Collezioni: Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico a Milano

“I Tesori della Ca’ Granda” è uno spazio museale in cui sono esposti i più grandi capolavori pittorici provenienti dalla Quadreria dei Benefattori.
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Un grande ospedale all’avanguardia nella cura e nella ricerca biomedica, ma anche una storia millenaria, strettamente radicata nella cultura e nella società milanese. Una straordinaria varietà e ricchezza di beni culturali: l’archivio storico, le raccolte d’arte, le collezioni bibliografiche, gli strumenti e preparati scientifici, che aprono infinite prospettive sulla civiltà di Milano e della Lombardia lungo i secoli. La posa della prima pietra della Ca’ Granda avviene il 12 aprile 1456. A volere l’ospedale è Francesco Sforza, signore di Milano.

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IMMAGINE DI APERTURA – La Ca’ Granda, all’epoca sede dell’Ospedale Maggiore di Milano: tre finestre scolpite a rilievo (Wikipedia)

Experiences cambia la sua programmazione

La realtà è sempre poliedrica. Sta a noi scegliere quale faccia guardare, senza dimenticare le altre.

Il ministero dei Beni culturali e del Turismo ha comunicato che in ottemperanza delle nuove misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica COVID-19, in tutta Italia rimarranno chiusi al pubblico, fino al 3 aprile 2020, musei, parchi archeologici, archivi, biblioteche, cinema e teatri. Pertanto, riteniamo utile dedicare le nostre pagine alla lettura e ai tour virtuali dei più importanti musei italiani. Per cominciare, visiteremo alcuni luoghi dell’esperienza culturale di Milano, quale omaggio all’arte e alla storia della Lombardia, la più colpita delle regioni italiane. In alternativa ci immergeremo nella grande letteratura internazionale, che le biblioteche online permettono di conoscere. NOI STIAMO IN CASA. E vi accogliamo sul web.

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Daniel Nebreda da Pixabay 

Nel servizio televisivo di Campi Flegrei, Paolo Pantani commenta Vittorio Feltri

il quotidiano diretto da Vittorio Feltri e Pietro Senaldi, sulla prima pagina del 4 marzo, riportava il titolo “Virus alla conquista del Sud”, l’occhiello “L’infezione crea l’unità d’Italia”. Titoli ad effetto di questo genere sono una specialità di Feltri, servono ad attrarre l’attenzione dei suoi lettori che ne condividono le posizioni e a irritare la maggior parte di non lettori che non acquisteranno mai il suo quotidiano, ma che immancabilmente faranno cassa di risonanza. Questo permette al direttore di portare a casa qualche copia in più, nella convinzione di fare informazione corretta. Sta di fatto che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha espresso  “distanza e dissenso per una reiterata scelta redazionale su temi di grande rilevanza sociale”. Paolo Pantani, coordinatore per la Campania della Macroregione Mediterranea, nell’intervista alla televisione Campi Flegrei, ha fornito risposte su questa “asimmetria informativa”, rispedendo senza acredine al mittente le sue discutibili opinioni, tutt’altro che fraterne.

IMMAGINE DI APERTURA Il Dott. Paolo Pantani nel corso dell’intervista.

Alessandro Barbero – La spagnola, grande epidemia del 1918

L’influenza spagnola, altrimenti conosciuta come la grande influenza o epidemia spagnola, fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, la prima delle due pandemie che coinvolgono il virus dell’influenza H1N1. Essa arrivò ad infettare circa 500 milioni di persone in tutto il mondo, inclusi alcuni abitanti di remote isole dell’Oceano Pacifico e del Mar Glaciale Artico, provocando il decesso di 50-100 milioni su una popolazione mondiale di circa 2 miliardi. La letalità le valse la definizione di più grave forma di pandemia della storia dell’umanità: ha infatti causato più vittime della terribile peste nera del XIV secolo.

IMMAGINE DI APERTURA – Infermiera che indossa una maschera come protezione contro l’influenza. 13 settembre 1918. “Sta riempiendo una brocca da un idrante antincendio con un rubinetto attaccato”.

