Charles Rennie Mackintosh – Ha combinato una varietà di fonti in uno stile del tutto originale

di Sergio Bertolami

26 – Mackintosh e il Movimento di Glasgow

Charles Rennie Mackintosh è stato a lungo considerato, a torto, un decoratore, un arredatore, un disegnatore di mobili in stile Art Nouveau. Guadagnò popolarità solo nei decenni successivi alla scomparsa. È sufficiente pensare che, fatto l’inventario dei lavori lasciati, volendo porre all’asta i suoi numerosi schizzi, i disegni di architettura e di arredamento, 26 acquerelli e 5 dipinti di fiori, il lotto fu considerato così poco interessante che il banditore stimò il tutto soltanto 88 sterline, 16 scellini e 2 pence. La stessa celebrazione di Mackintosh, come designer e architetto di primo piano, avvenne quando Glasgow, città natale, fu nominata Capitale europea della cultura per l’anno 1990. In virtù di ciò, la costruzione della sua House for an Art Lover nel Bellahouston Park iniziò soltanto nel 1996. Altri lavori da lui progettati non sono mai stati realizzati, per il semplice fatto che non avevano incontrato il gusto della committenza. Una committenza arcigna e tradizionalista. Ma forse la vera ragione è che Mackintosh ha sempre svolto la sua attività senza identificarsi completamente in nessun movimento, e le persone (non solo i critici d’arte) hanno sempre bisogno di collocarti nella “scatola” giusta. Lui, invece, contava che la sola ispirazione personale potesse portarlo alla bellezza. Pertanto, anche a volerlo annoverare fra gli artisti Art Nouveau notiamo immediatamente il suo tratto del tutto originale. La riprova maggiore, a ben pensare, è che questa sua originalità estetica non ha mai lasciato eredi. Neppure fra studenti e professori della sua Glasgow School of Art. Eppure, basta citare il nome di Charles Rennie Mackintosh per pensare proprio a Glasgow, dove in gran parte si trovano le sue architetture.

Charles Rennie Mackintosh nel 1893, in una foto colorata di James Craig Annan

Glasgow, con la Rivoluzione industriale, da piccolo insediamento rurale sulle rive del fiume Clyde, aveva raggiunto l’apice della sua potenza industriale e commerciale, grazie allo sfruttamento delle vicine miniere di carbone e ferro, e allo sviluppo dei prodotti chimici e tessili. Soprattutto grazie al boom della cantieristica impiantata sulle rive del Clyde, sostenuta dall’ingegneria navale che realizzava navi spettacolari. Con questo, nel corso dell’età vittoriana e del periodo edoardiano, Glasgow divenne la sesta metropoli più grande d’Europa e la seconda città dell’Impero britannico. La scuola d’Arte incrementò, perciò, i corsi e gli studenti che istruì trovarono sempre più lavoro nei cantieri navali. Per questo motivo, anche il giovane McIntosh – così si chiamava prima di cambiare cognome in Mackintosh, intorno al 1893 – adottò un piano di studi che preparava più per i mestieri navali e ingegneristici che per i mestieri artistici, anche perché avrebbe voluto fare architettura e la sezione specifica fu istituita dalla scuola solamente a partire dal 1887. All’epoca, da tre anni, Mackintosh aveva già iniziato a prendere lezioni serali, investendo tempo e cure in disegno e pittura. Le prospettive d’impegno nell’arte erano elevate in una città in cui l’esigua aliquota dell’imposta sul reddito e la non tassazione dei profitti industriali incoraggiavano gli investimenti. Lo studente Mackintosh si distinse sin dall’inizio in varie occasioni fino a conseguire il secondo premio della prestigiosissima borsa di studio “Alexander Thompson” del 1890, per un progetto di “Edificio pubblico originale che può ospitare 1000 persone”. Il premio gli permise, l’anno successivo, un lungo viaggio in Italia, transitando per Parigi, Bruxelles, Anversa e Londra. Un viaggio di studio, perché agli scritti teorici degli architetti del suo tempo potesse aggiungere la conoscenza diretta dell’architettura classica, che lui indirizzò alle memorie bizantine, romaniche e gotiche, piuttosto che al Rinascimento italiano. E non poteva essere altrimenti, essendo attratto dalla lezione di Augusto W.N. Pugin e di John Ruskin. Quando a febbraio del 1891, la Glasgow Architectural Association lo invitò a parlare, già dal titolo della sua relazione – Lo stile feudale scozzese in architettura (The Scottish Feudal Style in Architecture) – si poteva capire quali sarebbero stati i presupposti del suo lavoro futuro. Avrebbe voluto recuperare le virtù della tradizione feudale scozzese, purgandole da contaminazioni neoclassiche, per coniugarle con gli insegnamenti del movimento Arts & Crafts. La stessa rosa stilizzata che sempre riproporrà nel corso della sua opera è un simbolo tipicamente medievale, a simboleggiare l’amore come fonte della vita. Un gusto condiviso e dichiarato da molti degli architetti e decoratori “più avanzati” del tempo: «Nel profondo dell’architettura antica – scriveva William Lethaby – troviamo meraviglia, magia e simbolismo; la nostra motivazione moderna è servire l’uomo, creare nuove strutture e sviluppare la scienza concreta».

