03 – Filosofia – Pascal e il pensiero tra fede e ragione – Giulio Giorello

Blaise Pascal nasce a Clermont-Ferrand, in Francia, il 19 giugno del 1623. Perde la madre all’età di tre anni e cresce con il padre Étienne e due sorelle, Gilberte e Jacqueline. Già da giovanissimo Pascal mostra straordinarie doti intellettuali, specialmente in campo matematico. A soli 16 anni, compone un trattato di geometria, che è andato perduto. È attratto anche dalle applicazioni tecniche del sapere. Quando il padre viene inviato nell’alta Normandia, a lavorare come esattore delle tasse, il giovane, per aiutarlo, inventa la prima macchina calcolatrice, la “pascalina”. Nel 1646 avviene la cosiddetta prima conversione di Pascal; da allora, il filosofo decide di rinunciare alle soddisfazioni mondane e di dedicarsi totalmente alla ricerca di Dio e agli studi scientifici. L’anno successivo a Parigi incontra Cartesio, con cui ha fecondi scambi su temi di fisica. Ma i pensatori a cui si sente più affine sono i cosiddetti “solitari” di Port-Royal, laici dediti alla meditazione e allo studio, tra cui Antoine Arnauld, Nicolas Fontaine, Jean Racine. Il 23 novembre del 1654, in seguito a un incidente dal quale si salva miracolosamente, vive la sua seconda conversione, che è testimoniata dal Memoriale, un foglio che portava cucito nei suoi abiti, in cui parla del ritrovato senso di Dio. Nel 1655 si reca a Port-Royal, dove scrive le celebri Lettere provinciali, alcuni saggi a tema religioso, e i Pensieri, che saranno pubblicati postumi. Blaise Pascal muore a soli 39 anni, il 19 agosto del 1662.

IMMAGINE DI APERTURAFoto di morhamedufmg da Pixabay  

Giuseppe Turiano: Alimentazione ecosostenibile

All’Università degli Studi di Messina, nella sede della prestigiosa Accademia Peloritana dei Pericolanti (sorta nel XVIII secolo), si è svolto un articolato convegno, durante il quale si sono puntualizzati diversi aspetti del progetto orientato alla costituzione di una Macroregione Mediterranea Occidentale in grado di coinvolgere, in sinergia, Paesi europei e del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. L’iniziativa si è rivolta alle autorità, ai gruppi politici, agli ordini professionali, sindacati enti ed associazioni.

GIUSEPPE TURIANO
L’intervento all’Accademia Peloritana

Milano: Novecento privato. Da de Chirico a Vedova

Milano, Galleria Bottegantica
Novecento privato. Da de Chirico a Vedova
Mostra a cura di Stefano Bosi, Valerio Mazzetti Rossi, Enzo Savoia
Con la consulenza scientifica di Fabio Benzi
17 Gennaio 2020 – 29 Febbraio 2020
Sito web https://www.bottegantica.com/

