Tax Free per le imprese che nel Mezzogiorno investono su turismo e beni culturali?

di Sergio Bertolami
Intervento al Videoconvegno “Mediterraneo chiama Europa”

Le persone più colte e raziocinanti vedono nel retaggio culturale una certezza duratura. Questo è ancora una volta confermato, perché, dopo la pandemia, la ripartenza dell’Italia trova l’intero patrimonio architettonico, storico e artistico, completamente intatto. Occorre tuttavia ripensare la giusta strategia per il suo rilancio.
Volendo considerare, come esempio, le riaperture dei musei e delle aree archeologiche, ci accorgiamo che una particolare attenzione è rivolta alle grandi città d’arte come Roma, Firenze, Venezia, Milano. A questo proposito vale ricordare il “Piano strategico di sviluppo del turismo (2017-2022)” che evidenzia come il 60% dei flussi turistici, negli ultimi anni, si è concentrato solo in 4 regioni: Lazio, Toscana, Veneto e Lombardia. La situazione alla riapertura rispecchia, a ben guardare, le tendenze.
È vero: chi sogna la fine del turismo di massa alla fine potrebbe averla vinta. Non per gli effetti di una programmazione migliore, ma solo perché in un contesto di depressione economica e di privazioni le vacanze saranno molto più costose ed elitarie. Si farà dunque evidente la spaccatura tra chi potrà prenotare un viaggio e chi cederà, suo malgrado, alla virtualità di una pagina web.
Il turismo rappresenta, comunque, un importante fattore di attrattività. I dati statistici citati evidenziano pure che Campania, Puglia e Sicilia esprimono forti potenzialità del patrimonio culturale. Nel nostro territorio meridionale si potrebbe compiere, pertanto, un salto di qualità, qualora si riuscisse a promuovere una crescita anche nella dimensione imprenditoriale. ​
Se reputassimo come delle risorse le tracce del passato disseminate nel territorio, ci convinceremmo che è arrivato il momento di guardare ai settori culturali e ai loro meccanismi di funzionamento in una prospettiva di sviluppo sostenibile: sia nazionale, sia regionale.

Per questo motivo vorrei fare riferimento all’on. Dario Franceschini. Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nell’attuale governo Conte-Due – con un’esperienza maturata all’interno del medesimo ministero, tra il 2014 e il 2018, sia nel Governo Renzi che nel Governo Gentiloni – ha rilasciato domenica scorsa, 31 maggio, un’intervista al Corriere della Sera. Il ministro afferma che, passata l’emergenza, in Italia il turismo tornerà a crescere impetuosamente. In che modo?
Dice testualmente: «Dobbiamo fare scelte strutturali che ci mettano in condizione di governare quella crescita e distribuire la ricchezza su tutto il territorio nazionale. A partire dal Sud, la parte del mondo più ricca di bellezze artistiche e naturali, in cui paradossalmente vanno meno del 20% dei turisti stranieri». È sicuramente un ottimo proposito, che trova sostegno su tre priorità di intervento.

La prima priorità è di ordine urbanistico, attraverso un piano di recupero e rilancio dei borghi disseminati a centinaia lungo la dorsale appenninica. Per la verità, questi borghi sono in gran parte abbandonati al loro destino: vanno ripopolati, riabilitati e messi in sicurezza sismica.

