Incipit: Giuseppe Giacosa, “Come le foglie”

 

Giuseppe Giacosa, i più anziani appassionati di Lirica lo sapranno di certo, curò per Giacomo Puccini i libretti de “La Bohème”, della “Tosca” e di “Madama Butterfly”. Noi invece vogliamo proporvi questa commedia drammatica, ma dal lieto fine. Si intitola “Come le foglie”. Potete leggerne il testo o accomodarvi a seguire uno storico sceneggiato televisivo del 1965 prodotto dalla RAI. Era interpretato da attori fantastici come Tino Carraro, Olga Villi, Paolo Ferrari, Ileana Ghione, Raoul Grassilli, Mariolina Bovo, Karola Zopegni, Loredana Savelli, Giorgio Bonora, Vittorio Manfrino, Gianni di Benedetto, Tullio Valli, Sara Ridolfi, Ada Ferrari, Gianni Stiepa, Cesare Domenici. La regia era di Edmo Fenoglio.

Dall’incipit dell’opera:

Un salone fastoso aperto (per un’arcata che si può chiudere con imposte scorrenti e rientranti nei muri) verso una fastosissima sala da pranzo. Questa è tappezzata di cuoio a fondo scuro con grandi fiorami dorati, ed ha mobili di noce scolpiti. Il salone ha un soffitto a cassettoni a borchie dorate e le pareti coperte di arazzi. La gran tavola della sala da pranzo è ingombra di sacche da viaggio, porta scialli, porta ombrelli, ecc. Nel salone, mobilio inglese delicatissimo. Nessun sopramobile. Si capisce che la casa sta per essere abbandonata. A destra due porte: la prima mette nella camera di Giovanni, la seconda in quella di Tommy. A sinistra, alla seconda quinta, la porta comune. Alla prima quinta porta che mette nella camera di Giulia. La sala da pranzo ha una sola porta in un angolo, a destra dello spettatore.

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Godiamoci la festa! Poi afferriamo il futuro

 

L’apertura del MuMe (Museo regionale interdisciplinare di Messina) – questa volta completo delle sezioni del Medioevo, Rinascimento, Seicento, Settecento e Ottocento – inorgoglisce la città. È inutile fare nomi: quando si brinda sono tutti bravi. L’anteprima della festa era già avvenuta nel dicembre scorso, quando hanno visto luce il settore archeologico e l’ala nord con il Manierismo, la ”piazza” di Montorsoli, i due dipinti di Caravaggio e la selezione dei caravaggeschi. Oggi sono tornati all’ammirazione dei visitatori anche i dipinti di Antonello: il ”Polittico di San Gregorio”, la tavoletta bifronte della ”Madonna col Bambino e un francescano orante”, il ”Cristo in pietà” esposto a Taormina in occasione del G7. Abbiamo finalmente il Museo; ma con i beni disponibili, all’interno dei nuovi ambienti di ampio respiro, necessiterà utilizzare tutti gli strumenti indispensabili per una gestione del patrimonio culturale indirizzata alla valorizzazione e alla promozione. La riforma Franceschini, in atto, evidenzia l’esigenza di iniziative per focalizzare l’attenzione verso il patrimonio culturale. Perciò, anche nel nostro Museo riconquistato, sarà opportuno attivare azioni di comunicazione e marketing, sinergie con i settori del turismo e dell’istruzione, tecnologie multimediali. Sono compiti di quanti operano per animare questo prestigioso luogo di cultura, così da evidenziare, unitamente all’assessorato regionale, competenze di management gestionale e finanziario. La classe politica, in primis, dovrà dimostrare di saper richiamare le basilari risorse. Non potranno sottrarsi neppure gli Enti locali, a cominciare dal Comune che dovrà almeno assicurare servizi logistici dedicati a soddisfare il flusso croceristico. Godiamoci la festa, dunque, perché da ora si può davvero pensare di afferrare il futuro.