Felice Casorati: Ritratto della sorella Elvira

Alcuni dei Giganti del ‘900 italiano tornano nelle sale che, nel secondo dopoguerra, li avevano accolti quali giovani protagonisti dell’arte del loro tempo. E’, il loro, un ritorno emblematico, certo non nostalgico e nemmeno celebrativo. Tuttavia importante, perché il mezzo secolo e oltre, che è trascorso da quando questi stessi ambienti di via Manzoni 45 erano occupati dalla Galleria del Naviglio, ha portato a sedimentare valori, smorzare tensioni. Ha fatto di cronaca, Storia.
Confermando la piena validità di quelle che, all’epoca, potevano apparire come personali proposte, intuizioni, visioni di un pur quotato gallerista.
Bottegantica, che oggi vivifica gli spazi che furono del Naviglio, vi propone “Novecento privato. Da de Chirico a Vedova”, dal 17 gennaio al 29 febbraio 2020. La mostra, che è a cura di Stefano Bosi, Valerio Mazzetti Rossi e Enzo Savoia, si avvale della consulenza scientifica di Fabio Benzi.
Ad esservi proposto è un excursus attentissimo di opere. Che facendo fulcro sui decenni del Naviglio opportunamente si allarga alla prima metà del Secolo Breve, per ripercorrere i momenti più straordinari vissuti dall’arte e dalla cultura dal primo dopoguerra sino agli sviluppi del secondo: dal Futurismo alla Metafisica, dal Realismo Magico al Surrealismo, dal Ritorno all’Ordine all’Informale…
“Il Novecento italiano, per metafora, è stato un oceano battuto da grandi onde. Battuto soprattutto dal perenne contrasto tra l’apologia della forma e il suo annullamento, specie a partire dagli anni Trenta. Protagonisti delle pagine più significative della storia dell’arte nazionale e internazionale, sono una serie di Maestri d’avanguardia che hanno contribuito alle rivoluzioni artistiche del XX secolo, partecipando alla creazione di nuove forme e immagini, attraverso sperimentazioni e ricerche”, ricorda Stefano Bosi.
Novecento Privato. Da De Chirico a Vedova rievoca autori e momenti fondamentali di quel secolo, scegliendo di attingere le trenta opere esposte, esclusivamente da due importati collezioni private. “Trenta opere che si legano fra loro in un dialogo appassionato, a formare idealmente una raccolta filologica dei principali fenomeni artistici italiani del secolo scorso. Una raccolta dal forte carattere meditativo e intimo, in cui è privilegiato il rapporto tra le opere e gli artisti che le hanno create”, anticipa Enzo Savoia.
La sequenza è pensata come un viaggio cronologico e visivo, un racconto analitico e didattico che attraversa il nostro territorio culturale dal post-impressionismo alle avanguardie d’inizio secolo (il Futurismo di Marinetti, Boccioni, Balla, Severini), gli anni del primo conflitto mondiale, il dopoguerra e gli anni Venti (Savinio, De Chirico, De Pisis, Sironi, Casorati, Alberto Martini, Marini), l’affermazione del regime fascista e la seconda guerra mondiale (Carrà, Campigli, Arturo Martini, Prampolini, Pirandello, Guttuso, Manzù), il post-war tra le capitali europee e New York con l’affermazione dell’arte astratta (Fontana, Burri, Capogrossi, Vedova, Pomodoro).
Il percorso espositivo è pensato per essere fruito da un vasto pubblico, grazie anche a un apparato didattico sperimentale, capace di guidare il visitatore alla comprensione profonda di ogni singola opera.
Un omaggio dunque all’universalità dell’arte, ma anche un riconoscimento ai grandi artisti italiani del XX secolo. Questo – e non solo – è NOVECENTO PRIVATO. Da De Chirico a Vedova.

IMMAGINE DI APERTURAMassimo Campigli: Due figure

Govanni Saccà: La riforma del Terzo Settore

All’Università degli Studi di Messina, nella sede della prestigiosa Accademia Peloritana dei Pericolanti (sorta nel XVIII secolo), si è svolto un articolato convegno, durante il quale si sono puntualizzati diversi aspetti del progetto orientato alla costituzione di una Macroregione Mediterranea Occidentale in grado di coinvolgere, in sinergia, Paesi europei e del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. L’iniziativa si è rivolta alle autorità, ai gruppi politici, agli ordini professionali, sindacati enti ed associazioni.

GIOVANNI SACCÀ
L’intervento all’Accademia Peloritana

Collezioni: Museo Pietro Canonica a Roma

Deposito delle Sculture di Villa Borghese
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Museo Pietro Canonica
Roma, Italia

Il Museo Pietro Canonica, immerso nel verde di Villa Borghese, costituisce un importante testimonianza del modello museografico delle case d’artista, e nella sua integrità, può essere considerato uno dei pochissimi esempi in Italia. La collezione del Museo è costituita principalmente dalle opere di Pietro Canonica: marmi, bronzi, e modelli originali, oltre ad un gran numero di bozzetti, studi e repliche che costituiscono un itinerario completo della evoluzione di questo artista e allo stesso tempo sono di grande interesse da un punto di vista didattico per la conoscenza dei processi creativi ed esecutivi nel campo della scultura.

