Sin dalla sua nascita questa
rivista on-line si è distinta per la particolare attenzione
posta verso le problematiche che interessano le politiche
culturali. Siamo, infatti, fermamente convinti che la cultura
possa contribuire alla trasformazione concreta delle
direttrici politiche, grazie alle quali gestire le città e i
territori che vi gravitano intorno. Siamo persuasi che
attraverso il recupero delle proprie radici sia possibile
sostanziare una forte identificazione con il luogo
d’appartenenza.
Non a caso il Programma Operativo Regionale prevede di
connettere in un’unica politica di carattere territoriale gli
interventi relativi a beni culturali, beni ambientali,
turismo. Ciò nella consapevolezza che queste risorse,
opportunamente protette, sviluppate e valorizzate, potranno
essere al centro delle strategie complessive della
programmazione economica e sociale.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati occorre tuttavia
superare la marginalità in cui molti territori si trovano, pur
essendo ricchi di risorse culturali. In altre parole occorrerà
illuminare le cappelle buie delle chiese perché i quadri e gli
affreschi escano dall'ombra. Restaurare ed aprire al pubblico
i palazzi e i giardini della tradizione. Fra i diversi aspetti
della storia dell'arte scoprire artisti che molti hanno
dimenticato. Fotografare, inventariare, catalogare opere ex
novo, secondo criteri rigorosi. Con estrema accuratezza ed
approfondimento, restituire a residenti e visitatori, quella
che è la risultante di una storia locale reale e per questo
distintamente percepibile. Occorrerà recuperare contesti,
operando non soltanto il restauro delle pietre, ma ancor più
quello dei significati.
Perché tutto ciò non rimanga nei termini astratti, bisogna
impegnarsi a riconsiderare vecchie logiche d’intervento per
affrontare i concreti processi di cambiamento. Da più parti,
infatti, sulla scorta dell’esperienza (non a caso ci chiamiamo
Experiences), si è cominciato ad evidenziare che i veri
vantaggi economici delle attività culturali sono “sul
territorio”, non soltanto nei musei o nelle aree archeologiche.
E’ sul territorio che si possono realizzare le condizioni e
l’interesse dei settori produttivi e del commercio, attraverso
processi duraturi e di lungo periodo.
E’ intuitivo comprendere che le città italiane stanno
vivendo una fase di trasformazione urbana mentre i sistemi
territoriali sono assoggettati ad una riprogrammazione delle
reti e dei servizi. E’ un fenomeno evidente anche a livello
internazionale, centrato sulla riqualificazione dell’ambiente
urbano, dei luoghi e delle attività, e fra queste anche quelle
a carattere culturale.
Solo per fare un esempio tangibile, grazie alla creazione
di sistemi d’area e di un’intelligente promozione integrata di
arte, ambiente naturale, spettacolo, negli ultimi 12 anni il
turismo culturale ha raggiunto il primo posto nella
graduatoria dell’industria turistica nazionale, registrando un
aumento del 79%. Tutto questo prendendo in considerazione non
soltanto le tradizionali città d’arte, ma anche le città
considette “minori”, ricche di giacimenti culturali.
Molti ricorderanno l’espressione “giacimenti culturali”,
che caratterizzò un’importante legge. che tendeva a mettere in
luce le realtà oggettive e i modelli, parte integrante di un
territorio e della sua cultura, luoghi e beni da scoprire e
dai quali estrarre memorie collettive, conoscenze ed
emozioni.
Per comprenderci, sono “giacimenti culturali” una
molteplicità di “oggetti eterocliti”: frammenti ornamentali,
dipinti votivi, pietre miliari, vecchie percorsi oggi in
disuso, fortificazioni e torri di avvistamento costiero,
piccole presenze archeologiche, tonnare, mulini, palmenti,
filande, case coloniche, borghi semi-abbandonati, scorci
panoramici, alberi secolari, sorgive, stagni lacustri…
Ogni persona potrebbe mettere insieme un elenco di
esperienze, manufatti, luoghi, paesaggi, riguardanti il
territorio in cui vive. Tante “tessere” da comporre in un
mosaico di forma compiuta. “Tessere” da inserire in un
programma di valorizzazione e di promozione del territorio.
Queste tracce del passato costituiscono il “Museo diffuso”,
un sistema coordinato e fruibile delle testimonianze
significative della nostra cultura, da mettere in evidenza con
la creazione, l’incentivazione e la crescita di PMI.
