Michele De Lucchi – Radici al vento, testa nella terra

All’Orto Botanico dell’Università di Padova
Michele De Lucchi crea l’Albero degli Alberi
con le reliquie dei 14 milioni di alberi abbattuti tra Veneto, Trentino e Friuli lo scorso ottobre

Michele De Lucchi: Radici al vento, testa nella terra. Ph Carlo Calore

A pochi metri dal primo Platano orientale giunto in Italia nel 1680, nell’Arboreto dell’Orto Botanico dell’Università di Padova è cresciuto l’Albero degli Alberi.
Non accresciuto dalla Natura ma creato da Michele De Lucchi che, per questa sua istallazione, ha ottenuto e messo insieme tronchi e rami di decine di alberi di diverse essenze – faggio, abete rosso, larice, frassino, tiglio e nocciolo – provenienti dalle vallate del bellunese e del Trentino. Alberi abbattuti da Vaia, la terribile tempesta che lo scorso ottobre ha divelto boschi tra i più belli d’Europa, stravolgendo il paesaggio di 40.000 ettari di territorio montano.
Alberi che, come recita il titolo dell’istallazione, hanno oggi “Radici al vento, testa nella terra”.
Dall’incontro, meglio dall’incastro, di questi “resti” è nato un albero totem che, simbolicamente, ridà dignità e forma a quei 14 milioni di alberi, molti dei quali testimoniavano secoli di storia del mondo, abbattuti nel giro di poche ore. Le sue radici sono sospese nell’aria, sembrano volare, sopra uno specchio d’acqua che “rimanda al mare maldestramente surriscaldato dagli effetti dell’inquinamento atmosferico” spiega De Lucchi.
E’ un memento che l’Orto Botanico patavino, il più antico al mondo e Patrimonio dell’Umanità, rivolge ai visitatori. Non a caso proprio mentre i più giovani manifestano in tutta Europa a difesa del loro pianeta.
Per ricordare che ogni albero è vita e speranza di futuro.
Il mosaico di legni con cui De Lucchi ha creato l’opera stride con il rigoglio delle piante dell’Arboreto. L’Albero degli Alberi provoca un colpo al cuore. “Lo stesso che si prova – sottolinea De Lucchi – nel vedere i boschi abbattuti e il paesaggio violentato delle nostre valli. Racconta la fragilità della Natura, che è anche la fragilità dell’uomo”.
L’Albero degli Alberi resterà all’Orto Botanico sino al gennaio 2020. E, come è naturale, gradualmente venti, piogge e sole modificheranno la sua forma, perderà rami e radici. Resterà invece forte il simbolo.
E’ di notte che l’Albero degli Alberi sembra prendere vigore. I suoi rami rinsecchiti e ormai sterili, illuminati dalla luna, sembrano riprendere vita. A simboleggiare la luce della speranza e della fede nella Natura e nel suo infinito, salvifico potere di rigenerazione.
Ma se riflettere e indignarsi è giusto, tuttavia non basta. Ciò che l’Orto Botanico suggerisce ai suoi visitatori è un impegno morale e materiale a ricostruire ciò che è andato perduto.
Chi lo vorrà potrà offrire anche un solo euro che andrà a finanziare un preciso progetto di rigenerazione naturale. Riceverà in cambio un frammento di uno dei tanti alberi che c’erano e non ci sono più.
La realizzazione dell’opera, in mostra all’Orto botanico di Padova a partire da oggi e fino al 5 gennaio 2020, è stata possibile grazie alla collaborazione con Arte Sella e le istituzioni dei territori coinvolti che hanno contribuito a reperire il materiale arboreo.
La raccolta, coordinata dal Dipartimento TESAF dell’Università degli Studi di Padova, ha visto coinvolte la Regione del Veneto, per il tramite dell’Unità Organizzativa Forestale Veneto Est, la Provincia di Belluno in collaborazione con il Consorzio delle Quattro Regole di S. Pietro (Costalta, Presenaio, San Pietro, Valle), la Provincia Autonoma di Trento, per il tramite del Dipartimento Agricoltura, foreste e difesa del suolo in collaborazione con l’Agenzia provinciale delle foreste demaniali.