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IMMAGINE DI APERTURA – Museo canonica, monumento all’umile eroe, il mulo degli alpini (Fonte Wikipedia)

Sergio Bertolami: Macroregione, una finestra sul mondo

All’Università degli Studi di Messina, nella sede della prestigiosa Accademia Peloritana dei Pericolanti (sorta nel XVIII secolo), si è svolto un articolato convegno, durante il quale si sono puntualizzati diversi aspetti del progetto orientato alla costituzione di una Macroregione Mediterranea Occidentale in grado di coinvolgere, in sinergia, Paesi europei e del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. L’iniziativa si è rivolta alle autorità, ai gruppi politici, agli ordini professionali, sindacati enti ed associazioni.

SERGIO BERTOLAMI
L’intervento all’Accademia Peloritana

Alessandro Morello – Un mare di sfumature. Universo Mediterraneo

di Alessandro Morello

Il mare porta in sé diverse accezioni, ognuna delle quali cambia il rapporto che i soggetti hanno con i luoghi. Può essere un luogo di transito, un confine, un luogo mitologico e dell’ignoto. Si può osservare dalla terra e da qui ci si rende conto della sua immensità e si percepisce il senso di spaesamento che compare all’orizzonte, quando il nostro sguardo s’interrompe. 
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IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Virginii da Pixabay 

Cosimo Inferrera: Speranza 2020 – primi passi per la Macroregione

All’Università degli Studi di Messina, nella sede della prestigiosa Accademia Peloritana dei Pericolanti (sorta nel XVIII secolo), si è svolto un articolato convegno, durante il quale si sono puntualizzati diversi aspetti del progetto orientato alla costituzione di una Macroregione Mediterranea Occidentale in grado di coinvolgere, in sinergia, Paesi europei e del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. L’iniziativa si è rivolta alle autorità, ai gruppi politici, agli ordini professionali, sindacati enti ed associazioni.

COSIMO INFERRERA
L’intervento all’Accademia Peloritana

Una persona viene dimenticata soltanto quando è dimenticato il suo nome

In occasione della preparazione a Napoli dell’evento “pietre di Inciampo” del 30 pv in piazza Bovio alle 10.30, Paolo Pantani ha avuto un lungo colloquio con il presidente della Comunità ebraica di Napoli, Lydia Shapirer, per fare il punto sul problema antisionismo/antisemitismo, molto  dibattuto e molto attuale, specialmente dopo che anche il Governo Italiano ha fatto sue le dichiarazioni sull’antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA).

Lydia Schapirer all’Ordine dei giornalisti della Campania

INTERVISTA A LYDIA SHAPIRER PRESIDENTE DELLA COMUNITA’ EBRAICA DI NAPOLI

di Paolo Pantani

Dottoressa, che cosa sta succedendo tra la vostra Comunità e il Comune di Napoli, al punto tale che voi state organizzando una seconda cerimonia per le prime pietre di inciampo deposte a Napoli e non avete partecipato a quella organizzata dall’assessore de Majo?

Purtroppo è una questione abbastanza inveterata. Il Sindaco, nel corso degli anni ha fatto molti strappi istituzionali nei confronti della nostra Comunità  e degli Ebrei in generale. Ha dato la cittadinanza onoraria ad Abu Mazen, e, quando gli abbiamo chiesto, per ovvia simmetria istituzionale, di attribuire la stessa onorificenza anche ad una alta personalità israeliana ( all’epoca noi indicammo Shimon Perez ) non ci ha neanche risposto.  Nella complessa vicenda medio-orientale ha sempre mostrato una pregiudiziale e asimmetrica visione anti-israeliana, avallando persino posizioni estreme di B.D.S. (Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni ), proponenti il blocco commerciale dei prodotti israeliani, e, specialmente, ha recentemente  sostituito Nino Daniele, ottimo assessore alla cultura che aveva sempre avuto un’ atteggiamento equilibrato nei confronti della Comunità Ebraica con Eleonora de Majo, esponente dei centri sociali, a tutti nota per le sue ripetute prese di posizione antisioniste e antisemite.

Eleonora de Majo: ma non ritiene, sinceramente, di esagerare un po’ nei suoi confronti, visto che lei, una volta diventata assessore non solo ha subito dichiarato che “ l’antisemitismo non può neanche esistere nel suo DNA..”, ha proposto la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, e, specialmente, ha organizzato la cerimonia della posa in opera delle prime pietre di inciampo a Napoli ? Cerimonia alla quale voi non avete neanche partecipato.

La sig.ra de Majo già nel 2015 dichiarava pubblicamente “abbiamo sempre detto che sionismo è nazismo e che i metodi utilizzati dagli israeliani contro i palestinesi ricordano quelli che negli anni ’40 portarono alla morte di 4 milioni di ebrei (?)…” per poi  finire definendo gli Ebrei “ porci, accecati dall’odio, negazionisti e traditori finanche della vostra stessa tragedia…”  Capirà che quando si propone così,  una equivalenza fra nazismo e sionismo, immancabilmente si scade in un assurdo antisemitismo pregiudiziale della peggiore specie. Antisemitismo in mala fede di chi non conosce la storia e vuole solo interpretarla ai fini di una propria malata ideologia. Le pietre di inciampo sono simboli di grande significato, che possono stimolare alla riflessione e produrre cultura storica basata su memoria viva, ma la loro plateale strumentalizzazione, risulta unicamente offensiva.

Quindi per voi quale può essere il punto di discriminazione tra delle critiche allo Stato di Israele (ovviamente non della virulenza verbale come quelle della de Majo !) e dei veri e propri  atti di antisemitismo ?

Sappiamo bene che gli atti ostili contro gli ebrei seguono in parallelo gli eventi in Medio Oriente e che una delle tante forme del “nuovo antisemitismo” trae origine dalle accuse ad Israele per la questione palestinese. Ma il problema è che oggi siamo sempre più spesso non più  di fronte a delle legittime critiche alla politica di Israele, ma assistiamo ad un vero e proprio scivolamento verso i cliché antisemiti del passato, con una chiara prevaricazione dei confine del giusto quando viene difesa la causa dei diritti umani solo dei palestinesi,  quando dagli “Ebrei” si passa all’”Ebreo”, quando si rispolverano  miti e menzogne come quello del “capitale ebraico” riproponendoli artatamente come “causa” della politica di Israele. In effetti il perimetro e i confini dell’ antisemitismo sono stati molto specificamente definiti dall’IHRA (Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto) e tali definizioni sono state già adottate da 35 Stati, nonché, pochi giorni fa, anche dal Governo Italiano. Già nel 1988 un Documento del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace dichiarava che “ ..l’antisionismo ..serve talvolta come uno schermo per l’antisemitismo, alimentandolo e portando ad esso “ e Papa Francesco ha recentemente indicato come “l’antisionismo possa diventare una delle più pervicaci cause dell’antisemitismo dei nostri giorni”. Così, accanto all’antisemitismo “classico” di matrice di “destra” razzista si sta diffondendo sempre più quello “terzomondista ed anti-imperialista” ritenuto più “presentabile” rispetto all’antisemitismo che ha portato alla Shoah, e in questo modo, più la memoria del passato impallidisce, più si tenta di separare la continuità storica tra Shoah e Stato di Israele che viene artatamente fatto passare, con un cortocircuito storico, come una entità singola, avulsa dal contesto circostante.

Quindi lei dice che esistono svariate forme di antisemitismo che andrebbero singolarmente analizzate ed affrontate. Quale di queste ritiene che sia la più pervicace e pericolosa ?

