Boldini: «L’arte è fragile, soprattutto a Palermo»

 

Franca Florio, non si fa che parlare di lei. La «stella d’Italia», così l’aveva magnificata Guglielmo II di Germania, incantato nella bella villa all’Olivuzza dal suo fascino abbagliante. Lo sanno coloro che ne hanno contemplato il ritratto in marmo bianco patinato, scolpito da Pietro Canonica tra il 1904 e il 1907. L’opera affianca al Complesso del Vittoriano a Roma l’altro celebre ritratto, a figura intera, consacratole da “le peintre italien de Paris” in occasione della Mostra fra maggio e luglio a lui dedicata: Giovanni Boldini, il genio della pittura. Dopo avere mitizzato le “grandes femmes” della mondanità parigina, col suo estro creativo ha provato a soddisfare Ignazio Florio, che nel 1901 lo chiamò a Palermo per raffigurare la radiosa bellezza della moglie. La tela in esposizione porta la data autografa del 1924, perché la sua storia è leggendaria. Nella versione presentata alla Biennale di Venezia del 1903 Donna Francesca Jacona di San Giuliano, Dama di Palazzo della Regina Margherita, indossa un ricco abito di velluto nero lavorato ad intaglio. Un putiferio. Don Ignazio rifiutò di vedere esibita la moglie «in una posa serpentina, più adatta a una delle demi-mondaines con cui Boldini era solito trastullarsi a Parigi» (Dario Cecchi). Chiese modifiche e le ottenne. Il dipinto del 1903 non è affatto perduto. Dagli scatti fotografici pochi immaginavano che, ritoccato, fosse il medesimo del 1924 in cui la bella signora compare con un nuovo abito dal taglio Déco. Forse il quadro adornò le pareti della casa romana di Donna Franca, ma è certo che solo pochi anni più tardi fu acquistato da Maurice de Rothschild ed esposto nel 1933 da Wildenstein a New York. Bella rivalsa, quella retrospettiva, per il rifiutato Bodini, liquidato alle prime avvisaglie del tracollo economico dei Florio.

Pubblicato su 100NOVE n. 22 – 1 giugno 2017