Per caso, ecco Corto Maltese – 3/5

 

PITTORI DI CARTA.

Nel 1967, Pratt conobbe Florenzo Ivaldi. Insieme decisero di dare vita ad un muovo albo di fumetti. Si intitolava Sgt. Kirk, e doveva contenere le storie redatte in Argentina, inedite per l’Italia, alcuni classici americani e altri nuovi fumetti. Nel primo numero apparve Una ballata del mare salato,che aveva come eroe Corto Maltese. Nata, quindi, quasi per caso, la figura non solo divenne il suo personaggio più famoso in assoluto, ma anche l’opera più pregnante della sua vita. Le avventure di Corto Maltese sono state paragonate ai romanzi di Conrad, Melville, Lewis, Cooper e Dumas, e del romanziere, poco conosciuto, Henry De Vere Stacpoole, che scrisse Laguna Blu. 

Nel 1969, continuando la sua collaborazione con il Corriere dei Piccoli e Mino Milani, Pratt compose l’adattamento a fumetti di romanzi del noto scrittore Emilio Salgari: Le tigri di Mompracem e La riconquista di Mompracem. Tuttavia, i due racconti non furono mai conclusi e rimasero inediti, fino al 2009, quando vennero pubblicati postumi da Alfredo Castelli. Nel 1970, sul giornale per ragazzi francese Pif Gadget furono pubblicate 21 brevi storie di Corto Maltese. Nel 1974 disegna Corte Sconta detta Arcana, effettuando una semplificazione del tratto e della composizione delle vignette. Verranno pubblicate le storie: Favola di venezia, La casa dorata di Samarcanda, e, nel 1992 (ma composto nel 1988), Ma, che sarà l’ultimo di Corto Maltese. Sempre negli anni ’70, Pratt conobbe il giovane Lele Vianello, grafico di grandi capacità, che assimilò le tecniche del maestro, diventandone il braccio destro. Il “maestro di Malamocco”, lo definì, infatti, Oreste Del Buono.

Negli ultimi anni Pratt compose, oltre a Corto Maltese, anche la serie d’avventura Gli scorpioni del deserto, che si rifà alla sua giovinezza, tanto che il racconto è ambientato in Africa, durante la Seconda guerra mondiale. Un’altra serie fu Un uomo, un’avventura, stampata da Bonelli, divisa in quattro storie (L’uomo del sertao, L’uomo della Somalia, L’uomo dei Caraibi e L’uomo del grande nord). Verso la fine della sua vita, Pratt compose due brevi storie per l’amico (e allievo) Milo Manara, che sono:Tutto ricominciò con un’estate indiana ed El Gaucho, dove ritorna alla sua esperienza argentina.

Il legame con Pratt, non è stato dimenticato da Manara, che compose Le avventure di Giuseppe Bergman, dove quest’ultimo viene avviato al mondo dell’avventura dal maestro HP. Inoltre Manara tributò un saluto e un omaggio a Pratt, dopo la sua morte, scrivendo e disegnando Tribute for Corto. Negli anni, molti studiosi e critici di grande importanza, hanno scritto del valore di Pratt. Tra gli altri, citiamo: Dino Battaglia, Andrea Pazienza, Vittorio Giardino, Vincenzo Mollica, Umberto Eco e Christian Kracht. Negli anni ’70, quando cercò un cambiamento stilistico, un approfondimento grafico attraverso una semplificazione che raggiungesse l’essenzialità del tratto, Hugo Pratt stesso scrisse: “Vorrei arrivare a dire tutto con una linea”. Dopotutto, è la ricerca di ogni vero artista.

 

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Pratt e l’avventura sudamericana – 2/5

 

PITTORI DI CARTA.

Gli anni passanti in Argentina ebbero un grosso impatto su di lui e sulla sua opera. Dopo la collaborazione con la Editorial Abril, Pratt passò alla Editorial Frontera di Héctor Oesterheld. Nacque con quest’ultimo una importante collaborazione. Egli illustrò magistralmente delle storie scritte da Héctor Oesterheld, quali Sgt. Kirk, Ernie Pike e Ticonderoga (Junglemen, fu realizzato, invece, su testi di Ongaro). 

I suoi disegni, così caratteristici, non passarono inosservati, tanto che fu invitato a tenere lezioni alla Escuela Panamericana de Arte diretta da Enrique Lipszyc. Pratt si divise, così, tra la professione e la didattica, non mancando di intraprendere dei viaggi esplorativi, come quelli in Amazonia, nel Mato Grosso o in tutti quei luoghi che ispiravano la sua voglia d’avventura.
Dalle esperienze africane della sua adolescenza e queste sudamericane, la fantasia di Hugo Pratt iniziò a produrre opere del tutto personali. È il caso di Anna della Jungla (che ancora risente del taglio di Oesterheld) che fu il suo primo romanzo a fumetti completo, in quattro singole storie. Successivamente, videro la luce opere molto originali, Capitan Cormorant e Wheeling ad esempio, che avevano il sapore dei romanzi letti in giovinezza, come quelli di Kenneth Roberts e Zane Grey. 
Tra il 1959 e il 1960, la sua voglia di mondo lo porterà a tentare strade nuove in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma senza grande successo. 

Nel 1962, troviamo Pratt di nuovo in Italia. Collabora con Il Corriere dei Ragazzi. Realizza per questo periodico diverse opere, tra le quali la riduzione a fumetti, con la sceneggiatura di Mino Milani, di romanzi per ragazzi, come L’isola del tesoro e Il ragazzo rapito scritto da Robert Louis Stevenson. Con la collaborazione di Alberto Ongaro, nasce il suo secondo supereroe: dopo Asso di Picche, ecco il giustiziere de L’Ombra.

 

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Hugo Pratt, tra Conrad e Melville – 1/5

 

PITTORI DI CARTA.

Hugo Pratt nacque a Rimini nel 1927, con il nome Hugo Eugenio. Nella sua vita non si è limitato ai fumetti, anche se è per quello che è conosciuto maggiormente, ma ha scritto anche romanzi e saggi. È, con il suo Corto Maltese, tra i fumettisti italiani più conosciuti in ambito internazionale ed è apprezzato e considerato tra i maggiori di tutti i tempi. Suo padre Rolando Pratt, pur romagnolo, era di origine inglese, mentre la madre, Evelina Genero, era figlia del poeta dialettale veneziano Eugenio Genero. Hugo Pratt, pur avendo soggiornato per sei anni in Africa Orientale Italiana, con la famiglia, si legherà maggiormente alla Venezia della madre. La città lagunare, di fatto, gli rimase sempre nel cuore, tanto da divenire la location di ben due fumetti: L’angelo della finestra d’oriente e Favola di Venezia (Sirat Al-Bunduqiyyah).

Il periodo della Seconda guerra mondiale, che segnerà un momento importante della sua generazione, fu anche per lui ricco di avvenimenti e molto “avventuroso”. Con la caduta, nel 1942, dell’Africa Orientale Italiana, l’intera famiglia Pratt fu internata nel campo di concentramento in Francia. dove il padre morì nel 1942. Grazie all’intervento della Croce Rossa, la famiglia fu liberata e poté tornare in patria. A Città di Castello Hugo frequentò, per un breve periodo, un Collegio militare. Quando, nel 1943, fu firmato l’armistizio di Cassibile, entrò nell’esercito della Repubblica sociale, addirittura nel battaglione Lupo della Xª Flottiglia MAS. Ma non vi rimase a lungo. Nell’autunno del 1944 stava per essere fucilato dalle stesse SS, che lo sospettavano di doppio gioco con il nemico. Pratt riuscì a sfuggire, rifugiandosi nell’Italia meridionale, già liberata. Per la sua ottima conoscenza sia dell’italiano che dell’inglese, venne impiegato come interprete dall’esercito alleato fino al termine della guerra.

Hugo Pratt, cresciuto con i romanzi di James Oliver Curwood, Zane Gray e Kenneth Roberts, aveva una buona conoscenza del fumetto americano. Grande era la sua voglia di narrare storie e di rappresentarle graficamente. Così con degli amici, Mario Faustinelli e Alberto Ongaro, fondò a Venezia la rivista “Albo Uragano”, che, nel 1947, si chiamò “Asso di Picche – Comics”, dal nome del personaggio (Asso di Picche) inventato dallo stesso Pratt. Il buon successo dell’albo, che catalizzava giovani autori, gli permise di conoscere e collaborare con Dino Battaglia, Rinaldo D’Ami e Giorgio Bellavitis. La rivista intanto realizzò un buon risultato di vendite soprattutto in Argentina, tanto che Pratt si trasferì (insieme ad un piccolo gruppo di amici collaboratori) nel paese sudamericano, invitato dalla Editorial Abril di Cesare Civita di Buenos Aires, dove risiedette per 13 anni.

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Disegnare oggi – 3/3

 

Il titolo che accomuna questa serie di articoli è: “Tela o carta: qual è la differenza?”. In effetti la differenza c’è ed è legata al “numero di copie”. Nell’arte i quadri sono pezzi unici, tant’è che le copie di altri pittori non hanno il valore dell’originale.

Nell’industria moderna, la replicazione dei prodotti poteva mantenere il valore e la qualità dell’originale? E quale era l’originale? Lo stampo che li replicava? È il problema delle arti applicate. Considerate, da sempre, inferiori. Nel design, come in pubblicazioni a stampa, si raggiunge un numero elevatissimo di copie. Un tempo, più si progrediva, più le copie aumentavano, mentre, all’opposto, il loro valore scendeva vertiginosamente. Più copie, meno valore. Perciò le Illustrazioni su libri, giornali, pubblicità e manifesti – tutti realizzati su carta – si deprezzerebbero per l’elevata tiratura. Al contrario, le bassissime tirature (magari numerate) farebbero crescere il valore degli esemplari. Figuriamoci, quindi, un fumetto, distribuito ovunque, quanta considerazione possa avere.

Ciononostante, con la moda odierna delle “firme” – nell’abbigliamento come nel design industriale – artisti, creatori e progettisti, raggiungendo notorietà sempre maggiori, hanno aumentato richieste e considerazione. Ad esempio, Fellini chiedeva consulenze a Milo Manara, fumettista, per i suoi film, fosse quasi un secondo Direttore della fotografia.

Oggi le arti applicate hanno il loro merito. Il Victoria and Albert Museum di Londra lo ha dimostrato. Tale museo, infatti è dedicato alle arti applicate e alle arti minori; ma sono presenti anche sezioni sulla pittura (soprattutto il disegno nelle sue tecniche di riproduzione), la scultura e l’architettura.

Bisognerebbe fermarsi e riflettere un attimo. Inquadrare, comunque, un effetto legato alla modernità. Le macchine e la riproduzione in serie hanno raggiunto la loro importanza. Persino Internet non cancella la vecchia comunicazione, ma anzi, la arricchisce. La maggiore diffusione è un plus dei nostri tempi, proiettati verso un futuro che conquisterà “nuovi” valori. È un dato di fatto!

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Il valore di un’espressione – 2/3

 

PITTORI DI CARTA.

In Italia, fumetti e illustrazioni non godono di grande importanza. Le tavole realizzate per libri, pubblicità e manifesti, hanno una valutazione molto bassa. Per la loro essenzialità le si considera opera di artisti minori. I fumetti, poi, sarebbero un passatempo di non grande rilevanza e sempre di una levatura mediocre. All’estero, invece, gli illustratori sono oggetto di forte attenzione, tanto che, negli Stati Uniti, le loro opere sono considerate icone della modernità americana. Lo ha detto anche Virginia M. Mecklenburg, curatrice dello Smithsonian American Art Museum, di Washington, riferendosi ai disegni di Normann Rockwell. Le composizioni dei maestri – come Windsor McCay (per Little Nemo) o Alex Raymond (per Flash Gordon) – hanno ottenuto quotazioni definibili “serie”. I disegni di Rockwell per le copertine del settimanale “Saturday Evening Post”, sono stati valutati ben 15,4 milioni di dollari.

Ma non basta. Molti sono i musei nel mondo che espongono illustrazioni, e non da poco. Tra questi troviamo il Louvre di Parigi, il Victoria and Albert Museum di Londra, o lo State Russian Museum di San Pietroburgo, e molti altri. In Italia, viceversa, vi era un unico museo che esponeva questa arte così particolare. Si trovava a Ferrara. Si fondava sull’attività fattiva della curatrice Paola Pallottino e, come consulente onorario, si poteva contare su Ernst Gombrich. Com’è finita? Ha chiuso dopo pochi anni, per mancanza di fondi. Evidentemente, non è stato considerato di alto valore culturale, tanto da avere riconosciuto un sostegno pubblico.

Eppure non mancano i grandi illustratori italiani, come, ad esempio, Bruno Angoletta, Antonio Rubino, Sergio Tofano, Giuseppe Porcheddu e Aleardo Terzi, che godono tutti di molta considerazione fuori d’Italia. Ad esempio, Fortunino Matania fu chiamato a Londra per comporre illustrazioni sule riviste “Graphic”, “The Illustrated London News”, ma anche “The Sphere”. In una situazione leggermente migliore si trovano, invece, i nostri fumettisti. Rientrano nella “letteratura d’Arte”, probabilmente perché al disegno sono abbinati testi spesso da non sottovalutare. Tra i grandissimi: Hugo Pratt, Guido Crepax, Milo Manara, Andrea Pazienza e Roberto Raviola (Magnus).

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Tela o carta: qual è la differenza? – 1/3

 

PITTORI DI CARTA.

Vorremmo spezzare una lancia a favore dei fumettisti e degli illustratori, attività oggi sottovalutata. In queste pagine conosceremo molti pittori che anziché la tela utilizzano la carta, scoprendo che la loro abilità creativa non va penalizzata, ma anzi premiata, quando, espressa da grandi artisti, produce bellezza, sempre così importante e necessaria per elevare lo spirito.

Breve storia del disegno

Sin dai primordi, cioè dall’età delle caverne, l’uomo ha tracciato linee per rappresentare qualcosa. È la nascita del disegno. Pur essendo apparentemente semplice, il suo principio è quasi impossibile a definirsi, sia sul piano teorico che pratico. A ben considerare, la stessa scrittura è una forma di disegno, anche se la finalità è diversa. La scrittura rappresenta infatti concetti o parole, nonostante ciò gli ideogrammi cinesi venivano tracciati con il medesimo strumento dell’artista: il pennello. È una forma d’arte che si tramanda tuttora.

Genericamente, il disegno parte da un individuo mosso da un mondo interiore e dal suo immaginario, in una estrinsecazione figurativa. Essendo rappresentativo, il disegno è un mezzo linguistico, quindi, una forma di comunicazione. Ogni civiltà ha posseduto il proprio stile di disegno. Quasi tutte le opere artistiche (nella pittura, come nella scultura o nell’architettura) partono da un primo schizzo. Di grande valore anche quest’ultimo.

Nel Seicento, il disegno era considerato come “il fondamento dell’arte”. Come tale, non era una libera espressione, ma partiva dalla conoscenza di altre discipline, quali la geometria, la prospettiva, lo studio della luce, lo studio dei colori, ma anche l’anatomia e l’architettura. Nello stesso secolo, iniziano le raccolte di disegni di grandi artisti. Se all’inizio prevaleva la “linea di contorno”, col tempo, si preferì il colore, l’effetto pittorico. Dopo il comporre “disegnativo” nacque dunque il comporre “coloristico”.

Con l’arrivo del realismo prevale, definitivamente, il colore, ma emerge anche la luce. Questo perché disegno e pittura diventano una libera espressione del mondo interiore dell’artista, il suo punto di vista delle cose, la sua personalità. Tuttavia, contemporaneamente alla rivoluzione espressiva, negli ultimi due secoli, il valore del disegno è andato svalutandosi sempre più. Ma questo non ovunque. Ci torneremo sopra venerdì prossimo.

 

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