Fernando Aramburu – Patria (Premio Strega europeo)

 

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Due famiglie legate a doppio filo, quelle di Joxian e del Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all’osteria e nelle domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Miren e Bittori, erano legate da una solida amicizia, così come i loro figli, compagni di giochi e di studi tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi un evento tragico ha scavato un cratere nelle loro vite, spezzate per sempre in un prima e un dopo.

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Catherine Nixey – Nel nome della croce

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Nel nome della croce parla dell’affermazione del cristianesimo nel IV secolo, ma dal punto di vista dei pagani e della cultura greco-romana. Da quella prospettiva, non c’è niente di eroico da celebrare e non mancano i documenti per testimoniarlo. Dalla ricostruzione degli eventi narrata da Catherine Nixey risulta evidente come il mondo classico fosse molto più tollerante di quanto comunemente si pensi e come i primi cristiani, o almeno molti fra loro, fossero molto più intolleranti e – più spesso di quanto ci si aspetterebbe – violenti.

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Antichi mestieri nella cultura fotografica italiana

 

Un breve viaggio per immagini nella vita quotidiana, nelle tradizioni e nei costumi dell’Italia del passato. Un percorso che oggi forse ci stupisce e ci fa sorridere, ma che è testimone delle radici culturali e ricco di spunti per il presente ed il futuro. Spesso è incentrato sulla strada. La strada era come una casa e come un laboratorio artigianale che ospitava tutti, dal venditore di pasta al parrucchiere, dal ciabattino, allo scrivano. Non mancava neppure chi vendeva il latte fresco. Osserviamo gli antichi mestieri nelle foto in bianco e nero ed anche “a colori”. Le immagini originali sono state ritoccate a mano dagli stessi fotografi o dai loro collaboratori. All’epoca non esisteva la fotografia a colori e, con un po’ di estro artistico, i fotografi, come i miniatori dei codici antichi, dipingevano le proprie fotografie per renderle più belle e per evidenziare particolari.

 

Smat vision: la città ideale di Mark Augé

 

Una città può essere definita intelligente, o smart city, quando gli investimenti effettuati in infrastrutture di comunicazione, tradizionali (trasporti) e moderne (TIC), riferite al capitale umano e sociale, assicurano uno sviluppo economico sostenibile e un’alta qualità della vita, una gestione sapiente delle risorse naturali attraverso l’impegno e l’azione partecipativa. Per l’economista spagnolo Gildo Seisdedos Domínguez, il concetto di smart city è basato essenzialmente sull’efficienza, che a sua volta è basata sulla gestione manageriale, sull’integrazione delle TIC e sulla partecipazione attiva dei cittadini. Ciò implica un nuovo tipo di governance con il coinvolgimento autentico del cittadino nella politica pubblica.

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Ai bambini un manuale per conoscere la permacultura

 

La permacultura è un metodo per progettare e gestire paesaggi antropizzati in modo che siano in grado di soddisfare bisogni della popolazione quali cibo, fibre ed energia e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità di ecosistemi naturali. Il metodo della permacoltura è stato sviluppato a partire dagli anni settanta da Bill Mollison e David Holmgren attingendo da varie aree quali architettura, biologia, selvicoltura, agricoltura e zootecnia.

Il concetto di Permanent Agriculture fu coniato nel 1911 da Franklin Hiram King nel suo libro Farmers of Forty Centuries: Or Permanent Agriculture in China, Korea and Japan. Qui Hiram lo definisce come un sistema agricolo che si può sostenere per un tempo illimitato. Altri fattori che influenzarono la stesura del primo modello teorico della permacultura furono i lavori di Stewart Brand sui sistemi, l’esperienza dell’agricoltore Sepp Holzer, che per primo mise in pratica un metodo di agricoltura ecologica per coltivare in Austria (130 km a sud di Salisburgo) ad alta quota (1000 – 1500 metri sul livello del mare) e l’esperienza del pioniere dei metodi di agricoltura naturale Masanobu Fukuoka e il suo libro La rivoluzione del filo di paglia.

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I mille condimenti della pasta: agrodolce o sughi in bianco

 

PASTA IN AGRODOLCE
Se attualmente la distinzione tra dolce e salato è molta, così non lo era nel Cinquecento, quando non esisteva il concetto stesso di dessert. Infatti, piatti dolci e salati venivano offerti indistintamente, spesso con abbinamenti agrodolci. Ad esempio, era utilizzata molto la cannella. In ogni caso, il Rinascimento, a livello gastronomico, si segnala per il grande uso dello zucchero. Cosa che si rileva anche nelle preparazioni di cuochi del periodo, come Scappi e Romoli.

SALSE E SUGHI IN BIANCO
Per creare delle salse per la pastasciutta non si è aspettato l’arrivo del pomodoro. Esisteva, ad esempio, la salsa di noci, presente in diverse regioni. Nel parmense, in particolare, per il pranzo di Natale, era tradizione offrire pasta condita con ricotta e noci. Ad essa si accoppiava una pasta, i pegai, sul tipo dei Maltagliati fatti a mano, con un impasto preparato con farina di grano e di castagne. Esisteva, nel XVI secolo, una agliata fatta una miscela di noci, pane ammollato nell’acqua tiepida, aglio e pepe, con un’ulteriore aggiunta di salsa di erbe aromatiche e mollica di pane. Nel testo di Guglielmino da Prato sono presentate parecchie ricette di pasta. Tra queste se ne evidenziano alcune, proprie della cucina piemontese. Infatti, la salsa per il condimento delle lasagne è realizzata con sangue fresco di lepre. Nel corso dei secoli, le ricette regionali si moltiplicano. Da testi del XIX secolo, si apprende il grande numero di salse, sughi e intingoli vari, assommatisi. Tra questi il Pesto ed i sughi di pomodoro, affollano il menù, caratterizzandolo.

 

Graphic design tra identità e comunicazione

 

Identità è un termine chiave della contemporaneità. Di identità ci parlano gli antropologi, denunciando le ambiguità e le criticità del termine, e gli gli esperti di marketing territoriale, quasi a rappresentare i confini del dibattito, problematizzazione e impiego a livello professionale. Il libro di Susanna Cerri declina il termine identità in relazione ai concetti propri del Communication Design e come Brand Image e Brand identity quali strumenti indispensabili per la stessa esistenza di imprese, enti, amministrazioni e territori. Leggiamo queste pagine ed entriamo nel vivo dell’argomento.

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Tim Marshall – I muri che dividono il mondo

 

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Siamo tornati a costruire muri. Sono infatti oltre 6000 i chilometri di barriere innalzati nel mondo negli ultimi dieci anni. Le nazioni europee avranno ben presto più sbarramenti ai loro confini di quanti non ce ne fossero durante la guerra fredda. Il mondo a cui eravamo abituati sta per diventare solo un vecchio ricordo: dalle recinzioni elettrificate costruite tra Botswana e Zimbabwe a quelle nate dopo gli scontri del 2015 tra Arabia Saudita e Yemen, dalla barriera in Cisgiordania fino al mai abbandonato progetto del presidente Donald Trump al confine tra Stati Uniti e Messico.

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Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano

 

Alumni Polimi Association è l’Associazione dei Laureati del Politecnico di Milano fortemente voluta dalla Governance dell’Ateneo. L’Associazione, guidata da un Board di 9 Alumni con oltre 1.000 Soci Sostenitori ed un Ufficio dedicato, si pone come obiettivi si viluppare solide relazioni tra gli Alumni e mantenere un legame continuo tra l’Ateneo ed i suoi ex studenti. Il piano strategico del triennio 2015/2018 prevede le seguenti Aree di sviluppo:
-Crescita della community per valorizzare sempre più il profilo dell’Alumnus Polimi nel Mondo
-Sviluppo del legame tra ex studenti e studenti con finalità di accompagnamento allo studio
-Orientamento degli studenti delle superiori nella scelta del Politecnico
-Raccolta Fondi a favore dell’Ateneo e dei progetti di sviluppo dell’Associazione.

VAI AL SITO DEDICATO ALL’ASSOCIAZIONE: Alumni Polimi Association
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Le insegne parlano e gli stemmi raccontano le loro storie

 

Nel 1901 certo signor Riminucci offriva in vendita al Comune di Rimini gli stipiti rinascimentali della sua porta di casa, sita a Rimini sulla via maestra (il corso d’Augusto) al n. 12. Il Comune si dichiarò ”non interessato” all’acquisto. In quanto allo stato li fece fotografare e ne impedì la vendita, ma aveva altro a cui pensare. Così gli stipiti rimasero al loro posto almeno fino al 1926; dopo il qual anno se ne è persa ogni traccia. Ora ce ne rimangono solo due nitide fotografie nel 1902, da grandi lastre fotografiche sul vetro.

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