Jacques-Joseph Tissot: artista fondamentale dell’ambiguità moderna

Le mogli degli artisti, Chrysler Museum of Art  Il dipinto raffigura una scena al ristorante in cui artisti e le loro mogli si sono riuniti, celebrando “Le vernissage” alla vigilia dell’apertura ufficiale del Salon. Per tradizione gli artisti partecipanti si riunivano per vedere privatamente la mostra e applicare una mano finale di vernice protettiva sui dipinti esposti.

Tissot nacque a Nantes il 15 ottobre 1836 e studiò alla Scuola delle Belle Arti di Parigi, dove ebbe tra i suoi maestri Jean-Auguste-Dominique Ingres; si esibì per la prima volta al Salon nel 1859, quando aveva solo ventitré anni. In questo periodo divenne celebre rappresentando ambienti e personaggi della Parigi mondana del tempo, riuscendo in particolare a rappresentare magnificamente sulla tela il fascino femminile. Il suo stile si avvicina a quello di Henri Fantin-Latour, ma sono rintracciabili anche tracce che rimandano a Édouard Manet, a Edgar Degas e a James Abbott McNeill Whistler.

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James Tissot

IMMAGINE DI APERTURA – James Tissot – Una tempesta che passa (Fonte Wikipedia)

Ennio Peres – Che cosa sono gli algoritmi

Gli algoritmi hanno origini antiche e non sono altro che procedimenti studiati per risolvere un determinato problema, ma non basta questa sintetica definizione per comprendere l’importanza e l’impatto che hanno nell’era di Internet. Ennio Peres, tra i più autorevoli divulgatori matematici in Italia, ci spiega, ci racconta in modo semplice e chiaro i tanti aspetti pratici – e ludici – di questo affascinante argomento in un saggio divertente e ricco di esempi e curiosità.

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di ElisaRiva da Pixabay 

Milano: Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience®

Milano, Palazzo Reale
5 marzo 2020 – 14 giugno 2020Viaggio oltre le tenebre – Tutankhamon RealExperience®
A cura di Sandro Vannini
Comitato Scientifico: Miroslav Barta, Zahi Hawass, Christian E. Loeben, Liam McNamara e Gabriele Pieke
Catalogo della collezione archeologica: Francesco Tiradritti
Sito web

RealExperience ©Laboratoriorosso

Il primo maggio del 1821, nell’Egyptian Hall a Londra, Giovanni Belzoni, dopo anni di esplorazioni in Egitto, inaugurava un’esposizione ibrida, basata sui reperti ritrovati durante le sue campagne di scavo ma anche su ricostruzioni dei monumenti da lui scoperti, con riproduzioni dei rilievi dipinti della tomba di Seti I nella Valle dei Re. Il successo fu straordinario: la mostra fu la prima di una lunghissima serie di rassegne che hanno diffuso la conoscenza dell’Antico Egitto in tutto il mondo. Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience®, in programma a Palazzo Reale dal 5 marzo al 14 giugno 2020, riprende lo spirito della mostra di Belzoni adattandolo alle esigenze del mondo contemporaneo, sempre più immerso nella cosiddetta realtà virtuale, integrando importanti reperti provenienti da varie collezioni pubbliche e private con un percorso multimediale e immersivo.

Promossa da Comune di Milano|Cultura, Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e Laboratoriorosso, la mostra Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® e un’esperienza coinvolgente e, in parte, immersiva, per raccontare il viaggio “oltre le tenebre” del più famoso dei faraoni e illustrare la concezione dell’aldilà degli antichi egizi, con una selezione di preziosi oggetti originali tra i quali la statua del dio Amon, con i tratti somatici del giovane Tutankhamon. Accanto a reperti significativi sono allestite grandi proiezioni immersive accompagnate da musiche originali e da un coinvolgente percorso narrativo fondato su un solido impianto egittologico che si avvale della consulenza di un prestigioso Comitato Scientifico, presieduto da Miroslav Barta e composto da Zahi Hawass, Christian E. Loeben, Liam McNamara e Gabriele Pieke.

Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® affronta il tema del mistero della morte e della vita oltremondana restituendogli la complessità e la pluralità che caratterizzarono la civiltà egizia. Il visitatore si troverà di fronte ad una concezione innovativa di una civiltà di cui si ritiene a torto di conoscere molti aspetti e avrà modo di scoprire quanto il pensiero occidentale le sia debitrice, grazie all’utilizzo di due diversi linguaggi espositivi che raccontano il viaggio oltre le tenebre del faraone e dei suoi sudditi. Dopo un suggestivo video introduttivo, la sezione archeologica, con opere selezionate da Francesco Tiradritti e allestita su progetto di FC Confalonieri descrive le credenze oltremondane degli egizi attraverso gli oggetti ritenuti necessari per la sopravvivenza ultraterrena, concepita come un proseguimento di quella quotidiana. I monumenti e gli oggetti antichi possono essere ammirati per il loro significato storico e artistico, ma anche come testimonianze delle aspettative e dei timori, non troppo dissimili dai nostri, che persone vissute migliaia di anni fa provavano davanti al mistero dell’ignoto.

I reperti che sono esposti provengono soprattutto dalle Collezioni civiche milanesi e dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Per la prima volta e riunito il cosiddetto “Corredo Busca”, che comprende la mummia e il sarcofago, conservati nelle Collezioni civiche, e un interessantissimo papiro lungo 7 metri, databile alla XIX-XX dinastia, recuperato poco prima del 1850 dal marchese Carlo Busca nel corso dei suoi scavi e conservato nell’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano. In mostra sono esposti anche diversi reperti provenienti da collezioni private.

Tra i reperti esposti, e particolarmente importante la splendida statua del dio Amon, con le sembianze del giovane Tutankhamon, concessa in prestito dalla Fondazione Fritz Beherens e dal Museo August Kestner di Hannover. Mirabili sono inoltre le due teste di figurine funerarie attribuibili alla controversa figura del sovrano Akhenaton (1350 -1333 A.C.), padre di Tutankhamon e a cui si deve una riforma religiosa da molti considerata la prima forma di credo monoteista della storia. Sara visibile inoltre, un raro frammento di rilievo proveniente dalla mastaba di Seshemnefer (VI) Heba (VI Dinastia, regno di Djedkara Isesi; 2388 – 2356 a.C.), a Saqqara. La brillantezza dei colori conservatisi ancora oggi restituisce appieno la magnificenza e il fascino dell’arte austera e delicata del periodo.

Dopo l’esposizione dei reperti antichi, illustrati in un agile catalogo edito da Laboratoriorosso e curato da Francesco Tiradritti, la mostra diventa interamente multimediale, articolata in due diversi ambienti: nel primo, grazie alle straordinarie immagini giunte fino a noi, il visitatore può ripercorrere i tratti distintivi della civiltà che si e affermata per millenni sulle rive del Nilo, partendo da Tebe per poi addentrarsi nella Valle dei Re. E quindi guidato da Howard Carter alla scoperta della tomba di Tutankhamon e del suo straordinario corredo funerario. In un secondo ambiente immersivo sarà lo stesso Tutankhamon a guidare il visitatore nel viaggio attraverso la notte, per conquistare d’immortalità.

L’esperienza multisensoriale e costruita con immagini e animazioni che provengono anche da tombe e oggetti di altre epoche della storia egizia. Il percorso assume di conseguenza un valore assoluto nell’universo dell’Egitto faraonico, rappresentando il viaggio di tutti i predecessori e i successori di Tutankhamon. Il perpetuo attraversamento delle regioni oscure era sentito come un obbligo per il sovrano che sacrificava la propria resurrezione per salire sulla barca solare in modo da consentire all’alba di ripetersi perpetuo giorno dopo giorno. Le dodici ore della notte erano irte di pericoli che potevano essere superati soltanto con l’incarnazione del dio sole Ra con il sovrano dei morti Osiride.

