A Parigi il successo delle paste italiane

 

A PARIGI
Aumentando la richiesta aumentò la produzione. La pasta italiana globalmente iniziò a guadagnare un posto di eccellenza nelle corti europee, che presero a consumare pasta italiana. Ad attestarlo anche il cuoco dell’ambasciatore inglese a Torino, Francesco Chapusot. A testimonianza di ciò, le varie tipologie di pasta italiana all’estero iniziano ad essere chiamate specificamente “pâtes d’Italie”. Ad usare l’espressione sono diversi cuochi stranieri, tra cui Malouin e, soprattutto, Grimod de la Reynière, un Artusi francese, che pubblicò il libro di cucina intitolato “Almanach des gourmands”, nel 1807.

A Parigi, già nel XVII secolo, si consumano “potages” (minestre) rigidamente con pastina di Genova di diverso tipo, come fidelly, lasagny o carcosonny, un tipo di pastina attualmente sconosciuto. Sulle tavole parigine, all’inizio del XIX secolo, arriva la pasta italiana, anche se la produzione locale ne argina il successo. Ciononostante, i cuochi francesi raccomandano l’uso di pasta italiana, perché quella francese ha un brutto colore, si spezza e non tiene la cottura. Tutto questo lo desumiamo dal cuoco rinomato Antonin Carême, che in un suo testo presenta la ricetta del “timballo di maccheroni alla milanese”.
Di qualità superiore, la pasta italiana di Napoli e Genova ottiene un successo internazionale tale, che perdura tutt’oggi: la pasta secca circoscritta ad ambito produttivo esclusivamente industriale, la pasta fresca limitata per lo più alle mura domestiche.