Carlo Magno e l’elefante: una storia lontana

 

Franco Cardini è professore emerito di Storia medievale all’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze (SUM). In questo video racconta una storia vera capace di evocare l’Europa di più di dodici secoli fa, tra imperatori e califfi d’Oriente. Ad Aquisgrana Re Carlo si è fatto costruire un serraglio di animali esotici, inclusi pantere e leoni: l’emblema della sua forza. Gli manca però la bestia capace di rappresentare al meglio la qualità regale della saggezza nonché di far riemergere le glorie degli imperatori romani e delle corti di Bisanzio e d’Oriente: manca l’elefante. Ascoltiamo dalla voce di Cardini questa bella storia.

 

Medina: il luogo dove stabilirsi in permanenza

 

Nel presente volume di Alifbà vengono pubblicati gli Atti del Convegno Internazionale di Studi sul tema “La città crocevia di incontri in ambito arabo-islamico e mediterraneo. Fonti storiche, letterarie, viaggi, memorie” (Palermo, 31 ottobre – 3 novembre 2007), organizzato dall’Università degli Studi di Palermo, cattedra di Storia dei Paesi Islamici, in collaborazione con l’Accademia Libica in Italia. Il Comitato scientifico organizzatore ringrazia, pertanto, la Presidenza dell’Accademia Libica per avere accettato di pubblicare i contributi scientifici presentati al suddetto Convegno.

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Il museo egizio di Torino

 

Il museo egizio di Torino è d’assoluto livello internazionale. È considerato, infatti, il più importante museo egizio dopo quello del Cairo. Il suo nome completo è Museo delle Antichità Egizie di Torino.

In epoca napoleonica, al tempo delle campagne in Egitto, il console generale di Francia in loco era Bernardino Drovetti, piemontese. Poiché in Europa era scoppiata la moda delle antichità egizie, il console, nel periodo dell’occupazione, raccolse in una sua collezione privata ben 8000 pezzi, che descrivevano il complesso mondo antico dell’Egitto. Vi era di tutto: statue, sarcofaghi, mummie, papiri, statuette, amuleti e monili. In seguito, portò la sua collezione in Italia. Nel 1924, il re piemontese Carlo Felice, prendendo l’iniziativa, acquistò la collezione del Drovetti, e, unendovi quella di casa Savoia, aprì il primo museo dedicato esclusivamente all’arte egizia.

Sul finire dell’Ottocento, il direttore del museo piemontese, Ernesto Schiaparelli, spinse verso nuove acquisizioni in Egitto, con acquisti, ma anche con campagne di scavi promosse dallo stesso museo. Fu così che la collezione crebbe notevolmente, raggiungendo i 30.000 pezzi.

Il museo egizio di Torino ha la sua sede nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze (dell’omonima Accademia), costruito nel Seicento, su progetto dall’architetto Guarino Guarini. Al suo interno, fino al 2012, vi era contenuta anche la Galleria Sabauda.

Nel 2004, il museo è stato conferito, con tutti i suoi beni, ad una Fondazione di enti locali, che comprende la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. La Fondazione è presieduta dallo scrittore Alain Elkann. È così possibile una gestione più veloce, potendo godere di finanziamenti da parte delle fondazioni bancarie. Nell’anno dei giochi olimpici invernali, ospitati da Torino, il 2006, il museo egizio è stato visitato da 554.911 persone.

