La cultura riscatta il profondo Sud

 

Al Museo di Messina nel ‘900, nel corso della rassegna sulla cinematografia del secondo dopoguerra, ideata da Angelo Caristi, abbiamo commentato, Geri Villaroel ed io, il film “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola. Geri ha evidenziato i particolari nel ricostruire scenicamente trenta anni di storia italiana e le aspettative dei tre protagonisti ammaliati dalla bella Sandrelli: il proletario (Manfredi), l’arrivista (Gassman), l’intellettuale (Satta Flores). Io mi sono soffermato solo su quest’ultimo personaggio, ricordando il vero prof. Palumbo a cui Scola si è ispirato, che in realtà si chiamava Camillo Marino. Con lui nel 1979 ho realizzato nel Museo Nazionale di Avellino la mostra per i 20 anni del “Lacenodoro”, festival cinematografico nato da una idea condivisa con Pier Paolo Pasolini. La sede iniziale della manifestazione – il lago Laceno fra i boschi – ricordava allo scrittore i paesaggi friulani della sua infanzia. Camillo gli aveva confidato la «febbre che ti assale quando ti accorgi che la provincia rischia di strozzarti, di uccidere le tue migliori speranze». Così i due dettero vita a “Cinema Sud rivista neorealista di avanguardia”, sulle cui pagine presero a scrivere Zavattini, Lizzani, Brass, Wertmüller. Ma non solo cineasti, perché la pubblicazione richiamò Moravia, Morante, Ungaretti, Levi. Tra mille ristrettezze economiche, Camillo organizzò anche la sette giorni neorealista di cinema internazionale, per 28 anni. Io ne ho vissuto appena quattro, ma preziosi. Sono bastati per apprendere da Camillo che «bisogna pedinare l’uomo, coglierne il segreto, sorprenderlo e scoprirlo mentre vive». Ecco perché continuo ancora a credere che nelle nostre province del profondo Sud possiamo/dobbiamo aspirare ad un riscatto.

Fonte immagine: L’Irpinia
Per saperne di più sul Festival cinematografico fondato da Camillo Marino e Pier Paolo Pasolini.

 

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