C’era anche Messina nella vita di Parigi

 

Quando leggo o scrivo, attraverso mondi, respiro situazioni inusitate. Le può condividere per intero solo chi prende cuore a spulciare archivi e biblioteche, alla ricerca di libri, manoscritti, cartoline e lettere. Possono saltare agli occhi aspetti poco noti del passato. Prendete “La Revue des jeux, des arts et du sport”. La copertina del settimanale illustrato, datata 7 giugno 1879, diffonde una “gravure” dello Stretto di Messina, disegnata da M. Sutter e incisa da H. Linton. È lo spettacolo di chi sta oltrepassando per mare la rupe di Scilla e presto incontrerà i gorghi di Cariddi. La meta è la Falce del porto e sullo sfondo campeggia l’Etna fumante. L’ho trovata per caso, mentre scrivo sulla modernità, parlo con Zola durante “Les soirées de Médan” o incontro Courbet nella cella di Sainte-Pélagie. Perfino in una rivista di parole crociate, rebus, giochi di carte e di scacchi, ma anche d’arte e di sport, leggi l’ombra lunga della guerra del 1870, «année maudite», e della disfatta di Sedan. Dopo lo sconquasso, per una Parigi che comincia «à se retrouver un peu», lo Stretto di Messina è il luogo del sogno e del mito. È giunto il tempo di tornare di nuovo ad incontrarsi, viaggiare od ospitare, perché prima dell’invasione non c’era posto che per gli stranieri a Parigi: «nelle sale dei cabaret alla moda, all’orchestra, nelle prime logge dei teatri eleganti o nei balconi d’onice degli scaloni dell’Opera». Il teatro di Società, ad esempio, è uno dei passatempi da considerare e, “sabato scorso”, una piece d’Alphonse de Jalin, – pseudonimo d’Alexandre Dumas – ha debuttato al “Théâtre de Messine”, nel bell’hôtel “italien par l’aspect” e grandioso per la distribuzione intelligente… Concorderete che è un leggere diverso su Messina che continuare a sorbire la solita minestra riscaldata.