Non era soltanto il mondo naturale locale ad ispirare Mackintosh, quello che affondava le radici nel panteismo celtico scoperto a scorrere le letture della tradizione, con narrazioni ambientate in foreste di querce per impersonare uomini temprati dalla vita. Era cresciuto avvertendo pure le spinte particolari che giungevano dal lontano Oriente. Ricordava quando la Glasgow Corporation (la municipalità cittadina) aveva organizzato una mostra di arte decorativa giapponese nel 1882, per evidenziare i rapporti economici privilegiati che la città aveva con il Paese del Sol Levante. Non era che un quattordicenne, allora. Sono questi gli anni fecondi della formazione, compiuti, vincendo le resistenze del padre, prima come tirocinante nello studio di John Hutchison, poi come disegnatore nello studio di John Honeyman e John Keppie, appena aperto, di cui diverrà a fatica partner quando la sua fama sarà riconosciuta più fuori che nella sua stessa città. Gli eventi biografici sono sempre il tessuto connettivo di quelli artistici, perché, nello studio Honeyman & Keppie, Mackintosh fece amicizia con James Herbert MacNair e per suo tramite conobbe anche le sorelle Margaret e Frances MacDonald.

Margaret MacDonald, signora Mackintosh

I quattro, meglio conosciuti col termine inglese The Four, tutti studenti d’arte, andarono a costituire una “sezione mista”, per così dire, dei Glasgow Boys e delle Glasgow Girls, gli studenti d’arte i cui lavori migliori distinguevano la scuola nelle gare internazionali. Ecco, dunque, che i nostri Glasgow Four – sembra il nome di un gruppo beatnik anni Sessanta (del ‘900) – balzarono all’attenzione già dalla prima rassegna collettiva a Liegi nel 1895. Il gruppo realizzò diverse mostre a Glasgow e a Londra, ma esporrà via via anche nel continente: manifesti, grafiche, stampe, mobili e oggetti decorativi. Nel giro di qualche anno le creazioni permisero loro di acquisire una reputazione internazionale, con un impatto sorprendente nella definizione dell’Art Nouveau. Il 14 giugno 1899 MacNair sposò Frances Macdonald e il successivo 22 agosto del 1900, Mackintosh si unì in matrimonio con Margaret Macdonald. Eventi che tutti i libri riportano, ma raramente menzionano che Margaret è da considerarsi parte integrante del lavoro creativo di Charles Rennie Mackintosh. Margaret era “geniale”, così la magnificherà l’artista negli ultimi anni della sua vita, mentre a suo dire lui aveva solo talento. Nel 1927, separati per questione di salute, le scriverà da Port Vendres: «Tu sei metà, o anche tre quarti, all’origine della mia opera architettonica».

Margaret era un’eccellente colorista, e questo fa capire meglio quegli eterei ambienti tinti di bianco, scarni di mobili, all’opposto di quelle stanze d’epoca vittoriana, soffocate da sovrabbondanti cortinaggi e imbottiti capitonné. Non sorprende, quindi, se chi trovava sempre da ridire e criticare, insensibile a una nuova visione di modernità, appioppò ai The Four il soprannome di Ecole des Ectoplasmes. I Quattro non avevano affatto intenzione di fare scuola, né come s’è detto la fecero mai. Generarono idee, questo sì. Due fatti positivi vanno evidenziati. Il primo: la partecipazione nell’autunno del 1900 all’Ottava Mostra della Secessione viennese. In verità, dopo i ripetuti riscontri negativi ricevuti in madrepatria, pensavano che all’estero gli sarebbe stato riservato l’ennesimo flop. L’accoglienza al contrario fu entusiasta, soprattutto da parte di Hoffmann, Moser, Olbrich, Klimt. Il secondo fatto positivo fu che l’architetto Hermann Muthesius, nominato dal Kaiser addetto culturale e tecnico dell’ambasciata tedesca a Londra, nel 1904 scrisse un libro di design e storia dell’architettura. Titolo: La casa inglese: sviluppo, condizioni, impianto, struttura, arredamento e interni (Das englische Haus: Entwicklung, Bedingungen, Anlage, Aufbau, Einrichtung und Innenraum). Nel libro non mancò di riservare elogi al Movimento di Glasgow, identificato con Charles Rennie Mackintosh. I Quattro facevano spiccare il design, così come il colore, la forma, l’atmosfera. «Il vero genio alla guida è Rennie Mackintosh; lo affianca il gruppo originario, Herbert McNair e le due ex Miss, Margaret e Francis Macdonald, l’attuale signora Mackintosh e la signora McNair. Tutti parlano lo stesso linguaggio artistico con grande convinzione, tanto che questi stessi, a ben vedere tra loro diversi, dimostrano di poter lavorare insieme alla stessa opera senza che l’unità ne sia minimamente ostacolata». Muthesius faceva altresì riferimento ai legami culturali ed artistici in ambito europeo: «Gli scozzesi, non solo trovarono vivi riconoscimenti nel continente, non appena vi apparvero, ma qui furono il germe da cui nacque un nuovo linguaggio delle forme in divenire, specialmente e durevolmente a Vienna, dove si stabilirono legami indissolubili tra loro e i leader del movimento viennese». Tutto vero. Gustav Klimt fu profondamente influenzato dai Quattro. Per il fregio di Beethoven del 1902 s’ispirò ai pannelli in gesso di Margaret Macdonald-Mackintosh, ammirati due anni prima a Vienna. Alcuni mobili, come il secrétaire e il Rose Boudoir furono all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino nel 1902.