La seconda priorità è di ordine infrastrutturale. È un altro punto dolente da aggiungere al primo. Lo stesso ministro Franceschini ne è cosciente. Difatti, il divario infrastrutturale nel nostro Paese non è solo tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest, ovvero fra costa tirrenica e adriatica della penisola italiana. Il ministro, in modo evidente, non si riferisce all’intera maglia di opere pubbliche – intesa comunemente come capitale fisso sociale – ma soprattutto alla rete ferroviaria e stradale.
Parla infatti della Taranto-Bologna. Sul lato adriatico da Pesaro a Termoli c’è una vecchia linea ferroviaria che danneggia 500 chilometri di costa. Vieta il rapporto diretto delle comunità col mare e impedisce anche un proficuo sviluppo del turismo balneare. Franceschini parla anche dell’alta velocità sul Tirreno, che non può fermarsi a Salerno, ma deve arrivare fino in Sicilia: a Catania e a Palermo. Si richiama, senza farne menzione, al “Corridoio 1 Berlino-Palermo”, il tracciato caduto nel dimenticatoio dei trasporti previsti dall’Unione europea per collegare le capitali alle grandi aree metropolitane e ai grandi centri urbani.
Qui il ministro fa una stridente frenata, difronte alla domanda se questo suo disegno preveda il Ponte. Franceschini risponde: «Beh, i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative». Ancora costi e benefici? Vi ricordate Sergio Cofferati quando disse: «Il Ponte unirebbe due deserti industriali». Il deserto continua ad esistere. Oggettivamente, potremmo però ribattere che il turismo al Sud sarebbe un valido volano di sviluppo e le industrie culturali e creative non da meno.

Veniamo, infine, alla terza priorità di intervento che concerne il Recovery Fund e l’utilizzo di una parte importante degli oltre 170 miliardi per l’Italia da parte UE, la quale secondo il ministro dovrebbe essere investita per sostenere le imprese del settore turistico e culturale.

A dare sostanza a quelli che si potrebbero credere “i sogni di Franceschini”, viene il senatore Matteo Renzi, che rilancia l’idea del Ponte sul quale sino ad ora s’è fatta sempre terra bruciata. Ma non solo, perché il leader di Italia Viva riporta in luce la proposta della fiscalità speciale, uno strumento che altri non hanno mai saputo adoperare. «Serve una battaglia europea – assicura Renzi – per fare almeno delle due isole principali, Sicilia e Sardegna, regioni speciali dal punto di vista fiscale, in grado di competere con Malta o con l’Albania, a Sud, ma anche, dentro i confini settentrionali dell’Unione, con Irlanda, Lussemburgo, Olanda». È questo il modo giusto per dimostrare una concreta capacità propulsiva e prefigurare un futuro ambizioso.
Renzi propone l’adozione della fiscalità di vantaggio come strada speciale per richiamare investimenti. Io proporrei non solo in Sicilia e Sardegna, ma in tutto il Mezzogiorno. Turismo e beni culturali sarebbero indubbiamente gli asset giusti per ripagare investimenti. Il dibattito è aperto per elaborare l’idea e riporre ogni scetticismo.

Senza dubbio le prospettive sono incredibilmente irripetibili. Perché irripetibili? «In un tempo normale – afferma Renzi – questa ipotesi non sarebbe stata presa in considerazione, ma adesso tutto è cambiato». Dopo l’emergenza pandemica, sommando le risorse del Recovery Fund, gli effetti moltiplicatori e la nuova programmazione comunitaria 2021-2027, rimane solo da chiedersi se la politica sarà capace di coglierne le opportunità.

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IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Design_Miss_C da Pixabay  

Roma: Piazza di Spagna

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Piazza di Spagna (nel Seicento piazza di Francia), con la scalinata di Trinità dei Monti, è una delle più famose piazze di Roma. Deve il suo nome al palazzo di Spagna, sede dell’ambasciata dello stato iberico presso la Santa Sede. Al centro della piazza vi è la famosa Fontana della Barcaccia, che risale al primo periodo barocco, scolpita da Pietro Bernini e da suo figlio, il più celebre Gian Lorenzo Bernini. All’angolo destro della scalinata vi era la casa del poeta inglese John Keats, che vi visse e morì nel 1821, oggi trasformata in un museo dedicato alla sua memoria e a quella dell’amico Percy Bysshe Shelley, piena di libri e memorabilia del Romanticismo inglese. All’angolo sinistro c’è, invece, la Sala da tè Babington’s fondata nel 1893.

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IMMAGINE DI APERTURA – Rome, summer 2012 (Fonte: Wikipedia)