Conegliano (Treviso) Palazzo Sarcinelli – I Ciardi. Paesaggi e giardini

Conegliano (Treviso) Palazzo Sarcinelli
I Ciardi. Paesaggi e giardini
a cura di Giandomenico Romanelli con Franca Lugato e Stefano Zampieri
Dal 16 Febbraio 2019 al 23 Giugno 2019

Gugliemo Ciardi, Mattino alpestre (Sorapis), 1894 circa, Olio su tela, 150 X 300 cm
Venezia, Istituto Veneto di SS.LL.AA. – V.I.C.

Dal 16 febbraio al 23 giugno 2019 si apre la nuova stagione espositiva di Palazzo Sarcinelli con la mostra, promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, I Ciardi. Paesaggi e giardini, secondo appuntamento del ciclo dedicato al paesaggio nella pittura veneta tra ‘800 e ‘900, inaugurato nel 2018 con la retrospettiva Teodoro Wolf Ferrari. La modernità del paesaggio. Curata da Giandomenico Romanelli con Franca Lugato e Stefano Zampieri, l’esposizione è dedicata a una delle più affermate “famiglie” di artisti veneti di quel periodo: i Ciardi. In una fase di grandi cambiamenti della pittura, sempre più orientata verso lo studio dal vero o en plein air della realtà, Guglielmo (Venezia, 1842 – 1917) e i figli Beppe (Venezia, 1875 – Quinto di Treviso, 1932) ed Emma (Venezia, 1879 – 1933) assumono un ruolo di protagonisti assoluti della scena artistica veneziana, italiana ed internazionale, partecipando alle Biennali di Venezia e ai più importanti appuntamenti espositivi nazionali, avendo anche una buona visibilità all’estero. Come osserva il curatore Giandomenico Romanelli, «la ricchezza della loro scelta a favore del paesaggio si misura nelle radicali novità che essi (e soprattutto Guglielmo) sanno introdurre in questo genere pittorico: la luce declinata in tutte le possibili atmosfere, la presenza viva e palpitante della natura nelle piante, nei campi, nelle messi, nelle distese di eriche; la maestosità spesso scabra delle masse montuose, colte nella luce azzurra dell’alba o in quella struggente e aranciata dei tramonti, i filari, i covoni, i corsi d’acqua».

La rassegna consente di apprezzare attraverso più di 60 opere e con un taglio originale, legato principalmente alla rappresentazione della natura e del paesaggio veneto, gli elementi qualificanti della produzione di questa famiglia, mettendo in evidenza peculiarità, convergenze e divergenze tra i tre artisti, ben riconoscibili grazie ad alcuni confronti proposti in mostra. I prestiti provengono da alcune istituzioni pubbliche come l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia, Casa Cavazzini – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine e la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, con un nucleo significativo di dipinti finora conservati nei depositi ed esposti al pubblico dopo circa vent’anni, oltre che da collezioni private.

Il percorso si apre con un focus sugli esordi di Guglielmo ancora influenzato dalla tradizione paesaggistica ottocentesca come si può vedere dal precocissimo e inedito dipinto del 1859 Paesaggio fluviale, per proseguire con gli anni trascorsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Domenico Bresolin (Padova, 1813 – Venezia, 1899) e l’importanza che assumerà il paesaggio dell’entroterra veneto nella sua ricerca artistica.

Atmosfere campestri e “acquitrini” lungo il Sile ma altresì paesaggi  pedemontani e dolomitici costituiscono filoni originali e per certi versi  trascurati della produzione dell’autore. I prolungati soggiorni attorno a Quinto di Treviso, Fonzaso, Asiago, San Martino di Castrozza gli avevano consentito d’instaurare un dialogo intimo con le caratteristiche specifiche di questi luoghi dell’infanzia e della memoria, permettendogli di ritrarli con rara profondità e continuità.  

La seconda sezione è dedicata al lavoro di Emma, instancabile pittrice e viaggiatrice apprezzata a livello internazionale, cultrice della tradizione del vedutismo veneziano, capace di rielaborare le esperienze macchiaiole,
impressioniste e tardo impressioniste con un’originale chiave espressiva. L’artista riscopre la grande tradizione guardesca in un inedito settecentesimo ironico e brioso con un chiaro gusto moderno e insieme citazionista,
toccando forse i più singolari risultati nell’attenzione verso i giardini e i parchi, una sorta di hortus conclusus dove regnano quiete e sicurezza. Vi è anche un altro elemento importante che la mostra mette in luce: le numerose peregrinazioni artistiche in Europa, testimoniate da un confronto tra alcune opere di Guglielmo ed Emma. In questi viaggi la passione naturalistica e la pratica della veduta si arricchiscono di acquisizioni cosmopolite così come di soggetti e iconografie rinnovati, dagli Impressionisti alla Scuola di Glasgow.  

Il percorso si chiude con l’opera di Beppe, presentata sotto una luce nuova che vuole mettere in evidenza la modernità e gli accenti simbolisti dell’autore, il quale, pur nella fedeltà alla poetica paterna, introduce elementi più tipicamente novecenteschi fino a dar spazio a una visione personale del paesaggio. Nonostante le evidenti analogie con la produzione di Guglielmo, opportunamente segnalate in mostra, è evidente l’attrazione verso il simbolismo nordico e la fascinazione per l’opera di Böcklin. Nella sua pittura si afferma via via, oltre a una presenza pacata di animali e pastori, la centralità della figura umana che, grazie alla lezione di Ettore Tito, talora si emancipa fino a prevalere sul paesaggio. L’itinerario segue, dunque, l’evoluzione del linguaggio di ciascuno dei tre autori, ripercorrendo la vicenda di una delle più importanti famiglie della storia dell’arte veneta a cavallo tra Otto e Novecento. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Editori con saggi di Giandomenico Romanelli, Franca Lugato, Stefano Zampieri e Myriam Zerbi.

IMMAGINE DI APERTURABeppe Ciardi, L’ultimo gradino, olio su tela, 95 × 125 cm, Venezia, Collezione privata, particolare.