Margaret Macdonald Mackintosh, The May Queen esposto a Vienna nel novembre 1900 nel padiglione della Secessione. 
Charles Rennie Mackintosh, Wassail della sala da pranzo delle signore in Ingram Street, 1900 di Charles Rennie Mackintosh. 

In questi anni non si può però negare che il maggiore successo di Mackintosh sia legato alle architetture realizzate soprattutto a Glasgow. Vinse il concorso per la Glasgow School of Art (1897-1899), elevò la Queen’s Cross (1897-1899) sua unica chiesa, progettò la casa del Bellahouston Park (costruita, l’ho detto, solo tra il 1989 e il 1996), la Scotland Street School (1903-1906). Così come realizzò il suo primo progetto abitativo a Kilmacolm con la Windy Hill (1899-1901) e insieme a sua moglie l’arredò; a seguire la Hill House a Helensburgh (1902-1904). Progetti che lo fecero considerare un architetto d’avanguardia. Edifici privati e pubblici di cui disegnò strutture ed arredi interni: mobili lineari dalle forme essenziali, ispirati al Giapponismo che tanto lo aveva impressionato. Ad esempio, nella nuova scuola d’arte ideò le suppellettili per le aree comuni dell’edificio (coi sedili incassati nei corridoi ad uso degli studenti) e quelli più raffinati e leggeri per le stanze del corpo docente, la sala consiliare, l’ufficio del preside.

Catherine Cranston

Tra il 1903 e il 1904 Mackintosh si dedicò a realizzare la Willow Tearooms, una delle sale da tè di Miss Cranston. Figlia di un commerciante di tè di Glasgow, Catherine Cranston era un’energica imprenditrice e una entusiasta sostenitrice della temperanza. Da anni si batteva contro l’alcolismo, così pensò bene di proporre un’alternativa ai ruvidi pub, con lo scopo di distrarre uomini e donne dall’ubriacarsi incorreggibilmente di birra e whisky (quello buono scozzese). Soprattutto donne, alle quali propose luoghi di ritrovo, delle sale dove ci si potesse incontrare per il tipico rito inglese del tè nei suoi differenti aromi, con latte o panna, accompagnato da caramel e chocolatte cake, o semplicemente sorbire bevande rigorosamente analcoliche, a tutte le ore del giorno, in ambienti eleganti e confortevoli.

La Room de Luxe nella Tearooms com’era nel 1903

Il successo fu immediato, cosicché l’intraprendente signorina s’inventò il concept – diremmo oggi – di un locale mai sperimentato, aggiungendo alla sala da tè, spazi dedicati alle signore, una sala da pranzo, e per i loro mariti una sala da biliardo e una sala fumatori. Riuscì a concretizzare l’idea nel 1895, quando il maggiore Cochrane, divenuto suo marito, le offrì in dono di nozze l’intero edificio al 114 di Argyle Street, occupato fino a quel momento solo parzialmente. Spinta dal successo riscosso, nel medesimo anno, Kate Cranston acquistò altri due nuovi locali, al 205-209 di Ingram Street e al 91-93 di Buchanan Street. Nel 1903 acquisì anche l’intero stabile di Sauchiehall Street, che presto sarebbe diventato famoso col nome di Willow Tearooms. La storia di Kate Cranston corre parallela a quella dell’architetto Mackintosh, al quale fu affidata una serie di incarichi legati ad una crescente considerazione. Iniziò nel 1896, svolgendo il semplice ruolo di decoratore, realizzando i pannelli della sala di Buchanan Street. Nel 1898 la commissione contemplò i mobili della sala di Argyle Street; nel 1900 allestì un’intera sala in Ingram Street, che da allora fu chiamata White Dining Room. Infine, nel 1903 gli venne affidato l’intero progetto dell’innovativa Willow Tearooms in Sauchiehall Street. Oggi è l’esercizio più famoso di Glasgow. La libertà di ideare portò Mackintosh a dare il meglio di sé: fu per Argyle Street che disegnò la celebre sedia con lo schienale alto con il taglio ovale, fu per la Willow Tearooms che ideò la sua sedia con lo schienale a scala e quella ancor più famosa con lo schienale curvo.

