Coronavirus Fase 2: il Decreto che sembra scontentare tutti

di Paolo Ferrara

Il Decreto che in molti aspettavano come una “liberazione”, ha in effetti deluso TUTTI. Lo stesso Giuseppe Conte con il suo discorso televisivo lungo e confuso di domenica sera non ha aiutato a migliorare la situazione, non riuscendo neanche a far capire su quali criteri logico-scientifici fossero basate le scelte che disordinatamente andava raccontando, anche se, proprio per elaborare quelle decisioni, si era avvalso di un “Comitato Scientifico di Esperti” di ben 240 membri!

Paolo Ferrara

In effetti i criteri scientifici in base ai quali il Comitato Tecnico-Scientifico ha suggerito le scelte operative, sono essenzialmente 3:

  1. Il Fattore R0 che indica la capacità infettante del virus sia in base alle sue intrinseche doti di invasività, che in base al numero di persone con cui esso viene in contatto. È ovvio quindi che, in corso di una pandemia, più persone vengono contemporaneamente in contatto tra loro, maggiore sarà il rischio di contagio, con conseguente crescita del Fattore R0. Infatti per i tecnici, l’attuale R0 italiano medio di 0.5, con le sole aperture dei cantieri edili e della fabbriche stabilite per il 4 maggio, potrebbe già aumentare a 0.63. Per questo, per poter mantenere l’R0 il più basso e stabile possibile, le riaperture dovrebbero essere graduali, differenziate per aree, e progressive, e, nel caso si dovessero ripresentare delle nuove impennate dell’R0, oltre il “limite soglia” di 1, immediatamente si dovrebbe ritornare a dei lockdown selettivi. Basti pensare che in Germania che ha allentato il lockdown un po’ prima di noi, l’R0 è già passato da 0.7 a 1.0!
  2. Il criterio analogicico in base al quale si può programmare la riapertura di attività anche molto differenti tra loro, ma che, per analogia, hanno in comune il parametro dell’entità dell’assembramento di persone che possono determinare. Per questa ragione possiamo trovare accomunate in un identico destino attività che non hanno alcun significato o funzione in comune tranne che il fatto di poter “mobilizzare” simili quantità di persone, come per es. i cinematografi e le chiese!
  3. Il grado di necessità di riapertura, che viene applicato ad aziende che sono parte integrata di particolari filiere produttive, di interesse collettivo.

Conte per rendere comprensibile l’apparente totale incomprensibilità di alcune scelte, avrebbe dovuto semplicemente spiegare questi tre punti.  Lui però ha preferito la strada di un discorso nebuloso, pieno di retorica e ripetizioni, con l’effetto finale di aggiungere ansia all’ansia e lasciare una miriade di scontenti.

Sono scontente le famiglie dove frequentemente entrambi i coniugi da lunedì 4 maggio dovranno riprendere il lavoro non sapendo a chi affidare i figli che, visto che non possono più affidarli ai nonni, rischieranno di rimanere soli a casa! Questo è forse il problema sociale di maggior impatto pratico che si sarebbe potuto facilmente “tamponare” con dei turni di lavoro sfalsati tra i due genitori, o, nell’impossibilità di realizzare ciò, con il congedo parenterale per uno dei due.

 Sono scontenti tutti gli operatori delle filiere della ristorazione che non apriranno ancora per parecchio tempo con il concreto rischio di non poter riaprire più, anche quelli che avevano già riorganizzato i loro locali per permettere un corretto distanziamento tra gli avventori. Sono scontenti tutti gli Operatori del Commercio che avrebbero voluto riprendere le loro attività, specie quelli che, con esercizi di dimensioni più grandi, erano riusciti a creare dei percorsi per i loro clienti confacenti con le regole del distanziamento. Ma sarebbe stato corretto fare aprire soltanto gli esercizi più grandi, condannando alla chiusura definitiva quelli più piccoli? E se invece si fosse fatta una apertura totale ed indifferenziata, come da qualcuno invocato in base ad un criterio di “giustizia sociale”, ma questa poi avesse condizionato una forte ripresa della circolazione virale, quale ulteriore rimedio si sarebbe dovuto prendere?

Sono scontenti i Vescovi della CEI che, nonostante Papa Francesco nel corso della Messa mattutina a S. Marta  avesse detto “ Prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni ” hanno invece scelto, forse “contagiati” non dal virus ma dallo stile e dai modi dell’attuale mondo politico italiano, la strada dell’urlo e dello sbattimento dei pugni sul tavolo, arrivando addirittura  a minacciare l’annullamento del Concordato qualora le Chiese non fossero state subito riaperte al culto, accusando il Governo italiano di “impedire la libertà di Culto” e di entrare arbitrariamente in questioni non pertinenti alla sua giurisdizione, quasi che le Chiese avessero lo status di luoghi extra-territoriali! Probabilmente questa differenza tra le parole del Pontefice e quelle dei Vescovi dipende dal fatto che il Papa ha un ruolo mondiale, mentre la Conferenza Episcopale Italiana ha un ruolo nazionale, ma purtroppo, in questo modo, i Vescovi italiani, difronte all’immane tragedia di quasi 30000 morti in due mesi, hanno perso una occasione d’oro di dimostrare con un atteggiamento più equilibrato e rassicurante come le vie dello Spirito possono avere una loro forza autonoma immensamente più grande di quelle del piccolo potere delle caste e della politica spicciola! Purtroppo sembra che i Vescovi italiani, abbiano momentaneamente “dismesso” la loro vocazione di Pastori e di Educatori per prendere anche loro le vesti di “guerrieri”, in questa confusa guerra del tutti contro tutti, acuendo in tal modo le ansie e le sofferenze delle persone.

Sta così rapidamente montando nel nostro Paese un clima molto negativo, caratterizzato da polemiche tra il Nord e il Sud, continui scontri di basso sciacallaggio politico tra i partiti di maggioranza e quelli di opposizione, ma anche lotte e divisioni all’interno delle stesse forze di maggioranza e di opposizione, lì dove la condizione di emergenza esigerebbe invece una profonda unità nazionale.

La sensazione complessiva è di sconcerto. L’ansia e l’angoscia della popolazione, estremamente provata da due mesi di lockdown, ora, di fronte allo spettro di anche un collasso economico senza precedenti pur senza aver ancora debellato la pandemia, si sta trasformando in una rabbia sorda, in uno scontento generalizzato. Nella fase dell’emergenza sia il Governo che le Regioni hanno già fatto molti, gravi errori, ma ora, passando alla fase della programmazione di come dovremo per lungo tempo convivere con il virus pur cercando di riattivare almeno una parte delle nostre attività produttive, bisogna sicuramente cambiare metodi e strategie. Servono sia chiarezza sulle norme e sui comportamenti che dobbiamo seguire, che un monitoraggio continuo della mappa dei contagi, pronti a rapide chiusure selettive in caso di risalite dell’R0. Serve quindi una leadership politica con una maggiore capacità di autonomia propositiva e di sintesi, nell’ambito di una ritrovata coesione parlamentare, ma, sulla base delle “inedite” esternazioni degli ultimi giorni, serve anche una leadership spirituale che, forse un po’ meno concentrata sulla sola enfatizzazione della frequentazione liturgica, riprenda con forza la sua vocazione pastorale focalizzandola sulle fragilità, che purtroppo mostrano un costante e continuo aumento.

IMMAGINE DI APERTURA: Foto di Omni Matryx da Pixabay

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Piazza San Marco, museo archeologico nazionale

Il Museo Archeologico Nazionale di Venezia è un museo statale che espone sculture di arte classica greca e romana, bronzi, ceramiche, gemme e monete, e una piccola collezione di antichità egizie e assiro-babilonesi.

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