 

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Dalì: un catalogo di opere suggestive e bizzarre

 

Presentiamo il catalogo della mostra Dalí Experience a Palazzo Belloni  di Bologna. Dalì è personaggio conosciutissimo, persino da coloro che non hanno fatto studi d’arte. Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, marchese di Púbol (Figueres, 11 maggio 1904 – Figueres, 23 gennaio 1989), è stato un pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer e sceneggiatore spagnolo. Dalí fu un pittore abile e virtuosissimo disegnatore, ma celebre anche per le immagini suggestive e bizzarre delle sue opere surrealiste. Il suo peculiare tocco pittorico fu attribuito all’influenza che ebbero su di lui i maestri del Rinascimento. Realizzò La persistenza della memoria, una delle sue opere più famose, nel 1931. Il talento artistico di Dalí trovò espressione in svariati ambiti, tra cui il cinema, la scultura e la fotografia, portandolo a collaborare con artisti di ogni settore. Faceva risalire il suo “amore per tutto ciò che è dorato ed eccessivo, la mia passione per il lusso e la mia predilezione per gli abiti orientali” a una auto-attribuita “discendenza araba”, sostenendo che i suoi antenati discendevano dai Mori. Dalí, dotato di una grande immaginazione e con il vezzo di assumere atteggiamenti stravaganti, irritò coloro che hanno amato la sua arte e infastidì i suoi detrattori, in quanto i suoi modi eccentrici hanno in alcuni casi catturato l’attenzione più delle sue opere.

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La “rivoluzione industriale” dei motori a vapore

 

A BARI
A Bari (Puglia), nel 1870, Giuseppe Avella, apre il suo pastificio. Questo è dotato di 5 torchi idraulici della potenza di 16 cavalli vapore, la cui costruzione si deve alla C.T.T Pattison di Napoli. Quindi, un’altra fabbrica all’avanguardia presente nel Mezzogiorno. Lo sviluppo rallentato, soprattutto imprenditoriale, condizionò, comunque il mercato barese. Contemporaneamente, ad Avella, infatti, Filippo Giove, imprenditore barese, la cui colpa era solo quella di essere proprietario di un mulino meccanizzato, venne messo sotto convocato dalla commissione di inchiesta per l’industria, per il periodo tra il 1860 ed il 1870. Lo stesso Filippo Giove ci attesta la qualità del grano duro coltivato in Basilicata, un potenziale enorme per lo sviluppo di mulini e pastifici.
Uno scritto del 1895, ci riporta la presenza, sempre nella provincia di Bari, di 120 pastifici, di cui, però, solo 16 sono dotati di attrezzature azionate da forza motrice a vapore.
Quello che manca, oltre all’imprenditorialità, sono i capitali e le associazioni di industriali, che battano la concorrenza, “per cui l’industria non può perfezionarsi” (Filippo Giove). Se rari sono i pastifici industriali, ancora meno sono le associazioni di imprenditori della pasta, che uniscano le proprie risorse finanziarie, per rendere forte l’azienda. Un esempio di questa possibilità è il pastificio “Montrone-Travaglio”, di Bari, che venne costituito da 10 pastai uniti in cooperativa, nel 1887. Tutto lo stabilimento era ricco di una macchina a vapore da 30 cavalli. In esso lavoravano 50 operai e raggiungeva una produzione di 20 quintali di pasta al giorno. I suoi prodotti coprivano l’intero mercato italiano, ma parte della produzione era anche destinata all’esportazione. Era ancora esistente alla data del 1912.

A NAPOLI
Lentamente, ma progressivamente, la “rivoluzione industriale” dei motori a vapore investe, nello stesso periodo, anche Napoli. A Torre Annunziata e Gragnano appaiono i primi pastifici a motore. Da un testo contemporaneo, che analizza lo sviluppo delle industrie della pasta nella provincia, sappiamo che a Gragnano vi erano 3 pastifici e 11 a Torre Annunziata, mossi da motori a vapore o a gas.

A MILANO

Lo sviluppo del settore, viene investito da nuove invenzioni. Nel pastificio Tommasini di Milano, ad esempio, le macchine vengono azionate da elettricità prodotta
da un alternatore che gira mosso da una motrice a vapore. Ma non basta. Tommasini inventa e brevetta un sistema per ottenere un’essicazione artificiale perfetta. Infatti, il suo stabilimento è in grado di produrre, nel 1898, ben 300 quintali di pasta ogni giorno.

