Dario Villa – Cosa ho imparato oggi? Apprendimenti trasversali

Quella umana è l’unica specie animale che basa la propria esistenza sulla capacità di apprendere a tempo indeterminato. Una costitutiva mancanza di maturità e di specializzazione spinge l’uomo a realizzare, grazie all’apprendimento del corpo e della mente, il continuo sviluppo delle sue possibilità latenti. L’attuale mondo del lavoro sembra dimentico di questi presupposti essenziali, praticando un’idea di apprendimento funzionale, definita e specializzata che sovverte la più autentica essenza umana. Il contenuto di questo libro risponde a un ambizioso esperimento: mostrare quanto apprendere cose nuove ogni giorno sia fondamentale per lavorare con passione, affermando la nostra natura di eterni apprendisti multidisciplinari.

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IMMAGINE DI APERTURA di Evgeni Tcherkasski da Pixabay 

Nicoletta Gini – Il riso di Montaigne tra filosofia burlona e malinconia negli Essais

Il 18 Agosto del 1563, intorno alle 3 del mattino, a fianco dell’amato amico che tirava l’ultimo grande sospiro, Michel de Montaigne fu avvolto dalla tristezza. Gli spiriti vitali e il calore naturale si ritirarono verso il suo cuore, dove si ammassarono come per consolarlo o, piuttosto, per fuggire l’occasione dell’angoscia. Il viso si fece pallido, il naso sembrò allungarsi, le labbra si abbassarono e si gonfiarono d’aria per la mancanza di materia in quei muscoli deputati a mantenerle al loro posto. Gli occhi persero la loro gaia vivacità, arrestati da una grande pesantezza che scacciò via ciò che li rendeva lucenti. Il corpo dimorava smagrito e atrofizzato, incapace di produrre nuovi spiriti vitali, pronto ad attendere esso stesso la morte che, infatti, dicono i medici, spesso segue la tristezza. Cominciò così la solitudine di Montaigne.
È forse di qualche utilità prendere in considerazione la prospettiva che Montaigne stesso assume nel giustificare la scrittura degli Essais: essa colloca l’azione creatrice in un mutevole assetto corporeo e la pone conseguente a uno stato che lo sconvolge in modo organico. Egli, infatti, fa risalire l’inizio della sua attività letteraria all’invasione dell’umore melanconico causata dalla solitudine.

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IMMAGINE DI APERTURA – Montaigne   

Arsenio Lupin – Victor della squadra mondana da Maurice Leblanc

In questo episodio, la polizia decide di usare la mano pesante contro Lupin, che di recente sta lanciando una vera ondata di crimini, tra rapine, furti, rapimenti e omicidi; poiché il commissario Guerchard non viene a capo della faccenda, il prefetto fa richiamare in patria un agente molto in gamba, Victor della brigata mondana, che lavora nelle colonie d’Africa; in realtà al suo posto arriverà Lupin travestito, per scoprire chi sta usando il suo nome e commette efferatezze di cui lui non si macchierebbe mai; con l’aiuto del prefetto e seguito di nascosto da Guerchard, Lupin riesce ad avvicinare la contessa Natasha, amante del bandito, e e si infiltra nella banda. Durante un colpo ai danni di un banchiere, Lupin rende innocuo il criminale e lo lascia a Guerchard, che lo arresta, ma porta in salvo Natasha di cui si è innamorato; mentre la donna scopre chi è il vero Lupin, il prefetto riceve durante la conferenza stampa un regalo del falso Victor, ovvero Victor stesso; questi racconta della sostituzione e restituisce alle autorità i certificati del Tesoro rubati da una banca dal falso Lupin, gesto che Lupin motiva sostenendo che lui non deruba mai la repubblica francese. (Fonte Wikipedia)

Le avventura su You Tube

Victor della squadra mondana

Arsenio Lupin

Arsenio Lupin è il geniale ladro inventato dalla penna di Maurice Leblanc nel 1905. In questi giorni il personaggio letterario è tornato alla ribalta su Netflix, nella cui serie è stato riadattato in chiave contemporanea: non più Lupin, ma un suo emulo. Il protagonista odierno è il simpatico attore francese Omar Sy, (lo ricorderete nel film Quasi Amici). La prima parte di cinque episodi, intitolata “Nell’ombra di Arsenio” è disponibile dall’8 gennaio 2021. Noi di Experiences, tuttavia, vi proponiamo l’Arsenio Lupin delle serie trasmesse fra il 1971 e il 1974. L’interprete principale fu Georges Descrières.

