La cucina a Messina, in riva allo Stretto 2/2

 

Non bisogna dimenticare che la cucina di Messina, come quella delle Eolie, e apparentemente in modo paradossale la cucina dell’intera Sicilia e delle sue isole, è essenzialmente una cucina di terra. Il clima favorisce la coltivazione delle verdure, tanto che spostandosi dalla costa all’entroterra collinare, oltre che al pesce, queste verdure si mescolano alle carni. Ecco l’agnello alla messinese, cotto al forno con olive nere e pecorino o, ricordando atavici riti, cosparso di ogni genere di erbe e anticamente cotto in una fossa scavata nel terreno. Gli involtini di vitello, le polpette di carne (e di magro), il manzo e il coniglio in agrodolce, il falsomagro ripieno di salsiccia e tritato, uova sode, salame e formaggio.

La specialità dell'antica cucina messinese chiamata “sciusceddu”.
La specialità dell’antica cucina messinese chiamata “sciusceddu”.

Anche la cotoletta si arricchisce di un gusto più incisivo, dopo una infusione nell’uovo sbattuto ed una ripassata in un composto di pecorino, pane grattato, prezzemolo, sale, pepe, aglio. Poi possiamo scoprire il tipico “agglassato” a base di lacerto, il cui fondo di cottura può essere utilizzato per condire della pasta fresca. Ancora un piatto, per ricordare solo di sfuggita una tradizione gastronomica attraverso la quale siamo in grado di mostrare il legame con il territorio, per reintrodurlo nella ristorazione locale: parliamo del “sciusceddu”, polpettine di carne trita cotte nel brodo, versate in teglia e infornate, dopo avere aggiunto un composto di ricotta fresca, sbattuta con uovo, parmigiano, noce moscata.

E poi i dolci: cannoli e cassata, che a seconda delle province assumono consistenze e fragranze diverse; la frutta martorana, la pignolata messinese bianca e nera, le “sfinci” di San Giuseppe e i gelati, i rosoli, gli sciroppi, i liquori dolci della tradizione, come il nespolino e il liquore di miele.

 

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Gli Uffizi, l’eccellenza italiana 1/4

 

 

L’arte è eccellentemente esposta nella Galleria degli Uffizi di Firenze, tra i più conosciuti e apprezzati musei italiani nel mondo. La costruzione dell’edificio e la collezione iniziale risalgono all’epoca dei Medici. Tale collezione si è accresciuta, nel corso dei secoli, con lasciti, donazioni e scambi, ed inoltre con l’aggiunta delle opere d’arte provenienti dai monasteri e conventi espropriati, tra il XVIII e il XIX secolo.

Gli Uffizi presentano una strepitosa raccolta di opere di scuola toscana, con composizioni che vanno dal gotico al Rinascimento fino al manierismo, con nomi del calibro di Cimabue, Giotto, Michelangelo, Leonardo da Vinci e Raffaello. Vi si possono ammirare numerosissimi quadri di Botticelli, oltre che opere di autori di altre scuole italiane e straniere, quali Mantegna, Tiziano, Parmigianino, Dürer, Rubens, Rembrandt, Caravaggio e Canaletto.

Le sale degli Uffizi sono allestite, per scuole e stili, in sequenza cronologica, coprendo un periodo temporale tra il XII e il XVIII secolo. La Galleria, nel 2015 è stata visitata da 1.971.596 persone, riconfermando gli Uffizi come il museo d’arte italiano con più visitatori annuali.

Con il duca Cosimo I de’ Medici, insediatosi a Palazzo Vecchio e al governo di Firenze, inizia la storia di questo prestigioso edificio. Egli, infatti, nel 1560, decise di riunire in un’unica sede governativa le 13 più importanti magistrature fiorentine (dette uffici), che erano state, sino ad allora, sparse nella città, al fine di porre su di esse un maggiore controllo. La localizzazione prescelta fu tra il lato meridionale di piazza della Signoria e il Lungarno, in un vecchio quartiere, dove si trovava l’originario porto fluviale dell’antica Roma. In un momento di grande potenza politica e militare, la città voleva infatti autocelebrarsi, soprattutto dopo la sconfitta della rivale città di Siena. E in tal senso il nuovo palazzo assolse bene al suo compito.

