Il Simbolismo: i pittori, Giovanni Segantini

 

Nel 1891, alla Triennale di Milano, viene esposto il quadro “Le due madri” realizzato da Giovanni Segantini. È l’inizio della pittura divisionista. Questa ha molto in comune con il Puntinismo. Tuttavia ambedue le correnti non avendo mai pubblicato un Manifesto, non possono essere considerate dei movimenti artistici, veri e propri. Piuttosto, sia il Divisionismo che il Puntinismo, possono essere ritenuti delle tecniche di raffigurazione. Si tratta di rendere l’immagine generale rappresentandola con un insieme fitto di punti o piccoli tratti, che scompongono, altresì, i colori. Tuttavia alcuni studiosi ritengono come esponente principale del divisionismo, Pellizza da Volpedo. Il puntinismo, come il divisionismo (il ramo italiano), si rifanno ambedue al neo-impressionismo.

Giovanni Segantini ebbe una vita molto breve e travagliata, morendo a soli 41 anni (1858-1899). Gli bastarono per dimostrare le sue qualità. Nasce (nel 1858) in una famiglia povera. Alla morte della madre, avvenuta nel 1865 (quindi a soli sette anni), inizia una giovinezza troppo affrettata. Verrà custodito prima dalla sorellastra, poi dal fratellastro, ma soprattutto, per il suo carattere infelice, girò diversi riformatori, trovando pace solo quando si iscrisse a Milano ai corsi serali dell’Accademia di belle arti di Brera. Sostenendosi economicamente con piccoli lavori, dal 1878 al 1879 riesce a partecipare ai corsi regolari dell’Accademia di belle arti di Brera. Riuscì a farsi notare dalla critica d’arte, che da qui in poi, l’attenzionò. A Milano conobbe artisti, ma anche professori di pittura. Inizialmente, le sue raffigurazioni mostravano influssi dal verismo lombardo dell’epoca.

Dopo il trasferimento in Brianza (a Pusiano) e la conoscenza della donna della sua vita, Luigia Bugatti, sorella di Carlo Bugatti, inizia ad operare come pittore, con il sostegno di Grubicy, con cui redasse un contratto. La sua ispirazione si rivolge al mondo contadino della Brianza. Bisogna dire che in questo primo periodo (inizialmente), la sua pittura rimane troppo legata all’Accademia, non riuscendo ancora a trovare la propria strada creativa. Tuttavia, nelle sue raffigurazioni si riescono a cogliere le avvisaglie delle sue future reinterpretazioni personali. Cominciano i primi riconoscimenti da parte della critica (fu premiato ad Anversa). Questo gli diede la volontà di impegnarsi sul serio. Nelle campagne di Caglio, ci vollero sei mesi di lavoro all’aperto per realizzare la composizione di Alla stanga. Ne valse la pena. Il quadro, presentato alla Permanente di Milano (del 1886), ottenne un successo strepitoso. Con esso vinse la medaglia d’oro ad Amsterdam, ma soprattutto, la creazione fu acquistata, addirittura, dallo stato italiano. L’opera fu esposta (e lo è tuttora) nella Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma.
L’opera de Alla stanga, non è la semplice raffigurazione di un paesaggio, ma un montaggio di vedute agresti. Dall’erba, alle vacche alla stanga, agli alberi in lontananza, il paese e la maestosità delle montagne sullo sfondo: non è un pezzo di campagna della Brianza, ma la rappresentazione ideale dell’infinito. Nella tela, inoltre, si percepisce l’ispirazione colta alle opere di Millet e alla scuola di Barbizon.

Se il naturalismo agreste, però, gli aveva portato tanta fortuna, dopo questi riconoscimenti, Segantini ebbe un ripensamento artistico. Inizia la sua fase simbolista. Approdò anche a nuove tecniche pittoriche, come quella divisionista (con i colori puri sulla tela e non più mischiati sulla tavolozza). Cambiano anche i soggetti rappresentati, non più legati alla realtà contadina. Siamo nel 1886.

 

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ENCICLOPEDIA TRECCANI: GIOVANNI SEGANTINI

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GIOVANNI SEGANTINI

Fonte dell’immagine: GIOVANNI SEGANTINI – Il Naviglio a Ponte San Marco, 1880