L’antisemitismo, con i suoi oltre duemila anni di storia, è diventato un vero e proprio “luogo” dell’inconscio collettivo dell’umanità nel quale però si gioca realmente la nostra possibilità/capacità di apertura all’altro e alle differenze, piuttosto che la chiusura nel pregiudizio e nell’intolleranza. Comprenderà pertanto come non abbia senso definire una forma di antisemitismo “più pericolosa” di un’altra, perché, alla base, rimane sempre l’Ebreo, il “Nemico Innocente” quello che deve subire le conseguenze di quelle zone d’ombra dell’inconscio collettivo nelle quali si annida un coacervo di miti e menzogne. Per combattere l’antisemitismo, si deve innanzitutto combattere ogni forma di odio, tenendo fermamente presente che nessun essere umano può  essere avulso dalla sua specifica “storia” soggettiva e dai suoi tratti di comune umanità, per essere categorizzato e  ridotto a “simbolo” o a “oggetto”.

Che significato hanno per voi le pietre d’inciampo, e come intendete celebrare la loro posa per la prima volta nella nostra città ?

Come già le ho detto le pietre di inciampo sono simboli di grande importanza e, attraverso di esse noi vogliamo onorare la memoria dei nomi delle vittime innocenti che rappresentano, tenendo sempre presente che “ una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome” come dice il Talmud. A noi non interessa che qualcuno cerchi di “compensare” la diffusione dell’antisemitismo di fondo con un filosemitismo di facciata, partecipando alla posa di qualche pietra di inciampo. Non conta l’omaggio una tantum, più o meno sentito, del quale, un attimo dopo ci si è già dimenticati. Ci interessa invece la politica culturale della memoria e del rispetto, e per questo il prossimo 30 gennaio organizzeremo una “nostra” cerimonia nella quale cercheremo di riportare alla luce le figure delle povere vittime, nella loro individuale umanità, così violentemente rapita e annullata, cercando di condividerle con tutta la nostra Comunità, strettamente unita ad ampie porzioni della Società Civile e di Giovani della nostra città, che ci hanno sentitamente chiesto di unirsi a noi.

Alla “vostra” cerimonia chi  pensate di invitare?

Noi non abbiamo specificamente “invitato” nessuno. Abbiamo comunicato il nostro evento, e, con molto piacere, abbiamo constatato la adesione spontanea di moltissime persone.

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Jordan Holiday da Pixabay 

L’arte della calzatura tra antica Roma, cinema colossal e moda contemporanea

Ai piedi degli dei
Le calzature antiche e la loro fortuna nella cultura del Novecento
Firenze, Palazzo Pitti, Museo della Moda e del Costume
17 dicembre 2019 – 19 aprile 2020

Decine di modelli in mostra in Palazzo Pitti a Firenze, tra caligae romane, calzari delle star del grande schermo e modelli dei più celebri stilisti del Novecento

Piedi incrociati con krepídes
metà del II secolo a.C. – terracotta di colore grigio per l’esposizione al fuoco e con minime tracce di colore – Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate”, Arezzo

Una passeggiata tra le robuste caligae dei soldati romani, i seducenti sandali delle cortigiane greche, i raffinati calzari indossati dagli dei oppure dall’aristocrazia romana; senza dimenticare la ricca varietà di calzature indossate dalle star dei colossal dedicati all’antichità, da Ben Hur al Gladiatore, e le più recenti creazioni di moda, ispirate dallo stile delle calzature del mondo classico e realizzate da protagonisti del fashion contemporaneo come Emilio Pucci, Salvatore Ferragamo, Yves Saint Laurent.

È “Ai piedi degli dei”, mostra a cura di Lorenza Camin, Caterina Chiarelli e Fabrizio Paolucci, accolta nel museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti dal 16 dicembre 2019 al 19 aprile 2020.

La mostra, incentrata su un tema tanto affascinante quanto inedito, vuole raccontare gli infiniti ruoli che la scarpa ha rivestito in Occidente dai tempi antichi ai giorni nostri. Veri e propri protagonisti del percorso espositivo, formato da circa 80 opere (alcune delle quali giunte in prestito da importanti musei internazionali come il Louvre), saranno gli esemplari delle principali tipologie di calzature usate nel periodo compreso fra il V secolo a.C. e il IV d.C. e testimoniateci sia su preziose opere d’arte, fra le quali rilievi e vasi dipinti, sia in originale, come gli eccezionali reperti provenienti dal forte romano di Vindolanda nell’Inghilterra del nord.