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Isole Eolie: Salina

 

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SALINA

L’isola di Salina è la seconda delle Eolie, sia per estensione (26,8 km²), che per popolazione (2.300 abitanti circa). Di origine vulcanica è caratterizzata da due vulcani spenti di forma conica, i più alti dell’arcipelago: il monte “Fossa delle Felci”, di 961 m dal livello del mare e il “Monte dei Porri”, di 860 m. Proprio a causa dei due monti, l’isola aveva in origine il nome greco Didyme che vuol dire gemelli. Il nome attuale, molto più recente, è dovuto alla presenza sull’isola di una grande cava di sale.
La storia dell’isola è caratterizzata da periodi alterni di sviluppo e spopolamento. I ritrovamenti più antichi risalgono all’età del bronzo, ma i resti archeologici più importanti sono del periodo greco, intorno al IV secolo a. C. Nel VII secolo Salina risultava la più popolata delle Eolie, in quanto a Lipari erano ancora attivi i suoi vulcani, ma già nel periodo della conquista della Sicilia da parte degli arabi, l’isola era, se non deserta, scarsamente popolata. Dal XVII secolo tornò a ripopolarsi fino ad oggi.
Oltre al turismo, sono importanti economicamente la coltivazione della vite, per la produzione del famoso Malvasia e dei capperi, anch’essi tipici dell’arcipelago ed esportati ovunque. Sono stati istituiti sull’isola sia il parco regionale di Salina (1980), sia la riserva naturale di monte “Fossa delle Felci” e di “Monte dei Porri” (1981).

 

Tutte le foto presenti nelle Gallery delle Isole Eolie sono tratte dall’archivio di Wikimedia Commons. Per ogni riferimento fotografico consultare il sito.

 

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Il personaggio famoso? È Carlo Scarpa

 

CARLO SCARPA – Architetto e designer (Venezia 1906 – Sendai 1978). Diplomatosi in architettura all’Accademia di belle arti (1926), fu professore presso l’Istituto universitario di architettura di Venezia (1962-75). La sua prestigiosa attività di insegnante e professionista si concentrò prevalentemente nell’allestimento di esposizioni e mostre (1956, premio Olivetti per l’opera svolta in campo museografico), nel restauro di complessi monumentali, nella realizzazione di abitazioni private e negozî: occasioni in cui rivelò doti di raffinato progettista, capace di fondere mirabilmente un aristocratico sapere artigianale con scelte formali neoplastiche o razionaliste, non prive di suggestioni organiche wrightiane.

>>> Continuate a leggere la sua biografia sulla pagina della ENCICLOPEDIA ITALIANA a lui dedicata.

 

 

Impiegate bene 28 minuti per vedere questo filmato, dove sentirete direttamente Scarpa parlare oppure ascolterete i ricordi di suo figlio Tobia e di tanti amici. C’è il ritratto della sua attività di designer, con particolare riferimento per l’esperienza condotta alla Venini, per la quale Scarpa realizzò vetri di altissimo livello.

 

Il Museo civico di Castelvecchio restaurato da Carlo Scarpa dal 1957 al 1975.

 

In considerazione della prestigiosa figura dell’architetto veneto e del ruolo fondamentale da lui ricoperto nell’architettura del secolo scorso, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione del Veneto nel 2002 hanno costituito un Comitato paritetico per la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione delle sue opere, raccogliendo l’archivio dei disegni autografi per conto dello Stato italiano. Cliccando il link che vi proponiamo potrete ripercorrere molti dei suoi lavori.