Una corrispondenza tra tessuto urbano e paesaggio

In un luogo di mezzo, scandalo da tempo sospeso tra il ritmo veloce della città e il lento della campagna, il rilievo del contesto e la sua interpretazione ribadisce, attraverso la progettazione architettonica, la corrispondenza tra tessuto urbano e paesaggio. Ai margini di Firenze, in luoghi dalla forte vocazione a frasi soglie che introducono la città nella campagna, il progetto di architettura tenta di tenere insieme le misure che definiscono la realtà urbana con le regole della civiltà contadina, dove il principio insediativo è dettato dalla topografia ove si sottomette la tipologia e l’impianto architettonico. L’analisi del contesto e il successivo sviluppo delle proposte progettuali, hanno reso possibile l’analisi, attraverso gli strumenti della composizione, tra condizione geografica e condizione architettonica; i lavori, come sonde poste a registrare e restituire i tratti caratteriali del luogo ..

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Pop art: oggetti, miti, linguaggi della società dei consumi

 

La pop art è una corrente artistica della seconda metà del XX secolo che deriva dalla parola inglese “popular art”, ovvero arte popolare (con un’accezione del termine diversa dall’uso comune). Si interessa della forma e della rappresentazione della realtà. I maggiori rappresentanti del genere furono tra gli altri: Roy Lichtenstein, che si richiamò al mondo dei fumetti; George Segal, che costruì a grandezza naturale figure in gesso colte in gesti di vita quotidiana; Claes Oldenburg e Andy Warhol che riprodusse in grande scala beni di consumo, o fece apparire molli e quasi in decomposizione oggetti tecnologici; James Rosenquist, con i suoi enormi cartelloni pubblicitari. Maestro riconosciuto della pop art fu Andy Warholanche regista cinematografico, che trasformò l’opera d’arte da oggetto unico in un prodotto in serie, come nella celebre serie dei barattoli di zuppa di pomodoro Campbell, con la quale egli confermò, di fatto, che il linguaggio della pubblicità era ormai diventato arte e che i gusti del pubblico si erano a esso uniformati e standardizzati. Altrettanto celebri sono David HockneyJeff Koonsmentre Jasper Johns e Robert Rauschenberg sono considerati i capiscuola della pop art americana.

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Conservazione e sostenibilità degli edifici storici

 

Le problematiche legate all’efficienza energetica del patrimonio edilizio esistenti sono un tema molto attuale. Come riportano anche recenti direttive, il settore edilizio è responsabile del 40% del consumo energetico da parte di un settore economico e prioritario. Applicato ai beni architettonici storici, considerevole parte del nostro patrimonio edilizio, il tema diventa ancora più complesso e rilevante. In questo caso infatti gli interventi sull’efficienza energetica sono subordinati alla compatibilità con i principi di conservazione e tutela del patrimonio culturale. Il primo passo per un progetto di restauro in grado di rispondere alle sfide odierne è riconoscere negli edifici antichi il carattere intrinseco di sostenibilità.

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La reggia di Peterhof in Russia

 

Nell’elenco delle Sette meraviglie della Russia (ma, soprattutto, inserita tra i Patrimoni dell’umanità dell’Unesco) vi è la reggia dello zar denominata Peterhof, fatta costruire da Pietro il Grande. Essa si trova ai margini del Golfo di Finlandia, ad ovest di San Pietroburgo, fatta costruire tra il 1714 e il 1723. Organizzata su più palazzi, copre una superficie di 607 ettari. Attualmente, il palazzo di Peterhof è meta turistica di persone provenienti da ogni parte del mondo. La Reggia è raggiungibile via mare (con aliscafi) e via terra (con autobus e sevizi), che partono da San Pietroburgo. I vari palazzi si possono ammirare solo con visita guidata. Anche i parchi sono aperti al pubblico: ciò vale per i giardini superiori, mentre i giardini inferiori sono visitabili solo muniti di biglietto.

Peterhof in tedesco vuol dire “Corte di Pietro”. Lo fu davvero. Dalla data di costruzione, la reggia svolse il compito di residenza ufficiale degli zar. Quando, invece, nel 1918, vi fu la Rivoluzione d’Ottobre, la reggia passò all’uso di museo. Durante la seconda guerra mondiale, i mobili, i reperti e le statue vennero trasferiti per sicurezza altrove (8 000 oggetti e circa 50 statue). Appena in tempo. L’edificio, infatti, fu bombardato e la città di San Pietroburgo, fu conquistata dai nazisti, che la detennero dal 1941 al 1944. Lo scontro militare si svolse anche tra le strade e tra le costruzioni della città difesa dall’armata rossa. La guerra lasciò macerie e morti. La reggia fu stravolta.  Nel dopoguerra la pesante eredità richiese un’attenta ricostruzione, che continua tuttora. Se il Parco inferiore fu recuperato nel 1946, solo nel 1964 le prime sale vennero riaperte alle visite del pubblico. Oggi, come detto, è meta turistica.

Più che una reggia, quella di Peterhof è un complesso reale. Esso si compone, infatti, di diversi singoli edifici. Citiamo, ad esempio: il Gran Palazzo, l’edificio di Montplaisir, Palazzo Marly, il Padiglione dell’Ermitage e il Cottage.
Il palazzo principale del complesso è il Gran Palazzo, che è anche il maggiore, in quanto a dimensioni. All’edificio iniziale vennero aggiunte, tra il 1745 ed il 1755, per volontà della zarina Elisabetta, due ali monumentali, che furono progettate dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli. Nell’edificio, la sala del trono risulta la maggiore dell’intero complesso, e fu realizzata, nel 1770, da Jurij Velten. L’anno successivo, fu realizzata, invece, la “stanza di Çeşme”, che si ispira all’omonima battaglia. Fu affrescata da Jakob Philipp Hackert, tra il 1771 e il 1773.

ENCICLOPEDIA TRECCANI: SAN PIETROBURGO

VIDEO SU SAN PIETROBURGO:
San Pietroburgo la reggia di Peterhof I giardini
San Pietroburgo la Reggia di Peterhof Interno del Palazzo Grande
Documentario: Città Del Mondo De Agostini: San Pietroburgo
St. Petersburg – San Pietroburgo i posti da non perdere
Immagine di copertina: Fontane della Reggia di Peterhof – estratta da Wikimedia Commons

 

 

Stephen Hawking. La Teoria del tutto

 

In questo documentario il cosmologo Stephen Hawking (Oxford 1942 – Cambridge 2018) scomparso recentemente, spiega la sua idea sulla creazione e sull’evoluzione dell’universo dal big bang ai giorni nostri. Stephen Hawking è stato un fisico, matematico, cosmologo e astrofisico britannico. È stato una delle icone popolari della scienza moderna, nonostante una malattia neurodegenerativa lo costringesse all’immobilità e all’uso di un sintetizzatore vocale.
Notissimo a livello internazionale per la sua attività di divulgatore scientifico, è conosciuto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e l’origine dell’universo (la radiazione di Hawking, la teoria cosmologica sull’inizio senza confini dell’universo e la termodinamica dei buchi neri).
È autore di fondamentali ricerche di cosmologia sempre condotte con un approccio relativistico, grazie alle quali si è pervenuti all’attuale modello interpretativo della struttura su grande scala dello spazio-tempo.
Molto noti e significativi sono anche i suoi studi sull’unificazione della gravitazione con la meccanica quantistica.
La sua opera più nota è forse il saggio A brief history of time (Dal big bang ai buchi neri, 1988).
È stato professore di matematica e fisica teorica presso l’università di Cambridge, e membro di numerose istituzioni scientifiche. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti.

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