Fonte immagine: Messinaora.it

Friedrich Froebel inventore del kindergarten 2/3

 

Ciascuno di questi giochi era custodito in un’apposita scatola. Occorreva prelevare gli elementi geometrici dal contenitore e poi trovare il modo di riporli secondo un criterio, acquisendo così il concetto di ordine, rispetto, comprensione del funzionamento di un gioco. I mattoncini per le costruzioni sono ormai una realtà nel mondo dei bambini, ma nel 1837 erano una innovazione.

Dai Gifts scaturì la nascita di una serie di giocattoli versatili, semplici, orientati alla intuizione e al ragionamento del bambino, facilitandogli le operazioni di costruzione e sviluppandone la fantasia. Ancora oggi molti giochi in uso nelle scuole derivano proprio dai materiali ideati dal pedagogista tedesco. Non prevaricano la mente del bambino, a differenza di molti giocattoli dei tempi moderni, anche se l’attuale pedagogia ritiene che l’eccessivo geometrismo sia in parte limitativo, a differenza dell’uso di materiali plasmabili come la sabbia o la creta. Ma in questo sta il gioco dell’evoluzione.

Il documentario: Friedrich Fröbel – The Creator of Kindergarten

Fonte dell’immaginePINTEREST

Eric Hoffer

 

Citazioni e aforismi sono passati dalla carta al web. Ne leggiamo in continuazione, ma noi stessi dimentichiamo di mettere in pratica quanto abbiamo sollecitato all’attenzione degli altri. Non sarebbe il caso di passare dalle citazioni alle citAZIONI?

Friedrich Froebel inventore del kindergarten 2/3

 

Il bambino monta e smonta i Gift, questi giocattoli di legno dalla geometria elementare. Ne osserva la forma, i colori, i materiali. Per cui, ad esempio, un cubo di legno può essere scomposto in otto cubi più piccoli oppure in otto prismi rettangolari. Ed ecco allora, che il bambino può con l’immaginazione costruire un castello ed apprendere la storia delle epoche passate.

Nel contempo, però, questo gioco permette di avvicinarsi alla scienza oppure alla matematica, perché in questa operazione di smontaggio è possibile studiare appunto le frazioni. Lo scopo di questi giochi di è, dunque, quello di sviluppare le attitudini del bambino. Di qui nascono, appunto, i doni, studiati come strumenti didattici.

  • Il primo fra i doni è la palla, per sviluppare un gioco elementare. Gli esercizi con la palla possono essere accompagnati da filastrocche, poesie o canzoncine. In questo primo dono si dà molta importanza al colore e alla morbidezza.
  • Il secondo dono è costituito da una sfera, un cubo e un cilindro di legno. In questo caso si dà importanza alla forma. Così mentre la sfera suggerisce l’idea di mobilità, il cubo identifica la quiete e il cilindro manifesta una forma intermedia.
  • Il terzo dono è sempre un cubo, ma in questo caso è suddiviso in otto cubetti più piccoli raccolti in una scatola. Si fornisce l’idea di unità e di pluralità, di unire e separare.
  • Con il quarto dono il gioco si fa sempre più complesso: il cubo si divide in mattoncini.
  • Con il quinto dono il cubo è frazionato in cubetti più piccoli e prismi.
  • Il sesto dono è costituito dal cubo composto da mattoncini interi o divisi a metà.

A queste figure solide si aggiungono anche figure piane, come anelli, bastoncini, triangoli, permettendo di comporre figure e piccoli lavori.

Fonte dell’immagine: Wikipedia

Friedrich Froebel inventore del kindergarten 1/3

 

Friedrich Froebel è stato un pedagogista tedesco. Nato in Turingia, visse tra il 1782 e il 1852. La madre morì quando aveva appena nove mesi; probabilmente fu proprio la mancanza d’affettuose cure nel periodo infantile che lo spinse ad interessarsi dell’educazione dei bambini. Fu definito il pedagogista del romanticismo, noto perché ha creato una serie di attività legate al gioco, espresse per la prima volta in un libro rimasto famoso, intitolato “Educazione dell’uomo” (1826).

