Le fonti originali sono come monumenti

 

Grandi istrioni televisivi. È facile vederli anche su YouTube. Partono spiegando, che so io, le meraviglie del barocco e sembrano scommettitori intenti al gioco delle tre carte. Entrano ed escono dall’argomento alludendo a conoscenze che spesso chi ascolta non possiede. Eppure gli spettatori si mostrano incuriositi, ma a chieder loro cosa abbiano inteso i più risponderebbero come quel personaggio di Squarzina che ammetteva di non avere capito niente, ma assicurava che l’oratore doveva aver detto cose interessanti. Sembra che questi opinionisti studino di essere più intelligenti che intelligibili. Da qualche anno, invece, penso occorra proporre di tornare a scoprire le fonti, come se potessimo, per qualche incantamento, ascoltare mentre parlano coloro che le hanno scritte. Ne sono così convinto che stento a riconoscere la bontà di un brano se non leggo l’originale nella pagina in cui è riportato. Persino certe traduzioni mi pare travisino la vera essenza di un testo. Purtroppo non posso trascendere il limite imposto dalle consuete conoscenze linguistiche e se il brano è in cinese, mi devo fidare. Tornare alle fonti, questo è un consigliabile approccio, cosicché un libro ne richiami un altro in un concatenarsi di relazioni capaci di destar meraviglie. È come avvertire il respiro veritiero del tempo, senza che nessuno vi si debba necessariamente interporre. Perché, in fin dei conti, abbiamo conosciuto più storie e critiche che letteratura autentica. E poiché i libri sono come monumenti, mi tornano in mente le parole di un mio inesorabile professore che a conclusione di un esame mi disse: hai studiato, ma di queste chiese di Roma non ne hai veduta dal vivo neppure una. Scalfì la mia media d’eccezione, ma in quell’istante ho imparato da lui più che da quant’altri mai.

Pubblicato su 100NOVE n. 21 – 25 maggio 2017