Gli Uffizi dopo i Medici 4/4

 

Con la fine della dinastia della famiglia dei Medici, avvenuta nel 1737, dopo la morte di Gian Gastone Medici, si aprì un grosso problema sulla fine delle collezioni degli Uffizi. Oculatamente, Anna Maria Ludovica, la sorella di Gian Gastone, stipulò una convenzione con la dinastia dei Lorena. Si impegnava a cedere tutte le collezioni ai Lorena, con la clausola che le opere rimanessero a Firenze, inalienabili, escludendo così i pericoli di frazionamento e dispersione in altri luoghi. Il patto fu rispettato dai Lorena, tanto che oggi possiamo ammirare la Galleria degli Uffizi con tutte le sue opere d’arte. Purtroppo non avvenne altrettanto per le collezioni di Mantova e di Urbino.

Superato l’incendio, del 1762, che distrusse il corridoio orientale, anche se soltanto in parte, nel 1769, la Galleria fu aperta al pubblico, grazie a Pietro Leopoldo di Lorena. Per questo motivo, venne attivato un nuovo ingresso, ideato dall’architetto Zanobi del Rosso, e la direzione degli Uffizi fu affidata a Giuseppe Pelli Bencivenni. La nuova situazione comportò anche un ripensamento generale di tutte le collezioni del museo e delle loro esposizioni. Ripensamento che fu affidato all’illuminista Luigi Lanzi, che riorganizzò le esposizioni seguendo un principio razionalistico e pedagogico. Per razionalità, il Lanzi fece rimuovere dal museo l’armeria, traslò la collezione degli strumenti scientifici nella Specola e vendette la raccolta di maioliche. Tutto questo per concentrare la Galleria sulle opere d’arte. Le arti minori vennero, però, sottovalutate.

Nel 1779, giunse da Villa Medici a Roma, Niobe e i suoi figli. L’opera, insieme ad altre sculture antiche, fu inserita nell’omonima Sala della Niobe, realizzata da Gaspare Maria Paletti. Nel 1793, fu eseguito uno scambio tra gli Uffizi e la Galleria Imperiale di Vienna. Alcune produzioni fiorentine appartenenti ai secoli XVI e XVII, lasciarono l’Italia. Tra queste i lavori di  Fra Bartolomeo. In compenso arrivarono a Firenze quadri di Tiziano, Giovanni Bellini, Giorgione e Dürer.

Le 28 statue di marmo presenti nelle nicchie dei pilastri esterni, che raffigurano persone toscane importanti, che vanno dal Medioevo all’Ottocento, furono inserite nella prima metà del XIX secolo. Con l’Unità d’Italia ed il trasferimento della capitale a Firenze, il Senato si riunì più volte proprio nel Teatro mediceo degli Uffizi (tra i senatori anche il Manzoni). Il Teatro fu eliminato nel 1889. Alla fine dell’Ottocento, alcune opere lasciarono la Galleria a favore del Museo del Bargello (statue rinascimentali) e del Museo Archeologico (statue etrusche). Con una ristrutturazione di Mariano Falcini, nel 1866 trovarono sede nel palazzo le Regie Poste. Oggi l’area è utilizzata per delle esposizioni a rotazione di materiale dei depositi.

All’inizio del 1900, si iniziarono ad acquistare opere da istituti religiosi, come il Trittico Portinari (dalla chiesa di Sant’Egidio) e la quadreria appartenente all’arcispedale di Santa Maria Nuova, L’area dei due piani ricavati dalla soppressione del Teatro mediceo, fu oggetto, nel 1956, di restauri ed allestimento da parte di illustri architetti del calibro di Giovanni Michelucci, Carlo Scarpa, Ignazio Gardella. Nel 1969 è stata acquistata la Collezione Contini Bonacossi.

Con lo spostamento dell’Archivio di Stato, il primo piano è tornato a disposizione della Galleria. Oggi è occupato dall’esposizione di opere del Seicento (anche con dipinti di Caravaggio), e da mostre temporanee di grande richiamo.

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