In effetti sappiamo bene, però, che agli interventi
straordinari degli anni ottanta e novanta non ha fatto seguito
una germinazione di imprenditoria endogena. Si è prodotta
invece un’esigua presenza d’imprese locali, non in grado (proprio perché piccole e sparute) di fare sviluppare
adeguatamente il territorio. Non è stata così rimossa la forte
disoccupazione che coinvolge soprattutto la componente
giovanile, ad alta scolarizzazione, soprattutto femminile. Né
la sottoccupazione, l’occupazione precaria, il doppio lavoro,
che annullano le potenzialità di rafforzamento professionale
della forza lavoro e incentivano diffuse ed irraggiungibili
aspirazioni al lavoro garantito, prevalentemente pubblico.
Alla luce di un lungo percorso evolutivo, che si è
sviluppato negli anni, è possibile oggi formulare nuove
strategie, creare sinergie fra strutture pubbliche e strutture
private, consorzi, associazioni, che insieme potranno e
dovranno partecipare alla creazione di un adeguato sistema
territoriale. Dalla Costituzione del 1948 fino alla recente
riforma del titolo V, si è innescato, e progredisce
costantemente, un processo circolare tra organismi
istituzionali e ramificazioni periferiche, evolvendosi verso
una struttura sempre più pluralista dei poteri pubblici e
della crescita civile e sociale.
In particolare con la riforma del titolo V della
Costituzione il nuovo testo istituzionale ha operato una
diversa ripartizione delle competenze normative tra Stato,
Regioni ed Enti locali, in risposta ai principi di
sussidiarietà e federalismo e del partenariato, indicati a
livello europeo nel Libro Bianco sulla Governance.
Con la trasformazione nel modo di esercitare i poteri,
attraverso un modello meno verticistico e centralizzato, in
favore di una maggiore partecipazione delle istituzioni e dei
cittadini, è possibile una più adeguata definizione delle
politiche locali. Questa riforma ha suscitato, fin dal suo
apparire, apprezzamenti, ma anche forti e molteplici
perplessità.
Nel settore dei Beni culturali e ambientali, la riforma ha
ripartito in due aree funzionali l’intera materia, attribuendo
la tutela alle competenze legislative esclusive dello Stato,
la valorizzazione alle competenze legislative concorrenti di
Stato e Regioni.
Con il Nuovo “Codice dei beni culturali e del paesaggio”,
il cosiddetto Codice Urbani, sono state meglio definite queste
nozioni di "tutela" e di "valorizzazione", dando loro un
contenuto chiaro e rigoroso. L'attività di tutela e quella di
valorizzazione non sono più distinte, ma Stato, Regioni ed
Enti Locali dovranno collaborare, sulla base di programmi
concordati, per costituire un sistema integrato di
valorizzazione.
Soprattutto in tema di valorizzazione le nuove disposizioni
riconoscono alle iniziative private la finalità di solidarietà
sociale. Oltre alle istituzioni, anche ai privati è possibile
partecipare alla rivalutazione del patrimonio culturale,
ricavandone benefici fiscali ed economici. Ma è anche previsto
il sostegno pubblico, diretto ad assicurare attività per il
recupero e la fruizione pubblica di beni privati, se rivestono
il carattere di rilevanza collettiva.
Questa apertura dello Stato a vantaggio delle istituzioni
pubbliche locali e delle iniziative private, come è facile
rilevare, se non considerata all’interno di un solido disegno
a valenza sociale, comporta il pericolo derivato dalla forte
presenza d’interessi particolari, personali.
E’ per questo che il compito delle comunità locali
crediamo debba essere quello di annullare spinte
personalistiche, per favorire la collettività. Bisognerà organizzare processi
di emancipazione e di sviluppo economico, elaborando ed
attuando progetti alla scoperta e alla conoscenza delle
potenzialità disseminate sul territorio.
Dovendo tutto ciò diventare realtà, è ineluttabile
l’adesione e il sostegno dei soggetti istituzionali: i Comuni,
le Province e soprattutto la Regione, ma anche la Scuola e
l’Università. Questo, a più forte ragione, potrà dunque
realizzarsi attraverso l’esercizio di buon governo delle
strutture politico-amministrative.
A tal fine, per quanto concerne le risorse culturali e
ambientali, sin da ora occorre costituire una struttura
reticolare per programmare un monitoraggio attento, attivando
all’interno delle comunità locali stesse gruppi d’iniziativa
culturale, disponibili con la propria presenza e con la
propria attività capillare, a dare un apporto per la crescita
di ciascuna Provincia e di questa nostra Sicilia.
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