L’antico è messo a diretto confronto con il contemporaneo. Scarpe di alcuni tra i più grandi stilisti (come Genny, Céline, Richard Tyler, Renè Caovilla, Donna Karan) saranno esposte insieme ai modelli originali realizzati dalla più celebre manifattura italiana di calzature per il cinema, il calzaturificio Pompei, per alcuni dei film peplum divenuti veri e propri cult: si potranno ammirare i sandali di Liz Taylor-Cleopatra, i calzari di Charlton Heston-Ben Hur, quelle del Gladiatore Russell Crowe, le calighe dell’Alexander-Colin Farrell. ‘Ai piedi degli dei’ trova infine il suo naturale completamento nella multivisione, ideata e diretta da Gianmarco D’Agostino (Advaita Film) per immergere il visitatore in un universo di immagini in cui archeologia, fashion si fondono con i miti del grande schermo.

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Da sempre l’Uomo ha voluto riversare nelle calzature, strumento umile e quotidiano, un riflesso di quei principi di armonia e simmetria che governavano il gusto classico. La scarpa divenne cosi essa stessa opera d’arte, un oggetto plasmato più per esigenze estetiche che pratiche. Proprio per illustrare compiutamente questo ‘destino’ della calzatura, i cui presupposti sono già nel mondo greco-romano, si è voluto allargare il tema di questa mostra a due espressioni della cultura contemporanea intimamente legate fra di loro: il cinema e la moda. Sotto il segno della classicità, i curatori hanno esplorato questo inedito aspetto della ‘Fortuna dell’Antico’, recuperando suggestioni, echi e consonanze che, attraverso le pellicole di film come Cleopatra e l’ispirazione di stilisti, creano un inaspettato legame fra passato e contemporaneità”.

Fabrizio Paolucci, curatore della mostra e direttore del Dipartimento Antichità degli Uffizi: “La scarpa non è soltanto un accessorio e questo concetto era ben chiaro già agli antichi, al pari dell’abilità che richiedeva il realizzarle. Platone, ad esempio, non esitava a definire l’arte del calzolaio una vera e propria scienza. Con la sua foggia o i suoi colori, questo indumento raccontava tutto della persona che le indossava: il sesso, la condizione economica, la posizione sociale e il lavoro. Quel che è stato sempre considerato un semplice dettaglio del vestiario, diviene ora il protagonista di un’esposizione, il cui fine è proprio quello di restituire alla scarpa il suo ruolo di prezioso documento del gusto e della tecnica del mondo greco-romano”.

UN PO’ DI STORIA DELL’ANTICA CALZATURA

Nel mondo classico la foggia delle calzature costituiva spesso connotazione tipica di ben precise categorie sociali. Le caligae chiodate, ad esempio, erano usate prevalentemente dai soldati perché ideali per le lunghe marce, mentre i calcei, simili a bassi stivaletti e spesso vivacemente colorati se indossati dalle donne, connotavano le classi più elevate (patrizi, senatori e imperatori). Le fonti tramandano che le cortigiane, invece, erano solite indossare sandali che recavano, sul lato inferiore della suola, dei chiodini disposti in maniera tale da lasciare sul terreno un’impronta con la scritta “seguimi”.

La seduzione, del resto, è da sempre un aspetto connaturato con questo capo dell’abbigliamento che, non a caso, svolgeva un ruolo simbolico di primo piano anche nel rito nuziale antico. E già nel mondo antico, la scarpa era protagonista di favole come quella di Rodopi, diretta antenata di Cenerentola, raccontata per la prima volta da Erodoto e poi da Strabone. Fin da allora, inoltre le calzature sono protagoniste di modi di dire. Cicerone, in una delle sue Filippiche, usa l’espressione “mutavit calceos” per dichiarare il mutamento del rango sociale di un personaggio, divenuto senatore, dal momento che i calcei dei senatori differivano da quelli dei patrizi.

IMMAGINE DI APERTURARilievo frammentario di Septimia Stratonice II sec. d.C. marmo – Parco Archeologico di Ostia antica, Ostia