Allo stesso tema sviluppato nella parte multimediale della mostra e dedicato uno straordinario volume illustrato, edito da Taschen a cura di Sandro Vannini con la collaborazione di Mohamed Megahed. Per iniziativa del Comune di Milano|Cultura, Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® e collegata alla importante mostra allestita nel Civico Museo Archeologico di Milano dall’11 marzo al 20 dicembre 2020, dal titolo Sotto il cielo di Nut. Egitto divino, che intende illustrare il significato delle immagini divine e la relazione tra l’uomo e il divino, nella vita quotidiana e nell’Aldilà dell’antica civiltà nilotica.

IMMAGINE DI APERTURA – Il cosidetto “Hannover Amun”, Nuovo Regno fine della 18 dinastia (ca 1325 a C). Particolare. Fritz Behrens Stiftung, on permanent loan at Museum August Kestner, Hannover

Jacopo Passavanti – Il carbonaio di Niversa

Leggesi scritto da Elinando, che nel contado di Niversa fu uno povero uomo il quale era buono, e temeva Iddio; ed era carbonaio, e di quell’arte si viveva. E avendo egli accesa la fossa de’ carboni, una volta, istando la notte in una sua capannetta a guardia dell’accesa fossa, sentì in su l’ora della mezzanotte, grandi strida. Uscì fuori per vedere che fusse, e vide venire in verso la fossa correndo e stridendo una femmina iscapigliata e ignuda; e dietro le veniva uno cavaliere in su uno cavallo nero, correndo, con uno coltello ignudo [sguainato] in mano; e della bocca, e degli occhi, e del naso del cavaliere e del cavallo usciva una fiamma di fuoco ardente. Giugnendo la femmina alla fossa che ardeva, non passò più oltre, e nella fossa non ardiva di gittarsi, ma correndo intorno alla fossa fu sopraggiunta dal cavaliere, che dietro le correva: la quale traendo guai [gemendo], presa per li svolazzanti capelli, crudelmente ferì per lo mezzo del petto col coltello che tenea in mano. E, cadendo in terra, con molto spargimento di sangue, sì la riprese per li insanguinati capelli, e gittolla nella fossa de’ carboni ardenti: dove, lasciandola stare per alcuno spazio di tempo, tutta focosa [infuocata] e arsa la ritolse; e ponendolasi davanti in su il collo del cavallo, correndo se ne andò per la via onde era venuto. E così la seconda e la terza notte vide il carbonaio simile visione. Onde, essendo egli dimestico del conte di Niversa, tra per l’arte sua de’ carboni e per la bontà sua la quale il conte, che era uomo d’anima, gradiva, venne al conte, e diss’egli la visione che tre notti avea veduta. Venne il conte col carbonaio al luogo della fossa. E vegghiando [vegliando] il conte e il carbonaio insieme nella cappannetta, nell’ora usata venne la femmina stridendo, e il cavaliere dietro, e feciono tutto ciò che il carbonaio aveva veduto. Il conte, avvegna ché [sebbene] per l’orribile fatto che aveva veduto fosse molto spaventato prese ardire. E partendosi il cavaliere ispietato con la donna arsa, attraversata [posta di traverso] in su ‘l nero cavallo, gridò iscongiurandolo che dovesse ristare, e isporre la mostrata visione. Volse il cavaliere il cavallo e fortemente piangendo rispuose e disse: Da poi, conte, che tu vuoi sapere i nostri martiri i quali Dio t’ha voluto mostrare, sappi ch’io fui Giuffredi tuo cavaliere, e in tua corte nutrito. Questa femmina contro alla quale io sono tanto crudele e fiero [feroce], è dama Beatrice, moglie che fu del tuo caro cavaliere Berlinghieri. Noi, prendendo piacere di disonesto amore l’uno dell’altro, ci conducemmo a consentimento di peccato; il quale a tanto condusse lei che, per potere più liberamente fare il male, uccise il suo marito. E perseverammo nel peccato insino alla infermitade della morte; ma nella infermitade della morte, in prima ella e poi io tornammo a penitenzia; e, confessando il nostro peccato, ricevemmo misericordia da Dio, il quale mutò la pena eterna dello inferno in pena temporale di purgatorio. Onde sappi che non siamo dannati, ma facciamo in cotale guisa come hai veduto, nostro purgatorio, e averanno fine, quando che sia, i nostri gravi tormenti. E domandando il conte che gli desse ad intendere le loro pene più specificamente, rispuose con lacrime e con sospiri, e disse: Imperò che [poiché] questa donna per amore di me uccise il marito suo, le è data questa penitenzia, che, ogni notte tanto quanto ha istanziato [stabilito] la divina iustizia, patisca per le mie mani duolo di penosa morte di coltello, e imperò ch’ella ebbe in verso di me ardente amore di carnale concupiscienza, per le mie mani ogni notte, è gittata ad ardere nel fuoco, come nella visione vi fu mostrato. E come già ci vedemmo con grande disio e con piacere di grande diletto, così ora ci veggiamo con grande odio, e ci perseguitamo con grande sdegno. E come l’uno fu cagione all’altro d’accendimento di disonesto amore, così l’uno è cagione all’altro di crudele tormento: ché ogni pena ch’io fo patire a lei, sostengo io, ché il coltello di che io la ferisco, tutto è fuoco che non si spegne; e, gittandola nel fuoco, e traendonela e portandola, tutto ardo io di quello medesimo fuoco che arde ella. Il cavallo è uno dimonio al quale noi siamo dati, che ci ha a tormentare. Molte altre sono le nostre pene. Pregate Iddio per noi, e fate limosine e dite messe, accio che Dio alleggeri i nostri martirii. E, detto questo, sparirono come fussono una saetta.