www.ortobotanicopd.it / call centre tel. 049.8273939
Ufficio Stampa: dr. Carla Menaldo, Giornalista Responsabile Ufficio Stampa Università di Padova
carla.menaldo@unipd.it tel 049/8273520 cell. 3346962662
in collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 gestione2@studioesseci.net

Michele De Lucchi. Brevi note biografiche

Architetto. È stato tra i protagonisti di Alchimia e Memphis. Ha disegnato arredi per le più conosciute aziende italiane ed europee. È stato responsabile del Design Olivetti dal 1988 al 2002. Ha realizzato progetti di architettura in Italia e nel mondo tra cui edifici residenziali, industriali, direzionali e culturali. Per Deutsche Bank, Deutsche Bundesbahn, Enel, Poste Italiane, Hera, Intesa Sanpaolo, UniCredit e altri Istituti italiani ed esteri ha progettato ambienti di lavoro e corporate identity.
Ha disegnato edifici e sistemi espositivi per musei come la Triennale di Milano, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Neues Museum di Berlino e le Galleria d’Italia a Milano.
Attualmente sta progettando resort di lusso in varie parti del mondo: in Georgia, in Cina, in Giappone e in Italia. Sta realizzando una pista da sci indoor che sorgerà nell’area dell’ex fabbrica Alfa Romeo di Arese. A Bresso sta sviluppando il progetto di un campus dedicato all’innovazione tecnologica in campo farmaceutico.
Nel 2000 è stato insignito della onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana dal Presidente Ciampi. Nel 2001 è stato nominato Professore Ordinario presso lo IUAV a Venezia. Nel 2006 ha ricevuto la Laurea ad Honorem dalla Kingston University.
Dal 2008 è Professore Ordinario presso la Facoltà del Design al Politecnico di Milano e Accademico presso l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma.
Per il 2018 è stato direttore della rivista “Domus”.

IMMAGINE DI APERTURAMichele De Lucchi: Radici al vento, testa nella terra. Ph Giacomo Bianchi

Collezioni: Museo Bagatti Valsecchi a Milano

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Il Museo Bagatti Valsecchi è una casa museo frutto di una straordinaria vicenda collezionista di fine Ottocento, che ha come protagonisti due fratelli: i baroni Fausto (Milano, 1843 – 1914) e Giuseppe Bagatti Valsecchi (Milano, 1845 – 1934).
A partire dagli anni ottanta del XIX secolo, i due posero mano alla ristrutturazione della dimora di famiglia nel cuore di Milano, tra via Gesù e via Santo Spirito, declinando in stretta osservanza neorinascimentale le istanze della cultura storicista. Parallelamente, iniziarono a collezionare dipinti e manufatti d’arte applicata quattro-cinquecenteschi con l’intento di allestirli nella loro casa così da creare una dimora ispirata alle abitazioni del Cinquecento lombardo.
Fausto e Giuseppe si impegnarono in prima persona nel restyling del Palazzo, del cui splendore furono infaticabili artefici. Sebbene fossero laureati in giurisprudenza, non sfruttarono mai a fini professionali il proprio titolo di studio: al centro dei loro interessi fu la ristrutturazione della dimora di famiglia, la sua decorazione e la raccolta delle opere d’arte a essa destinate. In quest’ambito, maturarono competenze messe a frutto anche in un’apprezzata attività di architetti, spesso al servizio di quelle nobili famiglie di cui condividevano ambizioni e stili di vita.

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IMMAGINE DI APERTURA – Sala dell’Affresco, la quale deve il proprio nome all’opera del pittore bergamasco Antonio Boselli raffigurante la Madonna della Misericordia (1495)

Tutti i generi della letteratura a diffusione popolare

Nella storia della cultura europea, accanto ai testi alti, sono sempre esistiti testi popolari, ameni, facili. Le farse, le novelle, i poemi eroici hanno acquisito un valore letterario solo molto tempo dopo la loro comparsa e diffusione. I Generi della letteratura popolare è una storia dell’editoria popolare dal 1870 ad oggi. Il libro passa in rassegna i generi letterari di maggiore diffusione come il poliziesco, l’avventura e il rosa e si concentra sulle formule editoriali più efficaci e fortunate, dai serial in fascicoli ai fotoromanzi. Ecco da Tunué – Editori un’ampia selezione di pagine.

