Macerie, una volta di più

 

TERREMOTI. Prevederli non significa indicare in anticipo zona, giorno, ora, intensità. Ma avere l’idea che, prima o poi, l’evento si verificherà. Fronteggiare il problema non è mai una questione tecnica, ma politica ed economica; perché sono politica ed economia ad indirizzare i programmi. La tecnica individua solo come realizzarli. La carta della classificazione sismica non è, perciò, una figurina per illustrare i tragici resoconti di cronaca. Il livello massimo di pericolosità si estende lungo la dorsale appenninica, senza discontinuità, dall’Italia centrale fino ad attraversare lo Stretto. Studiosi e tecnici lo spiegano a chiare lettere: siamo letteralmente seduti su di una polveriera con una sigaretta accesa fra le dita. I dati sono resi più drammatici dal fatto che circa il 70% del patrimonio storico ed artistico dei nostri bellissimi centri è fatiscente. Le sopraelevazioni e persino certe sostituzioni dei vecchi impalcati in legno, con nuovi solai cementizi, premono – verticalmente od orizzontalmente – su murature in pietrame che utilizzano leganti aerei di antichissima data. Neppure gli stabili dei primi anni del Novecento, costruiti con telai in calcestruzzo armato, sono sempre del tutto sicuri, poiché le competenze dell’epoca erano empiriche e le normative ancora deficitarie. Recuperare pertanto i centri storici, per adeguare alle attuali prescrizioni antisismiche un tessuto edilizio fragile e vulnerabile, dovrebbe costituire l’obiettivo fondamentale del nostro Paese. Urge un programma di prevenzione, risanamento e restauro, che prenda in considerazione l’intero territorio italiano a rischio. Perché, una volta di più, non basterà ricostruire le aree colpite dal sisma del 24 agosto.

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