IMMAGINE DI APERTURA di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay

L’avventura dell’arte nuova| anni 60-80 – Cioni Carpi|Gianni Melotti

Il 19 gennaio ha riaperto al pubblico la doppia mostra della Fondazione Ragghianti a Lucca, visitabile fino al 19 febbraio.

In ottemperanza al decreto del presidente del Consiglio dei ministri reso pubblico il 15 gennaio dal governo nazionale, la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti annuncia la riapertura della doppia esposizione “L’avventura dell’arte nuova | anni 60-80. Cioni Carpi | Gianni Melotti” da martedì 19 gennaio a venerdì 19 febbraio compresi.

Ingresso mostre

Inaugurate il 2 ottobre scorso e sospese dal 5 novembre a causa dell’emergenza sanitaria, le due mostre, curate da Angela Madesani e da Paolo Emilio Antognoli, in poco più di un mese avevano registrato un notevole afflusso di pubblico e un grandissimo successo di critica, con recensioni positive e segnalazione sulle principali testate cartacee e online nazionali, in televisione e alla radio.

Le esposizioni, dedicate al milanese Cioni Carpi (1923-2011) e al fiorentino Gianni Melotti (1953), due artisti particolarmente poliedrici e inventivi, sono accomunate dal fil rouge della transmedialità, dell’audacia creativa e dell’esplorazione di diverse forme espressive in un periodo di grande fermento dell’Italia, dagli anni Sessanta agli Ottanta.

«Abbiamo fortemente sperato che la situazione sanitaria e le norme vigenti ci consentissero di riaprire la nostra “Avventura dell’arte nuova”, per offrire la possibilità, a quanti ancora non avevano avuto modo di visitare la doppia mostra, di poterlo fare», dichiara il direttore Paolo Bolpagni«Oltre a ciò, vogliamo dare un segnale di presenza concreta e di reazione positiva in un momento così difficile e delicato. Il 2021 dovrà essere, per il nostro Paese, un anno di ripartenza, e per la Fondazione Ragghianti sarà importante anche per l’anniversario del suo quarantennale, essendo nata nel 1981.

Abbiamo deciso di offrire l’ingresso gratuito, oltre a coloro per cui già era previsto, a tutti gli operatori sanitari (medici, infermieri, personale amministrativo e di servizio): dobbiamo loro molta riconoscenza, e questo è un piccolo ma significativo gesto per manifestarla, ringraziandoli per quanto hanno fatto, stanno facendo e faranno per salvaguardare la salute di tutti».

La mostra sarà aperta eccezionalmente anche di lunedì, dato che nei giorni prefestivi e festivi dovrà restare chiusa, come indicato dalle norme contenute nel nuovo DPCM.

Ecco dunque gli orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. Chiusura il sabato e la domenica.

Naturalmente, come prescritto dalle norme, le modalità di accesso saranno contingentate, o comunque tali da evitare assembramenti di persone e da consentire che i visitatori possano rispettare la distanza tra loro di almeno un metro.

Per informazioni: info@fondazioneragghianti.it – tel. 0583 467205 – www.fondazioneragghianti.it
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Complesso monumentale di San Micheletto
Via San Micheletto 3, Lucca

LE DUE ESPOSIZIONI 

CIONI CARPI

La mostra curata da ANGELA MADESANI è dedicata alle sperimentazioni di CIONI CARPI, nome d’arte di Eugenio Carpi de’ Resmini (Milano, 1923-2011), personaggio complesso e ricco di sfaccettature. Figlio di Aldo Carpi, pittore e storico direttore dell’Accademia di Brera, fratello di Fiorenzo, noto musicista, e di Pinin, scrittore e illustratore per l’infanzia.

Dal 1959 al 1980 Carpi realizza numerosi film d’artista, attualmente ospitati da importanti archivi, fra i quali quello del MoMA di New York. Lavora anche molto per il teatro: sua è la prima scenografia costituita da un filmato per L’istruttoria di Peter Weiss al Piccolo di Milano nel 1966. E collabora con alcuni compositori come Paccagnini, Manzoni e Maderna, per i quali, in occasione della messa in scena delle loro opere, realizza filmati e proiezioni. Carpi, unico artista italiano, insieme a Franco Vaccari, a fare parte del gruppo della Narrative Artha inoltre utilizzato per la sua ricerca la fotografia, le installazioni, le proiezioni di luce, il video. Nel 1978 e nel 1980 ha partecipato alla Biennale di Venezia in due mostre curate da Vittorio Fagone, con il quale, nel corso degli anni, aveva sviluppato un rapporto di stima e collaborazione.

La mostra alla Fondazione Ragghianti presenta il percorso artistico di Carpi dal 1960 circa agli anni Ottanta. Sono esposte circa quaranta opere di grandi dimensioni tra dipinti, installazioni, lavori fotografici, filmati, installazioni, disegni, progetti e libri creati dall’artista in unica copia, ma anche documenti e cataloghi sull’opera di questo intelligente protagonista dell’arte della seconda parte del XX secolo.

GIANNI MELOTTI

La seconda mostra, a cura di PAOLO EMILIO ANTOGNOLI, presenta i risultati di una ricerca storica e archivistica, ancora inedita, riguardante l’opera di GIANNI MELOTTI (Firenze, 1953) nel suo primo decennio di attività, dal 1974 al 1984, sia nel suo sviluppo storico-artistico, sia nei rapporti che egli ebbe con alcuni artisti legati da amicizia e collaborazione, quali Lanfranco Baldi, Luciano Bartolini, Giuseppe Chiari, Mario Mariotti e altri artisti come Bill Viola legati alla sua esperienza in art/tapes/22, studio dedito alla produzione di videotapes per artisti di cui Melotti nel 1974 diviene il fotografo. Una consistente collezione di queste fotografie è oggi conservata all’ASAC della Biennale di Venezia.

La mostra vuole documentare lo sviluppo del lavoro di Melotti, conosciuto soprattutto come fotografo, la cui attività come artista è rimasta quasi del tutto inedita.

A Firenze negli anni Settanta art/tapes/22 video tape production, Zona non profit art space, la Galleria Schema, la Galleria Area e la Casa Editrice e Libreria Centro Di sono state centri-chiave per l’arte contemporanea in Italia, da cui sono transitati grandi nomi dell’avanguardia artistica internazionale come Vito Acconci, Chris Burden, Daniel Buren, Urs Lüthi, Joan Jonas, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Nam June Paik, Giulio Paolini, Robert Rauschenberg.

È attorno a questi spazi che si sviluppa un nuovo circuito artistico e culturalecon la nascita di un clima generale favorevole alla sperimentazione, che interessa tutta la regione e non solo: un ambiente incline all’interazione fra le più diverse attività artistiche e culturali: architettura e design radicale, editoria, cinema d’artista, video, musica contemporanea ei nuovi off-media artistici quali il disco, il libro d’artista, il multiplo. E Gianni Melotti ne è stato senz’altro uno dei protagonisti, con un linguaggio concettuale dai risultati originali e trasgressivi.

Alla Fondazione Ragghianti sono esposti circa trenta lavori di Melotti. 

IMMAGINE DI APERTURA – Ingresso alle due mostre

Alfredo Ceraso – Cronologia della Shoah

Il Giorno della Memoriaè una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo Anniversario della Liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto. Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
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IMMAGINE DI APERTURA – L’entrata del campo di concentramento di Auschwitz con la celebre scritta Arbeit macht frei, Il lavoro rende liberi. (Fonte Wikipedia)

Laura Parrivecchio – Il progetto di ri-uso nella città contemporanea

La città contemporanea si presenta oggi come una realtà eterogenea costituita da un insieme di ambienti diversi e discontinui nei quali si esplicitano il passare del tempo e dell’azione umana. Tali ambienti si configurano come vuoti urbani, spazi interstiziali distribuiti in vario modo all’interno di città costituite da centri storici, aree industriali dismesse, complessi residenziali periferici, a cui si aggiungono i tanti edifici e spazi abbandonati. Una realtà urbana in cui i «piani terra con le saracinesche abbassate ed edifici sfitti creano una scenografia che comincia ad essere familiare e quasi passa inosservata, da cui emergono le sagome di scheletri incompiuti, capannoni vuoti, retaggi rurali incastonati nel costruito» (Ferorelli, Cariello, 2014, domusweb).Tali luoghi sono il risultato sia della grande espansione urbana della metà del Novecento, sia dei vuoti lasciati dall’esodo degli insediamenti produttivi nei primi anni ’90che, come scrive Marc Augè, fungono da rovine.

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IMMAGINE DI APERTURA – Rielaborazione grafica della copertina della rivista   

A Parigi l’Esposizione Universale del 1900 – Bilancio di un secolo

di Sergio Bertolami

2 – Le bilan d’un siècle (1801-1900).

All’inizio del Novecento Parigi è la capitale della cultura. Lo è di fatto, non come oggi che le capitali della cultura le inventano a tavolino. La grande Esposizione Universale, aperta il 14 aprile e chiusa il 12 novembre del 1900, ne è la conferma. 58 Paesi partecipanti, oltre 50,8 milioni di visitatori. Il pubblico accede da trentasei porte, di cui la trionfale “Porta Monumentale” è sormontata dalla Parisienne, figura allegorica della Città di Parigi, opera di Paul Moreau-Vauthier. Per agevolare l’affluenza innumerevole, su progetto dell’architetto Marius Toudoire si costruisce la Gare de Lyon e su progetto dell’architetto Victor Laloux la Gare d’Orsay e il lussuoso albergo adiacente. Sono ambedue destinati ad accogliere e ad alloggiare i visitatori di questa Esposizione, la più grandiosa e imponente fino ad allora mai realizzata. Superiore addirittura a quella del 1889, allestita per celebrare il centenario della Rivoluzione francese, la cui icona espositiva costituita dalla Tour Eiffel è divenuta simbolo di Parigi. «La stazione è sfarzosa. Sembra un padiglione delle “Belle Arti”, e il padiglione delle “Belle Arti” somiglia ad una stazione; io propongo a Laloux di fare lo scambio se è ancora in tempo». Scriveva così il pittore Detaille prima dell’inaugurazione della stazione d’Orsay e del lussuoso albergo. Ottantasei anni dopo, l’ironico commento è diventato realtà, perché le due costruzioni sono state inglobate nel maestoso Musée d’Orsay, che espone le opere d’arte della seconda metà del secolo, cioè il periodo compreso fra il 1848 e il 1914. Chi ha percorso le sale di questo emozionante museo, e senza fretta è arrivato alla conclusione, ha potuto soffermarsi su quell’unico ambiente che ancora ripropone il suo stile originario, lasciando inalterate le atmosfere di quel tempo lontano. È la sala da ballo dell’albergo in stile Novecento-rococò, dove pitture e sculture si mescolano con i cromatismi raffinati della decorazione preesistente.

Cosa significa tutto questo? Rivolgo la domanda ai miei lettori attenti. Significa che questa Esposizione universale del 1900 a Parigi rappresenta il momento di snodo, in cui l’insieme delle tensioni espressive – che in ordine sparso vanno dall’arte alla scienza e viceversa – lasciano intendere che il progredire non è mai isolato. Con l’Esposizione Universale era arrivato per i parigini il momento di tracciare il bilancio del secolo che si chiudeva e immaginare quello che si apriva. Per questo motivo Alfred Picard, commissario generale dell’Esposizione, raccoglie in sei volumi Le bilan d’un siècle (1801-1900). Sì, il bilancio di un secolo. «Le esposizioni universali internazionali – scrive – sono delle imprese eminentemente feconde soprattutto laddove il loro inquadramento comprende, come nel 1900, dei musei centenari e più generalmente dei musei retrospettivi. Strumenti ammirabili di educazione e di istruzione pubblica, essi mostrano in un quadro avvincente l’evoluzione ininterrotta del mondo, elevano i cuori, stimolano gli uomini e i popoli, preparano le modalità dell’avvenire, servono potentemente gli interessi commerciali ed industriali». Il primo dei sei volumi (530 pagine, non poche) è dedicato ai progressi dell’arte e della cultura del XIX secolo: Education et enseignement, lettres, sciences, arts. Picard passa in rassegna la letteratura francese e quella estera di 19 Paesi, non solo europei; continua con le scienze, la musica e le arti. Anche in quest’ultimo caso il panorama ha carattere internazionale, come internazionale è l’Esposizione. Alla pittura, incisione, scultura ed architettura, insegnate nel corso del XIX secolo nelle Accademie, Picard aggiunge anche le variegate arti decorative, in Francia come in altre 29 nazioni, dall’Allemagne alla Turquie, in rigoroso ordine alfabetico. Parte dalle decorazioni fisse degli edifici, per poi considerare vetrate, carte da parati, mobili, tappezzerie, tappeti, tessuti d’arredamento, pizzi e ricami, ceramiche, cristalli e cristallerie, argenterie, gioiellerie e bijouterie, bronzi, ghise e ferri battuti artistici, metalli filati. Quante forme ha l’arte, che i libri consueti a portata dell’ampio pubblico trascurano. Picard non le dimentica, come non dimentica gli strumenti principali per stampare ed editare, realizzare carte geografiche, coniare monete e medaglie, fare musica.

Alfred Picard

Fra questi strumenti uno spazio è riservato alla nuova forma d’arte per eccellenza, qual è la fotografia. Inizia dal 1813 con Nicéphore Niepce occupato ad affrontare il problema del fissaggio, per considerare poi, a metà secolo, i processi d’impressione fotomeccanica come la fotolitografia (per citarne solo una) e giungere infine alla cinematografia, conquista relativamente recente, dei Fratelli Lumière. Picard si sofferma sugli sviluppi futuri di riprese fisse ed “animate”, colte in volo dall’aerostato. Aveva cominciato Nadar sorvolando e fotografando Parigi. La proiezione su schermo gigante dei film prodotti dai Fratelli Lumière è tra le maggiori attrazioni dell’Esposizione. Ma non ne mancano altre, al passo con i tempi. Il palazzo delle illusioni, per esempio, con la sua immensa sala arredata in stile eclettico-moresco e resa sfolgorante da migliaia di lampadine, che esaltano la conquista dell’elettricità, uscita oramai dalla fase sperimentale e impiegata per illuminare le strade della Ville Lumière e gli interni dei suoi palazzi. Tra i padiglioni espositivi, su progetto dell’architetto Charles Girault sorgono il Petit Palais, che dedica una retrospettiva di pittura all’arte del XIX secolo, e il Grand Palais realizzato dagli architetti Henri Deglane, Albert Louvet, Albert Thomas e Charles Girault, impegnati ciascuno a un’area definita. In questo grande edificio in muratura, acciaio e vetro, è allestita in particolare una mostra sulla produzione artistica dell’ultimo decennio, con le opere degli impressionisti il cui impegno ha conquistato del tutto il consenso del grande pubblico. Una mostra giudicata, tuttavia, una «manifestazione troncata, rispetto a ciò che si sarebbe sognato, infinitamente più vasto e completo».

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IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Maristella Bellosta, Gianni Vacchelli – 2081 in pillole: distopia o realtà?

2081 in pillole: distopia o realtà? è un agile ebook, pensato come mappa di attraversamento e “mini-guida” per il romanzo 2081: sinossi, temi, personaggi ecc. Quasi un vecchio bigino. Forse perché ciò che ci riguarda da vicino è difficile da vedere e resta come inconscio. Allora su, venite, entrate: siamo nel 2081, in un futuro che sembra parlare di noi, in due spazi paradossali: un aldilà quasi reale e un aldiqua atrocemente virtualizzato. Incontrerete anche Gemma e Jack, due protagonisti sovversivi che non si arrendono alla disfatta della scuola, della società e dell’umano.

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IMMAGINE DI APERTURA di Artie_Navarre da Pixabay  

Masi Ribaudo – Quaderno di Arca dei Suoni

http://www.arcadeisuoni.org

Il progetto “Arca dei Suoni” ha come scopo la valorizzazione delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, dei suoni, delle conoscenze e dei saperi della Sicilia, attraverso il concorso dei cittadini e delle comunità locali. “Arca dei Suoni” inaugura un nuovo sistema di archiviazione e condivisione dei beni culturali ‘intangibili’, promosso dall’Unità Operativa IX Nastroteca/Discoteca, del Servizio di Documentazione presso il Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali e ambientali, con il sostegno del Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana, Servizio Promozione, Unità Operativa XV – Attività di educazione permanente. Al varo di “Arca dei Suoni” hanno preso parte attiva gli insegnanti e gli studenti dei seguenti Istituti scolastici statali:

  • Istituto Tecnico Industriale ‘Vittorio Emanuele III’ di Palermo;
  • Liceo Artistico ‘Eustachio Catalano’ di Palermo;
  • Istituto Tecnico Industriale ‘Leonardo da Vinci’ e Nautico ‘Marino Torre’ di Trapani;
  • Liceo Classico ‘Gian Giacomo Adria’ di Mazara del Vallo (TP).

Questo volume di sintesi raccoglie e rende disponibili al pubblico interessato alla salvaguardia dei beni culturali e dell’identità siciliana i contenuti di gran parte degli interventi di formazione rivolti ai partner della prima edizione del progetto, insieme ad alcune schede operative e indicazioni teoriche e metodologiche per la ricerca sul campo e ai commenti dei partecipanti.

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IMMAGINE DI APERTURA – Copertina del libro

Arsenio Lupin – Il tappo di cristallo da Maurice Leblanc

Arsenio Lupin è il geniale ladro inventato dalla penna di Maurice Leblanc nel 1905. In questi giorni il personaggio letterario è tornato alla ribalta su Netflix, nella cui serie è stato riadattato in chiave contemporanea: non più Lupin, ma un suo emulo. Il protagonista odierno è il simpatico attore francese Omar Sy, (lo ricorderete nel film Quasi Amici). La prima parte di cinque episodi, intitolata “Nell’ombra di Arsenio” è disponibile dall’8 gennaio 2021. Noi di Experiences, tuttavia, vorremmo proporvi l’Arsenio Lupin nelle serie trasmesse fra il 1971 e il 1974. L’interprete principale fu Georges Descrières.

La sigla

Arsenio Lupin – Il tappo di cristallo

Lupin e la sua banda rapinano un ricco imprenditore odiato da molti e temuto da tutti, ma uno dei sottoposti cerca di prendere più di ciò che era stato stabilito da Lupin; il giovane vuole un tappo di cristallo, credendo che contenga informazioni utili per riscattare la sua famiglia da un debito con il riccone; arrestato, viene condannato alla ghigliottina per complicità con il ladro gentiluomo, che decide di intervenire personalmente aiutando la madre vedova ed il fratellino. L’imprenditore era uno spasimante della donna, e non vuole rinunciare a lei, al punto di ricattarla con la vita del figlio in cambio della sua sottomissione; ma Arsenio Lupin scoprirà che il tappo nascondeva informazioni usate a scopo di ricatto contro potenti membri del governo, informazioni che il ricattatore ha trasferito nel suo occhio di vetro; ottenutele, le consegnerà alla madre che se ne servirà per ottenere la grazia per il figlio. (Fonte Wikipedia)

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