IMMAGINE DI APERTURA by Free-Photos from Pixabay 

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La raffigurazione in digitale della Cattedrale di Amiens

La cattedrale in una fotografia della seconda metà dell’Ottocento

The Digital Cathedral of Amiens

Myles Zhang ha studiato alla Columbia e alla Oxford University, per poi laurearsi alla Cambridge University. Le sue ricerche progettuali si concentrano sulla storia dell’architettura e della città, con un particolare interesse per le conseguenze del degrado urbano sull’ambiente costruito. Per il suo lavoro Myles utilizza simulazioni al computer. Nella ricostruzione che BLOGROLL vuole porre all’attenzione l’obiettivo è stato ricreare la cattedrale di Amiens come appariva nel XV secolo. Il suo metodo è quello di costruire un modello computerizzato accurato dell’intera cattedrale, preciso al millimetro, fotorealistico e completamente interattivo. In una ampia introduzione ai suoi disegni Myles illustra che la cattedrale di Amiens è una struttura dinamica e vivente, apoteosi dell’architettura gotica costruita nel 13° secolo. Costituisce la nona cattedrale gotica più grande al mondo; sebbene sia stata costruita in un arco di tempo relativamente breve, mostra una notevole unità stilistica. Continuiamo la lettura nella pagina web curata da Myles, poi perdiamoci fra piante, alzati, prospetti, disegni interattivi e filmati. 

LA CATTEDRALE DI AMIENS SU WIKIPEDIA

CLICCA L’IMMAGINE INTERATTIVA

IMMAGINE DI APERTURAMyles Zhang raffigurazione digitale della cattedrale di Amiens

Ferdinando Scianna – Viaggio Racconto Memoria

VENEZIA/TRE OCI
DAL 31 AGOSTO 2019 AL 2 FEBBRAIO 2020
FERDINANDO SCIANNA
Viaggio Racconto Memoria
https://www.ferdinandoscianna.it/

La grande antologica racconta, attraverso 180 opere, oltre cinquant’anni di carriera di uno dei maestri della fotografia contemporanea.
Per l’occasione, verrà esposta una serie d’immagini di moda che Scianna ha realizzato a Venezia, testimonianza del suo forte legame con la città lagunare.

Ferdinando Scianna, Marpessa. Caltagirone, 1987 © Ferdinando Scianna 

Dal 31 agosto 2019 al 2 febbraio 2020, la Casa dei Tre Oci di Venezia ospita l’antologica di Ferdinando Scianna (Bagheria, PA, 1943), una delle figure di riferimento della fotografia contemporanea internazionale.
La mostra, curata da Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda, art director, organizzata da Civita Mostre e Musei e Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, ripercorre oltre 50 anni di carriera del fotografo siciliano, attraverso 180 opere in bianco e nero, divise in tre grandi temi – Viaggio, Racconto, Memoria.
Per l’occasione, verrà esposta una serie d’immagini di moda che Scianna ha realizzato a Venezia come testimonianza del suo forte legame con la città lagunare.

“Dopo la mostra del 2016 sui 500 anni del Ghetto ebraico di Venezia – afferma Emanuela Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie – Ferdinando Scianna torna alla Casa dei Tre Oci, con l’antologica che ne ripercorre mezzo secolo di carriera.
L’iniziativa è la nuova tappa di un progetto nato dalla collaborazione tra Civita Tre Venezie e Civita Mostre e Musei, frutto di un pensiero condiviso che ha come obiettivo l’analisi dei linguaggi artistici della contemporaneità, in particolare quello della fotografia e dei suoi più importanti esponenti”.
“L’esposizione – prosegue Emanuela Bassetti – è anche un modo per consolidare il forte legame esistente tra Ferdinando Scianna e Venezia, testimoniato dalla serie di immagini di moda che il fotografo siciliano ha scattato tra le calli e i campi della città”.

Ferdinando Scianna ha iniziato ad appassionarsi alla fotografia negli anni sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine, la Sicilia. Il suo lungo percorso artistico si snoda attraverso varie tematiche – l’attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare – tutte legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. In oltre 50 anni di narrazioni, non mancano di certo le suggestioni: da Bagheria alle Ande boliviane, dalle feste religiose – esordio della sua carriera – all’esperienza nel mondo della moda, iniziata con Dolce & Gabbana e con la sua modella icona Marpessa. Poi i reportage (è il primo italiano a far parte, dal 1982, dell’agenzia fotogiornalistica Magnum), i paesaggi, le sue ossessioni tematiche come gli specchi, gli animali, le cose e infine i ritratti dei suoi amici, maestri del mondo dell’arte e della cultura come Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges, solo per citarne alcuni.

Dotato di grande autoironia, Scianna ha scelto un testo di Giorgio Manganelli per sintetizzare questa sua mostra: “Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose. Una pulita operazione di sbranare i libri che vanno per il mondo sotto il nome dell’autore per ricavarne uno stufato, un timballo, uno spezzatino…”.
Come fotografo – ha affermato lo stesso Scianna, parlando del suo lavoro – mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Persino le fotografie di moda le ho sempre trovate nell’azzardo degli incontri con il mondo”.

Per approfondire i contenuti dell’esposizione, Casa dei Tre Oci ha predisposto un articolato progetto didattico rivolto sia alle scuole che ai gruppi di adulti e famiglie, con visite-esplorazione e laboratori su prenotazione, un ciclo d’incontri in mostra e una serie di visite guidate con i curatori. Ai visitatori sarà fornita un’audioguida (in italiano e in inglese), attraverso la quale sarà lo stesso Scianna a raccontare in prima persona il suo modo di intendere la fotografia e non solo. Un vero e proprio racconto parallelo, per conoscere da vicino il suo percorso umano e di fotografo. Nella Sala video di Casa dei Tre Oci verranno inoltre proiettati tre film-documentari dedicati alla sua vita professionale.

Accompagna la mostra un catalogo Marsilio Editori.

NOTE BIBLIOGRAFICHE

Ferdinando Scianna è nato a Bagheria, in Sicilia, nel 1943. Proprio nella sua città inizia a dedicarsi alla fotografia ancora giovanissimo, agli inizi degli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra d’origine. Decide molto presto di diventare fotografo, sconvolgendo i progetti dei propri genitori che lo volevano avvocato o medico. Già i primi ritratti delle persone di Bagheria, che Scianna ritrae con tono curioso e partecipe, risultano carichi d’intensità. Nel 1961 si iscrive a Lettere e Filosofia all’Università di Palermo, mentre la sua passione per la fotografia inizia a strutturarsi. Diventa allievo del grande critico Cesare Brandi e mostra le proprie foto a Enzo Sellerio che gli farà scoprire l’universo culturale bressoniano. Sono anche gli anni in cui si forma una coscienza politica determinante per l’evoluzione della sua fotografia, così come il vincolo con la propria terra d’origine e le tradizioni siciliane. Circa due anni dopo, un incontro fondamentale per la sua vita professionale e personale: entra in contatto con Leonardo Sciascia, lo scrittore con il quale a soli 21 anni pubblica il saggio Feste Religiose in Sicilia, libro che ottiene il prestigioso Premio Nadar. Il volume crea molte polemiche, soprattutto a causa dei testi di Sciascia, che mostra l’essenza materialistica delle feste religiose. Ma anche le foto del giovane Scianna hanno il loro impatto.

“La fotografia era la possibilità del racconto di una vicenda umana. Questo il mio maestro mi fece capire, e mi introdusse ad una certa maniera di vedere le cose, di leggere, di pensare, di situarsi nei confronti del mondo”. Sull’onda del successo del libro, Scianna si trasferisce a Milano dove lavora per l’Europeo come fotoreporter, poi inviato speciale e corrispondente da Parigi, dove vive per 10 anni. A Parigi inizia anche a dedicarsi con successo alla scrittura. Collabora con varie testate giornalistiche, fra cui Le Monde Diplomatique e la Quinzaine Littéraire. “Mi ritrovavo più a scrivere che a fotografare, ma sapevo di essere un fotografo che scrive”, racconta Scianna. Proprio nella capitale francese, il suo lavoro viene particolarmente apprezzato, da Henri Cartier-Bresson, che nel 1982 lo inviterà a presentare la sua candidatura all’agenzia Magnum Photos, da lui fondata nel 1947. Torna a Milano e lascia l’Europeo per dedicarsi alla fotografia: “L’agenzia è lo strumento di un gruppo di fotografi indipendenti, una struttura in grado di valorizzare il tuo lavoro tanto meglio quanto più sai utilizzare questo strumento. Magnum continua a sopravvivere secondo l’utopia egualitaria dei suoi fondatori, in modo misterioso riesce a far convivere le più violente contraddizioni”.

A Milano lavora per vari giornali. Inizia anche a fotografare per due giovani designer emergenti, Dolce e Gabbana. Un incontro casuale, che darà vita ad una delle collaborazioni meglio riuscite nella fotografia di moda. A Scianna viene richiesto di realizzare un catalogo inserendo la splendida modella Marpessa nel contesto della sua Sicilia. Scianna riesce a mescolare magistralmente i registri visivi del mondo della moda con l’esperienza del fotoreporter, creando un risultato originale che spezza la monotonia patinata della fotografia di moda. É un successo che lo porterà a collaborare con prestigiose riviste internazionali e a realizzare altri servizi di moda in cui affianca con maestria artificio ed autenticità. Questa improvvisa ed inaspettata svolta, apre il mondo fotografico di Scianna a nuove esperienze, parallele a quelle più tradizionali del fotogiornalismo: pubblicità e fotografie commerciali, senza mai abbandonare il reportage sociale, i ritratti ed il giornalismo.

IMMAGINE DI APERTURAFerdinando Scianna, Celia Forner. Sevilla, 1988 © Ferdinando Scianna. (Particolare)

La svolta Civicratica in Campania

di Paolo Pantani

E’ del tutto evidente che in Campania è in atto un processo di evoluzione per i comuni per quanto riguarda il regolamento della partecipazione dei cittadini, una vera rivoluzione gentile e pacifica. L’azione di commissariamento dei comuni non in regola, quali Salerno, Sassano e Villaricca, da parte del Difensore Civico presso la Regione Campania, Avvocato Giuseppe Fortunato ha innestato questa svolta civile e democratica. L’attendismo non è più giustificabile, non possono esistere diritti per i cittadini senza il loro effettivo utilizzo. Quasi tutti i comuni hanno nel loro statuto il Principio della Partecipazione, ma il regolamento o non esiste, o non è applicato, o è semplicemente “lettera morta”, quasi ovunque. Occorre mettere mano a questa situazione, bisogna muoversi con tempestività, far scaturire nella nostra società un moto in direzione favorevole a questa azione di svolta.

Sarà un lavoro gigantesco e sarà possibile solo se riusciamo noi Civicratici a portare avanti questa svolta con un impegno costante e prolungato nel tempo. Non deve essere un lavoro di èlites illuminate, occorre far capire a tutti i vantaggi collettivi della partecipazione. Ad esempio, il bilancio partecipato, abbiamo ottenuto che si può indicare dal basso un progetto e trovare i fondi per finanziarlo, oppure proporre un referendum che ha la valenza di essere propositivo e direttamente deliberativo, diventa subito legge dopo la consultazione referendaria, senza valenza solamente consultiva. Quindi è un lavoro di azione, relazione, comunicazione e, in definitiva, progetto operativo. Questa è una autentica Rivoluzione Civicratica.

IMMAGINE DI APERTURA di DarkWorkX da Pixabay 

Gabriella Greison – Storie e vite di SUPERDONNE che hanno fatto la SCIENZA

Questo libro raccoglie venti storie e venti illustrazioni di donne straordinarie che con intelligenza, amore, perseveranza e passione hanno contribuito all’avanzamento della scienza e del progresso umano. Dall’autrice bestseller di L’incredibile cena dei fisici quantistici, il racconto accurato e appassionante dell’universo femminile della scienza.

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