Sedia Argyle per l’omonimo locale
Willow Chair per la Willow Tea Room

In questi anni la vita di Mackintosh è un rincorrersi di successi che s’interromperanno nel 1909 quando l’ampliamento della Glasgow School of Art segnerà l’apice della sua carriera architettonica e l’inizio del suo declino. Come recentemente osservava l’artista scozzese Mary Newbery Sturrock, sua concittadina: «Dopo l’apertura della seconda sezione della School of Art, Mackintosh ricevette pochissime commissioni, senza dubbio perché Glasgow aveva uno spirito molto provinciale. Non prendevano sul serio le sale da tè e trovavamo la School of Art alquanto bizzarra». Così mentre la sua reputazione cresceva in Europa, crollavano gli incarichi grazie ai quali effettivamente viveva. Causa principale l’estrosità dei suoi progetti Art Nouveau, ma anche l’insistenza a riproporre l’architettura scozzese, o quelle sue murature spoglie il cui trattamento anticipava le intonacature bianche del Movimento razionalista. Secondo qualche critico d’arte Mackintosh non ebbe il coraggio di lottare: da un lato contro la sempre dominante azione frenante dei committenti e, allo stesso tempo, contro l’avanguardia europea affascinata dalla tecnica. Ma queste sono questioni che interesseranno la vita di Mackintosh negli anni a venire. Perché quando ogni possibilità sembrò svanire i coniugi scoraggiati, lasciarono Glasgow per trascorrere l’estate del 1914 a Walberswick in compagnia di una piccola comunità artistica, prendendo casa in affitto.

Mackintosh, Walberswick, acquerello

Non sfuggirà la data: la dichiarazione di guerra dell’agosto 1914 pose fine a qualsiasi programma di espatrio. A fine estate, anziché rientrare, rimasero a Walberswick, nel Suffolk, cioè sulla costa orientale. La posizione strategica e le norme restrittive portarono a credere che quel curioso personaggio, dall’accento forestiero, che faceva lunghe passeggiate fuori dall’abitato, fosse sospetto. Venne arrestato, per via degli strani messaggi postali scambiati con la Germania e l’Austria-Ungheria, rinvenuti durante la perquisizione della casa. Anche questa è l’ironia di una sorte avversa. Fu rinviato a giudizio, portato in tribunale e accusato di spionaggio. Alla fine, fu scagionato, ma dovette comunque lasciare la costa. Decise di stabilirsi a Londra, dove abitò per otto anni. Ma non lo conosceva nessuno e gli incarichi languivano. Philip Mairet, un disegnatore che collaborò con lui, lo ricorda crudamente: «Non era molto gentile con me, indubbiamente perché era perennemente imbevuto di alcol […] Mi dava l’impressione di un brillante signore decaduto». Quando le ristrettezze finanziarie cominciarono a diventare pressanti la coppia, sempre unita profondamente per ventotto anni, portò i propri sogni controcorrente in Francia, a Port Vendres, un piccolo porto in prossimità del confine spagnolo, dove le spese erano contenute rispetto a Londra. Per loro, il tempo trascorse a studiare i fiori e a dipingere acquerelli: piante, paesaggi e scorci locali. Questa sarà l’attività prevalente del grande architetto per i successivi cinque anni che gli rimarranno da vivere. Anni di idee non realizzate.

Mackintosh, Un porto del sud, acquerello di un angolo di Port-Vendres

Mackintosh Architecture è un sito web, realizzato all’Università di Glasgow, che fornisce un catalogo riccamente illustrato di tutti i progetti architettonici conosciuti di Charles Rennie Mackintosh. Il sito fornisce altresì voci dedicate ai progetti dello studio John Honeyman & Keppie / Honeyman, Keppie & Mackintosh durante gli anni 1889-1913; immagini e dati dei libretti d’ufficio; un catalogo ragionato di oltre 1200 disegni di Mackintosh; saggi analitici e contestuali; biografie di oltre 400 clienti, colleghi, appaltatori e fornitori; sequenza temporale; glossario; e bibliografia.

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay