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Le risorse culturali,  protette, sviluppate e valorizzate, dovranno
essere nei prossimi anni al centro della programmazione economica e sociale.
 
 
Editoriali
di Sergio Bertolami
 

 

 

        Sin dalla sua nascita questa rivista on-line si è distinta per la particolare attenzione posta verso le problematiche che interessano le politiche culturali. Siamo, infatti, fermamente convinti che la cultura possa contribuire alla trasformazione concreta delle direttrici politiche, grazie alle quali gestire le città e i territori che vi gravitano intorno. Siamo persuasi che attraverso il recupero delle proprie radici sia possibile sostanziare una forte identificazione con il luogo d’appartenenza.

Non a caso il Programma Operativo Regionale prevede di connettere in un’unica politica di carattere territoriale gli interventi relativi a beni culturali, beni ambientali, turismo. Ciò nella consapevolezza  che queste risorse, opportunamente protette, sviluppate e valorizzate, potranno essere al centro delle strategie complessive della programmazione economica e sociale.

 Per raggiungere gli obiettivi prefissati occorre tuttavia superare la marginalità in cui molti territori si trovano, pur essendo ricchi di risorse culturali. In altre parole occorrerà illuminare le cappelle buie delle chiese perché i quadri e gli affreschi escano dall'ombra. Restaurare ed aprire al pubblico i palazzi e i giardini della tradizione. Fra i diversi aspetti della storia dell'arte scoprire artisti che molti hanno dimenticato. Fotografare, inventariare, catalogare opere ex novo, secondo criteri rigorosi. Con estrema accuratezza ed approfondimento, restituire a residenti e visitatori, quella che è la risultante di una storia locale reale e per questo distintamente  percepibile. Occorrerà recuperare contesti, operando non soltanto il restauro delle pietre, ma ancor più quello dei significati.

Perché tutto ciò non rimanga nei termini astratti, bisogna impegnarsi a riconsiderare vecchie logiche d’intervento per affrontare i concreti processi di cambiamento. Da più parti, infatti, sulla scorta dell’esperienza (non a caso ci chiamiamo Experiences), si è cominciato ad evidenziare che i veri vantaggi economici delle attività culturali sono “sul territorio”, non soltanto nei musei o nelle aree archeologiche. E’ sul territorio che si possono realizzare le condizioni e l’interesse dei settori produttivi e del commercio, attraverso processi duraturi e di lungo periodo.

E’ intuitivo comprendere che le città italiane stanno vivendo una fase di trasformazione urbana mentre i sistemi territoriali sono assoggettati ad una riprogrammazione delle reti e dei servizi. E’ un fenomeno evidente anche a livello  internazionale, centrato sulla riqualificazione dell’ambiente urbano, dei luoghi e delle attività, e fra queste anche quelle a carattere culturale. 

Solo per fare un esempio tangibile, grazie alla creazione di sistemi d’area e di un’intelligente promozione integrata di arte, ambiente naturale, spettacolo, negli ultimi 12 anni  il turismo culturale ha raggiunto il primo posto nella graduatoria dell’industria turistica nazionale, registrando un aumento del 79%. Tutto questo prendendo in considerazione non soltanto le tradizionali città d’arte, ma anche le città considette “minori”, ricche di giacimenti culturali.

Molti ricorderanno l’espressione “giacimenti culturali”, che caratterizzò un’importante legge. che tendeva a mettere in luce le realtà oggettive e i modelli, parte integrante di un territorio e della sua cultura, luoghi e beni da scoprire e dai quali estrarre memorie collettive, conoscenze  ed emozioni.

Per comprenderci, sono “giacimenti culturali” una molteplicità di “oggetti eterocliti”: frammenti ornamentali, dipinti votivi, pietre miliari, vecchie percorsi oggi in disuso, fortificazioni e torri di avvistamento costiero, piccole presenze archeologiche, tonnare, mulini, palmenti, filande, case coloniche, borghi semi-abbandonati, scorci panoramici, alberi secolari, sorgive, stagni lacustri…

Ogni persona potrebbe mettere insieme un elenco di esperienze, manufatti, luoghi, paesaggi, riguardanti il territorio in cui vive. Tante “tessere” da comporre in un mosaico di forma compiuta. “Tessere” da inserire in un programma di valorizzazione e di promozione del territorio.   

Queste tracce del passato costituiscono il “Museo diffuso”, un sistema coordinato e fruibile delle testimonianze significative della nostra cultura, da mettere in evidenza con la creazione, l’incentivazione e la crescita di PMI.

In effetti sappiamo bene, però, che agli interventi straordinari degli anni ottanta e novanta non ha fatto seguito una germinazione di imprenditoria endogena. Si è prodotta invece un’esigua presenza d’imprese locali, non in grado (proprio perché piccole e sparute) di fare sviluppare adeguatamente il territorio. Non è stata così rimossa la forte disoccupazione che coinvolge soprattutto la componente giovanile, ad alta scolarizzazione, soprattutto femminile. Né la sottoccupazione, l’occupazione precaria, il doppio lavoro, che annullano le potenzialità di rafforzamento professionale della forza lavoro e incentivano diffuse ed irraggiungibili aspirazioni al lavoro garantito, prevalentemente pubblico.

Alla luce di un lungo percorso evolutivo, che si è sviluppato negli anni, è possibile oggi formulare nuove strategie, creare sinergie fra strutture pubbliche e strutture private, consorzi, associazioni, che insieme potranno e dovranno partecipare alla creazione di un adeguato sistema territoriale. Dalla Costituzione del 1948 fino alla recente riforma del titolo V, si è innescato, e progredisce costantemente, un processo circolare tra organismi istituzionali e ramificazioni periferiche, evolvendosi verso una struttura sempre più pluralista dei poteri pubblici e della crescita civile e sociale.

 In particolare con la riforma del titolo V della Costituzione il nuovo testo istituzionale ha operato una diversa ripartizione delle competenze normative tra Stato, Regioni ed Enti locali, in risposta ai principi di sussidiarietà e federalismo e del partenariato, indicati a livello europeo nel Libro Bianco sulla Governance.

 Con la trasformazione nel modo di esercitare i poteri, attraverso un modello meno verticistico e centralizzato, in favore di una maggiore partecipazione delle istituzioni e dei cittadini, è possibile una più adeguata definizione delle politiche locali. Questa  riforma ha suscitato, fin dal suo apparire, apprezzamenti, ma anche forti e molteplici perplessità.

 Nel settore dei Beni culturali e ambientali, la riforma ha ripartito in due aree funzionali l’intera materia, attribuendo la tutela alle competenze legislative esclusive dello Stato, la valorizzazione alle competenze legislative concorrenti di Stato e Regioni.

 Con il Nuovo “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, il cosiddetto Codice Urbani, sono state meglio definite queste nozioni di "tutela" e di "valorizzazione", dando loro un contenuto chiaro e rigoroso. L'attività di tutela e quella di valorizzazione non sono più distinte, ma Stato, Regioni ed Enti Locali dovranno collaborare, sulla base di programmi concordati, per costituire un sistema integrato di valorizzazione.  

Soprattutto in tema di valorizzazione le nuove disposizioni riconoscono alle iniziative private la finalità di solidarietà sociale. Oltre alle istituzioni, anche ai privati è possibile partecipare alla rivalutazione del patrimonio culturale, ricavandone benefici fiscali ed economici. Ma è anche previsto il sostegno pubblico, diretto ad assicurare attività per il recupero e la fruizione pubblica di beni privati, se rivestono il carattere di rilevanza collettiva.  

Questa apertura dello Stato a vantaggio delle istituzioni pubbliche locali e delle iniziative private, come è facile rilevare, se non considerata all’interno di un solido disegno a valenza sociale, comporta il pericolo derivato dalla forte presenza d’interessi particolari, personali.

 E’ per questo che il compito delle comunità locali crediamo debba essere quello di annullare spinte personalistiche, per favorire la collettività.  Bisognerà organizzare processi di emancipazione e di sviluppo economico, elaborando ed attuando progetti alla scoperta e alla conoscenza delle potenzialità disseminate sul territorio.

 Dovendo tutto ciò diventare realtà, è ineluttabile l’adesione e il sostegno dei soggetti istituzionali: i Comuni, le Province e soprattutto la Regione, ma anche la Scuola e l’Università. Questo, a più forte ragione, potrà dunque realizzarsi attraverso l’esercizio di buon governo delle strutture politico-amministrative.

 A tal fine, per quanto concerne le risorse culturali e ambientali, sin da ora occorre costituire una struttura reticolare per programmare un monitoraggio attento, attivando all’interno delle comunità locali stesse gruppi d’iniziativa culturale, disponibili con la propria presenza e con la propria attività capillare, a dare un apporto per la crescita di ciascuna Provincia e di questa nostra Sicilia.

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