Di capre ce ne sono tante

 

LA COSTITUZIONE E LA BELLEZZA. Non è solo il titolo di un libro, ma l’intrinseco programma della nostra Carta Costituzionale. I due autori, Michele Ainis e Vittorio Sgarbi, hanno il merito di averlo messo in evidenza in sedici capitoli: dodici per quanti sono i princìpi fondamentali e quattro correlati ai titoli in cui si articola la prima parte della Costituzione. «La Carta italiana è una sorgente di bellezza, oltre che la prima fonte del diritto», dichiara Ainis. «L’Italia è il paese più bello del mondo. Non può non avere la bellezza come elemento costituzionale», fa eco Sgarbi. Occorrerebbe chiedersi quanto gli italiani siano consapevoli della bellezza di un paesaggio antropizzato da secoli di cultura. Non il FAI o la Lega Ambiente, perché è scontata una risposta positiva. Mi piacerebbe credere che le folle alle presentazioni del libro ne siano consapevoli, ma la foto postata dallo stesso Sgarbi su Facebook, del “Grande Cretto” di Burri a Gibellina sormontato da pale eoliche, pone il dubbio. I libri servono, però, a chiarire ciò che prima non aveva neppure sfiorato l’intelletto di qualche amministratore sprovveduto. Non credo ai libri edificanti e questo non lo è senz’altro, perché permetterà a molti di rapportare articoli costituzionali e riferimenti d’Arte. Come l’art. 1, «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», associato al Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, espressione di un popolo che, tramite il lavoro, «acquisisce cittadinanza e diventa portatore di democrazia». Ha ragione Ainis: occorre far capire quanto il nostro destino futuro sia legato a quel passato che ci ha resi ricchi di genialità, arte e gusto estetico. Ma di “capre” ce ne sono tante, potrebbe dire Sgarbi.

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Storia dell’Arte moderna: John Constable

 

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A differenza di William Turner, che viaggiò molto, John Constable rimase sempre in Inghilterra, dove non fu mai considerato quanto i suoi meriti avrebbero richiesto. Nonostante vendesse più in Francia che in madrepatria, scriveva ad un amico: «Preferisco essere povero in Inghilterra che ricco all’estero». Schivo da ogni ostentazione, si considerava un “pittore naturalista” e, a forte ragione, è oggi indicato come il maggiore paesaggista inglese, unitamente a Turner. Le sue opere più importanti ritraggono i luoghi della propria esistenza, in particolare il Suffolk e Hampstead. Della sua terra d’origine restituisce la naturalezza dei cambiamenti climatici, le vibrazioni della luce. Lontano dalla pittura di maniera, annotava: «Quando mi siedo per fare uno schizzo dalla natura, la prima cosa che cerco di fare è dimenticare di avere visto delle pitture». Si allontanò dai metodi tradizionali, lavorando su di una pennellata svelta e incisiva, che aprirà la strada alla pittura della scuola di Barbizon e più tardi ancora alla rivoluzione impressionista.

ENCICLOPEDIA ON LINE

ENCICLOPEDIA ITALIANA – 1931

IMMAGINI TRATTE DA WIKIMEDIA COMMONS

 

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Una sontuosa cena barocca – 2/7


COPPA DI GAMBERI.

Ingredienti per 5 persone

500 gr di code di gamberi non sgusciate
1 cespo di radicchio
2 cicorie belghe medie
120 gr di olio di semi
100 gr di barbabietola
1 foglia di alloro
mezzo limone
sale e pepe
30 gr di aceto rosso
50 gr di vino bianco secco
1 uovo

Questa ricetta è senza dubbio una variante gustosa della oramai inflazionata “coppa di gamberi in salsa rosa” o “all’americana”, utilizzando per colorire ed addolcire una semplice barbabietola, tanto in voga nella cucina barocca, in contrasto con gli amarostici radicchio e cicoria. Un gusto che si richiama alla tradizione del “dulcamara”, ossia il contrasto dolce-amaro, agro-dolce.

In un po’ d’acqua – alla quale avrete aggiunto vino bianco secco, alloro, limone e un pizzichino di sale – immergete le code di gamberi non sgusciate. Quindi lessatele, scolatele e sgusciatele. Versate i gamberi in cinque coppe solenni, predisposte con un letto d’insalata nettata, lavata ed asciugata molto bene, tagliata in striscioline sottili.

Contemporaneamente, con la barbabietola, predisponete una salsa molto morbida. Togliete la pelle, frullatela fino ad ottenere una soffice purea; aggiungetevi dell’aceto di vino rosso e fate riposare qualche minuto. Preparate una classica maionese (con tuorlo d’uovo, olio di semi, pepe e poco sale). Ora, miscelate la maionese con la purea di barbabietola, scolata preventivamente dell’aceto. Questa salsa servirà a coprire l’insalata e i gamberi disposti nelle coppe. Guarnite Infine con piccole foglie di radicchio.

[Fotografia tratta dalla rivista “A Tavola”, rielaborata graficamente da Sebastiano Occhino]

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L’Art Nouveau e Mucha

PROSPETTIVE.

All’inizio del secolo scorso, erano già esistenti alcune correnti artistiche, diverse tra loro per contenuti ed ispirazione, quali il Futurismo e l’Art Nouveau. Ma mentre il Futurismo non è sempre bene accetto a tutti, non abbiamo mai incontrato qualcuno a cui non piaccia l’Art Nouveau. Fu, tuttavia, presente nel panorama dell’arte nuova come una cometa veloce, intensa ma temporanea. Si spense nel giro di un paio di decenni.

Il Tema
La Belle Époque fu incoronata dall’Art Nouveau. Dolce e sensuale. I disegni pubblicitari dell’artista ceco Alfons Mucha (1860-1939), protagonista tra i massimi della corrente di inizio Novecento, sono stati in passato anche oggetto di varie mostre, attestazione dei contenuti artistici di questo stile “moderno”.

Le grandi città europee, tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, tra macchine e fiori, s’ingentiliscono. Le linee diventano flessuose e morbide, appaiono dolci e luminosi volti di fanciulle, la decorazione prende forma vegetale. Compaiono rose, narcisi, ninfee, pavoni e farfalle. Il tutto fluttuante nello spazio pubblicitario, nei manifesti e nelle riviste. In Italia lo stile Art Nouveau prende il nome di Stile Floreale o Liberty. Quest’ultimo termine ha origine da Arthur Liberty, commerciante britannico, che tra i prodotti dei suoi Grandi Magazzini di Londra vende oggetti d’arte di questa nuova corrente, così diversa da tutte le altre.

Contemporaneo del Liberty è anche il Movimento futurista, che anziché ispirarsi alla natura, si rifà al concetto di macchina e di velocità. È uno stile forte, duro e “maschile”, mentre il Liberty potrebbe essere definito “femminile”. Sono quindi stili contrapposti. Ambedue, però, utilizzano l’asimmetria della composizione grafica. È il segno dei nuovi tempi che si annunciano.

Alfons Mucha, artista Art Nouveau, viaggia in Italia, prima a Milano, poi a Genova. Nel suo passaggio lascia traccia di sé. Natura, trasparenze, presenze femminili botticelliane, sono alla base dell’arte di Mucha; sono il “marchio di fabbrica” che caratterizza ogni sua opera. Ma non è solo grande intelligenza grafica. Unitamente, ecco la malinconia, il lirismo di una interpretazione poetica. Se il Futurismo è forza, velocità, la macchina su tutto che apre nuovi scenari, Mucha si rifà, invece, alla Danza, alla Musica e alla Pittura, forse ispirato dalle composizioni dei Preraffaelliti.

Le ragazze di Mucha sono ben vestite, ma spesso anche velate e sensuali. Angeli e contemporaneamente “femmes fatales”. Moderne ninfe, licenziose ed ammiccanti, trasformano un prodotto nel desiderio di comprarlo e provarlo. Pubblicizzano lo Champagne Ruinart, le Bières de la Meuse, i biscotti Lefèvre-Utile e le sigarette Job. Questi sono soli alcuni dei prodotti presentati servendosi della sua opera geniale e raffinata. I suoi disegni sono così originali da oscurare lo stesso prodotto offerto.

Le numerosissime composizioni e applicazioni di Mucha, tra disegni, realizzazioni grafiche, litografie a colori, poster e illustrazioni, ma anche maioliche, gioielli e oggetti d’ogni tipo, fino ai Vasi Daum e Gallé, declinano ampiamente tutta la sua creatività, in vari temi e utilizzi.

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Le ragazze di Mucha

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ALFONS MUCHA

Mucha ‹mùkℎa›, Alfons. – Pittore (Ivančice, Moravia, 1860 – Praga 1939). Studiò a Monaco, Vienna e Parigi; attivo in prevalenza a Parigi, coltivò varie branche delle arti decorative, ma soprattutto l’illustrazione di libri e riviste, cartelloni, manifesti e programmi per teatri (celebri quelli per Sarah Bernhardt, 1894) secondo il gusto dello Jugendstil. Eseguì anche pitture murali per l’Esposizione del 1900 e in teatri ed edifici pubblici a Berlino e Praga. Leggi

LA WEB TV DELL’ENCICLOPEDIA ITALIANA

 

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Il libro d’artista: tra passato e presente

 

LIBRI D’ARTISTA.

Per avviare alcune riflessioni sul libro d’artista comincerei con un gioco di parole rappresentato dalla scrittura “Lib(e)ro”. Il termine libro, che deriva dal latino “liber”, assume in questo caso un doppio significato: “libro” e “libero”. A ben pensare ogni volta che si “liberava” la membrana sottile posta sotto la corteccia di un albero (che sappiamo chiamarsi “libro”) si produceva un foglio che disseccato era usato nell’antichità come materiale scrittorio. Il libro, il foglio (o la foglia), la pagina (cioè la faccia superiore ed inferiore delle foglie) sono termini botanici delle parti di un albero che condividono significati con un libro, inteso come un insieme di fogli uniti fra loro a formare un volume.

Il termine libro sottintende comunemente la stampa, perché altrimenti parleremmo di manoscritto. Ora proviamo a pensare ad un altro termine che ha relazione con il libro: “colophon”. Letteralmente in greco significa “estremità, righe finali”. Questo perché l’autore, il titolo, il nome dello stampatore o del copista, il luogo e l’anno, si trovavano in chiusura del libro. Proprio così, le indicazioni che siamo abituati a leggere sul retro del frontespizio (che nei sec. 15°-16° non esisteva ancora) si leggevano non all’inizio, ma immediatamente aprendo l’ultima pagina dell’opera. Questo era appunto il colophon, che consisteva nella disposizione tipografica delle righe terminali del testo, che digradavano con forme geometriche, come ad esempio un trapezio regolare, seguendo la linea mediana della pagina. Una figurazione di righe tipografiche per dare forma ad un disegno “artistico”.

È il primo esempio di un libro d’artista? Niente affatto, abbiamo esempi anche precedenti. Solo che all’epoca non sapevano che stavano realizzando un archetipo di quello che chiamiamo libro d’artista. Ma lo sappiamo oggi. In una edizione limitata per commemorare i quattrocento anni dalla pubblicazione del “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel de Cervantes, la facoltà di Belle Arti dell’Università di Valencia ha voluto rappresentare il testo del colophon con la forma di un cerchio, per ricordare certe stampe cinquecentesche. Come si vede nella figura, il presente prende spunto dal passato. Ma avremo modo di approfondire il discorso per conoscere bene cosa sia e cosa non sia un libro d’artista.

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Tela o carta: qual è la differenza? – 1/3

 

PITTORI DI CARTA.

Vorremmo spezzare una lancia a favore dei fumettisti e degli illustratori, attività oggi sottovalutata. In queste pagine conosceremo molti pittori che anziché la tela utilizzano la carta, scoprendo che la loro abilità creativa non va penalizzata, ma anzi premiata, quando, espressa da grandi artisti, produce bellezza, sempre così importante e necessaria per elevare lo spirito.

Breve storia del disegno

Sin dai primordi, cioè dall’età delle caverne, l’uomo ha tracciato linee per rappresentare qualcosa. È la nascita del disegno. Pur essendo apparentemente semplice, il suo principio è quasi impossibile a definirsi, sia sul piano teorico che pratico. A ben considerare, la stessa scrittura è una forma di disegno, anche se la finalità è diversa. La scrittura rappresenta infatti concetti o parole, nonostante ciò gli ideogrammi cinesi venivano tracciati con il medesimo strumento dell’artista: il pennello. È una forma d’arte che si tramanda tuttora.

Genericamente, il disegno parte da un individuo mosso da un mondo interiore e dal suo immaginario, in una estrinsecazione figurativa. Essendo rappresentativo, il disegno è un mezzo linguistico, quindi, una forma di comunicazione. Ogni civiltà ha posseduto il proprio stile di disegno. Quasi tutte le opere artistiche (nella pittura, come nella scultura o nell’architettura) partono da un primo schizzo. Di grande valore anche quest’ultimo.

Nel Seicento, il disegno era considerato come “il fondamento dell’arte”. Come tale, non era una libera espressione, ma partiva dalla conoscenza di altre discipline, quali la geometria, la prospettiva, lo studio della luce, lo studio dei colori, ma anche l’anatomia e l’architettura. Nello stesso secolo, iniziano le raccolte di disegni di grandi artisti. Se all’inizio prevaleva la “linea di contorno”, col tempo, si preferì il colore, l’effetto pittorico. Dopo il comporre “disegnativo” nacque dunque il comporre “coloristico”.

Con l’arrivo del realismo prevale, definitivamente, il colore, ma emerge anche la luce. Questo perché disegno e pittura diventano una libera espressione del mondo interiore dell’artista, il suo punto di vista delle cose, la sua personalità. Tuttavia, contemporaneamente alla rivoluzione espressiva, negli ultimi due secoli, il valore del disegno è andato svalutandosi sempre più. Ma questo non ovunque. Ci torneremo sopra venerdì prossimo.

 

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Per coloro che se ne intendono

 

FOTOGRAFIA. Una giovane di Verona mi ha contattato per avere mie foto su monumenti siciliani. Ho risposto che sono perfettamente incapace di scattare immagini degne d’attenzione al contrario del mio amico Sebastiano Occhino, che ama chiamarsi fotografo prima che architetto. Non vede l’ora di uscire con scarpe da trekking, F90x, 20mm e un paio di HP5, magari da “tirare” a 1600 ISO. L’altro giorno ha asserito che, fuori dai tecnicismi, «la fotografia dovrebbe nascere dentro di noi ed usare la realtà che ci circonda per esprimere le nostre visioni». Non so a voi, ma a me ha ricordato Charles Baudelaire nella recensione del Salon parigino del 1859, apparsa col titolo «Le public moderne et la photographie». Molti critici, dalla superficialità abissale, lamentano in Baudelaire l’avversità verso questa spettacolare invenzione per rappresentare la realtà. Dimenticano che era amico di Nadar, fra i più grandi fotografi del XIX secolo: l’uomo che fotografava Parigi da un pallone aerostatico. Ciò che semmai Baudelaire deplorava era l’uso fatto dalle masse popolari e borghesi, nonché la particolare idea di “progresso” incarnato. Credendo che l’arte non potesse che raffigurare l’esatta riproduzione della natura, «una follia, uno straordinario fanatismo s’impadronì di tutti questi nuovi adoratori del sole». In verità, «poiché l’industria fotografica era il rifugio di tutti i pittori mancati, scarsamente dotati o troppo pigri per compiere i loro studi, questa frenesia universale aveva il carattere dell’accecamento e dell’imbecillità». Com’è evidente, in Sebastiano come già in Baudelaire, c’è la preoccupazione che un progresso soltanto materiale porti al dissolvimento della visione artistica, già tanto rara.

(Nell’immagine: “Nadar mentre eleva la fotografia all’altezza dell’Arte”. Caricatura di Honoré Daumier)

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Dalla comunicazione al manifesto pubblicitario

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SLIDESHOW.

Arturo Carlo Quintavalle, sulle pagine dell’Enciclopedia Italiana in rete, traccia la storia del manifesto. Fa parte delle arti figurative, ma è opera pittorica indirizzata all’attrazione e alla comprensione di un vasto pubblico. Della pittura rispecchia segni e colore, ma la sua caratteristica principale è che costituisce una forma di comunicazione, utilizzata sia dalle istituzioni pubbliche che private, per informare su avvenimenti specifici o richiamare l’attenzione verso prodotti creati dall’industria moderna e contemporanea. Nel settore dei consumi di massa, negli ultimi due secoli, il manifesto è passato dal concetto di “réclame” a quello di “pubblicità”. L’articolato saggio di Quintavalle ci guiderà attraverso l’evoluzione di forma e linguaggio, mentre le immagini del nostro Slideshow daranno un assaggio di un tema molto ampio e dal forte impatto comunicativo.   Leggi

ENCICLOPEDIA ITALIANA (V Appendice – 1993)

ENCICLOPEDIE ON LINE alla voce ARTE

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Una sontuosa cena barocca – 1/7

 

SPAZI DEL GUSTO.

Per festeggiare ricorrenze speciali proponiamo delle ricette ideate dai cuochi siciliani. Richiamano alla memoria il “pasticcio di sostanza”, i grandiosi “trionfi di gola”, morbidissimi zabaioni profumati alle erbe, elaboratissime meringhe di scuola francese, marmellate di arance amare di ricordo britannico, croccanti di origine araba, pistacchi e zucche candite. Tutti cibi che profumano di Sicilia.

Sono elaborati nelle cucine delle grandi casate che, a partire dall’epoca barocca, hanno creato la grande arte culinaria isolana: baronale o prelatizia che fosse. Una cucina raffinatissima, parallela a quella del popolo. Maestri dell’arte gastronomica di rango erano i “monsù”, ovvero i prestigiosi cuochi di palazzo, contesi dalla nobiltà dell’epoca. Seguivano i loro signori nelle residenze di città ed in quelle di campagna, e per essi cucinavano persino nei lussuosi alberghi d’Europa pur di assecondarli nei gusti.

A questo proposito presentiamo le ricette realizzate in occasione di una fastosa cena celebrata a Palermo, anni fa, nella splendida Villa Chiaramonte Bordonaro. Padrona di casa la baronessa Antonella Chiaramonte, che con sensibilità ha voluto offrire ai suoi commensali i momenti conviviali propri della tradizione nobiliare. La cena è stata raccontata da una delle più prestigiose riviste di alta cucina, “A Tavola”, testimonianza che ancora oggi la cultura culinaria siciliana ha spazio rilevante nella tradizione gastronomica nazionale.

Il menù di questa cena sontuosa è frutto delle amorevoli ricerche di Anna Maria Dominici (figlia del famosissimo attore Angelo Musco). Una raccolta di trascrizioni da antichi manoscritti riguardante i piatti della tradizione siciliana: quella popolare e quella baronale. Spesse volte i ricettari sono quelli appartenuti ai monsù, quando la cucina – quella di alto rango – era esclusiva degli addetti ai lavori, che ne conservavano gelosamente i segreti.

Oggi, tali segreti, potrete trovarli svelati ogni martedì sul nostro sito web, con l’intento, non solo di partecipare le delizie a quanti vorranno sperimentarne l’esecuzione, ma anche di arricchire la conoscenza della gastronomia siciliana, che gratifica la gola quanto lo spirito.

[Fotografie tratte dalla rivista “A Tavola”, rielaborate graficamente da Sebastiano Occhino]

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