Perché costituire una macroregione? 1/6

Una definizione di Macroregione

Il dizionario della lingua italiana Treccani definisce così la Macroregione: « [comp. di macro- e regione]. Parte del territorio nazionale che è più vasta di una regione come entità amministrativa definita e che riunisce zone diverse accomunate da tradizioni storiche, peculiarità geografiche e culturali».

Questa definizione si è evoluta nel tempo ed oggi il termine Macroregione ha assunto connotazioni più articolate e sovranazionali. Per cui la vasta (macro) area geografica (regione) non risulta più dall’accorpamento di diverse regioni nazionali, confinanti ed omogenee sotto molti aspetti, ma dall’accorpamento di varie regioni comunitarie nel quadro della politica di coesione dell’Unione Europea. Questo processo è già stato avviato da dieci anni. Per quale motivo?

Macroregioni, le opportunità Ue da cogliere

Partiamo con un esempio semplice ma efficace (Sole 24 Ore, 11 gennaio 2018): «Due vicini hanno un problema, è più facile affrontarlo (e provare a risolverlo) insieme. Un principio semplice, per un’agenda fitta. Dalle sinergie tra università e distretti alla ricerca, dalla prevenzione delle catastrofi naturali, a turismo, pesca ed energia, la politica macroregionale della Ue compie 10 anni, con un bilancio di luci e ombre. Per non parlare della necessità di dare una spinta a strade e ferrovie per migliorare l’interconnessione in Europa o di una politica energetica che si faccia carico di non disperdere risorse e attivarsi al meglio, laddove si può, per riutilizzare gli scarti. Un’opportunità di crescita per i territori ed evidentemente, anche per le imprese in termini di bandi, partnership, sinergie in ricerca e innovazioni eppure quasi sconosciuta».

Le Macroregioni, quindi, sono strumenti funzionali basilari. Non sono istituite sulla base dei confini amministrativi, ma dei problemi comuni. Consentono di sfruttare in modo sinergico il potenziale comunitarioper fare fronte e tentare di risolvere le questioni comuni fra più regioni appartenenti anche a differenti Stati. Tali questioni potrebbero essere connesse all’inquinamento o al clima, ai collegamenti marittimi e ai sistemi infrastrutturali, alle concorrenze commerciali del mercato globale, alla modernizzazione delle amministrazioni pubbliche o alla erogazione dei servizi digitali. Queste sono solo alcune delle tematiche prese in esame dalle strategie macroregionali dell’Unione europea (UE).

Ecco le ombre. A distanza di un decennio la fase sperimentale dovrebbe essere superata, mettendo a frutto le esperienze maturate, soprattutto riguardo a tre pilastri, inizialmente ideati per evitare sovrastrutture e dispendio di fondi: No ad un budget ad hoc, No a un assetto organizzativo e a personale dedicati, No a regole diversificate. Occorrerebbe sostituire la regola dei “tre no” con quella dei “tre sì”: Sì a più sinergie con gli strumenti finanziari, Sì a più integrazione delle strutture esistenti nelle strategie macroregionali, Sì a una migliore applicazione delle regole già definite. In altre parole, è giunto il momento di aprire una riflessione sulle strategie macroregionali del prossimo futuro.

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