ARCHIVIO CARLO SCARPA

 

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Milo Manara e Federico Fellini 3/3

 

Il notissimo giornalista Vincenzo Mollica, critico cinematografico della RAI ed esperto di fumetti, nel 1983, fece conoscere Fellini a Manara. Divennero subito amici e rimasero tali fino al 1986, quando Manara, annunciò sulla terza pagina del Corriere della Sera la collaborazione con il maestro.

Manara realizzò su una sceneggiatura di Fellini, il racconto Viaggio a Tulum, che fu pubblicato sulla rivista Corto Maltese. Così doveva essere anche per la storia Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, edito su Il Grifo nel 1992. Dopo la prima parte, dovevano seguirne altre due. Sull’ultima vignetta del racconto a fumetti apparve per errore la parola fine. Fellini era un tipo superstizioso e non aveva mai voluto la parola fine sui suoi film. Non voleva “uccidere i suoi personaggi”. La pubblicazione fu perciò interrotta.

Manara ha realizzato due manifesti per film di Fellini: del film Intervista e de La Voce della Luna, che fu anche l’ultimo girato dal maestro. A lui Manara si è spesso ispirato in realizzazioni grafiche. Il rapporto tra i due è stato approfondito da Laura Maggiore nel libro Fellini e Manara. Tra mistero, esoterismo ed erotismo, pubblicato, nel 2011, da Navarra Editore.

 

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Il tango argentino? Lo ballano a Messina

 

Alla Biblioteca Regionale “Giacomo Longo”, in un piacevole pomeriggio autunnale, ha proprio ragione la direttrice Maria Teresa Rodriquez ad esordire: «Divertirsi non è difficile quando si ha la tessera di una biblioteca». Soprattutto se il clima generoso permette di fruire del chiostro dell’Arcivescovado – lindo e pinto, eccezione non comune nella città accorintiana – e l’evento sembra materializzarsi come le figure tridimensionali dei colorati libri per bambini. A “Tiempo de tango” è stato composto il palinsesto di un incontro fra letteratura, poesia, cinema, e, chiaramente, musica e danza. Perché, fuor di dubbio, i sensuali tanghi e milonghe, dell’affiatata coppia di ballerini argentini Luìs Delgado e Malena Veltri, come l’ondeggiante fisarmonica di Salvatore Galletta, hanno calamitato l’attenzione. Così il pubblico dei presenti s’è ritrovato a fine Ottocento, nelle case da ballo d’oltreoceano, frequentate da povera gente. Quando per stringere una donna s’impiegava un ballabile. Ricordi di cadenze ancestrali, sulle quali intrecciare discorsi ammagliati da Patrizia Danzè, per ascoltare Lilita Pizzi sulla ritmica ispanica dell’Associazione Puerto de Buenos Aires, le pagine di Anna Mallamo, le terapie di coppia di Maria Gabriella Scuderi, le valenze della sceneggiatura filmica di Salvatore Arimatea e Tosi Siragusa per “Ballando il silenzio”. In chiusura, Borges e l’evocazione poetica del tango delle origini. Nato nei vicoli e nei lupanari dei quartieri malfamati, era davvero così poco sensuale e niente affatto sentimentale. I versi di Borges parlano di ammazzati a colpi di coltello e teppisti di periferia. Dopotutto i libri sono qui in biblioteca per questo: per attestare le realtà in evoluzione.

 

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Chi è questo personaggio famoso?

 

Come Le Corbusier, anche questo grande del Novecento non era laureato, ma aveva solo un diploma in architettura. Eppure ha lasciato la sua impronta inconfondibile. Solo per darvi qualche indizio, ha progettato l’allestimento di uno dei maggiori musei di Palermo e l’edificio del nuovo museo di Messina anche se nessuno lo vedrà mai, perché evidentemente si è pensato che si poteva fare di meglio.

Come ben sapete chi indovinerà vincerà il piacere di averlo ricordato.

