano e si biforcano” come i sentieri in un giardino. Sembrano viaggi tra dedali e labirinti, all’infinito, per dare una fisionomia alla città dove si concentra tutto il vissuto e che perciò non ha bisogno di uno sguardo per essere visto. La città come scaffale di memorie?

Certo, la risposta non è semplice, ma non dovrebbe essere estranea all’insieme delle nostre considerazioni, una qualche analisi su quel sentimento collettivo che anima movimenti e vicende, che produce senso ed elabora processi di mitopoiesi ed accentuazioni simboliche e che poi connoterà le modalità di organizzazione e di governo del territorio. Potrebbe offrire anche altre chiavi di lettura all’assunto di riuscire a cogliere il senso di queste epifanie come se discendessero, in diversa misura, da quella definizione che Raymond Aron dà dei “caratteri nazionali”, la maniera, cioè, in cui un individuo prova e manifesta sentimenti, desideri, passioni. Ma anche esige, più che governement, significativi approcci a forme di governance che sostanzino la qualità della cittadinanza.

Ed anche l’utopia delle città per vivere. L’utopia che è come l’orizzonte: ‘cammino due passi e si allontana due passi, cammino dieci passi e si allontana dieci passi’. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare. Dice un vecchio proverbio spagnolo: le strade, viandante, non ci sono, sarai tu a tracciarle, camminando.

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 4/5

di Giuseppe Campione

4. La geografia, e poi l’urbanistica, avrebbero dovuto dare forma a un piano di generali riconsiderazioni attraverso progetti comunitari capaci di tener conto “contemporaneamente” di tutti i fattori sociali, culturali, economici: “questi sono i soli che potranno modificare le condizioni di vita”, diceva Adriano Olivetti, prima che Campos Venuti parlasse di terza generazione e quel “poetare” apparisse alla fine confinato alle regioni del cuore.
Questa visione, che sembrava anch’essa auto-confinarsi nei recinti dell’utopia, resta riferimento per chi ha memoria di storie e progetti locali? Ed anche per chi si confronta con un’azione di pianificazione urbanistica continua nel tempo, che avrebbe dovuto rappresentare una risorsa determinante per sperimentare più efficaci modelli di governo metropolitano? Azioni di pianificazione urbana, cioè, dialogata e monitorizzata da forze sociali e culturali, con azioni condivise, con forme interistituzionali di collaborazione, in una comune rilettura delle opzioni di crescita, ripensandone le dinamiche, per una diversa relazione tra strategie e progetti.

Ecco allora l’urgenza di dare senso compiuto al progetto di ricostruzione della città, per nuovamente, e questa volta più compiutamente, pensare ad un urbano possibile: mobilitando in questo muoversi risorse, volontà, intelligenze, professionalità che con noi dialogano incessantemente. Proprio perché tutto ciò significa capacità di portare avanti un disegno che, se nel tempo ha avuto pregevoli teorizzazioni ed auspici, oggi rappresenta l’unico new-beginning nelle nostre mani.

Non siamo riusciti fin qui a garantire, proprio per la carenza di discorso metropolitano, quelle sperimentazioni che avevamo promesso: nuove germinazioni, dalla cultura della libertà a quella della cittadinanza, al pluralismo culturale, alla promozione di stili di vita più aperti etc. Per questo la “promessa urbana”, resta una sfida e tutti gli attori siamo chiamati ad affrontare il disordine che è l’altra faccia del nozionismo dello sviluppo e delle crescite improprie. In altre parole dovremmo nuovamente rintracciare – come molti di noi iniziarono a fare, in tempi lontanissimi, discettando delle conurbazioni dello Stretto, con Lucio Gambi, Francesco Compagna, e Ludovico Quaroni – una più generale sperimentazione di congrue opzioni culturali, anche per conseguenti azioni di governo: in modo da determinare possibili mappe di capitale sociale, ricco di invenzioni e pensieri forti e finalizzato, negli effetti di un operare complessivamente dialogato, ai temi della qualità della convivenza.
E sarebbe come esigere, più che “governement”, significativi approcci a forme di “governance”, e quindi di qualità della cittadinanza, frutto anche e forse soprattutto del valore aggiunto della nostra intrapresa universitaria. E allora ritrovare il senso dei luoghi, arricchendo la nostra “cassetta degli attrezzi” con quello che offrono saperi all’apparenza distanti. Il risultato sarà un mosaico, ricco di rimandi che si aprono su scenari spesso sorprendenti: dove il locale e il globale si incontrano, si sommano, suggeriscono chiavi di lettura, per leggere il nostro territorio e la sua “insularità complessa”, le “isole di terra” di Fevbre, e per convenire, come in un mio recente intervento su Repubblica (24 3 2007), che «il territorio, con il suo olocausto, è la vera prova che bisognerà portare nei tribunali della storia». Perché territorio non è soltanto una costruzione con valenze essenzialmente politiche e di dominio ma principio strutturante di una comunità politica che ne materializza l’ancoraggio al suolo.

Questi spazi, pur nel variare dei disegni, ed anche nella loro immaterialità, esprimeranno comunque forme di irraggiamento di un polo generatore e coordinatore. Così le città non scompaiono nel gioco di intrecci della globalità, anzi riaffermano il ruolo di controllo sull’esplicitarsi di nodi e reti, perché sono al tempo stesso sistemi territoriali locali e nodi di reti globali (G. Campione, Narrazioni di Geografia politica, Rubbettino, 2007).

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 3/5

di Giuseppe Campione

3. Ed è come se scoprissimo di avere il mondo intero come orizzonte, ma che abbiamo molti, proficui e ignorati vicini, assai interessanti per la costruzione di territori retti ancora dal principio della distanza, quei territori della produzione materiale, del consumo, del trasporto, “tappeto” sottostante alla rete e ad essa necessario.

A partire dall’integrazione culturale, un massiccio lavoro di costruzione della comunicabilità da attuare accanto alla telematica delle reti ed all’alfabetizzazione tecnologica. L’integrazione mediterranea ad esempio può portare alla realizzazione di uno spazio nel quale – oltre al “muro” tra Nord e Sud del mondo – cade l’altro confine reso illusorio dalla globalizzazione: quello tra terra e mare, nel senso che il mare cessa di essere uno spazio esterno e la trama dei luoghi si snoda in uno stile che è la sintesi stessa della civiltà mediterranea.

Se il nostro fosse stato paese non solo a democrazia imbozzolata nelle pratiche opache dell’intendenza non avremmo avuto lo sfacelo del territorio, soprattutto nel mezzogiorno. Qui le elargizioni dell’intervento straordinario funzionali al ritorno prepotente di poteri motivati da antiche subculture, e allo snodo di finanze capaci di riammagliare mafie e politica, con gli ausilii di cospicue intellettualità organiche, hanno determinato regressi e desertificazioni territoriali. Il deficit di condizione civile appartiene come approdo alla rinuncia ad operazioni di nuova intelligenza degli avvenimenti.

Ora ripensare all’utopia di città per vivere (sì, a città), con le aperture urbanistiche che dovrebbero superare antiche logomachie sulle priorità degli assunti, significa non navigare verso un’isola che non c’è, ma immaginare un’antigeografia dell’esistente. Tornare cioè alla città come principio ideale e come motore di una nuova armonica, certo in quanto possibile, regionalità. Regione come spazio costruito da una storia ripensata che si è inconsapevole sedimentata in antropologie e logiche territoriali che ne hanno disatteso le grammatiche. La sensazione d’insicurezza, il difficile convivere in una società divenuta meno omogenea e prevedibile, la risposta fattuale che si vuol dare alla paura, sembrano dilagare e sono percepiti alla stregua di dati incontrovertibili.

Così, ad esempio ed in sintonia con la tragedia di un territorio, lo scoppio delle periferie, di una ribellione con supporti ideologici, soprattutto quelli indotti dalla rabbia dell’esclusione, denotano comunque un dato certo: il fallimento di un modello socio-territoriale che diventa sempre più esclusivo per pochi ed esclude sempre di più i tanti. Fa parte appunto di quel processo disgregante che ha colpito anche i paesi più ricchi del mondo e spazialmente esprime il consolidarsi delle teorie e pratiche di esclusione della storia che attraversiamo. È la punta dell’iceberg di quelle nuove povertà che sono venute ad affacciarsi con l’aumento del precariato nel lavoro, con l’avvento della delocalizzazione, l’invasione dei prodotti della competizione globale, i percorsi incontenibili delle ondate migratorie, confinate al rango di generatrici di paura e non di consapevole doverosa accettazione in una logica di multietnicità.

Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta