Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 2/5

di Giuseppe Campione

2. Le città e le stanze del territorio, nella metafora di L.B. Alberti, scene locali dai contorni incerti e sovrapposti, che “nel loro montaggio complessivo, si catalizzeranno nei luoghi di maggiore dinamismo”, e allora la regione del nostro possibile approccio saranno connessione, relazione, in una maglia di gravitazioni e di gerarchie, saranno sistema. (G. Campione, La composizione visiva del luogo, Rubbettino, 2005).

Ma come si costruiscono le ‘città leggenda’ per un immaginario catalogo? Dalle grandi epopee letterarie eurocentriche dell’Ottocento alla filmografia contemporanea, la ‘narrazione’ della città e l’edificazione dei suoi ‘miti’ divengono le reali strategie di marketing urbano e, al tempo stesso, in modo più o meno consapevole, influiscono sui modi della città di intervenire su se stessa, come operazioni di trasformazione e cosmesi: la città prospera alimentando la propria leggenda, e il progetto architettonico – realizzato – diventa strumento della città per restare, rinnovandosi, comunque in modo percepibile all’altezza del proprio mito. Il ‘percorrere’ la città, il ‘camminare’, il ‘pedalare’, divengono in questo contesto non più solo strumenti di lettura, ma di vera e propria ‘scrittura’ delle narrazioni urbane o metropolitane.

Fattore in controtendenza, di livellamento e tendenziale omologazione percettiva delle diverse emergenti specificità di ogni mito, uno spazio pubblico che oscilla fra indebita metastasi del ‘pianeta degli slums’ e luogo globale dell’insicurezza e della paura. Ma anche la paura è un potente mezzo di narrazione: il discorso sulla città, ciò che la città narra, diviene allora “discorso della paura, esso stesso capace di contribuire, fino alla concretezza dell’intervento fisico, alla costruzione e al mantenimento del mito. In questo caso però è lo stesso mito ad omologarsi: le ‘geografie della paura’ contemporanee disegnano – e costruiscono – città che, a partire dalla loro unicità e differenza, in contesti fra loro dissimili e remoti, tendono a replicare i medesimi ‘antidoti’ rassicuranti.

Cinema, arti visive e letteratura sviluppano il “tema della città”, come, in maniera altrettanto massiccia, la pubblicità e tutte quelle immagini e discorsi che ogni giorno ri-creano le “città del mito”. In certi casi, la mappa mentale delle città può dirsi addirittura creata dall’insieme dei discorsi e delle rappresentazioni che si sono succedute e integrate componendo un’immagine che a volte oscilla tra lo stereotipo e il ritratto sfaccettato. Così ad esempio riflette Italo Calvino: Prima che una città del mondo reale, Parigi, per me come per milioni d’altre persone d’ogni paese, è stata una città immaginata attraverso i libri, una città di cui ci si appropria leggendo.
Augè (“Per inventare un nuovo futuro”, La Repubblica,1 febbraio 2005) ci riporta a quella che Lyotard chiamava la fine delle grandi narrative, un momento che corrisponde alla perdita delle illusioni: dai miti d’origine che sono spariti da tempo ai miti escatologici del futuro. Nel postmoderno spariranno anch’essi. Diamo per scontato, ad esempio, che le consuete rappresentazioni dell’integrazione mediterranea si fondino su presupposti decaduti: che le regole del gioco territoriale siano mutate e che serva ridefinire le specificità delle regioni rivierasche e dei loro possibili rapporti, nella traccia di denominatori comuni tra e nella varietà che si cela in ogni classificazione fatta dall’esterno, celandone la loro coessenzialità alla rappresentazione che partoriamo. Che il mondo mediterraneo, si riprendano le complesse definizioni, sia vario all’infinito, induce però a cercarne significato operativo ai nostri fini di geografi intenti a ridefinire le opportunità di connessione.

Una concezione suggerita dalle forme, confermata da strutture territoriali comunque fondate su baie riparate, lembi costieri di pianura, promontori difendibili anche se appoggiate a masse continentali. Fino all’estremo lembo di cultura greco-mediterranea verso nord, in fondo all’Adriatico, su una costa senza rocce, nel fango rimodellato in arcipelago della laguna, da dove Vincenzo Coronelli descriverà il mondo come un generale arcipelago, un Isolario che copriva i cinque continenti. Una concezione che affascina oggi per la sua efficacia nel dar conto di un mondo frammentato sì, ma connesso come non mai (G.Zanetto ( pro man.) e Campione, 2007, cit.).
Il declino di una concezione dello spazio geografico come susseguirsi di distese contigue, dominate da un’enfasi sui confini come sedi di conflitto, con i mari come vuoti; l’estinguersi rapido di un assetto geopolitico ha abbattuto (o, meglio, reso inutile) una frontiera che è stata caricata di significati di separazione tra mondo moderno e spazi, più o meno organizzati della povertà, spazi dei conflitti. Nella simultaneità, che sostituisce la velocità del moderno, il piccolo globo azzurro simbolo della rete globale rappresenta un mondo in cui non hanno senso le avanguardie, in cui il confine tra cultura ed economia è dissolto, in cui è decaduto il mosaico di aree omogenee garantite dal costo di superamento dell’attrito della distanza.

Ma che territorio costruisce la simultaneità della rete, dato che in esso la competizione ha infiniti partner e tutti possono sottrarsi ai monopoli ed al conformismo locali? E, ci sembra, finiscano col disegnare un paesaggio urbano diffuso che si squaderna in un territorio allargato? Territorio che non si ramifica necessariamente in conurbazioni lineari, né in sovrapposizioni sostanzialmente degradanti il tessuto urbano, ma denota rarefazioni insediative molteplici, in un processo di cariocinesi.
Il mondo contemporaneo così, ci ricorda Guarrasi (La città incompleta, Palumbo, Palermo, 2002), può essere considerato come un sistema territoriale complesso, articolato appunto in complessi regionali: ognuno di questi complessi manifesta a sua volta un certo grado di differenziazione interna derivante da vincoli storico-ambientali, la cui azione si sviluppa nel lungo periodo. Una tipologia di situazioni territoriali aperte, collocate nell’intersezione di uno spazio relazionale, con le sue relazioni verticali, orizzontali, complesse, per utilizzare Dematteis (Progetto implicito, Franco Angeli, Milano,1995). Un territorio urbano pensato al plurale, perciò, dove si accumulano, si sedimentano storie plurali. Nella polifonica dissonanza e nella programmatica incompletezza dell’agire umano: Un evento che accade, che sta accadendo e che si disloca perturbando, disordinando, secondo i canoni decostruttivi di Derrida (Come non essere postmoderni, Medusa, Milano,2002). Un evento come storia, dice ancora Augé (id.), come perturbazione del sistema proprio per il carattere eretico di ogni utopia. Così eventi emergono dalla ormai stentata omogeneità degli stati nazionali e lo stato sussiste solo in quanto efficiente sostegno in un libero trascorrere di capitali e tecnologie che li trova intenti a fluidificarne il mercato anziché segregarlo e proteggerlo.

E’ nelle keywords di Gottmann sulla teoria geografica che troviamo un definirsi dell’iconografia, l’insieme dei simboli cioè in cui crede la gente, anche, e perché no?, in un modo acritico che però si è sedimentato nel tempo, come un qualcosa (una forza?) che può determinare l’organizzazione degli spazi. Un elemento perciò discriminante o cloisonant, proprio perché esprime, in cospicua misura, “la caratteristica dei gruppi sociali a trovare identità religiosa, nazionale, culturale attraverso la costruzione di un set definito di credenze, di idee e di icone, a scala locale”.
A guardare quel che succede oggi, ci ricorda il Gottmann, la realtà non è così semplice; “alla liberazione dai vecchi ceppi -dalle minacce ancestrali a tutte le promesse della globalizzazione- risponde il risveglio dei nazionalismi, dei regionalismi, degli interessi locali, dei vecchi istinti tribali. La vera compartimentazione dello spazio non è nella geografia della materia” (“Geographie politique”, in Encyclopédie de la Pléiade, Géographie Générale, Gallimard, Paris, 1992). Comunque se è in ragione di questi fattori “à la fois matériels et spirituels”, diciamo culturali, che si determina le cloisonnement politique du monde, l’iconographie “permette di selezionare tra i fattori culturali quelli che condizionano i fenomeni di cloisonnement, i regionalismi”, creando altresì “la chiave del dialogo tra geografia culturale e geografia politica. Da questo dialogo ne verranno ulteriormente evidenziate appartenenze, identità radicate, idee ereditate, miti, linguaggi, simboli, icone.

Tuttavia la dissoluzione dell’ordine territoriale tradizionale non produce necessariamente le informi distese tipiche delle urbanizzazioni del terzo mondo, non dissolve i luoghi, non sostituisce con solidarietà di rete gli organismi locali: se pur può essere così, non è necessariamente essere così. Se gli standard comunicativi si fanno globali e implicanti una gamma vastissima di attività (fino alla omologazione in poltiglie culturali sincretiste scambiate per tollerante integrazione), resta pur vero che nessun attore economico è competitivo se con lui non compete il suo territorio: dai servizi pubblici alla solidarietà sociale all’identità etnica, alla semplicità, chiarezza e rispettabilità delle regole, dalla qualità e disponibilità di energia e acqua, dalla sicurezza personale al livello di tecnologia ed efficienza delle altre imprese tutto ciò fa spesso il differenziale di competitività.

Più direttamente soggetto al controllo diretto dei suoi membri, dotato della forza delle strutture spontanee (cioè rodate da infinite azioni di correzione ed aggiustamento e condivise dai suoi attori), il territorio consolidato (giustamente inteso come la forma tipica della regione geografica come frutto possibile e raro) compete e viene confermato se non addirittura consolidato dai processi di omologazione dei mercati. La coincidenza di economia, cultura e società nello stesso territorio è uno strumento formidabile di competitività.

La possibilità di rapide ed efficienti connessioni a tutto campo mina le strutture territoriali artificiose e coatte, premia quelle spontanee; la possibilità di connessione con qualunque luogo non lede l’utilità delle connessioni col vicino con l’obiettivo di costruire territori efficienti. Cadute le grandi cortine tra blocchi, le grandi aree limitrofe trovano ravvivati interessi di integrazione, di tessitura di trame territoriali fondate sulla reciproca specializzazione e scambio.

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Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

Storie plurali di un territorio… per un Mediterraneo regione, non frontiera – 1/5

di Giuseppe Campione

Dai processi di interpretazione culturale, sottesi alle incidenze e alle eccedenze territoriali, con ambiguità, distanziamenti, racconti dello sviluppo storico nella crisi non risolta dei discorsi occidentali, delle antropologie, che pur egemoni per via di declamata, non sufficientemente contrastata, portata planetaria, alla globalizzazione vista dalla parte delle vittime.

Quali sono gli elementi essenziali di una cultura, i suoi confini? Come si scontrano ed entrano in rapporto l’io e l’altro? E adesso quali le possibili relazioni (e le opposizioni locali), con le attese, le compromissioni, i mutamenti, le sopravvivenze culturali, con percorsi tutto sommato autonomi, anche se su linee ancora non compiutamente definite, nel crocevia europeo-mediterraneo che si imbozzola nelle narrazioni da mattino del mondo?

Le nostre non possono che essere rappresentazioni degli effetti che si manifestano talvolta in esotismi di maniera, quando addirittura non cercano di abbellire la mattanza “poetica”, anche tragica, del viaggio a perdere, la piccola morte solo estetizzante: teorie, come borse degli attrezzi, con improbabili strumenti posti a decifrare il reale passo dopo passo, senza cadere nella presunzione delle narrazioni esclusive e dei saperi unifunzionali. Per testualizzazioni che, dice Ricoeur, è come se postulassero relazioni, appunto, tra “il testo e il mondo”. La testualizzazione genera senso, prima isolando un fatto o un evento e poi lo contestualizza nella realtà che lo ingloba. In ogni caso la capacità di produrre senso dipenderà dalla coerenza creativa e dalle ri-percorrenze consentite alla ri-creazione del lettore: l’immagine che è dopo l’oggetto.

Una proiezione mentale che trasfigura, ri-crea in quella comunicazione iconica, nella grammatica delle immagini. La geografia allora sarà scrittura, ma anche critica sovversiva: un viaggio, un modo di capire e di muoversi in un mondo eterogeneo, solo cartograficamente unificato: lo Stretto, frontiera o regione? Ma cos’è regione se non insieme di flussi e di relazioni che connotano spazi aperti ma con funzioni che si risolvono in struttura d’insieme? Nuove pratiche spaziali: tenendo conto che è sempre più difficile ignorare che le vecchie topografie sono esplose. Dice Clifford: Non è più possibile lasciare il proprio tetto fiduciosi di trovare qualcosa di radicalmente nuovo, un tempo e uno spazio altri. La differenza la si incontra nella più contigua prossimità, il familiare affiora agli estremi della terra. È il nuovo dis-orientamento, con nuove strutture interpretative, paesaggi, linguaggi. La casa del territorio, lo spazio armonicamente urbano di L.B. Alberti, e la città, come principio ideale delle storie dell’uomo, come dal Cattaneo. Come unica patria che “il vulgo”, riconosce…anche oggi, quando la geografia dei flussi del Castells, sembra decretare “la fine dei territori” (B. Badie). Cultura e identità non si radicano in terre ancestrali; vivono per impollinazione (Césaire).

Forse tradizioni lingue cosmologie valori sono più deboli: ma non passivi. Ordini di diversità che non possono diventare monocultura, ma creazione, traduzione di altro. E allora basta oscillare tra metanarrazioni tra omologazione ed emergenza, tra perdita ed invenzione: rappresentazioni ibride e sovversive che prefigurano un futuro inventivo. Morin parla di secoli di barbarie europea; conquiste, asservimento, colonizzazione, certo con alcuni effetti di civiltà, con scambi, incroci, contatti creativi, in logiche ambivalenti. E la barbarie non finisce, anche se quella europea è in regressione, in regressione relativamente ad altre, politiche, prassi che sviluppano una dialogica tra mondializzazione economica e mondializzazione umanistica. Reinventare l’“umanesimo”, allora? si domanda Morin. Pensare la barbarie è contribuire a rigenerare l’umanesimo. Dice Bauman che la finzione della “natività della nascita, la sua virtù performativa” ha sempre svolto il ruolo di protagonista tra le formule messe in campo dallo stato moderno: uno stato come compimento del destino di una nazione (con l’inevitabile ‘cuius regio-eius natio’).
Ma la velocità del mondo non ci consente più affidamento a vecchi riferimenti. E allora: le identità sono vestiti da indossare e mostrare, non da tenere chiuse in armadi. E quando persino il ‘monumento’ Renda sottolinea che la storia di Sicilia dell’otto-novecento, è la storia dei racconti: da Verga, dei Malavoglia certo, ma di mastro don Gesualdo soprattutto, di De Roberto, con la sua “maniera”, di Pirandello, con i dolorosi interrogativi dei vecchi e i giovani, di Lampedusa, compiaciuto tra mitopoiesi, malinconia e impotenza, dicevo, quando il diligente Renda scrive così la storia, perché non dobbiamo ammettere in tutta consapevolezza che sapere è soprattutto narrare?

La virtù della percezione poetica, dell’intuizione lirica, dà più spazio al bisogno di ontologia che scavalca la ripetitività dello storicismo che ci ha formati, de-formati, e che ci dà chiavi di lettura di spazi e vissuto? Anche Bacon dice che la trasformazione-violazione immaginaria dell’oggetto ricrea tutto un mondo di significati e di percezioni possibili.

Certo una lettura-proposta da approfondire. Quella di una geografia sdoganata dall’accademia, che si ri-proietta nello spazio del nostro vissuto e lo squaderna, utilizzando tutti i percorsi di un sapere importante, quello letterario ad esempio. Sarebbe follia pensare ad una geografia che voglia riappropriarsi di ambiti di conoscenza spaziale in termini esclusivi, ma pensare ad una funzione utile per intrecciare, far dialogare soggetti della rete, forse dovrebbe essere in qualche modo possibile. Era questo che dicevo anni fa, quando, vivendo ancora Gambi, parlavamo di qualcosa che avremmo potuto fare, e che poteva sembrare ad esempio “la geografia e il paese”. E allora penso potremmo, in questa linea, ri-inquadrare la geografia in un diverso rapporto con le letterature comparate, per un più significativo scandagliare su luoghi, percezione, racconto: una geografia dei luoghi letterari?

Le letture partiranno da Asor Rosa, con l’attenzione da lui prestata a ‘geografia e letteratura’ nella storia della letteratura di Einaudi, al “Romanzo e ai luoghi” dei volumi sul Romanzo, sempre di Einaudi. Anche con Dionisotti, senza perdere di vista letture da Barthes alla filosofia di Wunenburger, ai vecchi lavori di Bachtin. Poi ritrovare tanto Gambi, a parte lo Stretto, quello delle isole Eolie, della Calabria della Romagna etc. e il Farinelli, di 30 anni fa, il testo sul Paesaggio per Casabella, che poi è andato su “i segni del tempo” e soprattutto della “Geografia” di Einaudi.
Ma atterriamo da tanto volare: I Meridiani, dopo i giornalisti, ritrovano i viaggiatori siciliani del Grand Tour, per l’intreccio dei “discorsi” su cos’è l’Italia. Avranno pure un senso queste e altre operazioni editoriali? C’è bisogno di Narrazioni in questo nostro complicarsi del mondo, di nuova zona di costruzione dei personaggi e dei luoghi, nell’associarsi di nuovi possibili legami semantici?

C’é una riflessione quasi all’incipit, ed era questo poi che ti costringeva ad andare avanti della Fenomenologia, di Hegel, che parla del bocciolo che si dischiude nel fiore e si dilegua, come se il fiore confutasse il bocciolo…poi, la comparsa del frutto che mette in chiaro che il fiore “è un falso modo di esistere della pianta”: è il frutto, invece, la verità della pianta. Ma la fluidità dei questi momenti non li rende, incompatibili, fluidità “che si rimuovono”, ma momenti di un’unità organica, “in cui non soltanto non sono in contrasto”, ma ”l’una non è meno indispensabile all’altra”, è “solamente questa pari necessità a costituire la vita del tutto”.

Un altro vivere la geografia, un raccordare utilmente saperi, nel crocevia di un’Italia lunga e breve : come possedere una storia e allo stesso tempo avvertire insufficienza di ricognizioni sui suoi perché. Ed è forse in questo ossimoro che tutto si tiene. Ma torniamo al senso complessivo della riflessione, nella doverosa necessità di interrogarci sulle geografie. Olsson, un geografo svedese ha scritto: “con l’importanza tradizionalmente attribuita allo spazio, alla misurabilità e al paesaggio visivo, la geografia si è consegnata ai lineamenti superficiali dell’esterno. Dato che l’esterno è nelle cose e non nei rapporti, abbiamo prodotto studi sulla reificazione in cui un uomo, donna, bambino vengono inevitabilmente trattati come cose e non come quegli esseri umani sensibili, in continua evoluzione, che siamo… Ecco perché si sente tanto dolorosamente il bisogno di una prospettiva più umanistica, non solo nella geografia ma nelle scienze sociali in genere”. Geografie del vissuto, allora: anche del dolore degli uomini. Se le lacrime di un bambino rimettono in discussione l’onnipotenza di dio, se dopo Auschwitz addirittura si può decretare la fine di questa onnipotenza, com’è possibile pensare che questo dolore non cambi la terra…e noi raccontiamo la terra, abitiamo le distanze. Non una terra senza uomini: come nella Dissipatio H.G. di Morselli? È possibile andare avanti solo con magnifiche procedure definitorie o con elaborate descrizioni di descrizioni? L’etica del sapere geografico è l’etica della vita, della libertà, della pace. E soprattutto dei perché e degli effetti. Delle tragedie diverse e sempre uguali, con pulizie etniche, genocidi, fame, malattie, mutilazioni, morte, disumanizzazione: una paura che mangia l’anima. Da un lato il male assoluto, metafisico e noi occidente, storicamente, ontologicamente, il bene? Senza accorgersi della persistente asimmetria delle sofferenze? Certo, l’occidente vincerà la guerra, una guerra quasi un videogioco, ma la rabbia accecante dei quasi cinque miliardi di uomini dell’accumularsi dei processi di disumanizzazione, continuerà ad urlare più forte delle sirene. Più forte degli uomini della guerra che parlano con la bocca piena di sole e di sassi. Non è sufficiente perciò esercitarsi solo a profetizzare lo scenario peggiore: la libertà o sarà di tutti o non sarà duratura. Una geografia dell’utopia, allora? Dematteis dice che l’utopia non è sempre il nessun luogo, ma, anche rappresentazione di un mondo possibile: non geo-grafia dell’inesistente, ma anti-geografia dell’esistente.

1. “Abitare le distanze” diventa l’ossimoro che meglio descrive la non resistibile contraddizione “tra il rinnovato bisogno di radicamento nello spazio e la crescente appartenenza al fuori, tra localismo e deterritorializzazione, tra l’esperienza dello stare e quella del transitare, materialmente ed immaterialmente”. Così andremo avanti, a fatica, senza immaginare però di poter imbozzolare, iconografare lo spazio-movimento e senza soprattutto pensare di dover ridurre la complessità. Forse sarebbe possibile un percorso: quello di suggerire i significati, i valori, gli ordini latenti e/o inespressi, con forme di comunicazione persuasiva e scoprire significati nascosti in significanti noti.

E, anche se sembrano superate la mitologia dell’antiurbanesimo e la visione apocalittica del destino della città, non bisogna cedere alla tentazione intellettuale di allargare i problemi. Il fatto è che “la città non ci garantisce più quello che ci ha promesso”: dalla libertà alla cittadinanza, all’attenuazione della diseguale distribuzione della ricchezza, al pluralismo culturale, alla promozione di stili di vita più aperti etc. Ma vivere la città come un incubo non ci porterebbe lontano. Ma allora cos’è la città? Anche se delle città e della loro storia sappiamo molto, dobbiamo rispondere “che nessuna disciplina è riuscita a fornirci una teoria esaustiva in merito.
Le geo-grafie, quelle del senso comune, comunque si sono aperte sempre di più all’ascolto dei luoghi e alla ricerca di significanti non banali, (all’ascolto del grano che cresce, come avrebbe potuto dire Lévi Strauss). Proprio perché la complessità dell’urbano si è rivelata irriducibile, né più né meno della complessità della società.

Di periferie, del loro modo di produzione, della paura che nasce dall’abbandono, di una insicurezza in un certo senso voluta (un nodo scorsoio, come dura replica alle storie del modo di produzione urbano), dobbiamo parlare molto, per esorcizzare la disgregazione sociale e ristabilire i canoni della cittadinanza. Solo lo squadernarsi della città recupererà marginalità e insufficiente qualità di vita: soprattutto può attenuare l’insorgere, su porzioni di territorio a perdere, dei pericolosi effetti di una sorta di cittadinanza parallela, alternativa, generatrice di disvalori che aggregano e danno senso, senso comunque, anche welfare parallelo. È come riandare all’istituzione alternativa e/o parallela di Santi Romano o al sovrapporsi di storie (le storie plurali?) come in Zagrebelsky (La virtù del dubbio, Laterza 2007).

Per periferia si intende in prima istanza l’orlo, il bordo, il limite ultimo di uno spazio, da cui, per estensione, si arriva al concetto di periferia come la porzione più estrema e marginale di uno spazio fisico, in contrapposizione alla sua parte centrale. Parlare di periferia, infatti, non ha senso se non in relazione al concetto complementare di centro. La contrapposizione tra centro e periferia, che vede quest’ultima in una relazione di subordinazione, può condurre tuttavia a una modalità di rappresentazione delle periferie (non a caso usiamo qui il plurale) inadeguata e fuorviante. Si suole contrapporre infatti le periferie, intese come spazi anonimi e privi di identità, ai centri delle città quali luoghi privilegiati dell’espressione della cultura e della storia di una data società. Da un lato si avrebbero, quindi, tanti centri storici con una identità precisa e distinta, e dall’altro altrettante periferie indifferenziate tra loro. La prerogativa della periferia sarebbe così quella di rappresentare le zone di margine di una città che urta continuamente contro i propri confini fisici e normativi e si definirebbe per l’assenza di stratificazioni storiche e funzionali che, invece, individuano e caratterizzano il centro storico. Peraltro la periferia urbana ha assunto col tempo una connotazione sempre più negativa, diventando sinonimo di squallore, degrado, uno spazio di alienazione che segna la fine della città.
Renè Clozier definisce “proteiforme” la periferia, per la possibilità che essa assuma caratteristiche molto diverse tra loro. Lungi dall’esserne una negazione, inoltre, la periferia appartiene a pieno titolo alla città, costituendone un elemento di raccordo e dialogo con le diverse realtà circostanti. Oggi la semplice localizzazione geografica non spiega più tutti i significati attribuiti alla parola periferia ma, a partire dalla sua originale ed anacronistica definizione, “la parte esterna più lontana dal centro della città”, è possibile cogliere tutte le fasi di crescita della città determinate dalla sua dispersione sul territorio. Le considerazioni sulla localizzazione geografica della periferia devono tenere conto di tutte quelle trasformazioni del territorio che sono alla base della nuova condizione urbana. In particolare, il problema della dispersione nel territorio ci spinge a inquadrare il tema della periferia in una dimensione più ampia, nella quale risulta veramente arduo distinguere tra i diversi tessuti insediativi che si sovrappongono, si intersecano, si sommano e si giustappongono indipendentemente da qualsiasi volontà progettuale, e immaginare un dispiegarsi di nuova centralità.

Per parlare di periferia si dovrebbe del resto poter rintracciare un margine, un orlo ultimo che delimita la città compatta da una porzione di territorio abitato privo di qualsiasi forma di urbanizzazione, ipotesi assai lontana dalla realtà. Ogni nuova definizione di confini viene messa in crisi, però, non solo da un movimento centrale di propagazione ma anche, se non soprattutto, da una serie di onde che si diffondono da tanti piccoli fulcri disseminati sul territorio senza alcuna apparente relazione con il nucleo centrale. Per una città compiuta.

E allora, il narrare, che è sempre stato il luogo della trasmissione dei costumi, dei codici e delle leggi, le prime narrazioni epiche non devono essere considerate soltanto opere poetiche ma vere e proprie enciclopedie che contengono ciò che è opportuno mantenere in memoria per affrontare i casi della vita, per consolidare il fare in tutti i suoi elementi necessari a produrre un’azione esperta, per mantenere ordine in una società attraverso il ricordo dei valori e delle regole che è giusto e necessario rispettare, il narrare risponde al doppio registro delle storie plurali: la via attraverso cui si producono nuovi discorsi e la modalità per reiterare e istituzionalizzare un esistente, facendolo diventare costume e regola sociale.
La narrazione è stata lo strumento principe della costruzione e della trasmissione del sapere. La condizione postmoderna parla della preminenza del pensiero e della forma narrativa nella costruzione del sapere, nelle civiltà più evolute, rispetto al sapere scientifico, assegnandole quindi la funzione di trasmissione e di elaborazione delle conoscenze. Avremmo potuto fare i medesimi esempi ascoltando le storie ed i frammenti di storie che vengono narrate e prodotte all’interno di un bar: la narrazione infatti fa parte, in modo integrale ed estremamente interessante ed attivo, della nostra vita quotidiana. Non diversamente, seppure possa essere profondamente diverso il registro, quelle narrazioni quotidiane collaborano alla costruzione di significato, veicolano concezioni del mondo, cooperano all’attribuzione di senso, rispetto ad eventi, accadimenti, situazioni.

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Calatabiano: presentato il progetto Arge “La Sicilia capitale del Mediterraneo”

Si è svolto presso il Castello di San Marco, il convegno per la presentazione del Progetto ARGE, nato dall’intuizione di un team di tecnici e professionisti presieduti dall’architetto torinese Pier Paolo Maggiora e volto alla trasformazione della Sicilia in “capitale del Mediterraneo”.

All’incontro, organizzato dall’amministrazione comunale di Calatabiano, hanno preso parte: il sindaco, Giuseppe Intelisano; l’assessore ai LL.PP., Stefano Brianni; l’arch. Pier Paolo Maggiora ed il prof. Cosimo Inferrera che hanno illustrato ai presenti l’idea progettuale; gli amministratori dei comuni delle province di Catania e Messina.

ARGE si propone di mettere la Sicilia al centro degli scambi del Mediterraneo attraverso un piano di sviluppo territoriale in ambito turistico-ricettivo, nel quale le infrastrutture, la manutenzione della rete idrica ed elettrica, l’innovazione scientifica e tecnologica, la riqualificazione dei centri urbani giocano un ruolo fondamentale.

Nel dettaglio gli esperti hanno individuato una macro-area su cui intervenire che si estende lungo la fascia costiera compresa tra Acicastello (Ct) ed Alì Terme (Me) e che abbraccia il territorio collinare e montano dell’entroterra. All’interno di quest’area il comune di Calatabiano si trova in una posizione strategica, al confine tra le province di Catania e Messina.

Per il sindaco Giuseppe Intelisano, da sempre sostenitore di un piano di sviluppo attraverso azioni sinergiche e complessive, “questo è un territorio splendido che si estende tra due brand internazionali (l’Etna e Taormina) che rappresentano una straordinaria opportunità di crescita. Questo dialogo progettuale è un primo step verso un’idea di sviluppo più radicale e coordinato del territorio affinché questa vasta area possa crescere in maniera armonica. La nostra è una vera e propria emergenza: creare strutture ed infrastrutture che possano invogliare investitori e garantire un’offerta turistica d’eccellenza.”

L’assessore Stefano Brianni aggiunge: “A questo primo incontro ne seguirà un altro, fissato per il prossimo 15 marzo, che darà il via al vero e proprio progetto Arge. I sindaci che vorranno aderire a questa iniziativa, infatti, dovranno siglare un protocollo d’intesa con Arge per poter sviluppare il progetto all’interno del loro territorio”.

Il coordinatore del progetto Arge, l’arch. Pier Paolo Maggiora spiega: “Da 10 anni stiamo lavorando verso questa direzione sia a livello nazionale che internazionale.  Il convegno di oggi è di preparazione a quello di marzo. Verrà siglata una convenzione tra la Regione, i comuni interessati e Arge, per sviluppare quei progetti che potranno essere portati come innesco dell’operazione di trasformazione concreta del territorio alla Fiera Internazionale del Turismo di Berlino del 2020 (ITB Berlin 2020) alla quale parteciperanno i governi e i grandi istituti finanziari internazionali”.

Calatabiano, 18-02-19 / U.S. Emanuela Corsi

Un master sullo “Sviluppo economico sostenibile nell’area mediterranea”

Il master internazionale MBA ‘SED MED’ opera su tre assi principali di azione:
– approfondisce alcuni dei temi che emergono dal dibattito attuale delle “energie economiche in atto” e delle istanze delle comunità e dei territori dell’area mediterranea;
– apre a una visione innovativa di integrazione e coordinamento dei sistemi di gestione pubblici e privati sui temi più cogenti che riguardano i settori dello sviluppo economico sostenibile e della “crescita blu”;
– si pone in linea con le direttive europee che riguardano anche la costituzione di una “Macroregione Mediterranea” capace di sciogliere e connettere i flussi per esprimere quel potenziale finora in gran parte inespresso in termini economici, sociali e culturali.

Premio internazionale “Mediterraneo patrimonio dell’umanità”

La Camera di Commercio di Sassari ha istituito il Premio Internazionale denominato “MEDITERRANEO PATRIMONIO DELL’UMANITA’“, dall’11 Febbraio al 17 Aprile 2019. Evento prestigioso a chiusura della manifestazione:  “NAUTIC EVENT 315°”, che si svolgerà ad Alghero dal 1 al 4 maggio 2019.

La Camera di Commercio e Industrie di Sassari è, infatti, consapevole dell’interesse e dei possibili contributi in questo settore, aperto alla partecipazione di un ampio numero di appassionati. Negli allegati si potranno trovare, leggere e consultare, tutte le informazioni, tra cui una presentazione di Habitat nelle varie lingue del Mediterraneo.

MEDITERRANEO PATRIMONIO DELL’UMANITA’

La mission del Premio è quella di ricercare, promuovere e premiare i migliori progetti rivolti alla tutela e alla valorizzazione del grandissimo e straordinario Patrimonio storico, archeologico, paesaggistico, ambientale, artistico e culturale del Mediterraneo. Progetti che coinvolgono le scienze e le tecnologie sostenibili per lo sviluppo delle economie del mare, che pongono le basi per un turismo culturale, sostenibile ed esperenziale, progetti che coinvolgono la sfera sociale delle comunità e dei territori, verso un futuro di innovazione, di rilancio e di prosperità nel pieno rispetto delle risorse umane e ambientali.

Sono due le categorie del Premio

PROGETTI DI ARTE E CULTURA

  • progetti artistici e culturali innovativi che prevedano il coinvolgimento e la partecipazione sociale, rivolti alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico e con particolare attenzione all’ambiente, al paesaggio e alla stratificazione storica dei luoghi nei quali sono inseriti;
  • progetti innovativi per il recupero di arti e mestieri con particolare attenzione ai settori del mare e della nautica.

PROGETTI DI RECUPERO E RIGENERAZIONE SOSTENIBILI

  • progetti innovativi di rigenerazione a tutela delle aree costiere e dei bacini fluviali e marini;
  • progetti di riconversione dei siti industriali e delle aree portuali dismessi;
  • progetti esemplari innovativi per la sostenibilità economica e ambientale dei porti turistici, commerciali o industriali.

Se ci fossero domande da porre, è possibile contattare la segreteria del Premio utilizzando la seguente mail: premiomediterraneo@ss.camcom.it.

REGOLAMENTO del PREMIO “MEDITERRANEO PATRIMONIO DELL’ UMANITA’
MODULO DI ISCRIZIONE AL CONCORSO “MEDITERRANEO PATRIMONIO DELL’UMANITÀ”
SUL SITO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI SASSARI è possibile scaricare il regolamento e la lettera di adesione in italiano, inglese, francese e arabo.

Iran patrimonio dell’umanità: le relazioni culturali tra Italia e Iran

Giorno: Martedì 12 Febbraio 2019
Orario: 15.00 – 19:00
Sede: Sala Tatarella, Camera dei Deputati, Palazzo dei Gruppi Parlamentari – Via Uffici del Vicario, 21 – Roma

Quest’anno ricorre il quarantennale della Repubblica Islamica dell’Iran.

Nonostante le problematiche interne e internazionali che interessano il Paese, occorre ricordare il ruolo che esso ha avuto nei processi storici e l’importanza che riveste in ambito scientifico e culturale. L’Iran odierno è, infatti, il fiero erede dell’impero Persiano le cui conquiste culturali e politiche svolsero un ruolo di importanza pari a quelle militari.

La vastità del patrimonio culturale iraniano è certamente attribuibile anche alla posizione geografica che ha fatto dell’altopiano iranico il principale crocevia delle genti arabe, mongole, turche, indiane, cinesi, russe ed europee. A tal riguardo, basti pensare al volume, all’importanza e alla diversità delle collezioni custodite all’interno del Museo Nazionale dell’Iran che, oltre a preservare e mostrare al grande pubblico il patrimonio dell’antica Persia, offre un contributo alla cultura e alla civiltà universale attraverso la creazione di solidi legami tra le diverse nazioni e la diffusione del sapere tra studenti e ricercatori.

Sia da parte italiana che da parte europea vi è sempre stata grande attenzione per lo studio della civiltà e della storia iraniane e, nonostante le collaborazioni in questo settore abbiano in alcune occasioni risentito degli sviluppi politici, vi è stata sempre una salda volontà di migliorare tali rapporti. A tal fine, proprio la cultura, unitamente alla ricerca scientifica e tecnologica, potrebbe fungere da elemento di scambio e di mutua comprensione per agevolare il dialogo e favorire il processo di pacificazione della regione.

Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses in occasione di questa ricorrenza e in seguito al seminario La Repubblica islamica dell’Iran al tempo delle sanzioni, tenutosi lo scorso 5 dicembre, ha voluto organizzare, in collaborazione con l’Istituto Culturale dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran, un incontro per meglio analizzare e approfondire tutti questi aspetti, fare luce sull’importanza del patrimonio culturale iraniano e rintracciare quegli elementi capaci di favorire lo sviluppo delle relazioni tra la Repubblica islamica dell’Iran, l’Italia e l’Europa.


Per registrarsi all’evento scrivere a info@vision-gt.eu

VISION & GLOBAL TRENDS INTERNATIONAL INSTITUTE FOR GLOBAL ANALYSES

ISTITUTO CULTURALE DELL’AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN

Rocco Giordano – La prima vera leva del cambiamento è culturale

Sabato 19 gennaio 2018 nella Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, presieduta da Fernando Rizzo, ha tenuto un importante convegno sul tema “La Sicilia e l’Italia: un progetto di coesione e condivisione”. Oltre agli esponenti di spicco di Rete civica sono intervenuti: il sen. Armando Siri (Sottosegretario ai Trasporti), l’on. Francesco D’Uva (Capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera), il prof. Gaetano Armao (Assessore Regionale dell’Economia), l’on. Cateno De Luca (Sindaco di Messina), il dott. Tonino Genovese (CISL), i professori Pietro Massimo Busetta e Rocco Giordano.
Di seguito pubblichiamo la seconda e ultima parte dell’intervento di Rocco Giordano.

Intervento di Rocco Giordano

2/2

La OBOR (la Via della seta) è una iniziativa strategica avviata dal Governo Cinese per promuovere l’integrazione dei collegamenti tra Asia, Europa e Africa al fine di:

  • Controllare i corridoi di trasporto per sostenere le esportazioni e facilitare gli approvvigionamenti di materie prime di cui detengono il controllo delle più importanti miniere di materie prime.
  • Trovare uno sbocco produttivo ai capitali accumulati durante il primo boom economico che ha determinato un forte “surplus” finanziario ed utilizzato in parte per sostenere il debito pubblico dei Paesi occidentali.
  • Creare nuovi mercati di sbocco sostenendo lo sviluppo economico di Paesi meno avanzati.

Nel frattempo, registriamo linee di intervento strategiche per rendere la OBOR strategia di coesione dei territori che attraversa, ma anche di controllo degli scambi attraverso la creazione della Asian Infrastructure Investment Bamnk, che finanzia progetti al 2-3,5% e aumento della quota di mercato delle costruzioni di megaships da parte dei cantieri cinesi.

La integrazione verticale è stata avviata attraverso:

  • l’acquisizione di porti e terminal (vedi Pireo)
  • le alleanze strategiche (Hutchinson/Cosec China Shipping in Euromax, PSA/Cosco/CMA CGM a Singapore, APM Terminal/Cosec a Vado
  • la partnership per la supply chain dalla lunga distanza all’ultimo miglio.

È necessario che i Paesi europei, occidentali diano segnali di una più forte capacità di governo.

Alla “mano” pubblica, si chiede in primo luogo di attuare politiche economiche di medio-lungo termine, soprattutto per migliorare la gestione dei servizi, sburocratizzare l’economia e aumentare la produttività leva anche per abbassare l’incidenza della fiscalità sul costo del lavoro.

Alla “mano” privata si chiede maggiore partecipazione al partenariato pubblico/privato avendo fiducia nelle prospettive future.

Questo richiede un nuovo progetto geo-politico capace di posizionare l’Italia  e l’Europa nel Mediterraneo per fronteggiare la sfida che si gioca soprattutto sul continente africano.

La Macroregione Mediterranea è una delle strade possibili!

La prima vera leva del cambiamento è culturale.

Il capitale umano è la prima vera sfida da affrontare per evitare che 80.000 persone all’anno (2016) del mezzogiorno, di cui circa 20.000 dalla Sicilia cerchino opportunità di lavoro al nord Italia o all’estero.

La scuola, le famiglie, le imprese devono concentrare gli sforzi per valorizzare il capitale umano per analizzare, progettare e gestire processi economici sociali e produttivi per un rilancio dell’economia nazionale e del Mezzogiorno.

La formazione però va vista come reale acquisizione di competenze non basta il sussidio alla disoccupazione, ma occorre una formazione on the job.

Per questo occorre rinnovare i saperi e riscoprire la storia economica, la geografia economica e funzionale per seguire i processi di globalizzazione e formare allo stesso tempo una classe dirigente internazionale.

La zona Euro-Mediterranea è l’area del cambiamento se riusciamo entro il 2020 a determinare una zona di libero scambio costituita dagli stati membri dell’Unione Europea ed i paesi del Mediterraneo del Sud: Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità Palestinese, Siria, Tunisia, Turchia, Cipro e Malta.

L’Italia e il Mezzogiorno per la posizione strategica che hanno possono essere cerniera dei due grandi blocchi geografici: Europa e Africa Mediterranea e la Macroregione Mediterranea che abbiamo indicato è la saldatura tra I due blocchi.

Il nuovo posizionamento ha un significato solo se riusciamo a superare la provincializzazione del sistema mare, per fare posto ad una gerarchizzazione puntuale degli impianti e ad una specializzazione dei servizi.

Occorre però che le aree di riferimento del sistema mare del Mezzogiorno vanno attrezzate come fronti portuali che vanno utilizzati per riposizionare il Paese e il Mezzogiorno nel bacino del Mediteraneo.

Avendo istituito l’Autorità portuale di Messina in maniera indipendente e coniugando gli interessi della Sicilia sul fronte orientale da Messina ad Augusta e Pozzallo, potremmo realizzare il vero water front globale.

Occorre operare in modo efficiente anche per migliorare le accessibilità rendendo efficienti i collegamenti stradali, ferroviari e territoriali

Le aree logistiche ZES che sono il supporto dei fronti portuali devono essere in grado di garantire sinergia operativa.

Ridurre le incertezze sulla regolarità del servizio e nei termini di resa delle merci. Questo è possibile solo se riusciamo a deciderci che la Sicilia può e deve diventare continentale.

Una maggiore competitività del Paese si può avere solo avendo coscienza che grazie al Gottardo (che non è stato realizzato per un capriccio degli svizzeri), i porti di Rotterdam, Amburgo e Anversa, i Paesi del Nord Europa riescono validamente a proporsi come alternative a Trieste, Venezia e Genova

L’Italia si ostina a non mettere in campo le sue risorse migliori: i porti dell’estremo sud, relegando Taranto, Gioia Tauro e Augusta al ruolo di eterni perdenti!

Occorre anche in politica un nuovo modello concettuale ed operativo, partendo dalla prospettiva che il trasporto non è l’obiettivo finale, ma è il mezzo per incrementare il benessere economico e sociale delle popolazioni, attraverso:

  • Accessibilità dei territori
  • Connettività delle reti
  • Finalismo economico dei trasporti.

Sia chiaro che il ruolo delle infrastrutture non è quello di aumentare gli investimenti, ma fare in modo che siano stratetiche ad un modello economico e geopolitico.

Keynes si espresse a favore dell’investimento in lavori pubblici come strumenti per la creazione di occupazione e sostegno alla domanda aggregata.

Questa teoria Keynesiana è una teoria che possiamo relativizzare considerato che i cicli economici si susseguono a caratteri temporali sempre più brevi e le opportunità di sviluppo sono sempre più affidate a variabili quali il tempo di esecuzione degli investimenti.

Infatti, oggi viene posta in discussione la politica degli investimenti pubblici quale cardine fondamentale dello sviluppo in termini di occupazione e sostegno alla domanda aggregata soprattutto in un momento come questo, ove le aree territoriali di riferimento sono sempre più ampie e più complesse.

Prima parte
Seconda parte

Rocco Giordano – Lo scenario euro mediterraneo ed il contesto mondiale

Sabato 19 gennaio 2018 nella Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, presieduta da Fernando Rizzo, ha tenuto un importante convegno sul tema “La Sicilia e l’Italia: un progetto di coesione e condivisione”. Oltre agli esponenti di spicco di Rete civica sono intervenuti: il sen. Armando Siri (Sottosegretario ai Trasporti), l’on. Francesco D’Uva (Capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera), il prof. Gaetano Armao (Assessore Regionale dell’Economia), l’on. Cateno De Luca (Sindaco di Messina), il dott. Tonino Genovese (CISL), i professori Pietro Massimo Busetta e Rocco Giordano.
Di seguito pubblichiamo la prima parte dell’intervento di Rocco Giordano.

Intervento di Rocco Giordano

Lo scenario euro mediterraneo ed il contesto mondiale

Negli ultimi anni si sta determinando un “conflitto” tra flussi di traffico e luoghi di generazione e destinazione degli spostamenti passeggeri e merci che la logistica non riesce ancora a governare, ma più ancora non lo fanno le politiche di intervento che investono i diversi settori economici ignorando il ruolo rilevante che ricopre questo settore. Non è pensabile individuare politiche di intervento corrette, se non si ha contezza di quello che sta accadendo nella globalizzazione degli scambi merci e passeggeri a livello mondiale.

A scala mondiale i forti cambiamenti nelle economie di sviluppo hanno riposizionato sul piano geo-economico e geo-politico i diversi continenti che possiamo così schematizzare:
– America del Nord – Area a forte valenza di innovazione e ricerca con produzione ad alto valore aggiunto e mercati ad alti consumi;
– Europa del Nord – Area di produzione a valore aggiunto e mercati di consumo;
– Area Euro asiatica data dai Paesi dell’Est-Emirati Arabi – Area con forte presenza di giacimenti di petrolio e metano;
– Continente africano – Area con i più grandi giacimenti minerari di materie prime;
– Far East – Area di produzione a basso costo del lavoro con forti surplus finanziari;
– l’Italia si colloca nella nuova geografia dello sviluppo come area di produzione con strutture di PMI e area di consumi con forti vantaggi per il posizionamento geografico rispetto al mercato degli scambi.

Dalle consultazioni poste ai tavoli di lavoro per le valutazioni degli effetti e delle verifiche del nuovo contesto delineato e dei possibili scenari che si possono definire nei prossimi anni sulla evoluzione dei traffici del settore dei trasporti e logistica a scala internazionale e a scala mondiale, abbiamo potuto verificare che i risultati dati dalle applicazioni di alcuni modelli econometrici dell’anno 2008, verificati nell’anno 2017 per definire scenari al 2020-2030, sono risultati rispetto ai dati statisticamente rilevati, completamente irrealistici!

Dove guarda il mondo – Gennaio 2019

L’imbarazzo maggiore non è stato tanto nella lettura dei risultati, ma dal constatare che i parametri posti a base del modello sono risultati fortemente limitativi nel poter esplicitare fenomeni complessi come quelli dati dal processo di globalizzazione economica.

Ormai è sempre più evidente la “frattura”  tra le metodologie messe a punto fino ad oggi ed i complessi temi economici che devono essere rappresentati.

Le variabili impattano fortemente sulla tenuta dei cicli economici che diventano sempre più brevi e sempre più interrelati tra loro.

Un caso di studio: la popolazione mondiale

I demografi sottolineano che le statistiche ufficiali contano a livello mondiale circa 7 miliardi di persone. Le stime operate sulla base dei consumi nei diversi continenti e fenomeni migratori che stanno  determinando le grandi megalopoli, rispetto al dato ufficiale riportano centinaia di migliaia di persone, non censite. Le “aliquote” di maggiore deficit demografico si registrano in Cina, India, Africa, America Latina.

Lo scenario della popolazione mondiale nella variante media fa registrare inoltre al 2030 un trend di crescita molto sostenuto nel continente africano e quello asiatico con una stabilizzazione e lieve crescita negli altri continenti.

Se questo è lo scenario dobbiamo rivedere le politiche di censimento a livello globale, ma anche i fondamentali dell’economia globale. Non a caso negli ultimi anni il premio Nobel per l’economia è stato assegnato a psicologi, matematici “probalisti” e sociologi.

Lo scenario della popolazione mondiale nella variante media (mln) di abitanti
Fonte: CESME Su dati UN Department of Economic and Social Affairs, Population Division (2015) World Population Prospects: The 2015 Revision. New York: United Nation

L’Europa continua ad invecchiare, la percentuale di anziani è in continuo aumento.

L’età mediana è più elevata in Germania e in Italia dove si riscontra che il rapporto è poco più di tre persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore ai 65 anni.

Le tendenze future dell’invecchiamento della popolazione UE nei prossimi 10 anni sarà di meno 3 persone per ogni individuo di età > 65 anni.

Ma qual è lo scenario di contesto che stiamo vivendo e le crisi globali che stiamo affrontando?

Il mondo negli ultimi 10 anni è cambiato e continua a cambiare con una rapidità inimmaginabile fino a pochi anni fa.

Si registrano forti mutamenti nella geografia degli scambi e dei flussi di traffico che hanno modificato la posizione geo-politica dei Paesi. Questo determina forti mutamenti nelle politiche del territorio, strutture urbane, modelli di mobilità con forti impatti sulle governance nei diversi Paesi.

L’indecisione delle scelte ed i diversi conflitti politici interni sono le risposte che registriamo, sintomi delle difficoltà a superare gli attuali assetti economici e politici.

Quello che è certo la ruota dello sviluppo si è invertita, sta girando in senso inverso a quello degli anni ‘60.

Le mappe del futuro ordine mondiale e la geografia dei flussi sta delineando infatti una forte ascesa dei Paesi asiatici rispetto ai Paesi del blocco occidentale che paradossalmente stanno assecondando e sostenendo scelte come la “via della seta”.

Prima parte
Seconda parte

Giovanni Mollica – Non è giustificabile farsi beffe dell’opera più nota al mondo

Sabato 19 gennaio 2018 nella Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, presieduta da Fernando Rizzo, ha tenuto un importante convegno sul tema “La Sicilia e l’Italia: un progetto di coesione e condivisione”. Oltre agli esponenti di spicco di Rete civica sono intervenuti: il sen. Armando Siri (Sottosegretario ai Trasporti), l’on. Francesco D’Uva (Capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera), il prof. Gaetano Armao (Assessore Regionale dell’Economia), l’on. Cateno De Luca (Sindaco di Messina), il dott. Tonino Genovese (CISL), i professori Pietro Massimo Busetta e Rocco Giordano.
Di seguito pubblichiamo la seconda e ultima parte dell’intervento di Giovanni Mollica, fra gli organizzatori di questo incontro sull’importanza delle regioni meridionali e sulla centralità del Mediterraneo.

Intervento di Giovanni Mollica


2/2
Ragioniamo insieme: un Governo che vuole imboccare la strada inesplorata del cambiamento non può farsi imprigionare da pregiudizi ideologici infondati o limitarsi a difendere gli interessi delle élite che hanno spaccato l’Italia fin dalla sua unificazione .. se vuole realmente dare un futuro a ogni parte del Paese, deve mirare a gestire gli scambi tra i 3 continenti che si affacciano sul Mediterraneo, comprendendo che una Logistica che guarda a sud può esaltare la Manifattura del Nord … un tema più volte affrontato col senatore Siri … ed è arrivato il momento giusto per tradurlo in pratica di governo.

Ignorare che alcune regioni sono più idonee di altre ai fini dell’interscambio con le realtà economiche emergenti non è solo una rozza difesa di interessi costituiti .. è un’idiozia .. o, forse, c’è chi crede veramente che la Questione meridionale e la mancata coesione dell’Italia si risolvano con qualche pensionato di ritorno da Lisbona o Tenerife?

Non è giustificabile levare cori a favore delle infrastrutture e contemporaneamente farsi beffe dell’opera più nota al mondo …

Esaminando i problemi del Paese in tale ottica, viene da chiedersi se non sia meglio lasciare maggiore libertà alle imprese, subordinando però le provvidenze all’insediamento di nuove unità produttive nel Sud, invece che indurre, ancora una volta, chi cerca lavoro a emigrare ..
non vedo perché convenga delocalizzare la produzione in Romania o in Francia quando si possono ottenere gli stessi benefici in un Meridione ben collegato al resto del Paese ….

Un Meridione ben collegato … ci apprestiamo a toccare la parte fondamentale della proposta della Rete .. non credo che un’impresa manifatturiera del Triveneto o anche una grande multinazionale si rifiuterebbero di insediare unità produttive nella ZES di Augusta o Giammoro potendo usufruire di sostanziosi benefici e sapendo che, a 150 km, sta per esplodere una enorme domanda di beni .. magari diventando il primo esempio di applicazione della Flat Tax per il reddito fisso ..

Ecco emergere il terzo elemento di perplessità: la mancanza di un collegamento esplicito e organico tra la politica attiva del lavoro, la rivoluzione economica e sociale che il Governo del cambiamento si propone e le carenze del sistema infrastrutturale nel Meridione.

Un salto logico che rende estremamente improbabile creare lavoro dove ce n’è più bisogno.

Una rapida panoramica delle priorità e la sapiente analisi del prof. Armao autorizzano a credere che non sia necessario ritoccare i saldi di una manovra economica faticosamente approvata … la stessa Bari-Napoli-Taranto, in corso di realizzazione, può servire a testare la nuova strategia.

Politica del lavoro e sistema infrastrutturale sono fattori indispensabili di sviluppo … culturalmente strettamente connessi .. se il Governo giallo-verde li farà suoi avrà vinto la prima fondamentale battaglia di una lunga guerra … perché se è stupido auspicare una crescita senza prevedere la domanda di mercato di domani, è ancora più stupido sperare di riuscirci senza una Logistica in grado di facilitare gli scambi di merci e persone con i Paesi più vicini e disponibili.

Formazione e offerta di lavoro non possono costituire un patchwork disomogeneo di singole cooperazioni tra imprese in cerca di lavoratori da formare e assumere grazie al contributo pubblico … devono essere una sintesi tra lotta alla disoccupazione e aiuto ad aziende proiettate nel futuro .. collegate da una logistica che le rende competitive .. un compendio che trova il suo sostegno in un sistema portuale diffuso che va da Augusta a Trieste a est e a Savona a ovest, unito a terra da una rete di trasporto multimodale che lo rende coerente …

Modificare la struttura economica e sociale del Paese è un processo lungo e articolato, ma non particolarmente difficile o costoso .. a patto di avere idee chiare sugli obiettivi da raggiungere, che vanno dalla riallocazione delle risorse alla collaborazione con le aziende private e pubbliche disponibili .. sensibilizzando le forze sociali, gli enti territoriali, le università e gli ordini professionali e sviluppando le competenze necessarie, così da ottenere quell’ampio consenso che trasforma un cambiamento in una rivoluzione …

Non si gioca a rimpiattino col futuro del Paese … è la storia a dimostrare che i grandi assi trasportistici, se ben realizzati, irradiano sviluppo lungo i territori attraversati … … non sono fantasie dei sognatori della Rete civica, sono i principi ispiratori della Nuova Via della Seta cinese, del Razvitie russo, del Corridoio Equatoriale tra  Camerun e Kenia, del tunnel peruviano attraverso le Ande … il mondo corre e non si ferma ad aspettare chi resta indietro … solo 15 anni fa, il Pil della Cina era uguale a quello della Francia, ora è 5 volte più grande … in Marocco l’AV è già una realtà e non passerà molto che i TGV cofinanziati da Sarkozy e fabbricati dalla francese Alstom corrano a 300 kmh tra Casablanca e Siviglia, superando d’un balzo i 30 km dello Stretto di Gibilterra …. prima o poi l’Unione europea dovrà arrendersi alle pressioni di Grecia e Cina che mirano a far ripartire i lavori dell’AC tra il Pireo e Budapest … quando tutto ciò accadrà – e accadrà certamente – se avremo avuto paura di costruire il Ponte sullo Stretto, l’Italia .. tutta l’Italia .. da Milano a Palermo, resterà un Paese economicamente insignificante e senza futuro.    

Grazie

Parte prima
Parte seconda

Giovanni Mollica – Le distanze si misurano in ore, non in chilometri

Sabato 19 gennaio 2018 nella Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, presieduta da Fernando Rizzo, ha tenuto un importante convegno sul tema “La Sicilia e l’Italia: un progetto di coesione e condivisione”. Oltre agli esponenti di spicco di Rete civica sono intervenuti: il sen. Armando Siri (Sottosegretario ai Trasporti), l’on. Francesco D’Uva (Capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera), il prof. Gaetano Armao (Assessore Regionale dell’Economia), l’on. Cateno De Luca (Sindaco di Messina), il dott. Tonino Genovese (CISL), i professori Pietro Massimo Busetta e Rocco Giordano.
Di seguito pubblichiamo la prima parte dell’intervento di Giovanni Mollica, fra gli organizzatori di questo incontro sull’importanza delle regioni meridionali e sulla centralità del Mediterraneo.

Intervento di Giovanni Mollica

Gentili signore e signori, autorità,
ora che si conoscono meglio le linee guida del reddito di cittadinanza, ci auguriamo di non leggere più obiezioni pretestuose sui media nazionali e che il confronto si concentri su come far funzionare al meglio il provvedimento .. tenendo presente che è facile ironizzare sull’abolizione della povertà per legge .. ma irridere pregiudizialmente il tentativo di ridurre il numero dei cittadini sotto la soglia di povertà è una squallida difesa dei privilegi di alcuni a danno di altri … e ha ragione Di Maio quando dice che è ridicolo sostenere che uno dei fattori fondamentali della crisi è il basso livello dei consumi interni e, nello stesso tempo, contrastare puntigliosamente l’aiuto da dare a milioni di cittadini che hanno a malapena i soldi per sopravvivere …

Se i dati economici forniti dal professor Busetta e il drammatico quadro della disoccupazione rappresentato dal Segretario Genovese sgomentano, ancora più paura deve fare le motivazioni di chi, proprio a quei milioni di esclusi, attribuisce la colpa della scarsa competitività dell’Italia in Europa. 

Lasciamo ai sociologi il compito di capire se le insostenibili diseguaglianze del Paese derivano dall’insaziabile voracità delle lobby finanziarie e industriali settentrionali – che condizionano media e governi – o dall’inettitudine di un Meridione che vanifica la prosperità del resto d’Italia .. una prosperità più immaginaria che reale, considerato che, da 10 anni, la regione più ricca cresce la metà della Baviera … né ci lasciamo turbare dal desiderio di autonomia del LombardoVeneto .. un desiderio che nasconde l’illusione di essere mezzi tedeschi e la vana speranza di diventarlo per intero .. tardivo omaggio al Principe di Metternich che, 200 anni fa, sosteneva che l’Italia è solo un’espressione geografica …

Allo stesso tempo, però, siamo consapevoli che la Lega interpreta le ragioni di quel Nord operoso che tiene in piedi l’Italia e Salvini non ha torto a temere che un reddito di cittadinanza mal gestito possa far crescere il numero dei furbastri che vogliono vivere alle spalle dello Stato.

Contrapposizioni superate dal sottosegretario ai Trasporti Siri, che salutiamo con simpatia perché ha mostrato di non confondere i fini con i mezzi, perché i mezzi possono essere cambiati, mentre i fini giusti non si discutono … “Sono le imprese a creare lavoro – ha detto Siri – ed è attraverso esse che vanno veicolate le risorse .. non possono farlo i Centri per l’Impiego da soli .. organismi di intermediazione che, soprattutto a Sud, saranno troppo a lungo impreparati a operare in un mondo in rapidissima trasformazione”.

Ma non tutti hanno l’onestà intellettuale di Siri, che tenta di trasformare un reddito di cittadinanza in reddito di avviamento al lavoro, e così i santoni dei talk show hanno messo in guardia il Governo dall’abuso di uno strumento che rischiava di trasferire risorse a un Meridione parassitario, scatenando una gara a chi proponeva gli strumenti più restrittivi per impedire prevedibili tentativi di elusione … tra le perle di questa competizione dickensiana, brillano proposte quali i 6 anni di galera ai bugiardi, la riduzione del contributo per il Meridione – perché, sia sa .. laggiù .. la vita costa meno – e la puntigliosa precisazione delle distanze al di sotto delle quali l’offerta di lavoro è vincolante .. dimenticando che i 222 km tra Roma e Napoli si fanno in 1h e 10’, mentre i 223 tra Messina e Palermo in quasi 3 ore .. e fingendo di ignorare che, nel 3o millennio, le distanze si misurano in ore, non in km …

Questa ossessione del rigore non ci spaventa, ma rischia di far perdere al Paese e al Mezzogiorno un’occasione storica .. perché la capacità di conseguire i risultati sperati non deriva solo dall’ammontare delle risorse stanziate, dalla struttura burocratica che dovrà gestirle e dal dinamismo delle imprese che le utilizzeranno …  ma anche dal ruolo che l’Italia si propone di occupare nel panorama euro mediterraneo … non è saggio puntare sulle carrozze a cavalli quando inizia l’era dell’automobile, anche se chi costruisce le carrozze è ancora disposto ad assumere … nell’era della globalizzazione, crescere vuol dire capire quale sarà il mondo che verrà e anticiparne i cambiamenti …

Capire come sarà il mondo che verrà … il prof. Giordano ha illustrato da par suo alcuni fattori sui quali il Governo dovrebbe riflettere: .. la crescita dell’Africa, l’invecchiamento dell’Europa, il disgelo dell’Artico, i flussi mercantili della Nuova Via della Seta e i nuovi metodi di produzione legati all’Intelligenza Artificiale, alla robotica, all’industria 5.0 e alla rete di 5a generazione .. insistendo sull’opportunità di tenere conto del bisogno di conoscenza dei tanti giovani che vivono nei Paesi emergenti .. Paesi pronti a spalancare le porte a noi italiani più che ad altri – .. a patto di avvicinarli con umiltà … permettetemi un pizzico di retorica .. a patto di avvicinarli all’italiana … centinaia di milioni di persone che non ci guardano dall’alto in basso, come spesso fa chi guida un’Unione europea che volutamente ostacola la crescita di alcuni a favore di altri …


Parte prima
Parte seconda