Gerrit Rietveld – Sedia rosso e blu, 1918/1923

È una sedia o la scultura di una sedia? Di sicuro è un’opera d’arte. Pur ritrovandola fra le mura domestiche, è uno dei manufatti annoverati nelle arti decorative del Novecento. Evoca il neoplasticismo, cardine principale del movimento De Stijl, nato in Olanda all’inizio del XX secolo. Gerrit Rietveld (1888-1964), l’architetto olandese che ne è l’autore, esprime infatti il pensiero De Stijl attraverso un’applicazione equilibrata del colore e la disposizione degli elementi geometrici. Gli artisti del De Stijl hanno cercato, infatti, nuove forme astratte per esprimere una visione del futuro, preferendo evitare ogni riferimento allo storicismo e al naturalismo. Rietveld, produttore di mobili e architetto, era un amico di Mondrian, i cui dipinti successivi ricordano da vicino le forme di questa sedia. La scheda di Google arts and culture sintetizza bene le qualità dell’opera: «Questo design ha offuscato i confini tra pittura, scultura e architettura. Riducendo la forma a una serie di piani e confini che delineano lo spazio, ma non lo contengono, Rietveld ha cancellato l’isolamento dell’oggetto nello spazio e ha dato movimento alla forma statica. Il suo uso dei colori primari ha negato la forma naturale del materiale e ha oggettivato il tutto. Questo concetto è spesso indicato come neoplasticismo ed era il cardine principale del movimento De Stijl in Olanda all’inizio del XX secolo».

La sedia, considerata da Theo van Doesburg come una «scultura astratta-realistica per gli interni delle nostre case future», è oggi esposta al Museum of Modern Art di New York (MOMA). Rietveld stesso spiegò il suo lavoro: «Lo scopo di questa sedia è quello di semplificare le singole parti, preservare la forma intrinseca nel carattere e negli scopi originari dei materiali utilizzati, quella stessa forma che conduce alla formazione di un’entità armoniosa grazie all’adozione di uno specifico modulo per i vari elementi distinti. La struttura della sedia è tale che si possono collegare fra loro le singole parti senza mutilarle, in modo da evitare che una domini sull’altra coprendola o mettendola in situazione di dipendenza; in questo modo il tutto è libero nello spazio. La forma è nata in virtù del materiale. I criteri aggregativi che ho utilizzato consentono l’utilizzo di listelli di legno. […] La cosiddetta Sedia rossa e blu, dunque, […] serve anche per dimostrare che è possibile realizzare qualcosa di bello che interviene plasticamente sullo spazio con l’utilizzo di semplici e puri elementi prodotti dalle macchine».

Prototipo della sedia Rietveld non verniciata

Non tutti gli storici dell’arte concordano sulla datazione del primo prototipo della sedia. Alcuni lo collocano nel 1917, altri si riferiscono alle indicazioni di Gerard van de Groenekan, ex dipendente della fabbrica Rietveld, fermamente convinto che sia stata realizzata nell’estate del 1918. Al contrario Marijke Kuper, storica dell’arte e specialista di Rietveld, indica il 1919 come la data esatta. Facciamo una seduta (è il caso di dirlo!) spiritica con Rietveld e domandiamolo a lui. Interesserà sapere, invece, che il prototipo non è stato eseguito nei caratteristici colori rosso e blu, ma è stato lasciato nel colore del legno naturale. Inoltre, il prototipo presenta due pannelli laterali in compensato sotto i braccioli, come si può osservare nell’immagine. I colori definitivi, che caratterizzano questa sedia stupenda, cioè il rosso, blu, giallo e nero furono attribuiti nel 1923, poco tempo prima che Rietveld progettasse la Rietveld-Schröder House, abitazione privata di Truus Schröder-Schräder, un’artista visiva olandese amica dell’autore, che ha abitato in questa casa, che dal 2000 è nella lista del patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO.

GUARDA IL PROTOTIPO IN NERO ESPOSTO AL MOMA DI NEW YORK: Gerrit Rietveld. Prototype for Red/Blue Chair. 1917-18