J. Passavanti, Lo specchio di vera penitenza, Libreria Ed. Fiorentina, Firenze 1925, pp. 20-21, 56-59.

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Alexas_Fotos da Pixabay 

Collezioni: Castello Odescalchi – Bracciano, Italia

Le mura del castello
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Con oltre Cinquecento anni di storia, il castello domina il suggestivo borgo di Bracciano e il suo magnifico lago. Bracciano, sulla via Clodia all’interno dello Stato della Chiesa, era il primo di una sequenza di possedimenti che dalla costa tirrenica si diramavano su quasi ogni strada consolare fino alla via Valeria, dentro al Regno di Napoli. Era il territorio degli Orsini di Bracciano, una delle più potenti famiglie baronali composta da condottieri, capitani, proprietari terrieri e cardinali. Le loro origini reclamavano discendenza da un certo Ursus che fu allattato in tempi remoti da un’orsa come la lupa aveva allattato i fondatori di Roma. Gli Orsini avevano molteplici ramificazioni (Orsini di Monterotondo, Pitigliano, San Gemini, Nola, Gravina etc.). Il casato di Bracciano ebbe la fortuna di ricevere una serie di eredità congiunte che permisero ai fratelli Napoleone, Roberto, Giovanni e Latino di diventare i protagonisti della storia della seconda metà del Quattrocento.

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Castello Odescalchi di Bracciano

IMMAGINE DI APERTURA – Castel Orsini-Odescalchi (Bracciano) (Wikipedia)

Tzvetan Todorov – L’arte nella tempesta

La Russia dei primi anni del Novecento rappresenta una delle poche, meravigliose congiunture della storia in cui un numero stupefacente di grandi artisti si trova a convivere e a farsi intensa, febbrile comunità. Nelle parole di uno dei protagonisti di quegli anni, il poeta Vladislav Chodasevič, «tutte le strade erano aperte, con un solo obbligo: andare quanto più possibile veloce e lontano». Sono gli anni di Bulgakov e di Majakovskij, di Pasternak e Mandel’štam, di Šostakovič, Ėjzenštejn e di tanti altri, donne e uomini che la sorte gettò nella tempesta della Rivoluzione e del nascente regime sovietico. 

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IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay