La città ideale del Rinascimento

 

PROSPETTIVE.

Di solito gli ideali non vanno d’accordo con la realtà, anche se molti ci hanno provato. Si dice: è solo un’utopia. Questo valeva anche per il concetto di “Città ideale” ideato nel Cinquecento. Nelle Corti, infatti, fu molto discusso, disegnato e dipinto, ma poco fu realizzato. Pura e semplice fantasia? Se pensiamo, però, che la realtà che viviamo oggi, sarebbe stata considerata un’utopia in epoca rinascimentale, nasce spontanea una riflessione: con il tempo, anche le utopie si potrebbero realizzare davvero. È solo una questione di perseveranza storica (di fantasia e creatività).

 

Il Tema
Il vero dibattito sul rapporto tra urbanistica del tempo e l’utopia di una città ideale, lo registriamo in periodo umanistico e rinascimentale. Molte furono le realizzazioni architettoniche ispirate al concetto teorico da parte degli architetti ed artisti dell’epoca, ma pochissime furono le realizzazioni concrete. In linea teorica l’utopia della città ideale si legò ad altre tematiche molto dibattute: la centralità dell’uomo nella natura, la riscoperta della cultura e dell’arte greco-romana, l’imitazione dell’arte classica. Ritroviamo quest’ultima negli studi di Vitruvio (nel famoso De architectura) e nelle ricerche dell’Accademia della Virtù (a cui partecipò anche il Vignola e Claudio Tolomei). Nell’Accademia si svilupparono tematiche rilevanti, come l’organizzazione prospettica, che trattava i fondamenti della teoria delle proporzioni e della misura architettonica.

Il rilancio umanistico della città, come ambiente distinto dalla natura, in diretto rapporto con la dignità e l’agire dell’uomo, messo quest’ultimo al centro dell’indagine filosofica, apre tutta la stagione rinascimentale. L’artificialità dello spazio urbano (ben diverso dalla natura), inteso come spazio dell’opera e dell’esperienza umana, lo rese passibile d’astrazione idealistica, fino ad oggettualizzarlo in una visione utopistica. Le città-stato dell’Umanesimo, che poi sono le “città del principe”, contengono in sé funzionalità ed estetica. Le diverse arti e l’immagine del signore coincidono complessivamente nell’immagine cittadina. Non come somma di interventi singoli dei cittadini, ma in un unico rapporto urbano.

Il concetto di  città-stato corrisponde con quello di comunità civica, quindi simbolo della vita associata che vi si svolge. Da qui l’astrattezza dell’architettura diviene ideale o idealizzabile. Perciò, amministrate politicamente da signorie cittadine (e dalla comunità locale) tali città possedevano tutta la novità e la rappresentatività di un unico concetto di città idealizzabile. Per rappresentare la propria immagine, il sogno dei principi passò, quindi, dal castello o dal palazzo, a quello di una intera città, tale da divenire funzionalmente ed esteticamente perfetta. Così la città ideale aveva come finalità architettonica l’equilibrio, l’ordine, la funzionalità e la razionalità formale, che potesse essere rappresentazione e traduzione concreta della perfezione della guida politica del principe.

Tali aspirazioni, nel XV secolo, portarono, oltre alla progettazione di nuove città, anche all’apertura di nuove prospettive nella città, al suo ampliamento, alla sua trasformazione, e nella maggior parte dei casi al semplice abbellimento. Nel XVI secolo le forti tensioni politiche e militari in tutta Europa, portarono ad irrobustire le proprie difese. Nacquero castelli dalla geometria perfetta (come quella idealizzata), che finirono per trasformare i centri urbani secondo linee e direttrici più regolari. Tuttavia, nell’urgenza militare, alcuni signori diedero vita a città o cittadelle militari. Ne è un esempio la città-fortezza di Terra del Sole, costruita al termine del Cinquecento, per decisione di Cosimo I de’ Medici. In particolare, tra le città-fortezza ben si colloca il castello a forma di stella e l’abitato di Palmanova.

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