 

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La cucina a Messina, in riva allo Stretto 1/2

 

Il modo più tradizionale per intraprendere un viaggio in Sicilia attraverso itinerari, non solo dell’arte, della cultura, delle tradizioni etniche, ma anche del gusto e dei sapori comincia dalla città dello Stretto. Messina, primo punto di approdo nell’Isola per chi traghetta dal continente, offre al visitatore l’immagine della nuova città eclettica e razionale, ricostruita all’inizio del Novecento, sulla quale spiccano il campanile e la mole del duomo. Ma ben altre sorprese sono riservate al viaggiatore attento, che vuole conoscere usi e costumi non sempre riscontrabili nelle classiche mete turistiche.

Nella città, come in tutte quelle della Sicilia, la giornata inizia con il rito mattiniero della granita al gusto di caffè, o se preferite mandorla, cioccolato, limone, fragola, pesca, albicocche, gelsi neri e bianchi, gelsomino, anguria, cantalupo, pistacchio… Tutti prodotti, colori, sapori e profumi degli incantevoli giardini di Sicilia, accompagnati da fragranti brioches o dalle meno usuali zuccherate.

Il mare entra in tavola proponendo una incredibile varietà di piatti; si tratta dello stoccafisso in insalata o alla messinese, cioè a “ghiotta”, con un intingolo di pomodori, sedano, carota, prezzemolo e patate. Il pesce spada, per la cui pesca si utilizzano delle imbarcazioni tipiche dall’albero altissimo, viene proposto in svariati modi: alla “ghiotta”, alla “stemperata”, ad involtino, impanato o arrosto, spennellato con il “sammurigghiu”, una calda emulsione di acqua, olio, limone, prezzemolo, origano, sale e pepe, cotta a bagnomaria, che serve per accompagnare oltre ai pesci, anche carni alla brace. Ma a Messina e nelle località di riviera, si possono gustare, non solo pesce spada, ma anche tonni, spigole, ricciole, calamari, polpi, cozze… aguglie arrotolate come un bracciale, capone imperiale, pescato solamente nel mare dello Stretto.

 

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Dalla Piramide di Pei al Louvre-Lens 3/3

 

GRANDI MUSEI IN EUROPA

Tra le costruzioni che fanno parte dell’edificio attuale del museo, nel cortile interno, c’è la famosa Piramide del Louvre. Inaugurata nel 1989, è stata oggetto di feroci critiche. Progettata dall’architetto Ieoh Ming Pei (e firmato anche dall’ingegnere Peter Rice), nel quadro di un progetto di rinnovamento più complessivo, denominato Grand Louvre, fu voluta dal presidente francese François Mitterrand. La ristrutturazione del Salon Carré (che ospitava la Gioconda), faceva parte della rivisitazione dell’insieme.

Fungeva inizialmente da unico ingresso centralizzato. Il gran numero di visitatori ha, però, provocato lunghe file davanti alla biglietteria. Oggi, unitamente alla piramide, sono in funzione altri ingressi al Louvre, che smaltiscono correttamente l’afflusso di turisti. Un ulteriore ingresso, attualmente, è quello diretto con la metropolitana di Parigi. Scendendo alla stazione Palais Royal – Musée du Louvre, si raggiunge immediatamente il museo.

La Galerie du Temps del Louvre Lens

Tra le iniziative più eclatanti del Louvre vi è da annoverare quella di creare un Louvre distaccato. L’iniziativa ha previsto la creazione di uno spazio museale lontano da Parigi, non con l’esposizione di opere sepolte nei suoi magazzini, ma con capolavori da sempre in mostra nei suoi saloni principali. Alcune di queste realizzazioni, proprio per il loro valore, sono visibili nel museo da 200 anni. Si sono offerte per ospitare “il Louvre 2” le città di Amiens, Arras, Boulogne-sur-Mer, Calais, Lens, e Valenciennes.

Nel 2004, il Primo Ministro Jean-Pierre Raffarin ha scelto la città di Lens. Il nome del nuovo museo è Le Louvre-Lens. Il tema prescelto per questa esposizione trasversale di opere d’arte è lo studio della rappresentazione della figura umana. All’esposizione semi-permanente, si affiancano mostre temporanee a rotazione.

Il contenitore edilizio è stato realizzato in base al progetto vincitore della competizione internazionale svoltasi nel 2005, ad opera degli studi associati di Sanaa di Tokio e di Imrey Culbert LP di New York. L’edificio, non molto alto, è tutto in vetro e acciaio, con un grande parco, anch’esso disseminato di opere d’arte. Tale parco è frutto della ricomposizione vegetale di un vecchio sito minerario dismesso. Inaugurato il 4 dicembre 2012 ha aperto al pubblico otto giorni dopo. Si prevede un afflusso di 500.000 visitatori circa l’anno.

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Isole Eolie: Panarea

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PANAREA

L’isola di Panarea, pur essendo la più piccola delle Eolie (3,4 km²), è la più antica dal punto di vista geologico. In realtà si tratta di un unico bacino vulcanico di cui rimangono, oltre l’isola, scogli e isolotti. L’antico condotto vulcanico è stato individuato tra lo scoglio La Nave e lo scoglio Cacatu, mentre sulla spiaggia della Calcara rimangono fumarole di vapore caldissimo. Si possono, inoltre, individuare sott’acqua ulteriori tracce di attività vulcanica, per il ribollire delle acque fra l’isolotto di Bottaro e Lisca Bianca. È l’isola meno elevata delle Eolie e il Timpone del Corvo (421 metri) rappresenta il suo livello maggiore.

Il nome attuale è recente ed è l’ultimo di una lunga serie di denominazioni: dal più antico Euonymos (che sta a sinistra), a Hycesia (la supplice), a Panaraion (la distrutta), a Pagnaria (la maledetta) fino a Panaria ed infine a Panarea. Le più antiche testimonianze storiche risalgono all’età del bronzo a sud-ovest dell’isola, sul promontorio di “punta milazzese” (XIV secolo a. C.), attestate dai resti di un villaggio preistorico, attualmente visitabili. Tra i ritrovamenti anche ceramiche d’origine micenea, simbolo dell’antico fervore commerciale delle Eolie.

Come le altre isole dell’arcipelago, storicamente Panarea ha subito un succedersi di dominazioni. Dall’antico periodo neolitico alla dominazione greca, le isole furono soggette a ripetute scorrerie, fra le quali si ricordano quelle etrusche. Nel 264 a.C. le isole decidono di allearsi con i Cartaginesi per difendersi dagli attacchi della flotta romana. Dopo la battaglia navale avvenuta proprio nelle sue acque tra la flotta cartaginese e quella romana, anche le isole subiscono il dominio di Roma su tutta la Sicilia. Alla caduta dell’impero, inizia una fase di progressivo declino che si protrae durante il periodo di dominazione bizantina e araba. Solo all’arrivo dei normanni l’arcipelago recupera la sua antica importanza, lo sviluppo economico e demografico.

È intorno al Cinquecento che riappare il pericolo delle scorrerie, stavolta da parte dei turchi, capitanati, tra gli altri, dal pirata Drauth, che lascerà traccia di sé nel nome della baia e della contrada chiamata, appunto, Drautto. Anche in questo caso la presenza del pericolo porta allo spopolamento di Panarea. Fino al rientro degli abitanti nel XVII secolo, quando toccheranno quota 1000, per poi decrescere alla fine dell’Ottocento, a causa dell’emigrazione verso le Americhe. Oggi l’isola è abitata da 200 persone stabili, che arrivano anche a 2000 nei periodi estivi, grazie al turismo.

 

Tutte le foto presenti nelle Gallery delle Isole Eolie sono tratte dall’archivio di Wikimedia Commons. Per ogni riferimento fotografico consultare il sito.

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