Nel 1837 ideò un concetto nuovo, quello di giardino d’infanzia, cioè un luogo dove i bambini avrebbero potuto sviluppare le proprie potenzialità. Nacque così il kindergarten, la scuola per l’infanzia. A suo avviso, la rivelazione del mondo esterno nasceva dalla scoperta del proprio mondo interiore, che si poteva esprimere attraverso il gioco.

Perno educativo è il cortile della scuola, meglio ancora il giardino. Questi giardini erano fondamentali per mettere a contatto il bambino con la natura. Vi si potevano fare degli esercizi ginnici, oltre che giochi. Le lezioni svolte all’aperto, quando il clima non lo permetteva, potevano continuare anche all’interno, nelle sale attrezzate ad accogliere le classi.

L’attività quotidiana prevedeva
1. la coltivazione del giardino,
2. la ginnastica, ma anche
3. esercizi di lettura di scrittura,
4. disegni,
5. conversazioni riguardanti le scienze e la geografia,
6. canti soprattutto religiosi.

Ma per i più piccoli Froebel pensò ai Gifts (doni), perché giocando i bambini potessero esplorare il mondo intorno a loro, esprimere la propria creatività e i propri pensieri. Si dividono in cinque categorie importanti:

  • solidi,
  • superfici,
  • linee,
  • punti,
  • linee-e-punti.

Sono oggetti di piccole dimensioni, per esprimere una sorta di mondo in miniatura, che i piccoli possono manipolare con fantasia.

Fonte dell’immaginefroebel galleries

Il paradosso dell’ignoranza

 

Immaginate un rapinatore che organizza meticolosamente la sua rapina. Si copre interamente di succo di limone, pensando che sarà invisibile agli occhi di tutti. «Nel corso dei preparativi si era persino scattato un selfie con una polaroid, per verificare che il metodo fosse davvero efficace. E nella foto lui effettivamente non c’era – probabilmente l’acidità gli aveva impedito di prendere bene la mira. McArthur aveva ottenuto la prova che cercava. Il succo di limone funzionava: era diventato completamente invisibile».

Vogliamo continuare a leggere insieme questa storia che noi di BLOGROLL vi proponiamo? La riprendiamo dall’articolo del giornalista televisivo RAI Antonio Sgobba. Il suo ultimo libro è «? – Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google», edito da Il Saggiatore. Il paradosso trova il suo punto di partenza dalla domanda: come facciamo a sapere cosa sappiamo veramente? Buona lettura.

IL PARADOSSO DELL’IGNORANZA

Fonte immagine: fotomontaggio di foto da Google riprese dai siti:
Interessicomunjournal
– Troppa ignoranza su Facebook. 5 consigli per migliorare!


Incipit: Umberto Eco, “De Bibliotheca”

 

Io credo che in un luogo così venerando sia opportuno cominciare, come in una cerimonia religiosa, con la lettura del Libro, non a scopo di informazione, perché quando si legge un libro sacro tutti sanno già quello che il libro dice, ma con funzioni litaniali e di buona disposizione dello spirito. Dunque:
“L’universo (che altri chiama la biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella di una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un’altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l’altro, di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze…

DAL SITO WEB LIBER LIBER
SCARICA IL TESTO GRATIS NEL FORMATO CHE PREFERISCI O ASCOLTA IL VIDEO DIDATTICO

De Bibliotheca nasce come spettacolo didattico itinerante, pensato per accompagnare un pubblico di utenti, visitatori e curiosi all’interno delle biblioteche, luoghi “venerandi”, ma anche “a misura d’uomo”, avventurosi, divertenti e, soprattutto, patrimonio di tutti.

De Bibliotheca

 

Contemporaneo? Conta cento anni

 

Mi chiedono cosa sia contemporaneo e quando, invece, possiamo parlare di eredità del passato. Rispondo semplicemente: c’è un passato prossimo e uno remoto. Se neppure un centenario può raccontare certi fatti vissuti in prima persona, allora parliamo di passato remoto. Dalla voce di costui ascoltiamo in presa diretta ragguagli sugli anni recenti, vicende riscontrate personalmente oppure tramite qualcun altro, magari utilizzando i mezzi d’informazione. In altri termini c’è un numero di persone con le quali direttamente o indirettamente entrare in contatto. A conti fatti, gli ultimi cento anni o poco più sono testimoniati da quattro generazioni: noi, i nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni. Nonostante ciò il ricordo diretto, progressivamente, si affievolisce fino a dover essere affidato del tutto agli archivi della memoria. Quando ci rivolgiamo persino al passato familiare abbiamo bisogno di una vecchia fotografia che ci rammenti un parente, un luogo o una situazione. Col trascorrere del tempo il ricordo diviene sempre più legato ai sentimenti anziché ai fatti concreti. La prima immagine conservata dell’infanzia: quante volte s’è modificata nella mente, tanto da confondere realtà e immaginazione? Ė frutto del nostro ricordo o del sovrapporsi dei racconti tramandati in ambito domestico? Contemporaneo è, quindi, il tempo in cui l’eredità delle nostre consapevolezze ė tangibile, perché sappiamo a chi o a cosa ricorrere per soddisfarle. Persino l’Enciclopedia allineata negli scaffali della nostra libreria è contemporanea: acquisto fatto per acculturarci sul presente, ma anche su ciò che gli attuali studiosi pensano del passato. L’Enciclopedia di Diderot, invece, la troviamo nella biblioteca pubblica. È conservata per ascoltare, del passato, la voce dei protagonisti. Perché quel passato è veramente passato.

Diceva Eraclito di Efeso: Panta rei

 

Théophile rimase sorpreso, perché tutti si aspettavano che svelasse cosa stava ideando, mentre lui non stava ideando niente di niente. Ascoltava Mozart e sfogliava libri. In altre parole faceva rilassare tutti i muscoli del cervello. Sapeva bene che il cervello non ha muscoli, ma che differenza fanno le parole quando alle parole seguono i fatti. È che gli altri fanno solo parole, quintali, tonnellate di parole. Théophile no. Si distendeva in poltrona. Da solo. In silenzio. In penombra. Rimaneva in stato di torpore. Ma ragionava alla velocità della luce: poneva il tema, rispondeva, controbatteva, sintetizzava, equilibrava, rilanciava. Qualsiasi cosa si possa scrivere, Théophile non rispettava mai lo schema. Così poteva capitare che anziché chiudersi in una stanza semibuia si decidesse a percorrere i viali del giardino comunale. Sedeva su di una panchina ombreggiata, apriva il libro che s’era portato dietro e metteva un tempo infinito per leggere una pagina o due, dal momento che ogni parola, ogni frase, era un’avventura da intraprendere. Le dimensioni del tempo s’intrecciavano: non c’era passato, perché riaffioravano smaglianti i giochi di bambino a guardare i bambini. Non c’era presente, perché il presente era la gente che frequentava il giardino in quel momento, che non sarebbe mai stata la stessa domani, dato che, come diceva Eraclito di Efeso, “Panta rei”. Tutto scorre. Era così preso dalla filosofia del divenire che riusciva a proiettarsi proprio per questo nel futuro. C’erano volte che persino rimanendo nella sua stanza riusciva a vedere, mentalmente, la gente passeggiare davanti a lui. Riusciva ad essere così empatico da percepire il loro scalpiccio nella ghiaia e il parlottio sommesso, i fruscii delle foglie, il ronzio degli insetti. Persino i profumi delle aiuole fiorite. Se avesse descritto le sue composite sensazioni sarebbe apparso inconcludente. Manifestava, piuttosto, lo sbigottimento che gli procurava avere escogitato, quasi casualmente, la soluzione al quesito che s’era posto. Celava, viceversa, il rammarico di non aver potuto trovare quella soluzione dialogando con gli altri, come il cuore suo gli avrebbe dettato. Il fatto è che sarebbe affogato nel mare delle parole confuse. E lui – temeva – sarebbe apparso il più insicuro e confuso di tutti.

Théo Feel, Racconti senza senso nella babele delle lingue.

Pubblicato da Entasis.it il sito targato Experiences